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  • MMA/Grappling: scheda palestra (video-articolo)

    MMA/Grappling: scheda palestra (video-articolo)

    Se fallisci a pianificare, pianifichi di fallire

    Kamaru Usman

    Buona lettura!

    Introduzione

    Quello che segue è un esempio della preparazione che io stesso ho stilato e seguito a partire dal 31 agosto, fino ad arrivare ai primi di dicembre. Data la situazione che mezzo mondo stava (e sta) vivendo, mi è stato fin da subito impossibile capire se e quando ci sarebbero state gare. Nel dubbio, ho cerato di impostare un protocollo di strength and conditioning di una durata che oscillasse fra i tre ed i tre mesi e mezzo (12-14 settimane).

    Senza numeri sono tutti atti di fede

    Anni: 24
    Altezza: 1,83 m
    Peso iniziale (al 31/08): 73,85 kg
    Panca piana (1RM al 29/02): 67 kg
    Test di Cooper (al 29/08): 2200 m

    Questi numeri serviranno per il futuro. Il peso verrà misurato mano a mano per assicurarsi di rispettare i limiti della categoria di peso per la gara. I test massimali verranno ripetuti dopo il periodo gare, all’inizio di un nuovo macrociclo, in modo da vedere se la forza massimale e la resistenza aerobica sono migliorate (è bene fare la prova del nove per avere dei riscontri pratici).

    Let’s go! – Week 1 (adattamento anatomico)

    Dopo una quindicina di giorni di totale inattività si torna a sudare, ovviamente in senso sportivo. Eseguo il test di Cooper due giorni prima del 31 agosto (data di inizio del vero macrociclo di allenamento), giusto per aver una prova tangibile della mia condizione aerobica – poco più che discreta – e dei numeri utili per dei futuri confronti fra la condizione di partenza e quella che raggiungerò, si spera, fra alcune settimane.

    Causa alcuni acciacchi non ancora del tutto superati, chi è agonista negli sport da combattimento capirà, decido di non eseguire altri test atletici.

    Tre allenamenti (A-B-C)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)4×82′
    Panca inclinata 30° (manubri)3×1090″
    Seated band row3×201′
    Pull ups (anelli)5×6-82′
    Lento avanti (manubri)4×1090″
    Scrollate (manubri)3×151′
    Curl manubri in piedi (alternato)3×1090″
    Push down ai cavi3×1090″

    B: Capacità aerobica e addominali

    Cyclette45′ (70% FC)/
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)1′

    C: Forza/ipertrofia (lower body) e stretching.

    Deadlift (trap bar)5×82′
    Leg curl4×1090″
    Stretching completo30′/

    Nella prima e terza sessione mi sono dedicato alla forza e all’ipertrofia (con l’avanzare della programmazione si punterà sempre più la prima e meno alla seconda). Nella seconda alla resistenza aerobica (capacità). Questa prima settimana è da considerarsi a tutti gli effetti come un microciclo di adattamento anatomico (AA), ovvero un periodo dove si gettano le basi per lo sviluppo della forza dando modo all’organismo, e in particolar modo all’apparato locomotore attivo e passivo, di irrobustirsi e prepararsi al carico di lavoro via via più intenso che dovrà tollerare in un futuro prossimo. Nella speranza di prevenire eventuali infortuni. Sarà da considerarsi come di AA anche la seconda settimana di allenamento.

    N.B. Questa settimana solo allenamenti di preparazione atletica (la palestra dove da anni pratico sport da combattimento è ancora chiusa).

    Week 2 (adattamento anatomico e accumulo)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)5×82′
    Panca inclinata 30° (manubri)3×1090″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×6-82′
    Lento avanti (manubri)4×1090″
    Scrollate (manubri)3×151′
    Curl in piedi alternato (manubri)3×1090″
    Push down ai cavi3×1090″
    Deadlift (trap bar)5×82′
    Leg curl4×1090″

    B: Capacità aerobica e addominali

    Cyclette45′ (70% FC)/
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)1′

    C: Potenza aerobica, capacità aerobica e stretching

    Vogatore3-4×1000 m1:1
    Cyclette30′ (75% FC)/
    Stretching completo30′/

    Sempre incentrato sulla forza e l’ipertrofia il primo allenamento, con un leggero aumento del volume nella panca piana (per comodità ho apportato qualche modifica alla disposizione degli esercizi). Il secondo è invece identico alla precedente settimana. Mentre nel terzo, oltre a forza e ipertrofia, – più il consueto mega stretching finale -, trova posto la potenza aerobica (ora il quadro aerobico è completo). Quel 4×1000 m al vogatore con al recupero la dicitura “1:1” (terza colonna) intende dire che l’obiettivo è quello di percorrere 1000 metri nel minor tempo possibile ed usare come tempo di recupero il tempo impiegato per coprire il chilometro di distanza al macchinario (rapporto lavoro:recupero = 1:1).

    Capacità aerobica = capacità dell’organismo di portare avanti sforzi che coinvolgono grosse masse muscolari per periodi di tempo mediamente lunghi (almeno 30 minuti) a intensità media o medio-alta (60-80% FC max), lavorando sulla gittata cardiaca.

    Potenza aerobica = capacità dell’organismo di portare avanti sforzi che coinvolgono grosse masse muscolari per periodi di tempo limitati (2-8 minuti), lavorando ad alta intensità (≥ 90% FC) e a VO2max.

    La corsa, la pedalata e la vogata permettono di sviluppare in modo ottimale la capacità e potenza aerobica, ottenendo benefici sia a livello muscolare che cardiocircolatorio.

    • Nel caso del sistema muscolare si va a migliorare la capacità d’ossidazione delle fibre muscolari: migliore capacità di utilizzare l’ossigeno per avere energia. Perché aumentano gli enzimi che catalizzano reazioni dell’ossigeno e aumenta la densità mitocondriale.
    • Per il cardiocircolatorio: migliore circolazione del sangue, più veloce capacità di smaltimento delle sostanze metaboliche (come il lattato) e pressioni arteriose inferiori.

    Si ottiene quindi una migliore capacità di recupero [1].

    Al fine di ottenere dei buoni miglioramenti, l’obiettivo è quello di portare avanti il lavoro aerobico (aspecifico) per 6 settimane. Aggiungo che sul piano dell’allenamento specifico, in palestra col coach, questa settimana ho avuto 4 sessioni di allenamento: 2 di striking e 2 di lotta/grappling.

    Week 3 (accumulo)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)5×82′
    Panca inclinata 30° (manubri)3×1090″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×6-82′
    Lento avanti (manubri)4×1090″
    Scrollate (manubri)3×151′
    Curl in piedi alternato (manubri)4×1090″
    Push down ai cavi3×1090″
    Deadlift (trap bar)5×82′
    Leg curl4×1090″

    B: Capacità aerobica e addominali

    Cyclette60′ (75% FC)1′
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)30″

    C: Potenza aerobica, capacità aerobica e stretching

    Vogatore4×1000 m1:1
    Cyclette30′ (75-80% FC)/
    Stretching completo30′/

    Il volume complessivo continua a salire, sia negli esercizi coi pesi che in quelli di resistenza aerobica. Al contempo, sia sui multiarticolari (panca, lento avanti e stacco) che sugli esercizi volti all’incremento di capacità e potenza aerobica, si cerca di spingere un po’ di più (maggior peso sollevato o ritmo tenuto durante la pedalata). Sul piano dell’allenamento specifico, in palestra col coach, questa settimana ho avuto 5 sessioni di allenamento: 3 di striking e 2 di lotta/grappling.

    Week 4 (mantenimento volume)

    Tre allenamenti (A-B-C)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)6×62′
    Panca inclinata 30° (manubri)3×1090″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×82′
    Lento avanti (manubri)4×890″
    Scrollate (manubri)3×1590″
    Curl in piedi alternato (manubri)4×1090″
    Push down ai cavi3×1090″
    Deadlift (trap bar)6×62′
    Leg curl4×1090″

    B: Capacità aerobica e addominali

    Cyclette60′ (75%)/
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)30″

    C: Potenza aerobica, capacità aerobica e stretching

    Vogatore4×1000 m1:1
    Cyclette30′ (75-80% FC)/
    Stretching completo30′/

    Volume analogo a quello della settimana precedente, aumenta leggermente l’intensità di carico su un po’ di esercizi multiarticolari (panca piana, lento avanti, stacco da terra). Sul piano dell’allenamento specifico, in palestra col coach, questa settimana causa impegni non sono riuscito ad andare oltre le 3 sessioni di allenamento: 2 di striking e 1 di lotta/grappling.

    Week 5 (scarico forza/ipertrofia)

    A: Capacità aerobica

    Cyclette45′ (75-80% FC)/

    B: Potenza aerobica e addominali

    Vogatore5×1000 m1:1
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)30″

    C: Capacità aerobica e stretching

    Cyclette45′ (75-80% FC)/
    Stretching completo30′/

    Settimana caratterizzata da uno scarico passivo di forza e ipertrofia (non si sollevano pesi per dar l’opportunità all’apparato locomotore passivo di recuperare da eventuali microtraumi) e da un buon volume di lavoro “cardio”. Sul piano dell’allenamento specifico questa settimana ho avuto 5 sedute di allenamento: 3 di striking e 2 di grappling.

    Week 6 (intensificazione e scarico capacità aerobica)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)6×52-3′
    Panca inclinata 30° (manubri)3×890″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×82′
    Lento avanti (manubri)3×82′
    Scrollate (manubri)3×121′
    Curl in piedi alternato (manubri)3×890″
    Push down ai cavi3×101′
    Deadlift (trap bar)6×52-3′
    Leg curl4×1090″

    B: Capacità aerobica (scarico attivo) e addominali

    Cyclette45′ (75-80% FC)/
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)30″

    C: Potenza aerobica e stretching

    Vogatore5×1000 m1:1
    Cyclette (defaticamento)10-15′/
    Stretching completo30′/

    Riguardo alla preparazione atletica, questa settimana vi è stata una generale intensificazione nel lavoro coi pesi ed uno scarico attivo circa la capacità aerobica. Purtroppo, causa impegni lavorativi, non sono riuscito a prendere parte a più di 2 lezioni in palestra (1 di striking e 1 di lotta/grappling).

    Week 7 (trasformazione/intensificazione, scarico aerobico)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)5×52-3′
    Panca inclinata (manubri)3×890″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×82′
    Lento avanti (manubri)3×890″
    Scrollate (manubri)3×1290″
    Curl in piedi alternato (manubri)3×890″
    Push down ai cavi3×101′
    Deadlift (trap bar)5×52-3′
    Leg curl4×1090″

    B: Potenza aerobica (scarico attivo) e addominali

    Vogatore3×1000 m1:1
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)30″

    C: Potenza e stretching

    Shock jump3×1090″
    Push press4×62′
    Box jump3×62′
    Stretching completo30′/

    Si intensifica ulteriormente il lavoro coi sovraccarichi, si “trasforma” la forza sinora accumulata in potenza e vi è uno scarico attivo di potenza aerobica.

    IMPORTANTE: seguendo i dettami del SISP (Servizio di Igiene e Sanità Pubblica) dell’ASL cittadina, sono stato costretto a interrompere la mia settimana di allenamento a causa di un precedente contatto con una persona risultata positiva al Covid-19. Pur non essendo stato troppo vicino alla persona in questione e non avendo sintomi ho dovuto mettere in pausa la mia passione. Questa settimana mi sono allenato lunedì (forza e ipertrofia), martedì (striking e lotta/grappling) e mercoledì (scarico attivo della potenza aerobica e rinforzo addome). Il resto è saltato.

    Nel video è spiegato tutto.

    Week 8 (intensificazione)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)5×52-3′
    Panca inclinata (manubri)3×890″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×82′
    Lento avanti (manubri)3×890″
    Scrollate (manubri)3×1290″
    Curl in piedi alternato (manubri)3×890″
    Push down ai cavi3×1090″
    Deadlift (trap bar)5×52-3′
    Leg curl4×1090″

    B: Power endurance (alattacida)

    Shock jump3×1090″
    Reactive med ball slam10×10-12″1′
    Jump squat10×10-12″1′
    Alternating waves (max effort)6×20″30″
    Jump squat6×20″30″

    C: Potenza e stretching

    Push press5×62′
    Box jump4×62′
    Stretching completo30′/

    Causa ennesimo DPCM tutto è un po’ andato in vacca. Questa settimana dell’intenso lavoro coi pesi (forza e potenza) è stato affiancato, per la prima volta in questa preparazione, a dell’intenso lavoro di power endurance (resistenza alla potenza). Di quest’ultima si era già parlato qui.

    A seguire il resto del programma che avrei svolto se i vari “lockdown light” non si fossero messi di mezzo (ovviamente non ci sono altri video da mostrarvi).

    Week 9 (intensificazione)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)5×42-3′
    Panca inclinata (manubri)3×890″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×82′
    Lento avanti (manubri)3×890″
    Scrollate (manubri)3×121′
    Curl in piedi alternato (manubri)3×890″
    Push down ai cavi3×101′
    Deadlift (trap bar)5×42-3′
    Leg curl4×1090″

    B: Power endurance (alattacida)

    Shock jump3×1090″
    Reactive med ball slam10×10″1′
    Jump squat (con sovraccarico)10×10″1′
    Alternating waves (max effort)6-8×20″30″
    Jump squat6-8×20″30″

    C: Potenza e stretching

    Push press5×62′
    Box jump4×62′
    Stretching completo30′/

    Si continua a spingere con i pesi (forza e potenza) e in più aumenta il volume di allenamento riguardante la resistenza alla potenza.

    Week 10 (scarico forza)

    A: Forza (scarico attivo)

    Panca piana (bilanciere)5×4 (-30%)2′
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×52′
    Lento avanti (manubri)3×8 (-30%)90″
    Deadlift (trap bar)5×4 (-30%)2′

    B: Power endurance (alattacida)

    Shock jump3×1090″
    Reactive med ball slam10×10″1′
    Jump squat (con sovraccarico)10×10″1′
    Alternating waves (max effort)2: 5×20″30/90″
    Jump squat2: 5×20″30/90″

    C: Potenza e stretching

    Push press5×52′
    Box jump5×62′
    Stretching completo30′/

    Scarico attivo di forza, rimasto quasi invariato il resto del programma settimanale. Lo scarico riguarda l’intensità e il volume: quel “-30%” riguarda appunto un carico (kg) sollevato inferiore del trenta % e scompaiono gli esercizi secondari dedicati all’ipertrofia. E’ bene che quegli esercizi siano eseguiti lentamente e con una buona tecnica esecutiva. Riguardo la power endurance (alattacida) quel 2: 5×20″ (30″/90″) sta a indicare due blocchi da cinque serie per venti secondi di lavoro con trenta secondi di recupero fra le serie e novanta (un minuto e mezzo) fra i due blocchi.

    Week 11

    A: Forza

    Panca piana (bilanciere)4×42-3′
    Seated band row3×201′
    Pull up zavorrati (anelli)5×52-3′
    Lento avanti (manubri)3×62′
    Deadlift (trap bar)4×42-3′

    B: Power endurance (alattacida)

    Reactive med ball slam10×10″1′
    Jump squat (con sovraccarico)10×10″1′
    Alternating waves (max effort)2: 6×20″30/90″
    Jump squat2: 6×20″30/90″

    C: Potenza e stretching

    Push press5×52′
    Box jump5×62′
    Stretching completo30′/

    Piano piano ci si avvicina ad un ipotetico match, allora si usano i pesi per l’indispensabile: forza e potenza. Questa è inoltre l’ultima settimana di power endurance alattacida (si passerà poi a quella lattacida).

    Week 12

    A: Forza

    Panca piana (bilanciere)4×32-3′
    Seated band row3×201′
    Pull up zavorrati (anelli)5×42-3′
    Lento avanti (manubri)3×62′
    Deadlift (trap bar)4×32-3′

    B: Power endurance (lattacida) e stretching

    Alternating waves (max effort)2′
    Shadow boxing (recupero attivo)1′
    Calci al sacco (max effort)2′3×3 (90″)

    C: Potenza/forza speciale

    Landmine press (1 braccio)4-5×5
    1-2 al sacco (jab-diretto)4-5×52′
    Deadlift (trap bar)4-5×5
    Box jump4-5×52′
    Stretching completo30′/

    Nella seduta dedicata alla forza e alla potenza si lavora ancora intensamente (con esercizi di potenza più specifici). Inoltre, vi è un lavoro di resistenza alla potenza improntato su sforzi lattacidi. Il terzo allenamento settimanale diventa “ibrido” grazie all’alternanza di esercizi di forza (sollevamenti lenti) a esercizi balistici (gesti esplosivi). Quanto mostrato nelle ultime righe della tabella altro non è che un metodo a contrasto. Per chi se lo stesse chiedendo, per forza speciale si intende: «la forma di manifestazione della forza tipica di un determinato sport o il suo correlato muscolare specifico (cioè, i gruppi muscolari che partecipano ad un determinato movimento sportivo)».[2]

    Week 13

    A: Forza (mantenimento) e power endurance (potenza lattacida)

    Panca piana (bilanciere)4×32-3′
    Seated band row3×201′
    Pull up zavorrati (anelli)4×42-3′
    Lento avanti (manubri)3×62′
    Kettlebell swing (rec. attivo shadow boxing)3×1′3′
    Striking pao/sacco (max effort)*3×1′3′
    *rec. attivo solo grappling drills

    B: Power endurance (capacità lattacida) e stretching

    Alternating waves (max effort)2′
    Shadow boxing (recupero attivo)1′
    Calci al sacco (max effort)2′3×3 (1′)
    Stretching completo30′/

    C: Potenza/forza speciale

    Landmine press (1 braccio)4-5×5
    1-2 al sacco (jab-diretto)4-5×52′
    Deadlift (trap bar)4-5×5
    Box jump4-5×52′

    Questa settimana, così come la prossima, il volume di allenamento e l’intensità (kg) riguardanti la forza rimangono pressoché invariati: ricordiamoci che l’obiettivo è salire sul tatami/ring/gabbia, non diventare dei pesisti o powerlifter. Gli esercizi di recupero attivo (vuoto e drills in autonomia) hanno l’obiettivo di far calare significativamente la frequenza cardiaca (circa 60% FCmax).

    Week 14

    A: Forza (mantenimento) e power endurance (potenza lattacida)

    Panca piana (bilanciere)4×32-3′
    Seated band row3×201′
    Pull up zavorrati (anelli)4×42-3′
    Lento avanti (manubri)3×62′
    Kettlebell swing (rec. attivo shadow boxing)3×1′3′
    Striking pao/sacco (max effort)*3×1′3′
    *rec. attivo solo grappling drills

    B: Power endurance (capacità lattacida) e stretching

    Alternating waves (max effort)2′
    Shadow boxing (recupero attivo)1′
    Calci al sacco (max effort)2′3×3 (1′)
    Stretching completo30′/

    C: Potenza/forza speciale

    Landmine press (1 braccio)4-5×5
    1-2 al sacco (jab-diretto)4-5×52′
    Deadlift (trap bar)4-5×5
    Box jump4-5×52′
    Week 15

    A: Power endurance (potenza lattacida)

    Kettlebell swing + Striking pao/sacco*2-3: 3×45+45″3/5′
    *rec. attivo (3′) footwork + sprawl
    Solo grappling drill (cool down)5′ (60% FC)/

    B: Power endurance (capacità lattacida) e stretching

    Alternating waves (max effort)2′
    Shadow boxing (recupero attivo)1′
    Calci al sacco (max effort)2′4×3 (1′)
    Stretching completo30′/

    C: Potenza/forza speciale

    Landmine press (1 braccio)4-5×5
    1-2 al sacco (jab-diretto)4-5×52′
    Deadlift (trap bar)4-5×5
    Box jump4-5×52′

    Ultima settimana di fuoco, power endurance nelle sue varie declinazioni più il solito lavoro sulla potenza dei colpi e l’esplosività degli arti inferiori.

    Week 16 (Fight week)
    Kettlebell swing + Striking pao/sacco*3×45+45″3/5′
    *rec. attivo (3′) footwork + sprawl
    Alternating waves (max effort)2′
    Shadow boxing (recupero attivo)1′
    Calci al sacco (max effort)2′3×3 (1′)
    Solo grappling drill (cool down)5′ (60% FC)/

    Un’unica sessione, eseguita possibilmente di lunedì, dove si fa del lavoro piuttosto specifico alternando esercizi tipici di una competizione (tecniche di striking, grappling) a esercizi con sovraccarichi e corde (kettlebell, battle rope). Il resto della settimana riguarderà ciò che più conta: ripasso tecnico col maestro e/o con gli sparring partner, lavoro sul game-plan ed eventuale ricorso a metodiche di recupero. È di fondamentale importanza che i giorni antecedenti il match siano leggeri, in modo da favorire un buon recupero psico-fisico.

    Alcuni chiarimenti

    Quanto riportato nell’articolo e mostrato in video può esser preso come un esempio di preparazione per un fighter ma non necessariamente va preso come Bibbia. Si può lavorare bene in più modi, ottenendo risultati concreti.

    • Devo fare il test dei massimali o altri test atletici? Sì! Una o due volte l’anno, in modo da avere una prova tangibile dei miglioramenti ottenuti col duro lavoro.
    • Sono davvero necessari tutti quei complementari? No, solitamente si utilizzano meno esercizi secondari (“stile fitness”). Bisogna inoltre tenere a mente che troppo lavoro ipertrofico, su soggetti predisposti, potrebbe causare un aumento ponderale con conseguente difficoltà a rientrare in una determinata categoria di peso.
    • Il cardiofrequenzimetro è obbligatorio? Utile sì, obbligatorio no. Ci sono metodi manuali per avere dei valori indicativi della propria frequenza cardiaca (bpm) e alcune macchine (tapis roulant, cyclette) hanno delle bande metalliche create per misurarla.
    • E il riscaldamento? Ovviamente veniva eseguito prima di ogni sessione di allenamento (dando ciò per scontato, non è stato inserito nelle tabelle né filmato).
    • Ma l’alimentazione? Non è obbiettivo di questo video-articolo trattare di ciò, ma se può interessare quello riportato sotto è l’andamento del mio peso durante le prime 8 settimane del programma (prima della chiusura delle palestre via DPCM).
    Approfondimenti

    Qui di seguito una carrellata di articoli (gratuiti) e libri volti ad approfondire quanto detto o anche solo accennato fino ad ora.

    Metodi di potenziamento per gli sport da combattimento
    Periodizzazione dell’allenamento sportivo
    Sport da combattimento ed allenamenti errati
    Biologia dello sport
    Energia e sport
    Ultimate Conditioning for Martial Arts
    Nutrizione e integrazione per i fighters: linee guida
    Ultimate MMA Conditioning
    La periodizzazione dell’allenamento: teoria e pratica
    Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport
    Il taglio del peso negli sport da combattimento: linee guida
    Essentials of Strength Training and Conditioning
    Allenarsi in base alla frequenza cardiaca
    Fisiologia dell’esercizio fisico
    Allenare la potenza nelle MMA: guida teorico-pratica
    Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)
    Preparazione atletica per Lotta e Grappling: una panoramica generale
    Integrazione di caffeina per gli sport da combattimento e le arti marziali
    Allenamenti Sovietici: il paradosso della forza e della resistenza
    Gli infortuni nel pugilato e nelle MMA
    Programma di allenamento per le MMA (4 settimane)
    Tendini: salute e performance
    Il nuoto per i fighter: qualche appunto
    Cardio per fighter in quarantena: guida pratica
    Il vuoto con i pesetti: cosa dice la scienza?
    Corsa e boxe: correre serve a un pugile?
    Preparare un match di MMA secondo un allenatore UFC
    Idratazione per lo sport: salute e performance
    Kettlebell Training: moda o base del conditioning?
    La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitare
    Le immersioni nell’acqua fredda sono veramente utili?
    La preparazione atletica nella boxe: esempio pratico
    La sindrome da sovrallenamento
    La curva di forza-velocità e la sua applicazione nello sport
    Struttura base di un training camp per sport da combattimento
    Allenamento del collo per gli sport da contatto: teoria e pratica
    I massaggi per il recupero fisico
    MMA: l’allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson
    Test atletici per sport da combattimento
    Stretching: teoria e pratica
    La preparazione atletica e la sconfitta.

    Conclusioni

    Allenatevi duramente. Con la testa, ragionando, ma fatevi il mazzo.

    E poi?

    Qualora voleste maggiori informazioni, o consulenze personalizzate, potete ricorrere al altri servizi qui descritti.

    Grazie per l’attenzione e buon allenamento.


    Bibliografia

    [1] Project Invictus – Intervista ad Alain Riccaldi (2014)

    [2] Scienze Motorie – Le tipologia di forza (2019)

  • Stacco con Trap-Bar: una analisi teorico-pratica

    Stacco con Trap-Bar: una analisi teorico-pratica

    Chi segue il canale Youtube di questo sito sa di un certo apprezzamento del sottoscritto nei confronti dello stacco da terra con la trap bar (o hex bar, bilanciere esagonale).

    Introduzione: complementare o fondamentale?

    Lo stacco con bilanciere esagonale viene solitamente visto come una delle tante varianti dello stacco tradizionale, forse perché l’ambiente dei pesi, almeno in questo caso, è un po’ figlio di una visione “powerlifter-centrica” degli esercizi. Se è indiscutibilmente vero che nel powerlifting (squat, panca, stacco) il “trap bar deadlifts” è un’alzata complementare, pertanto qualcosa di non fondamentale o prioritario, in un allenamento improntato sulla crescita muscolare (fitness/bodybuilding) o sul miglioramento della propria condizione atletica, la musica è differente. Riguardo a quest’ultimo punto, un programma ragionato di strength and conditioning potrebbe integrare lo stacco con trap bar principalmente in tre modi:

    • Esercizio complementare (forza): un atleta fa squat/leg press/stacco convenzionale più, in certi momenti, il trap bar deadlifts;
    • Esercizio fondamentale (forza): all’interno di un macrociclo di allenamento un atleta basa sul trap bar deadlifts l’aumento (o il mantenimento) della propria forza massimale;
    • Esercizio (fondamentale o complementare) di potenza: si eseguono dei salti esplosivi utilizzando come sovraccarico il bilanciere esagonale e un tot di dischi (trap bar jump deadlift).

    Ma ora andiamo un po’ più nello specifico.

    Punti a favore dell’esercizio
    • Maggiore attivazione dei quadricipiti rispetto allo stacco tradizionale;
    • Alzata relativamente semplice a livello tecnico;
    • Minor stress sulla zona lombare;
    • A differenza del deadlift classico, il bilanciere non va mai a contatto con le tibie (assenza di abrasioni);
    • Permette di muovere il bilanciere con una certa velocità, anche con carichi sub-massimali (90% 1RM);
    • Generalmente si sollevano carichi leggermente superiori, sempre se lo confrontiamo all’alzata sua cugina.
    Criticità
    • A livello biomeccanico il movimento potrebbe, giustamente, ricordare molto uno squat, ma il ROM (range di movimento) dell’accosciata è minore;
    • Se uno o più studi evidenziano una elevata potenza meccanica (sul bilanciere spostato) ed una notevole potenza metabolica muscolare, ciò non è detto che significhi: atleta che diventa più forte e potente (sempre se paragonato ad un ipotetico collega che si allena con altri esercizi multiarticolari).
    Discutiamone un attimo

    Il trap bar deadlift ed il deadlift standard hanno differente centro di massa, in questo il primo è più simile allo squat. In più, nel primo non vi è lo sticking point al ginocchio (punto critico dell’alzata), pertanto il sollevamento risulta un po’ più rapido e semplice.

    Le immagini riportate sopra raffigurano i due tipi di stacco e provengono da uno studio che mettendo a confronto le due alzate ha osservato alcune cose interessanti1. Come già accennato nel precedente paragrafo, con la trap bar il carico massimo sollevabile (1RM) è un po’ superiore (+6%) e la velocità nei sollevamenti impegnativi (90% 1RM) è significativamente a favore dello stacco con bilanciere esagonale (+15%). Nello studio in questione, con lo stacco regular il bilanciere ha avuto una accelerazione che è durata per il 60% dell’intero tempo di alzata, mentre con trap bar per circa l’82% del tempo. Anche un altro studio condotto su soggetti esperti aveva evidenziato la tendenza degli atleti a sollevare qualche kg in più con la trap bar2.

    Qui sotto, un po’ di dati (Lake J. et al., 2017):

    Nella seconda immagine potete osservare come il momento più impegnativo nello stacco tradizionale (linea rossa) sia quasi a metà alzata: si parte rapidi, per poi rallentare l’alzata quando il bilanciere si trova nei pressi del ginocchio, discorso ben diverso per quello con trap bar. In quest’ultimo le incertezze vi sono all’inizio – momento della partenza -, poi tutto fila piuttosto liscio.

    Greg Nuckols, coach e powerlifter d’élite, scrive che:

    «It’s common to argue that conventional deadlifts should be trained instead of trap bar deadlifts because a trap bar deadlift isn’t a true “hinge” movement – more like a hinge/squat hybrid.  So, the thinking goes, since you’re already training the squat (or at least you should be), you’re wasting your time with the trap bar deadlift since it won’t train the hinge pattern very well by itself, and it doesn’t train the squat pattern as well as actually squatting. While it’s true that trap bar deadlifts are a little bit “squattier” than conventional barbell deadlifts, they’re much closer to a “hinge” than a squat».

    In poche parole, il trap bar deadlift non è un vero “hinge movement”, cioè un movimento a cerniera, molto anca-dipendente (come nello stacco tradizionale dove il grosso del movimento lo fa questa articolazione) ma nemmeno un movimento più ginocchio-dipendente (come il normale squat con bilanciere). Ciò tuttavia non significa che nei propri allenamenti non si debba dedicare del tempo a questo movimento (discorso diverso per i powerlifter, loro in gara portano direttamente lo stacco regular).

    Circa il range di movimento, anche a seconda delle leve del soggetto in questione, lo stacco trap bar pare una sorta di via di mezzo fra uno squat classico (femore parallelo al terreno) ed un mezzo squat. Questo non rende sempre ottimale il lavoro muscolare, ma c’è un piccolo trucco per ovviare al problema (rialzo sotto ai piedi). Nel video in basso potete osservare un modo pratico per aumentare il ROM dello stacco con bilanciere esagonale: deficit trap bar deadlift.

    Anche se raramente si vede effettuare qualcosa di diverso dallo stacco, col bilanciere esagonale si possono effettuare anche salti esplosivi, facendo oppure no la fase eccentrica sovraccaricata. Come? Molto semplicemente si salta verso l’alto (come in uno squat jump o 1/2 squat jump) e si atterra. Va tenuto a mente che occorre essere ben condizionati per tollerare l’impatto a terra con tutto il carico senza farsi male. Per rendere più leggero l’esercizio si può lasciare andare il bilanciere qualche istante prima di toccare il suolo coi piedi, facendolo rimbalzare sul pavimento (sempre che il proprietario della palestra non vi cacci via…).

    Va citata anche una analisi elettromiografica pubblicata su Journal of Strength and Conditioning Research3 che ha sottolineato come durante la fase concentrica ed eccentrica dello stacco da terra, il bilanciere esagonale coinvolga maggiormente il vasto laterale, mentre il movimento dello stacco col bilanciere dritto il bicipite femorale (durante la concentrica) e gli erettori spinali (durante l’eccentrica).

    Conclusioni

    L’esercizio magico non esiste, l’arma vincente è sempre (o quasi) la variazione degli stimoli allenamenti sul lungo periodo. Anche se uno degli studi3 qui presi in esame, traducendo, arriva alle seguenti conclusioni: «Questi risultati suggeriscono che […] il bilanciere esagonale possa essere più efficace (rispetto a quello normale, ndr) nello sviluppo di forza, potenza e velocità massima», dobbiamo tenere a mente che non necessariamente una maggior potenza generata in un sollevamento porterà a futuri incrementi di forza, potenza o ipertrofia. Ciò non toglie che il bilanciere esagonale, spesso ingiustamente sottovalutato, possa essere un ottimo alleato per coach, atleti e personal trainer.

    Buon allenamento!


    Ho deciso di scrivere questo articolo anche grazie a dei post di Simone Calabretto che mi hanno fatto appassionare all’argomento. A lui vanno i miei ringraziamenti.

    Bibliografia

    1 Jason Lake, Freddie Duncan, Matt Jackson, David Naworynsky – Effect of a Hexagonal Barbell on the Mechanical Demand of Deadlift Performance. Sports (Basel) . 2017 Oct 24;5(4):82.

    2 Paul A Swinton, Arthur Stewart, Ioannis Agouris, Justin W L Keogh, Ray Lloyd – A biomechanical analysis of straight and hexagonal barbell deadlifts using submaximal loads. J Strength Cond Res . 2011 Jul;25(7):2000-9.

    3 Kevin D Camara, Jared W Coburn, Dustin D Dunnick, Lee E Brown, Andrew J Galpin, Pablo B Costa – An Examination of Muscle Activation and Power Characteristics While Performing the Deadlift Exercise With Straight and Hexagonal Barbells. J Strength Cond Res . 2016 May;30(5):1183-8.

    Greg Nuckols – Trap Bar Deadlifts are Underrated (2017)

  • La genetica nello sport: fra scienza e filosofia

    La genetica nello sport: fra scienza e filosofia

    La genetica è ingiusta, anti-meritocratica, avvantaggia alcuni ed affossa altri. Spesso può capitare di sentire discorsi di questo tipo nelle palestre o sui social, ma cosa c’è di vero? Domanda retorica…

    Qualche tempo fa è stato pubblicato un bell’articolo in inglese (Genetics and Elite Athletes), spero che prenderne in prestito alcuni punti possa giovare anche al pubblico non anglofono. Buona lettura!

    Introduzione

    Non siamo tutti uguali e per accorgersi di questo bastano due occhi ed un cervello, in realtà neanche due gemelli omozigoti lo sono. C’è chi è un po’ più alto,chi più basso,chi più predisposto alla crescita muscolare, allo sviluppo della velocità, a quello della resistenza… O ancora, chi apprende un compito motorio nella metà del tempo rispetto ad un soggetto meno predisposto, chi è più soggetto a infortuni, malattie, e chi più ne ha ne metta.

    Capisci l’importanza della genetica quando un ragazzo che non ha mai fatto del movimento in vita sua mette piede in palestra e in un paio d’anni ottiene i tuoi medesimi risultati, peccato solo che tu ti alleni dal triplo – se non quadruplo – del suo tempo, cercando di fare le cose a modo, lui magari neanche sa eseguire bene gli esercizi.

    Genetica e forza

    In base a come un muscolo si inserziona su un osso, od un complesso articolare, molte cose possono cambiare. Una giusta inserzione può permettere a un soggetto di eseguire più velocemente un determinato movimento tramite un maggior sviluppo di forza1,2.

    Gli studi ortopedici hanno effettivamente dimostrato che cambiare il sito di attacco di un tendine in una posizione meno vantaggiosa dal punto di vista meccanico, può ridurre il range di movimento di un’articolazione e la coppia articolare in varie posizioni (quando i muscoli si contraggono o si allungano, creano forza muscolare, questa forza muscolare attira le ossa creando una coppia articolare)3.

    Il punto in cui il muscolo si “attacca” all’osso è determinato da questioni genetiche4, non lo scegliamo noi, inutile piangersi addosso o incolpare i genitori. Allo stesso tempo, anche la forza generata da due muscoli di analoga dimensione e inserzione può essere differente, basti pensare alla diversa distribuzione di fibre muscolari5. Di esse, tipologie e caratteristiche, avevamo già abbondantemente parlato qui.

    Sopra potete osservare i cambiamenti del livello di forza dei quadricipiti di 53 soggetti sedentari che hanno eseguito un 4×10 (80% 1RM) di leg extension per 9 settimane (tre allenamenti a settimana). Vi è stata un’ampia variabilità fra i risultati ottenuti dai praticanti: c’è chi è migliorato tantissimo (forza incrementata di quasi il 50%) e chi quasi non è progredito per nulla (uno addirittura è peggiorato). Da Robert M. Erskine et al., 201028.

    Genetica e sviluppo muscolare

    L’ipertrofia può dipendere da una moltitudine di fattori. Ad esempio, a livello genetico, può essere fortemente influenzata dalla miostatina (un gene). Mutazioni geniche potrebbero portare certi soggetti fortunati ad accumulare più muscoli del normale6. Inoltre, è assai probabile che una carenza di miostatina giochi un ruolo importante nel reclutamento di cellule satellite. Quest’ultime sono sostanzialmente delle cellule staminali, stem cells, del muscolo. Quando le fibre muscolari subiscono dei danni, le stem cells vengono attivate per fornire assistenza nel processo di adattamento e ricostruzione muscolare7. Sempre le cellule satellite possono donare i loro nuclei alle cellule muscolari per consentirne la crescita8.

    In letteratura scientifica si è visto come il reclutamento di cellule satellite sia estremamente variabile da persona a persona9,10. E’ stato quindi ipotizzato che la capacità di attivazione delle stem cells sia un fattore genetico11 che premia, parlando di ipertrofia, gli individui in grado di reclutare meglio queste particolari cellule8. Quindi se avete un amico che pur allenandosi un po’ alla carlona cresce molto bene a livello muscolare, è probabile che egli sia inconsciamente capace di reclutare naturalmente le cellule satellite a ritmi molto superiori al normale.

    Sopra, stesso studio preso in esame poc’anzi28, è mostrato l’incremento della sezione trasversale dei quadricipiti dopo le solite 9 settimane di leg extension (4×10 all’80% 1RM, 3xweek). La crescita muscolare media è stata del 5,7%; anche qui i soggetti più predisposti hanno visto aumentare i propri volumi muscolari di quasi il 20% e quelli meno fortunati hanno avuto dei lievi peggioramenti (-3% circa). Come sempre, vi è stata una grande variabilità individuale.

    Genetica e velocità

    I velocisti d’élite possiedono muscoli mediamente più dotati di fibre bianche rispetto a una popolazione di comuni sedentari12,13. Si è anche osservato che i pesisti olimpici, atleti notoriamente molto esplosivi, hanno percentuali molto alte di fibre bianche14. Pare quindi ovvio constatare che gli atleti ben messi in quanto a fibre bianche rapide (tipo II) abbiano un enorme vantaggio sugli sport di velocità e/o potenza rispetto agli sportivi meno “geneticamente fortunati”. La maggior velocità ed efficienza muscolare di un soggetto rispetto a un altro non data unicamente dalla forza contrazione, ma anche dalla fase di rilassamento. «Possiamo suddividere la contrazione e il rilassamento muscolare in tre fasi principali, ovvero la contrazione, il rilassamento ed infine la fase latente, fase che segue lo stimolo, ma nella quale non c’è risposta. Questo complesso sistema di reazioni chimiche determinerà lo scorrimento di un filamento sull’altro, e quindi la contrazione del sarcomero. A seguito della contrazione la troponina rilascia ioni Ca2+ che tornano nel reticolo sarcoplasmatico»15. Più velocemente si possono rilassare le fibre muscolari, più velocemente il muscolo si accorcerà, generando una maggiore potenza complessiva16. Questo processo è mediato da più enzimi all’interno del muscolo che sono necessari per la risintesi dell’ATP, il legame del calcio e altri complicati processi biochimici16. Il celebre allenatore sovietico Yuri Verkhoshansky sosteneva che i velocisti talentuosi di natura rispondessero all’allenamento principalmente migliorando i tassi di rilassamento più che la forza muscolare effettiva16. Ben lungi dall’avere delle certezze, ci sono effettivamente dei dati che avallano la tesi del Prof. Verkhoshansky17. Sfortunatamente, anche i tassi di rilassamento sembrano essere altamente ereditari poiché gli studi hanno dimostrato che né l’età, né il sesso hanno alcuna correlazione con essi18.

    Un altro fattore determinante della prestazione atletica può essere l’isteresi del tendine. L’isteresi del tendine si riferisce all’efficienza con cui un tendine assorbe e reindirizza la forza19. I tendini sono il tessuto connettivo tra muscolo e ossa, si allungano quando un muscolo si allunga e si contraggono quando un muscolo si accorcia. Pertanto, la capacità di un tendine di trasmettere efficacemente la forza dall’allungamento all’accorciamento può determinare la quantità di potenza complessiva che può essere trasferita all’osso e alla locomozione complessiva19. Come riportato in letteratura scientifica20 i tendini durante un ciclo di accorciamento-stiramento e durante le contrazioni isometriche massimali possono allungarsi fino dal 6 fino al 14%, inoltre se il tendine è lungo, i fascicoli muscolari si allungano di meno. Un tendine che è più rigido, per questioni genetiche ma anche adattamento all’attività fisica, è più prestante (assicura maggior potenza e velocità nei movimenti) ma è più soggetto agli infortuni.

    Genetica e resistenza

    Direttamente correlato all’idea di isteresi tendinea è l’economia del gesto nella corsa su lunghe distanze effettuata da atleti esperti. È stato teorizzato nel corso degli anni che i maratoneti d’élite sono semplicemente più bravi a “dissipare il calore” rispetto agli altri corridori21,22. Un corridore inefficiente, può manifestare un maggiore accumulo di calore a causa, in parte, della scarsa isteresi del tendine che accelera il processo di affaticamento durante una corsa protratta nel tempo19. A livello biochimico, diversi enzimi all’interno del muscolo sono necessari per determinare il “tasso metabolico” di uno sforzo fisico. Il più grande degli atleti di endurance può essere tale perché semplicemente ha degli enzimi più attivi dei suoi avversari di gara22. Ci sono infatti degli studi che mostrano come alcuni corridori particolarmente performanti siano in grado di mantenere velocità elevate a un VO2 max (massimo consumo di ossigeno) inferiore ai valori di altri soggetti meno allenati (o meno portati)23. Un po’ come se due veicoli andassero alla stessa velocità per innumerevoli chilometri e uno consumasse il 10% di carburante in meno rispetto all’altro.

    Sempre riguardo alla corsa, una miglior economicità del gesto (andatura efficiente) può essere dovuta alla preponderanza di fibre muscolari di tipo I, quindi lente e rosse. Queste fibre, come molti sanno, sono le più adatte per impegni fisici protratti nel tempo: accumulano meno sottoprodotti metabolici e si affaticano più lentamente. Inoltre, uno dei fattori limitanti dei lavori di resistenza è l’afflusso di ossigeno ai muscoli. Questo, entro un certo limite, può essere migliorato con l’allenamento ma esistono anche qui persone più inclini di altre ad essere resistenti grazie a una maggior capacità (innata) di rifornire i propri muscoli di ossigeno24. Anche la densità capillare può essere influenzata dalla genetica individuale24,25. I capillari sono il sito dello scambio di ossigeno tra il sistema vascolare e il muscolo. È qui che l’ossigeno viene fornito al muscolo e i prodotti metabolici di scarto vengono rimossi. Pertanto, è facile intuire che più capillari ha un atleta nel tessuto muscolare, più ossigeno può essere erogato e più rifiuti metabolici possono essere smaltiti o riconvertiti25.

    Genetica e infortuni

    Come sottolineato da Collins M. et al.26, gli sforzi eccessivi che portano a lesioni dei tessuti molli del sistema muscolo-scheletrico, derivanti da lavori usuranti o attività fisica, sono influenzate dalla genetica individuale. In special modo quelle al tendine d’Achille (caviglia), alla cuffia dei rotatori (spalla) ed ai legamenti crociati (ginocchia). Le varianti di sequenza all’interno dei geni che codificano le diverse proteine ​​di matrice extracellulare dei tendini e/o dei legamenti sono state associate a specifici infortuni di specifiche zone dei tessuti. Per esempio le varianti della sequenza del gene della Tenascina-C (TNC), COL5A1 ed Metalloproteinasi di matrice 3 (MMP3) sono state collegate alle tendinopatie del tendine d’Achille. Entrando un po’ più nel dettaglio, le varianti della sequenza del gene della Tenascina-C sono state associate sia alle tendinopatie che alle rotture del tendine d’Achille. mentre le varianti del COL5A1 e COL1A1, geni che forniscono le istruzioni genetiche per realizzare le componenti del collagene di tipo I e V, sono state correlate ad infortuni al legamento crociato posteriore.

    Inoltre, una meta-analisi del 2015, quindi alto impatto statistico, ha raccolto i dati provenienti da studi pubblicati in letteratura scientifica fra il 1984 ed il 2014 (trent’anni precisi). I ricercatori – Longo U. G. et al. – hanno confermato tutto ciò che avevano dedotto Collins e Raeligh nel 2009, aggiungendo che, oltre alla genetica, contano ovviamente diversi altri fattori, in primis lo stile di vita27.

    Altre letture utili:

    - L’abc della genetica
    - Genetica e predisposizione agli infortuni
    - Genetica - Muscoli e allenamento: quanto conta?
    - Tendini: salute e performance
    - Tessuto muscolare: componenti, forma, contrazione e ipertrofia
    - La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitare
    - Ormoni androgeni: fisiologia di base, benefici ed effetti collaterali
    Una lotteria della natura?

    Nella seconda metà dello scorso secolo ci fu un interessante confronto intellettuale, dovuto a una netta divergenza di opinioni, tra i filosofi d’oltreoceano John Rawls e Robert Nozick. Il primo era un grande sostenitore dell’equità in ogni aspetto della vita sociale, il secondo – ideologicamente più a destra – no. Quest’ultimo, ricorrendo all’esempio di una partita di basket, sosteneva che i tifosi dovessero essere liberi di pagare il prezzo del biglietto facendo arricchire, direttamente o indirettamente, un giocatore particolarmente bravo (spendere i propri soldi in quel modo è un loro diritto). Qualora quel giocatore attirasse milioni di appassionati, egli ben presto diventerebbe molto ricco.

    Ovviamente Rawls era in totale disaccordo: un società giusta non dovrebbe permettere a un uomo, sportivo o meno, di accumulare troppi soldi, salvo che ciò non porti dei vantaggi ai più poveri. Stando sempre al pensiero di J. Rawls, un grande talento nello sport o un’intelligenza superiore alla media è solo frutto di una fortuna sfacciata. Noi potremmo dire: genetica favorevole. Per questo filosofo, notevoli doti fisiche o intellettive non sono altro che una vittoria alla “lotteria della natura“, qualcosa che con la meritocrazia non ha nulla a che vedere. Per il collega Nozick, era invece giusto che l’eccellenza fosse meglio retribuita (anche con cifre milionarie). A distanza di anni, quello dell’equità e dei guadagni è ancora un argomento che infiamma il dibattito pubblico, saltuariamente anche in campo sportivo.

    Conclusioni

    In un certo senso potremmo dire che non siamo noi a selezionare scientemente uno sport da fare, ma è lo sport a scegliere noi. La pratica e la dedizione, non solo riguardo l’attività fisica, possono far migliorare praticamente chiunque e mettere delle pezze a certe lacune. Certo è che, a parità di impegno, chi ha ricevuto i biglietti fortunati per la lotteria della natura sarà sempre un passo avanti agli altri, anche senza averlo voluto.

    Buon allenamento.


    Bibliografia

    1 Lieber, R. L., & Shoemaker, S. D. (1992). Muscle, joint, and tendon contributions to the torque profile of frog hip joint. American Journal of Physiology-Regulatory, Integrative and Comparative Physiology, 263(3), R586-R590.
    2 Duda, G. N., Brand, D., Freitag, S., Lierse, W., & Schneider, E. (1996). Variability of femoral muscle attachments. Journal of Biomechanics, 29(9), 1185-1190.
    3 Yamamoto, N., Itoi, E., Tuoheti, Y., Seki, N., Abe, H., Minagawa, H., & Okada, K. (2007). Glenohumeral joint motion after medial shift of the attachment site of the supraspinatus tendon: a cadaveric study. Journal of Shoulder and Elbow Surgery, 16(3), 373-378.
    4 Thomis, M. A. I., Beunen, G. P., Leemputte, M. V., Maes, H. H., Blimkie, C. J., Claessens, A. L. & Vlietinck, R. F. (1998). Inheritance of static and dynamic arm strength and some of its determinants. Acta Physiologica Scandinavica, 163(1), 59-71.
    5 Tesch, P. A., Wright, J. E., Vogel, J. A., Daniels, W. L., Sharp, D. S., & Sjödin, B. (1985). The influence of muscle metabolic characteristics on physical performance. European Journal of Applied Physiology and Occupational Physiology, 54(3), 237-243.
    6 Schuelke, M., Wagner, K. R., Stolz, L. E., Hübner, C., Riebel, T., Kömen, W., … & Lee, S. J. (2004). Myostatin mutation associated with gross muscle hypertrophy in a child. New England Journal of Medicine, 350(26), 2682-2688.
    7 Allen, D. L., Roy, R. R., & Edgerton, V. R. (1999). Myonuclear domains in muscle adaptation and disease. Muscle & Nerve, 22(10), 1350-1360.
    8 Petrella, J. K., Kim, J. S., Mayhew, D. L., Cross, J. M., & Bamman, M. M. (2008). Potent myofiber hypertrophy during resistance training in humans is associated with satellite cell-mediated myonuclear addition: a cluster analysis. Journal of Applied Physiology, 104(6), 1736-1742.
    9 Petrella, J. K., Kim, J. S., Cross, J. M., Kosek, D. J., & Bamman, M. M. (2006). Efficacy of myonuclear addition may explain differential myofiber growth among resistance-trained young and older men and women. American Journal of Physiology-Endocrinology and Metabolism, 291(5), E937-E946.
    10 Timmons, J. A. (2010). Variability in training-induced skeletal muscle adaptation. Journal of Applied Physiology, 110(3), 846-853.
    11 Bouchard, C., & Rankinen, T. (2001). Individual differences in response to regular physical activity. Medicine and Science in Sports and Exercise, 33(6 Suppl), S446-51.
    12 Costill, D. L., Daniels, J., Evans, W., Fink, W., Krahenbuhl, G., & Saltin, B. (1976) – Skeletal muscle enzymes and fiber composition in male and female track athletes. Journal of Applied Physiology, 40(2), 149-154.
    13 Thorstensson, A., Larsson, L., Tesch, P., & Karlsson, J. (1977) – Muscle strength and fiber composition in athletes and sedentary men. Medicine and Science in Sports, 9(1), 26-30.
    14 Nathan Serrano,Lauren M. Colenso-Semple,Kara K. Lazauskus,Jeremy W. Siu,James R. Bagley,Robert G. Lockie,Pablo B. Costa,Andrew J. Galpin – Extraordinary fast-twitch fiber abundance in elite weightlifters. PLoS One 2019 Mar 27;14(3):e0207975.
    15 Contrazione muscolare – Wikipedia
    16 Verkhoshansky, Y. V. (1996). Quickness and velocity in sports movements. New Studies in Athletics, 11, 29-38.
    17 Komi, P. V., Rusko, H., Vos, J., & Vihko, V. (1977). Anaerobic performance capacity in athletes. Acta Physiologica Scandinavica, 100(1), 107-114.
    18 Lennmarken, C., Bergman, T., Larsson, J., & Larsson, L. E. (1985). Skeletal muscle function in man: force, relaxation rate, endurance and contraction time-dependence on sex and age. Clinical Physiology (Oxford, England), 5(3), 243-255.
    19 Finni, T., Peltonen, J., Stenroth, L., & Cronin, N. J. (2013). On the hysteresis in the human Achilles tendon. American Journal of Physiology-Heart and Circulatory Physiology, (114), 515-517.
    20 Thom J. M. et al. – Passive elongation of muscle fascicles in human muscles with short and long tendons. Physiol Rep. 2017 Dec;5(23):e13528.
    21 Coyle, E. F. (2007). Physiological regulation of marathon performance. Sports Medicine, 37(4-5), 306-311.
    22 Marino, F. E., Lambert, M. I., & Noakes, T. D. (2004) – Superior performance of African runners in warm humid but not in cool environmental conditions. Journal of Applied Physiology, 96(1), 124-130.
    23 Weston, A. R., Mbambo, Z., & Myburgh, K. H. (2000) – Running economy of African and Caucasian distance runners. Medicine and Science in Sports and Exercise, 32(6), 1130-1134.
    24 Bassett, D. R., & Howley, E. T. (2000) – Limiting factors for maximum oxygen uptake and determinants of endurance performance. Medicine and Science in Sports and Exercise, 32(1), 70-84.
    25 Joyner, M. J., & Coyle, E. F. (2008) – Endurance exercise performance: the physiology of champions. The Journal of Physiology, 586(1), 35-44.
    26 Collins M. et al. – Genetic risk factors for musculoskeletal soft tissue injuries (2009)
    27 Longo U. G. et al. – Unravelling the genetic susceptibility to develop ligament and tendon injuries (2015)
    28 Robert M Erskine, David A Jones, Alun G. Williams, Claire E. Stewart, Hans Degens – Inter-individual variability in the adaptation of human muscle specific tension to progressive resistance training. Eur J Appl Physiol. 2010 Dec;110(6):1117-25.
    Charlie Ottinger – Genetics and Elite Athletes (2018)
    John Rawls – Una teoria della giustizia (1971)
    Nigel Warburton – Breve storia della filosofia (2011)

  • Sport Vision Training, perché un fighter dovrebbe allenare l’occhio?

    Sport Vision Training, perché un fighter dovrebbe allenare l’occhio?

    “Non faccio sparring da parecchio, devo rifarmi l’occhio!”, chiunque bazzichi delle palestre dove si praticano sport da combattimento avrà sentito questa frase.

    Introduzione

    Abbiamo tutti in mente le schivate al millimetro di Mayweather o Lomachenko, le skills difensive di Rigondeaux o per restare all’interno dei confini la “slickness” di Dario Morello, nello schivare i colpi e poi rientrare con le proprie combinazioni. Questo tipo di abilità è indubbiamente innato da una parte, ma anche frutto di anni e anni di palestra, ripetizione di movimenti e situazioni che si ripropongono a cui il nostro sistema nervoso ha ormai trovate risposte immediate. Tutto questo può comunque essere migliorato allenando appunto l’occhio, per mezzo di quello che è conosciuto come Sport Vision Training.

    Sistema visivo e cervello

    Molte prestazioni non sono ottimali, non tanto perché l’atleta compie fisicamente un movimento sbagliato, ma perché lo compie al momento sbagliato. L’80% circa delle informazioni sensoriali che raggiungono il nostro cervello provengono dal sistema visivo e almeno due terzi dei nervi sensoriali che arrivano al cervello sono deputati alla funzione visiva. Il gesto motorio rappresenta il prodotto finale di una catena complessa di fenomeni che iniziano con la percezione sensoriale degli stimoli. La funzione visiva fornisce al sistema motorio informazioni sia temporali (time-based) che spaziali (distance-based), al fine di stabilire quando un’azione deve avvenire. L’atleta è chiamato ad effettuare una varietà di decisioni durante l’attività sportiva, di cui gran parte si basano su informazioni che il suo cervello ha ricevuto attraverso il sistema visivo. Avere una vista perfetta non significa vedere 10/10: non sono rari i casi in cui l’acuità visiva è molto buona, ma i tempi di integrazione percettiva sono inadeguati per il compito che deve svolgere.1

    Nel 1995, quattro ricercatori francesi pubblicarono uno studio intitolato “Analysis of information processing, decision making, and visual strategies in complex problem solving sport situations”. L’obiettivo di questa ricerca era analizzare le caratteristiche spaziali e temporali della strategia visiva e del comportamento della visione di un incontro di kick boxing. I soggetti dello studio furono 18 atleti divisi in base alla loro esperienza in 6 esperti, 6 intermedi e 6 principianti, dove per principianti si intendevano kick boxeurs con più di un anno di pratica, ma ancora nessuna competizione all’attivo. Questi atleti vennero posizionati di fronte ad uno schermo su cui era proiettato un fighter che fungeva da avversario, il comportamento dell’occhio veniva catturato e analizzato usando un eye movement recorder. Dall’analisi dei risultati si può evincere come gli esperti adottano una strategia di visione più efficiente ed economica, meno punti fissi, ma mantenuti più a lungo (numero totale di punti fissi: esperti 43.3±17.12, intermedi 105.8±33.59, principianti 122.67±41.42). Dai grafici della ricerca si può notare come per gli esperti, circa il 50% dei punti fissi si trova nella regione della testa, mentre intermedi e principianti si concentrano maggiormente sul pugno.2

    Dall’analisi dello studio si può notare come l’occhio, o meglio alcune sue capacità specifiche, siano di vitale importanza per chi pratica sport da combattimento, andando nel dettaglio, le capacità da cercare di sviluppare sono principalmente quattro.

    La visione periferica, ossia quella parte di visione che risiede al di fuori del centro dello sguardo, esiste un ampio set di punti del campo visivo che non sono centrali e vengono inclusi nella nozione di visione periferica. Lo sviluppo di quest’ultima può essere molto importante per vedere arrivare colpi che non arrivano frontalmente come i diretti, ma lateralmente come i ganci o dal basso come i montanti.

    La capacità di reazione motoria, intesa come l’abilità di eseguire rapide azioni motorie in risposta ad uno stimolo. La variabilità e l’imprevedibilità degli elementi dinamici che caratterizzano il match, richiedono al fighter di risolvere con attenzione e prontezza di riflessi, i problemi motori posti dalla situazione sportiva. Gli stimoli a cui l’atleta deve reagire sono soprattutto visivi (movimenti dell’avversario, finte e colpi in arrivo), ma anche acustici (indicazioni dal proprio angolo, eventuali stop dell’arbitro), cinestetici e tattili (contatto fisico con l’avversario), vestibolari (adattamento dell’equilibrio). Le risposte che l’atleta deve fornire devono sempre essere rapide e tempestive.

    La capacità di anticipazione motoria, intesa come il prevedere l’inizio, lo svolgimento e la conclusione di un’azione motoria organizzando in anticipo i movimenti richiesti con efficacia. Questa capacità permette all’atleta di prevedere quali siano i movimenti dell’avversario e quindi prevederne l’esito, questo può essere allenato proponendo esercitazioni situazionali. Questa capacità spesso è poco sviluppata negli atleti giovani in quanto mancano di “vissuto”, mentre in quelli più anziani è una delle doti più presenti ed è definito in modo semplicistico come “esperienza”.

    La coordinazione oculo-manuale, intesa come la capacità di far funzionare insieme la percezione visiva (cioè la capacità di interpretare le informazioni grazie agli effetti della luce visibile che raggiunge l’occhio) e l’azione delle mani per eseguire compiti di diversa complessità.

    Molti atleti di sport da combattimento, specie nell’ultimo periodo, stanno integrando queste pratiche all’interno della programmazione di allenamento, il synapse training (ossia l’allenamento neuro-cognitivo) inizia ad essere utilizzato in quanto la sua utilità è dimostrata scientificamente, ma il confine con “la moda del momento è spesso labile”. Si possono quindi vedere atleti alle prese con led luminosi che si accendono e spengono random o a comando, ma il loro utilizzo, specie nel mondo sportivo dilettantistico, è complicato a causa degli alti costi delle apparecchiature, eppure sarebbero utilissimi per migliorare il tempo di reazione dei fighter agli stimoli visivi (luminosi in questo caso). La coordinazione oculo-manuale può però essere migliorata facendo del “vuoto” con la palla da tennis elastica attaccata alla fronte, la visione periferica dei “colpi larghi”, come i ganci, può essere migliorata schivando i tubi in gommapiuma mossi dal coach, così come i tempi e la rapidità di reazione possono essere migliorati con la reaction ball, una palla “spigolosa” il cui rimbalzo risulta dunque imprevedibile.

    Conclusioni

    Insomma, abbiamo visto l’importanza di un occhio allenato negli sport da combattimento e come alcune abilità possano essere migliorate, anche senza l’utilizzo di apparecchiature particolari e costose. Molte esercitazioni hanno al loro interno stimoli allenanti per la sport vision, ma non ce ne siamo mai accorti, ora non resta che inserirli all’interno della programmazione con consapevolezza, magari nelle fasi di riscaldamento/defaticamento o nei giorni di scarico, e beneficiare di tutti i miglioramenti che possono derivare da tali esercitazioni.

    Grazie per l’attenzione.

    Articolo di Christian Nicolino
    Laureato in Scienze e Tecniche Avanzate dello Sport
    Preparatore Fisico UIPASC

    Bibliografia

    1 Sport vision: le scienze visive al servizio dello sport; Vittorio Roncagli; 1990; Calderini.
    2 Analysis of information processing, decision making, and visual strategies in complex problem solving sport situations; Ripoll, Kerlirzin, Stein, Reine; 1995; Human Movement Science.

  • Allenare la potenza nelle MMA: guida teorico-pratica

    Allenare la potenza nelle MMA: guida teorico-pratica

    Fra balzi esplosivi, bilancieri e palle mediche siete confusi e non sapete come organizzare una routine di allenamento? Questo articolo potrebbe fare al caso vostro!

    bilancieri

    Quanto segue è un riassunto, traduzione e adattamento di un articolo straniero (con qualche mia aggiunta). Buona lettura!

    Introduzione

    Il generare potenza è un aspetto cruciale di una performance nelle arti marziali miste (MMA). La potenza è alla base di molte delle tecniche più comuni nelle MMA, dal lanciarsi in un takedown, al portare un high kick o mettere a segno il pugno risolutore che metterà KO l’avversario. È proprio l’utilizzo della forza ad alte velocità (potenza) il fattore che determinerà l’efficacia delle proprie skills nella gabbia. Il portare bene, e con la giusta potenza, le combinazioni tecniche può fare la differenza: non è la stessa cosa vincere con una bella finalizzazione prima del limite o svegliarsi su un lettino d’ospedale in seguito ad un trauma cranico. Anche in letteratura scientifica è stato ben documentato che l’espressione della massima potenza è una caratteristica che distingue i fighter d’élite da quelli più mediocri [1]. Un altro studio scientifico di Loturco et al. (2016) ha dimostrato come le qualità di forza-potenza influiscano per circa il 75% sulla forza di impatto del pugno [2].

    Punti chiave
    • Il miglioramento della tecnica porta a generare una maggior potenza nel proprio sport;
    • Un approccio che prevede l’utilizzo di più metodi di allenamento è superiore ad una approccio basato su un singolo metodo allenante (variare razionalmente gli stimoli è sempre cosa buona e giusta);
    • La forza rappresenta l’abc, la capacità fondamentale su cui poter costruire il resto;
    • La pliometria e l’allenamento balistico sono i metodi suggeriti per migliorare la capacità di generare forza in tempi brevi;
    • La capacità di sviluppare potenza può essere ulteriormente incrementata tramite il metodo P.A.P. (Post-activation potentiation) di cui parleremo al fondo dell’articolo.

    Va ricordato che ciò che serve ad un praticante di sport da combattimento è innanzitutto un bel bagaglio tecnico, la giusta condizione atletica ottenibile tramite un intelligente protocollo di strength & conditioning è solo uno degli elementi necessari per ottenere la vittoria. Per quanto sia utile l’allenamento con sovraccarichi al fine di migliorare qualsiasi parametro delle prestazioni fisiche [3], l’allenamento specifico (tecnica, colpitori, sparring) è insostituibile.

    Senza stress non c’è adattamento

    Molti allenatori ritengono che la pliometria o gli esercizi leggermente zavorrati eseguiti ad alta velocità siano il metodo migliore (e talvolta solo) per migliorare la potenza per le MMA. Altri hanno un punto di vista più tradizionale, sostenendo che il metodo più efficace è lo sviluppo della forza massima attraverso un allenamento pesante. I sostenitori del sollevamento pesi in stile olimpico sostengono che il weightlifting è la miglior via per aumentare la potenza specifica delle MMA. Come con la maggior parte degli aspetti delle prestazioni di alto livello, la vera risposta sta nel mezzo.

    Volendo essere chiari e sintetici potremmo dire che la potenza è il prodotto di forza e velocità. Potenza = Forza x Velocità (P = F x v).

    Ciò significa che la massima potenza ha sia una componente di forza che di velocità. Se la forza spinge o “tira” un oggetto la velocità contribuisce a spostare quest’ultimo in una certa direzione a determinati m/s.

    Tutto sta nel trovare un compromesso fra l’allenamento della forza massimale e quello della velocità.

    Altre letture consigliate:
    - La curva di forza velocità e la sua applicazione nello sport
    - La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitare
    - Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Ci sono varie scuole di pensiero e metodi di lavoro. Si può allenare la forza massimale (pesi impegnativi spostati a bassa velocità), praticare weightlifting (alti pesi e alte velocità), praticare allenamento balistico (alta e bassa forza / alta velocità) o pliometria (bassa forza / alta velocità).

    Ricapitolando…

    • Heavy strength training (high force/low velocity)
    • Weightlifting (high force/high velocity)
    • Ballistic training (high-low force/high velocity)
    • Plyometric exercises (low force/high velocity)

    Come già accennato, non concentrarsi su un unico metodo ma alternarli è la cosa più saggia da fare, anche i test lo confermano [4,5].

    Heavy Strength Training

    L’allenamento della forza con carichi intensi ( ≥ 80% 1RM) è utile all’atleta per molte ragioni: aumenta la forza massimale, la coordinazione inter e intramuscolare, l’ipertrofia, la potenza, il tasso di sviluppo di forza (RFD, rate force-development), e così via [6,7,8]. Migliorando la forza, a cascata, entro un certo limite miglioreranno anche la velocità e la potenza. Per queste ragioni lo strength training deve far parte del protocollo di allenamento di ogni atleta di MMA. Tuttavia, se l’allenamento della forza ad alti carichi dà importanti miglioramenti sugli atleti principianti e intermedi (soggetti che non si allenano coi pesi da molti anni), con gli atleti più esperti la musica cambia. Chi si allena da molti anni e solleva carichi (kg) importanti non ha benefici significativi nel provare ad aumentare ulteriormente i dischi sul bilanciere nella panca piana o nello squat. Per questi atleti è importante continuare ad allenare la forza mantenendo buoni carichi di lavoro, evitando così il deallenamento, ma per eccellere in quanto a potenza devono concentrarsi su altro.

    Weightlifting

    Le alzate olimpiche sono efficacissime per migliorare potenza, RFD (rate force-development), coordinazione e gesti atletici molto comuni come il salto o la corsa veloce [9]. Il sequenziamento delle azioni muscolari è tra l’altro un importante principio di specificità, pertanto questi esercizi hanno un grande transfer sul gesto (specifico) di gara.

    Il tuo compito è trovare il metodo più rapido ed efficiente per ottenere il risultato desiderato

    Il weightlifting ha però un difetto non trascurabile: per molti le alzate sono tecnicamente difficili da eseguire, quasi impraticabili (a meno che qualcuno non voglia infortunarsi). Di conseguenza servono tanto tempo e pazienza per imparare a farle, ed ancora più tempo per riuscire a farle con carichi decenti sul bilanciere (uno strappo od uno slancio con 40 kg di carico non sono realmente allenanti per un atleta che di lì a poco dovrà entrare in gabbia). Bisogna mettere in conto che un atleta ventenne che vede per la prima volta un vero bilanciere olimpico magari non riuscirà mai a destreggiarsi nel clean & jerk (video sotto) con dei pesi dignitosi.

    Come diceva l’allenatore Ado Gruzza in un suo libro, dopo 2 o 3 anni ben fatti di squat, panca e stacco da terra (powerlifting) un soggetto inizialmente principiante sarà diventato un bel torello, forte e potente, col weightlifting invece?

    Sta quindi al coach capire se il proprio atleta può utilizzare le alzate olimpiche (eseguibili anche con kettlebell) o se è meglio concentrarsi su altri esercizi più alla sua portata, senza mettere troppa carne al fuoco.

    Allenamento balistico

    Un esercizio si dice balistico quando un atleta al termine della fase concentrica lascia andare l’attrezzo senza eseguire una fase eccentrica. Esempio pratico: se Giovanni lancia la palla medica contro il muro esegue solo la fase di spinta (concentrica) e poi lascia andare la palla (se non la lasciasse andare e richiamasse la braccia eseguirebbe anche la fase eccentrica). Possiamo considerare come balistici molti esercizi, dai salti al lancio di attrezzi. Il solo allenamento balistico è meno efficace dell’accoppiata allenamento balistico + allenamento della forza [10].

    Il momento migliore per eseguire esercizi balistici è ad inizio allenamento, quando si è ancora freschi, o in accoppiata con esercizi volti all’incremento della forza massimale.

    Pliometria

    L’allenamento pliometrico si differenzia da quello balistico per la presenza di una breve contrazione eccentrica che ha come fine quello di potenziare la successiva fase concentrica. Il veloce passaggio da una fase eccentrica ad una successiva concentrica è detta stretch-shortening cycle (SSC) che possiamo tradurre come ciclo di stiramento-accorciamento. Infatti, un più rapido SSC può aumentare l’efficacia delle tecniche di striking, schivate o entrate alle gambe. Senza voler entrare troppo nei tecnicismi, come riportato dal team di Science for Sport nella pliometria i tempi di contatto fra l’estremità di un arto (o degli arti) e il terreno, a seconda della durata, possono essere divisi in due categorie: movimenti pliometrici veloci (≤ 0,250 sec.) e lenti (≥ 0,251 sec.).

    Sopra vengono riportati i tempi medi di contatto con il terreno (istanti in cui avviene il ciclo di stiramento-accorciamento) in millisecondi. Tanto per fare degli esempi, gli sprint sono pliometria veloce, anche i salti in lungo ma non i salti con contro-movimento (slow plyometric exercise).

    Sopra, le fasi di un salto pliometrico illustrate e spiegate dai nostri colleghi di @boxingscience. Durante l’atterraggio da un salto l’organismo può assorbire forze d’impatto pari a 3-10 volte il proprio peso [11,12], pertanto è necessario usare delle progressioni per creare un “adattamento anatomico” delle articolazioni ai salti pliometrici. Senza un adeguato condizionamento dell’apparato locomotore (attivo e passivo) gli infortuni sono sempre dietro l’angolo. Da qui l’importanza di utilizzare in una prima fase del training camp gli shock jump, per poi passare a salti più rapidi e impegnativi.

    Post-activation potentiation (PAP)

    La PAP è una metodica di allenamento molto simile al più classico metodo a contrasto. Essa prevede lo stressare duramente l’organismo con uno sforzo sub-massimale per poi passare ad uno sforzo vagamente simile, senza peso, per incrementare le performance atletiche in un determinato gesto atletico.

    Qui sotto un breve esempio.

    Nel video l’atleta passa dall’eseguire 1/4 di squat per due volte (ripetizioni spezzate) al saltare più in alto che può (gesto atletico a corpo libero).

    Se un atleta salta 60 cm, cifra d’esempio, l’obiettivo è quello di utilizzare la PAP per abituare il corpo, in tempi medio-brevi, a saltare quei 4 o 5 cm in più [13,14,15].

    La PAP può essere utilizzata per rendere più veloci e potenti gli atleti in esercizi generici (salti di vario genere) o in movimenti più specifici. Volendo ci si può sbizzarrire abbinando l’esercizio di forma sub-massimale ad una breve combinazione di boxe, dei calci al sacco, un esercizio balistico, uno pliometrico, e così via. Esercizi con schemi di movimento, reclutamento di unità motorie e sequenziamento di muscoli e articolazioni simili devono essere accoppiati insieme per migliorare l’effetto di potenziamento.

    Esempi pratici

    PAP generica

    Squat 4×2 (serie x ripetizioni) + Depth Jumps 4×4

    Nello schema riportato sopra dopo ogni serie di squat (due ripetizioni) vengono eseguiti quattro depth jump (nel mezzo è consigliabile una breve pausa).

    Weighted Pull-Ups 4×3 + Reactive Med Ball Slams 4×4

    PAP sport specifica

    Affondi con manubri verso dietro 4×4 (a lato) + ginocchiate contro sacco/pad 4×4

    Panca piana con catene 4×3 + pugni al sacco pesante 4×6 sec.

    Sempre riguardo alla PAP è consigliabile tenere un basso volume (3-5 serie x 4-6 ripetizioni) di allenamento in modo da non sporcare troppo la tecnica e scongiurare un prematuro affaticamento. Di contro, l’intensità dev’essere piuttosto elevata per l’alzata pesante (1-3 RM) e molto leggera sul secondo esercizio (<30% 1RM o corpo libero). Bisogna inoltre motivare l’atleta affinché egli esegua gli esercizi alla massima esplosività possibile.

    A differenza del metodo a contrasto, dove si passa dall’alzata pesante all’esercizio esplosivo senza pause, qui si consiglia un recupero di 30-60 secondi fra i due esercizi e 2-3 minuti fra le serie. Vi sono anche studi che parlano di tempi di recupero nella serie (fra i due esercizi) vicini o superiori addirittura ai 10 minuti (Wilson J. M. et al., 2013), tuttavia ciò è poco funzionale a causa dell’enorme dilatazione dei tempi di lavoro e l’esperienza pratica porta a suggerire di rimanere su tempi più umani (30″-1′), in modo da poter accumulare un maggiore volume di allenamento.

    Conclusioni

    Come sempre, questi metodi e suggerimenti dovrebbero essere considerati insieme agli obiettivi dell’atleta, alla storia dell’allenamento e a vari tratti individuali che possono limitare determinati approcci. L’approccio misto risulta spesso il più indicato ma nulla vieta di concentrarsi su uno o due metodi inseriti nei momenti più opportuni all’interno di un macrociclo di allenamento.

    Per ulteriori approfondimenti vi sono altre letture da fare (elenco sotto), oppure potete scegliere una consulenza Skype col sottoscritto o farvi allenare (anche a distanza).

    Altre letture consigliate:
    - Test atletici per sport da combattimento
    - Ultimate Conditioning for Martial Arts
    - Struttura base di un training camp per sport da combattimento
    - Programma di allenamento per le MMA (4 settimane)
    - Preparazione atletica per Lotta e Grappling: una panoramica generale
    - MMA: l'allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson
    - La periodizzazione dell'allenamento: teoria e pratica
    - Sport da combattimento ed allenamenti errati
    - Metodi di potenziamento per gli sport da combattimento
    - Le caratteristiche del Fighter
    - Shock jump: la loro utilità nella preparazione atletica
    - Deallenamento: cosa, quando e perché
    - Come creare transfer: proposta d'allenamento per gli sport da combattimento
    - La preparazione atletica e la sconfitta: Georges St-Pierre, Mike Tyson e l’esperienza quotidiana
    - Allenamenti Sovietici: il paradosso della forza e della resistenza

    Grazie per l’attenzione .


    Referenze

    PJ Nestler – Optimizing Power for MMA (2019)
    1 Franchini, E. et al. – Physiological Profiles of Elite Judo Athletes (2011)
    2 Loturco, Irineu, et al. – Strength and Power Qualities Are Highly Associated With Punching Impact in Elite Amateur Boxers (2016)
    3 Stone, M., Stone, M., & Lamont, H. (n.d.). Explosive Exercise. Retrieved November 20, 2017
    4 Cormie P. et al. – Power Versus Strength-Power Jump Squat Training (2007)
    5 Fatouros I. G. et al. – Evaluation of Plyometric Exercise Training, Weight Training, and Their Combination on Vertical Jumping Performance and Leg Strength (2000)
    6 Cronin J. et al. – The role of maximal strength and load on initial power production (2000)
    7 Antonio, J. – Nonuniform response of skeletal muscle to heavy resistance training: can bodybuilders induce regional muscle hypertrophy? (2000)
    8 Behm, D. – Neuromuscular implications and applications of resistance training (1995)
    9 Hori N. et al. – Does Performance of Hang Power Clean Differentiate Performance of Jumping, Sprinting, and Changing of Direction? (2008)
    10 James, Lachlan – Mixed methods power development for mixed martial arts: A review of the literature (2014)
    11 Witzke K. et al. – Effects of plyometric jump training on bone mass in adolescent girls (2000)
    12 Hayes W. et al. – Toward a definition of impact loading in exercise studies of bone (1997)
    13 Baudry S. et al. – Postactivation potentiation in human muscle is not related to the type of maximal conditioning contraction (2004)
    14 French D. N. et al. – Changes in Dynamic Exercise Performance Following a Sequence of Preconditioning Isometric Muscle Actions (2003)
    15 Wilson J. M. et al. – Meta-Analysis of Postactivation Potentiation and Power (2013)

  • Tendini: salute e performance

    Tendini: salute e performance

    All’estremità di ogni fibra muscolare, la membrana plasmatica si fonde con una struttura fibrosa che si inserisce nell’osso (o sulla pelle), questa struttura è il tendine.

    Definizione generale

    I celebri ricercatori Wilmore e Costill nel libro Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport definiscono i tendini come strutture fatte di corde fibrose (o fili) di tessuto connettivo che trasmettono la forza generata dalle fibre muscolari alle ossa, creando così movimento. I tendini sono formati da fibroblasti e matrice extracellulare. I primi sintetizzano sostanze della matrice extracellulare, ossia il collagene (sostanza resistente) e l’elastina (sostanza più elastica).

    Come riporta uno studio di qualche anno fa [1], il tendine aiuta a facilitare il movimento e la stabilità articolare attraverso la tensione generata dal muscolo. I tendini possono anche immagazzinare preventivamente l’energia che poi sarà utilizzata per dei movimenti successivi. Ad esempio, il tendine di Achille può immagazzinare fino al 34% della potenza totale della caviglia.

    Salute

    Le fibre di collagene citate poco prima, sono fondamentali per fornire resistenza alla trazione del tendine. La disposizione parallela delle fibre di collagene fornisce resistenza al tendine permettendole di sperimentare grandi forze di trazione senza subire lesioni [2]. Quando un tendine sperimenta livelli di stress da carico superiori alla sua fisiologica capacità di trazione si verificano micro o macrotraumi, anche se difficilmente l’allenamento della forza porta a lesioni serie.

    Come ampiamente spiegato in passato (qui), la solidità dei tendini è in buona parte legata a fattori genetici individuali, quindi legati alla nascita e non modificabili. Pertanto con un corretto allenamento si può migliorare ma solo fino a un certo punto.

    Sopra, la classificazione degli infortuni tendinei (Brumitt J. et al., 2015).

    In caso di gravi danni al tendine, come una sua rottura dello stesso, il movimento è seriamente compromesso (perdita totale, o quasi).

    Letture consigliate
    - Genetica e predisposizione agli infortuni
    - Traumatologia e sport (1/3): infortuni, tessuti, entità delle lesioni e statistiche
    - Traumatologia e sport (2/3): fratture, distorsioni e infortuni muscolari
    - Traumatologia e sport (3/3): tendinopatie, terapie e prevenzione degli infortuni
    Adattamento, allenamento e performance

    Come evidenziano studi condotti sia sugli uomini che sugli animali, l’allenamento contro resistenze (pesi) è in grado di aumentare la rigidità dei tendini [3,4]. I tendini, sul lungo periodo, rispondono all’allenamento con i sovraccarichi aumentando il numero e la densità delle fibrille di collagene [5,6].

    Come riportato in letteratura scientifica [7] i tendini durante un ciclo di accorciamento-stiramento e durante le contrazioni isometriche massimali possono allungarsi fino dal 6 fino al 14%, inoltre se il tendine è lungo i fascicoli muscolari si allungano di meno. Un tendine più rigido è più prestante (assicura maggior potenza e velocità nei movimenti) ma è più soggetto agli infortuni.

    Qui sotto un riassunto di quanto detto finora.

    Conclusioni

    I tendini si adattano meno rapidamente dei muscoli agli stimoli allenanti, pertanto è sempre buona cosa ricordarsi che il tempo da dare all’organismo affinché esso recuperi e si adatti ai carichi di lavoro non è solo utile per il tessuto muscolare. Anche perché bisogna tenere a mente che spesso molti infortuni sono proprio di origine tendinea.

    Non si può non prendere in considerazione queste informazioni se si compila una scheda di allenamento o si lavora con degli atleti infortunati.

    Grazie per l’attenzione.


    Bibliografia

    1 Brumitt J. et al. – Current concepts of muscle and tendon adaptation to strength and conditioning (2015)
    2 Lieber R. L. – Skeletal Muscle Structure, Function, and Plasticity (2010)
    3 Woo S. L. et al. – The effects of exercise on the biomechanical and biochemical properties of swine digital flexor tendons (1981)
    4 Kubo K. et al. – Effects of resistance and stretching training programmes on the viscoelastic properties of human tendon structures in vivo (2002)
    5 Huxley A. F. – Muscle structure and theories of contraction (1957)
    6 Wood T. O. et al. – The effect of exercise and anabolic steroids on the mechanical properties and crimp morphology of the rat tendon (1988)
    7 Thom J. M. et al. – Passive elongation of muscle fascicles in human muscles with short and long tendons (2017)

  • Shock jump: la loro utilità nella preparazione atletica

    Shock jump: la loro utilità nella preparazione atletica

    Parlando di strength and conditioning per sport da combattimento qualcuno avrà magari sentito nominare gli “shock jump“. Ma qual è di preciso il loro ruolo? Scopriamolo insieme!

    shock jump

    Tecnica di base

    Quello riportato nella foto sopra è uno shock jump. Una caduta da un rialzo  (altro…)

  • Preparazione atletica per Lotta e Grappling: una panoramica generale

    Nel vasto mondo degli sport da combattimento e delle arti marziali, discipline come la lotta (wrestling), grappling (no-gi), il classico brazilian jiu jitsu (gi), il judo, ecc. rappresentano una categoria differente rispetto alle solite specialità fatte principalmente di percussioni (striking).

    Untitled collage

    Non occorre di certo una perspicacia fuori dal comune per intuire che le capacità condizionali e le richieste energetiche a cui l’organismo va incontro durante una gara di grappling  non siano le medesime necessarie per competere nel pugilato piuttosto che nella kickboxing.

    In questo scritto tratteremo proprio di fisiologia sportiva applicata alla categoria di sport da combattimento (SdC) citata ad inizio articolo. Buona lettura!

    Introduzione

    Chiunque abbia mai calcato, anche solo a livello amatoriale, un tatami od una gabbia sa bene quanto sia duro ed energeticamente dispendioso allenarsi e magari anche gareggiare negli sport da combattimento. Le sottomissioni del grappling, dagli strangolamenti alle leve articolari, le mille proiezioni della lotta libera e greco-romana, le fasi di transizione, i passaggi di guardia.

    Proprio perché sono molto duri, occorre essere fisicamente ben preparati, oltre che tecnicamente anche fisicamente. Esistono cinture nere che in quanto a strength and conditioning sono poco più che cinture gialle e cinture gialle che dal punto di vista atletico sono cinture nere.

    Ecco, per quanto possibile, bisogna tentare di ottimizzare il tutto. Cinture nere nello sport e cinture nere nella preparazione atletica.

    Diventare eruditi circa il condizionamento fisico per gli SdC non è facile, soprattutto se non si è poliglotti e non si hanno basi di alcun tipo. Questo articolo può essere un buon punto di partenza.

    Sistemi energetici e capacità condizionali

    Come già accennato in precedenza, vi è una marcata differenza fra i livelli di capacità condizionali (forza, resistenza, velocità) e di utilizzo dei substrati energetici richiesti dal corpo di un lottatore, rispetto a quelli necessari ad uno striker per essere performante.

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    La tabella riportata sopra, presa dal libro “Ultimate Conditioning for Martial Arts“, mostra a grandi linee i tempi di lavoro (in competizioni ufficiali) di tre SdC legati da alcune similitudini.

    In tutti e tre è ovviamente richiesta una solida base di forza massimale, una buona velocità, potenza e resistenza. Inoltre, nel wrestling e grappling/bjj ricopre una certa importanza l’efficienza del sistema aerobico. Il quale ha il compito di smaltire e riconvertire i prodotti di scarto del metabolismo anaerobico lattacido. Per resistere invece all’accumulo di acido lattico è importante possedere una buona resistenza anaerobica lattacida e alattacida (potenza e capacità a/lattacida).

    Logicamente, dato che i sistemi energetici lavorano in contemporanea (fig. sotto), vi è una componente energetica aerobica anche in sport come il judo, anche se minore (raggiunge invece il suo apice in SdC come la boxe professionistica).

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    Le differenze inerenti l’utilizzo delle capacità condizionali negli SdC dipendono principalmente dalla velocità con cui una forza viene applicata. Con lo sviluppo di tensione, nel muscolo si verifica un accorciamento, questo accorciamento avviene in una determinata quantità di tempo, per cui, secondo la relazione fisica spazio/tempo si può riuscire a quantificare il tempo in cui questa contrazione avviene. Per sviluppare la massima forza esprimibile necessaria per un determinato movimento occorre tempo. Il tempo per raggiungere il picco di forza varia da persona a persona (leve, coordinazione inter e intramuscolare, fibre muscolari, capacità di reclutamento) e dal tipo di movimento.

    Normalmente il tempo necessario per raggiungere il valore del picco della forza (F) è poco superiore a 0,4 secondi. Se paragoniamo gli 0,4″ con il tempo necessario per sviluppare forza in alcuni sport, capiamo perché in alcuni di essi l’allenamento con alti sovraccarichi a basse velocità è un importante aspetto della preparazione atletica e in altri no.

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    Specialmente nelle discipline di velocità, il tempo disponibile per imprimere forza (spinta a terra) è brevissimo (tabella), ciò ci dà un’idea delle priorità della preparazione atletica per questi sport.

    Tanto per essere più chiari, in tutti gli esempi riportati sopra, potranno essere raggiunti livelli di forza più o meno alti ma mai massimali. Non è un caso che i lanciatori del giavellotto allenino molto meno la forza massimale (spostamento di alti sovraccarichi a basse velocità), rispetto a chi fa lancio del peso (il giavellotto è molto più leggero del peso, pertanto può essere espressa tramite il lancio di esso una minor Fmax).

    Allo stesso modo, il jab di un abile boxeur (colpo dritto e rapido) si muove con una velocità ben diversa rispetto ad una normale proiezione di un lottatore (hip toss, double leg, single leg…). Quindi a livello fisiologico, fisico e biomeccanico cosa succede? Se siete stati attenti l’avrete sicuramente capito. Il pugile non esprimerà mai e poi mai tutta la sua forza in quel colpo, è impossibile, i suoi segmenti corporei ed i relativi muscoli si muovono troppo velocemente, non c’è il tempo necessario per sviluppare grandi livelli di forza. Al contempo, il lottatore portando un takedown sarà un po’ più lento ma riuscirà ad imprimere molta più forza in quella tecnica.

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    Attorno a questi tediosi ma importanti concetti gira tutto il discorso sulle giuste capacità condizionali per gli sport da combattimento. Bisogna quindi fermarsi un attimo a riflettere per cercare di comprendere cosa serve per lo sport che si pratica.

    Andando al nocciolo della questione, un lottatore o grappler deve essere rapido per afferrare un arto dell’avversario oppure per fare un’entrata alle gambe, tuttavia per rendere efficace il proprio takedown deve obbligatoriamente imprimere una certa forza nel gesto atletico, specialmente se l’avversario o lo sparring partner è pesante ed oppone molta resistenza.

    Per questa ragione, a causa delle richieste di forza ed alle fasi statiche – basti pensare ad un fighter che prova disperatamente ad uscire da una brutta situazione come la monta od una sottomissione quasi completamente chiusa – ogni grappler e lottatore se vuole avere delle buone prestazioni deve necessariamente allenare ciò che segue:

    • Forza massimale
    • Forza resistente
    • Forza esplosiva/potenza
    • Velocità/rapidità
    • Resistenza (aerobica ed anaerobica)

    Ai lettori più nerd, facciamo notare come la differenza tra la forza di un jab (Fm, forza massimale raggiunta in determinate condizioni) e quella di un potente takedown (Fmm, il più elevato dei valori di forza massimale raggiunti nelle condizioni più favorevoli) è misurabile ed ha un nome: deficit di forza esplosiva (explosive strength deficit – ESD).

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    Sopra, il deficit di forza esplosiva.

    Per ulteriori approfondimenti vi consigliamo vivamente di leggere il seguente articolo: La curva di forza-velocita e la sua applicazione nello sport.

    Applicazioni pratiche

    Dopo tanta teoria passiamo a dare qualche indicazione su come mettere in pratica quanto detto finora.

    Mettiamo caso che un atleta di buon livello abbia un match importante e circa quattro mesi di tempo per allenarsi, dividiamo quindi il tempo totale a disposizione (macrociclo) in 3 mesocicli.

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    Sopra, le tre principali fasi temporali di una periodizzazione.

    Tenendo a mente quali sono le priorità di allenamento elencate poco fa, proviamo a mettere nero su bianco una successione dei mesocicli ed a seguirla.

    • Mesociclo n.1 (microcicli 1-2-3-4)
    • Mesociclo n.2 (microcicli 5-6-7-8)
    • Mesociclo n.3 (microcicli 9-10-11-12)
    • Mesociclo n.4 (microcicli 13-14-15-16)

    Come molti già sapranno la periodizzazione, a seconda della tipologia di lavoro svolto, è suddivisibile in tre macro-aree: periodo di preparazione generale (GPP) – Periodo specifico (PPS) – Periodo competitivo (PC) – Periodo transitorio (PT).

    gpp pps

    Generalmente la preparazione generale dura più di quella specifica (rapporto temporale di 2:1). Come facilmente intuibile dai nomi, il GPP consiste in lavori più aspecifici, dissimili da ciò che poi verrà fatto in gara (un lottatore sul tatami di gara non solleva bilancieri). Invece, la seguente PPS si pone come via di mezzo fra un lavoro aspecifico e la competizione vera e propria, durante il periodo di preparazione specifica vengono chiamati in causa gesti ed esercizi un po’ più simili a quelli dello sport in sé (stessa cosa per le tempistiche di lavoro).

    Quello del PC è il periodo dove si compete. Può essere rappresentato da un singolo match o da più incontri spalmati in una stessa giornata o in più giorni.

    Infine, abbiamo il periodo transitorio che è generalmente rappresentato da un paio di microcicli rigenerativi molto aspecifici, con una frequenza di allenamento più bassa e con poco volume e intensità.

    Per essere più chiari…

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    Molto indicativamente, una “tabella di marcia” potrebbe essere quella mostrata sopra, con un periodo di preparazione generale (settimana 1-10), una fase di preparazione specifica (sett. 11-15) ed il periodo competitivo (ultima settimana).

    Dopo un paio di settimane di adattamento anatomico con un volume di allenamento medio ed un’intensità medio-bassa (carichi non superiori al 50-60% 1RM), si inizia ad aumentare il lavoro di resistance training, sia per l’incremento della forza massimale che resistente. In questo periodo si può anche andare ad utilizzare con esercizi mono-articolari per sviluppare i muscoli più carenti (nel caso questi siano particolarmente deboli rispetto agli altri). Per i lavori di forza resistente (continui o a circuito) si possono utilizzare esercizi coi sovraccarichi, a corpo libero e con compagno.

    Al fine di costruire una solida base aerobica si ricorre alla corsa o alla bicicletta, non superando il 70-75% della frequenza cardiaca su lavori continui della durata di 30-60 minuti (capacità aerobica). Invece, riguardo alla potenza aerobica, si fanno corse alla soglia del VO2max per 3-4′ o interval training particolarmente intensi (HIIT). Nel grafico riportato sotto, è osservabile il miglioramento del massimo consumo di ossigeno e della gittata sistolica, entrambi ottenuti tramite un allenamento ad intervalli (15/15) ed uno di corsa prolungata per tempi modesti (4×4 min).

    Aerobic high-intensity intervals improve VO2max more than moderate training (Helgerud J. et al., 2007); grafico a cura del Dott. Paolo Evangelista.

    Fra la fine della GPP e l’inizio della fase più specifica possiamo sbizzarrirci (per modo di dire) con lavori esplosivi con kettlebell, metodo a contrasto, palle mediche (anche simulando i gesti di gara), balzi, eccetera. E sulla velocità è bene usare degli sprint su brevi distante (10-50 metri) e lavorare sulla capacità di reazione.

    Per ultima, ma non meno importante, la resistenza anaerobica. Si cerca di rendere l’organismo più tollerante all’accumulo di acido lattico, in modo da migliorare la tenuta atletica generale, ricorrendo a circuiti che possono mischiare esercizi a corpo libero o gesti da gara. I tempi di lavoro sono riportati poco più sotto.

    A grandi linee, quelli che seguono sono i metodi di lavoro.

    • Forza massimale: 3-6 sets x 3-7 ripetizioni (75-90% 1RM)
    • Forza resistente aerobica (capacità): 10-15′ di lavoro (rec. incompleto, 2-4′)
    • Forza resistente aerobica (potenza): 3-5′ di lavoro (rec. completo)
    • Forza resistente anaerobica (capacità lattacida): 90-120″ di lavoro (rec. incompleto, circa 1′)
    • Forza resistente an. (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro (recupero completo)
    • Forza resistente an. (capacità alattacida): 12-20″ di lavoro (rec. incompleto, circa 1′)
    • Forza resistente an. (potenza alattacida): 5-10″ di lavoro (rec. completo, 2-3′)
    • Forza esplosiva/power: 3-6 sets x 1-5 ripetizioni
    • Resistenza aerobica (capacità): 30-60′ di lavoro (65-75% FCmax)
    • Resistenza aerobica (potenza): 3-4′ di lavoro (85% Fcmax) ripetuti 3-4 volte (rec. 2-4′)
    • Velocità/rapidità: sprint di vario genere su brevi distanze (10-50 m) con rec. completo
    • Potenza resistente (capacità lattacida): 60-120″ di lavoro (rec. 60-90″)
    • Potenza resistente (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro (rec. 3-5′)
    • Potenza resistente (capacità alattacida): 12-20″ di lavoro (rec. 10-45″)
    • Potenza resistente (potenza alattacida): 5-12″ di lavoro (rec. 1-3′).

    Intensità: percentuale del carico sollevato rispetto al proprio massimale (% 1RM), percentuale della frequenza cardiaca massima (% FCmax).

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    Per ulteriori approfondimenti: Allenarsi in base alla frequenza cardiaca.

    Volume: serie x volume x kg sollevati (tonnellaggio), serie di corsa x metri corsi (chilometraggio totale).

    Densità: rapporto fra lavoro e recupero (work on/off).

    Per monitorare la frequenza cardiaca è vivamente consigliato l’utilizzo di un cardiofrequenzimetro.

    Gli esercizi da utilizzare, alcuni li abbiamo già accennati, bene o male sono quelli che tutti gli addetti ai lavori già conoscono: sollevamenti con bilanciere, trap bar e manubri, kettlebell, palle mediche, corsa, bici e/o cyclette, vogatore, balzi di vario genere, slitta, sprint su brevi distanze (anche con cambi di direzione), battle rope, esercizi a corpo libero e con partner, elastici, macchine isotoniche, gesti tecnici tipici dello sport praticato e così via.

    strength endurance

    Sopra, una camminata prolungata volta all’incremento della forza resistente di tipo aerobico (aerobic strength endurance).

    Con 2-3 sedute di allenamento (preparazione atletica) a settimana si possono ottenere dei bei risultati.

    Cosa manca? Di altro ovviamente c’è da allenare la coordinazione, equilibrio e propriocezione e fare il giusto stretching più eventuali sedute dedicate alle tecniche di recupero (massaggi, bagni freddi). La flessibilità (stretching) va allenata durante tutto il macrociclo; coordinazione, equilibrio e propriocezione trovano il loro collocamento principalmente durante la fase di preparazione fisica generale (GPP).

    Sia nella GPP che SSP è inoltre consigliabile allenare con moderazione il collo.

    Altre letture utili:

    La periodizzazione dell’allenamento: teoria e praticaTest atletici per sport da combattimentoMMA: l’allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson
    - La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitareAllenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)Allenarsi in base alla frequenza cardiaca
    -Come creare Transfer: proposta d’allenamento per gli sport da combattimentoMetodi di potenziamento per gli sport da combattimento
    -Il Ginocchio del Fighter? Teniamolo al Sicuro!
    - Allenamento del collo per gli sport da contatto: teoria e pratica
    - Ultimate Conditioning for Martial ArtsSport da combattimento ed allenamenti errati

    Ovviamente durante l’intera preparazione ci saranno moltissimi allenamenti “tradizionali” con il maestro ed i compagni, dove si andrà a lavorare sulla tecnica, lo sparring e su eventuali scelte tattiche e strategiche. Di ciò però non parliamo dato che non è compito del preparatore atletico occuparsi di queste cose. Va comunque specificato, perdonate la banalità, che è inutile massacrarsi di preparazione atletica se non si è sufficientemente bravi nel proprio sport. Sul tatami di gara non si va a squattare, saltare o ad eseguire circuiti, ma a combattere con un avversario. È follia pensare a una cintura blu di bjj che passa più tempo a sollevare pesi che a rollare con i compagni di allenamento!

    Conclusioni

    Gli sport da combattimento sono sport estremamente complessi, anche sotto al profilo dello strength and conditioning. Allenarsi tanto ma soprattutto bene, alternando gli stimoli allenanti, individualizzando il lavoro e periodizzando il tutto si può fare molto, elevando le performance sportive di chiunque. Dall’atleta più portato a quello più scarso.

    In futuro torneremo a parlare di questi argomenti, approfondendo alcuni concetti, anche in base all’apprezzamento che lettori, atleti e coach avranno nei riguardi di questo articolo.

    Grazie per l’attenzione.

    Buon allenamento!


    oc


    Bibliografia

    Landow L. – Ultimate Conditioning for Martial Arts (2016)
    Bompa T. e Buzzichelli C. – Periodizzazione dell’allenamento sportivo (2017)
    Joel Jamieson – Ultimate MMA Conditioning (2009)
    Jan Helgerud, Kjetill Høydal, Eivind Wang, Trine Karlsen, Pålr Berg, Marius Bjerkaas, Thomas Simonsen, Cecilies Helgesen, Ninal Hjorth, Ragnhild Bach, Jan Hoff – Aerobic high-intensity intervals improve VO2max more than moderate training. Med Sci Sports Exerc. 2007 Apr;39(4):665-71.

  • Le Caratteristiche del Fighter (Parte 2)

    Le Caratteristiche del Fighter (Parte 2)

    Prima di parlare delle caratteristiche specifiche di un lottatore, è doveroso fare una premessa sulla definizione di “condizione fisica” (dal latino conditio = condizione per qualcosa; e physĭcus, derivazione di phŷsis = natura).

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    Tale definizione è utilizzata come riepilogativa di tutti i fattori fisici, tecnico – tattici, psichici, cognitivi e sociali che presenta l’atleta durante la prestazione. Questi fattori, si possono suddividere in capacità organico-muscolari (dette impropriamente anche “condizionali”) e capacità coordinativeInfine vi è una terza capacità che si pone a metà strada tra i due gruppi, ovvero la mobilità articolare (che non DEVE essere intesa come stretching), definibile come la capacità di eseguire i movimenti coordinati e con la massima escursione articolare possibile.

    Negli sport da combattimento in generale, non vi è una capacità che predomina in maniera assoluta rispetto alle altre come del caso di un maratoneta o di un pesista facendo così rientrare il combattente in quella categoria di atleti che presentano caratteristiche anatomo-fisiologiche in diversi rapporti tra loro. In linea generale tali capacità si possono suddividere:

    • Forza: definita come la capacità di vincere una resistenza tramite la contrazione muscolare; tale capacità nel tempo, è stata suddivisa in varie tipologie da molti studiosi del settore, per capirne le varie differenze nelle applicazioni pratiche. Secondo Verchoshanskij e Zatsiorsky, esistono quattro differenti tipologie di forza:
    • F. Massimale: la massima forza che il sistema neuromuscolare è in grado di esprimere come contrazione volontaria;
    • F. Esplosiva: è la capacità di sviluppare alti gradienti di forza in tempi brevi;
    • F. Esplosiva Elastica: è una forza di tipo reattivo, ovvero che la muscolatura immagazzina ogni qual volta subisce, prima di contrarsi, uno stiramento;
    • F. Resistente: è la capacità del muscolo di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata.

    Nello specifico degli sport da combattimento, allenare e varie tipologie di forza è fondamentale per generare un potenza sufficiente a sferrare colpi e/o atterrare l’avversario allo scopo di finalizzare il match;

    • Resistenza: è la capacità psicofisica dell’atleta di opporsi all’affaticamento. La resistenza psichica comprende la capacità dell’atleta di riuscire a resistere il più a lungo possibile a uno stimolo che lo indurrebbe a interrompere lo sforzo. La resistenza fisica, invece, si riferisce alla capacità dell’intero organismo, o dei suoi singoli sistemi parziali, di resistere alla fatica. Nel caso del lottatore, è importante allenare le varie componenti della resistenza (aerobica, anaerobica, specifica, aspecifica, ecc.) in quanto permette all’atleta di sostenere lo sforzo prolungato (come nel pugilato che, a livello professionistico, ogni incontro contiene ben 12 round da tre minuti l’uno), ma soprattutto gli permette di mantenere la lucidità mentale sotto sforzo, in modo da poter realizzare le varie tecniche, portare colpi decisivi e potenti anche nelle fasi finali dell’incontro;
    • Rapidità: con questa capacità si intende la capacità di raggiungere, in determinate condizioni, la massima velocità di reazione e di movimento possibili, sulla base di processi cognitivi, di sforzi massimi di volontà e della funzionalità del sistema neuro – muscolare (Grosser, 1991). Pertanto la rapidità rappresenta un insieme di capacità, straordinariamente varie e complesse, che si manifesta in modi completamente differenti nei vari sport.

    Lottatori, pugili, karateka, judoka, thai boxer, kick boxer, si caratterizzano tutti per un’elevata espressione alla rapidità, ma da molti punti di vista si differenziano per quanto riguarda la rapidità specifica del loro sport;

    • Potenza: si ottiene dal prodotto della forza applicata per la velocità di contrazione del muscolo in oggetto. Essendo la velocità una capacità di natura congenita e poco soggetta e miglioramenti, l’espressione e l’applicazione della potenza dipende soprattutto dalla forza applicata.

    A primo impatto verrebbe da pensare che, per avere la massima potenza, si dovrebbe applicare la massima forza possibile ma ciò non è così come scoperto da A. V. Hill.

    Senza entrare nel dettaglio, più una fibra muscolare si accorcia velocemente, meno forza può generare ai suoi capi e viceversa, in sostanza non si può avere tutto!

    Pertanto per ottenere la massima potenza esprimibile da una catena cinetica si ottiene con una mediazione dei valori di forza e velocità. Nel caso specifico negli sport da combattimento, la potenza è fondamentale per sferrare colpi decisi, veloci e potenti in grado di colpire l’avversario e metterlo in difficoltà;

    • Timing: questa capacità, nonostante sia molto importante per saper attuare le tecniche al momento e nel modo giusto (sia che siano tecniche di percussione che di sottomissione), spesso viene trascurata e lasciata all’esperienza dell’atleta se non, peggio ancora, addirittura al caso, quando invece è un fattore da dover allenare anche in sessioni d’allenamento specifiche e a mente lucida e riposata. Saper attuare le tecniche giuste al momento giusto è un fattore che, spesso, risolve situazioni difficoltose e/o intricate decisive per la finalizzazione del match;
    • Agilità: anche se presenta una componente prevalentemente coordinativa, l’agilità è una delle qualità motorie di più difficile definizione, in quanto deriva dall’integrazione di diverse capacità, come equilibrio, coordinazione, velocità, riflessi, forza e resistenza. Pertanto l’agilità si potrebbe definire come la fusione delle capacità motorie, esaltate ai massimi livelli, tale per cui si può effettuare un qualsiasi movimento in modo efficiente ed efficace; ne consegue che l’agilità è una componente essenziale per un combattente poiché più è agile, più si potrà muovere coordinatamente in velocità ed in economia di energie;
    • Flessibilità: detta anche mobilità articolare, è la capacità di un soggetto di muovere una o più articolazioni con la massima escursione articolare possibile, senza alcun limite e senza dolore. Nei lottatori la mobilità articolare è fondamentale per la realizzazione e l’impostazione delle tecniche (si pensi ad esempio ad un Thai boxer o ad un Kickboxer che, se non avessero un’ottima mobilità articolare dell’articolazione coxo-femorale, non potrebbero sferrare calci al viso in modo efficace ed efficiente), oltre che per evitare infortuni dovuti a stiramenti e/o strappi;
    • Conoscenza: con questo fattore, non si intende solo la mera conoscenza delle tecniche di attacco e difesa del combattimento, quanto i vari i stili e atteggiamenti che vengono applicati durante la lotta, saper capire come si muove l’avversario in modo da poterlo anticipare e sopraffare, saper individuare le strategie applicate e prontamente saper applicare una tattica adeguata. Quindi la conoscenza è composta da tutto il bagaglio esperienziale del fighter che gli permetterà di trovarsi raramente impreparato alle situazioni;
    • Reazione: è la capacità di reagire agli attacchi, dote spesso molto sottovalutata e tralasciata come il timing, ma anch’essa assolutamente necessaria per ogni fighter. Un pugile che sa reagire immediatamente agli attacchi dell’avversario sa anche fermarli e/o anticiparli, un lottatore che riesce e piazzare una contromossa mentre subisce un tentativo di finalizzazione sarà meno vulnerabile e più combattivo;
    • Tecnica: ed infine ma non per importanza, la capacità tecnica di saper portare in modo corretto i colpi rende un combattente tale. Ma se padroneggia solo questo fattore peccando nelle altre capacità elencate, sarebbe un lottatore incompleto e facilmente battibile.

    Con questa seconda parte abbiamo provato a dare un’infarinatura su quelle che sono le capacità che un guerriero del ring deve possedere. Tutto ciò non può essere creato senza una preparazione atletica realizzata su misura al fighter.

    Per dubbi ed eventuali domande non esitate a chiedere.

    Per aspera ad astra.

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    Referenze e approfondimenti

    Articoli sulla preparazione atletica → clicca qui.

  • Capacità coordinative negli sport da combattimento: un quadro generale

    Capacità coordinative negli sport da combattimento: un quadro generale

    Torniamo a parlare di sport da combattimento, trattando le capacità coordinative e la loro applicazione nella boxe, MMA, kickboxing, lotta, brazilian jiu jitsu, ecc.

    Buona lettura!

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    Cosa sono le capacità coordinative?

    Come già spiegato in passato, le capacità coordinative dipendono dalla dimensione intellettiva, cognitiva ed emozionale della persona. Sono capacità poste alla base dell’apprendimento motorio e nel lungo termine portano un’atleta ad (altro…)