Per quanto riguarda il benessere psicofisico e la performance, l’alimentazione gioca un ruolo cruciale, sul quale va prestata molta attenzione, sia per gli sportivi che per i soggetti sedentari.
Il mondo dell’alimentazione è tanto vasto quando complicato, questo articolo non intende formare dei nutrizionisti ma semplicemente fornire delle linee guida, dei consigli, utili per gli sportivi (amatori ed agonisti).
Bene, ora iniziamo. Quali sono le priorità alimentari?
Come esplica l’immagine del Dr. Mike Israetel, andando in ordine di importanza, noi dobbiamo guardare: le calorie (assunte e consumate), i macronutrienti, il momento di assunzione dei nutrienti, la composizione del cibo e l’integrazione/supplementazione.
Calorie
L’unità di misura base per indicare il quantitativo energetico di un determinato alimento, generalmente riferito ai 100 grammi, è appunto la caloria.
Cal. = quantità di calore necessaria per far salire la temperatura di 1 ml di acqua distillata da 14.5 a 15.5 C°, alla pressione costante di una atmosfera
Per comodità, più che la caloria come unità di misura è utilizzata la kilocaloria, la quale corrisponde a 1000 calorie.
Il nostro fabbisogno calorico (le cal./kcal che dobbiamo assumere giornalmente) non possiamo stimarlo con assoluta precisione, salvo se utilizziamo particolari e costose macchine, ma possiamo comunque ottenere valori di una discreta precisione tramite alcune formule che partono dal metabolismo basale (MB). Quest’ultimo rappresenta il dispendio energetico base del nostro organismo per permettere il corretto svolgimento di tutte le funzioni vitali di base.
Le formule più note sono le seguenti…
1) MB = 1 kcal/(kg x h)x 80kg x 24h = 1920 kcal
e poi: Fabbisogno cal. giornaliero = 1920 kcal + 30% del MB (10% per ciò che consumiamo per scomporre, digerire ed assimilare i nutrienti e 20% dall’attività fisica) = 2496 kcal.
Quindi un uomo di 80kg, che non svolge lavori pesanti ed è moderatamente attivo (es. 3 allenamenti a settimana) per un mantenimento del peso dovrà assumere 2496 kcal/dì. Per le donne la formula è quasi uguale, bisogna solo sostituire l’1 iniziale con 0,9 kcal, cioè “MB = 0,9 kcal/(kg x h)…”
2) Quest’altra formula è stata ideata da Lyle McDonald e ricava il fabbisogno calorico giornaliero tramite il nostro peso e due coefficienti: uno fisso (2,2) e uno variabile a seconda che il soggetto in questione sia sedentario (10-11), svolga attività moderate (12-13) o intense (18-19).
Nella pratica, per uno sportivo agonista di 70 kg: 70 x 2,2 x 18-19 = 2772-2926 kcal
3) La seguente formula è probabilmente la più attendibile se si è grossi o grassi.
MB (donne) 655 + (9,6 x peso in kg) + (1,8 x altezza in cm) – (4,7 x età in anni) MB (uomini) 66 + (13,7 x peso in kg) + (5 x altezza in cm) – (6,8 x età in anni).
Quindi per uno sportivo moderatamente attivo (3 allenamenti a settimana) trentenne, di 70kg x 180 cm…
MB = 66 + (13,7 x 70) + (5 x 180) + (6,8 x 30) = 2129 kcal.
Ora, in base alle attività svolte, abbiamo più valori. Sedentarietà: 12%; attività moderata: 20%; att. intensa: 30% .
2129 + 20% = 2554.8 kcal (fabbisogno calorico giornaliero)
E’ bene specificare che le formule che prendono come valori di riferimento il peso corporeo sono valide nei soggetti abbastanza magri (non oltre il 15% di massa grassa), tuttavia anche le persone tirate ma pesanti (es. culturisti) potrebbero essere tratte in inganno da formule quali la seconda di L. McDonald.
Ogni nostra variazione nel peso e nella composizione corporea dipende in primis proprio dal fabbisogno calorico, ma di questo parleremo meglio dopo.
Macronutrienti
I macronutrienti sono molecole biologiche, indispensabili per vivere, apportano calorie. Sono tre: carboidrati, proteine e grassi.
I carboidrati, o glucidi, sono la fonte energetica per eccellenza (soprattutto per le attività intense) e forniscono all’organismo circa 4,1 kcal/g. Vengono stoccati come riserva, sotto forma di glicogeno, nei muscoli e nel fegato. Nei muscoli il quantitativo totale glicogeno muscolare si aggira sui 250-400 grammi e nel fegato sui 100 (glicogeno epatico). Durante l’attività fisica intervengono quasi esclusivamente le scorte muscolari, a digiuno quelle epatiche. La quota basale di glucidi da introdurre, secondo i testi più quotati, varia dai 150 ai 180 g/dì nelle persone sedentarie o comunque poco attive di un peso medio (70 kg).
A differenza delle credenze da palestrati che vedono necessario mangiare ogni 3-4 ore per “mantenere la massa muscolare”, durante il digiuno il fegato rilascia circa 8 g/h di glicogeno, questo va a stimolare l’ormone insulina, antagonista del cortisolo, inibendo il catabolismo muscolare.

Le proteine, o protidi, apportano mediamente* 4,1 kcal/g (come i carboidrati), formano prodotti di scarto (ammoniaca che diventa poi urea) e non possono essere stoccate come riserva nel nostro organismo. La struttura di questo macronutriente è composta da catene di aminoacidi, quest’ultimi in totale sono 20 di cui il nostro corpo ne sintetizza 11, gli altri 9 devono essere obbligatoriamente assunti da fonti esterne (cibo e/o integratori). I protidi in eccesso vengono principalmente ossidati, oppure convertiti in glucosio (se mancano glucidi) e, assai più raramente, in grassi.

La loro funzione è principalmente plastica (di costruzione), non energetica. Solo un grande eccesso di macronutrienti, in seguito ad un ingorgo metabolico, potrebbe spingere le proteine in eccesso a convertirsi in trigliceridi, per questa ragione le proteine sono il macronutriente che porta più difficilmente ad ingrassare. Ai sedentari si consiglia di assumerne 0.9 g per ogni kg di peso corporeo, per gli atleti da 1.5 a 2.5 g/kg. Più proteine non necessariamente sono sinonimo di più muscolo, anzi, nella maggior parte dei casi non è così. Enormi introiti proteici in soggetti natural, che quindi non hanno la sintesi proteica accelerata da sostanze dopanti, spesso risultano essere semi-inutili. Le proteine provenienti da frutta e verdura non hanno quasi mai uno spettro aminoacidico completo (non dispongono di tutti gli aminoacidi essenziali) ma non è il caso di farsi troppe paranoie al riguardo, con una dieta bilanciata, alternando le fonti tutto è ok. “…in un pasto non è necessario avere contemporaneamente tutti i 9 aminoacidi essenziali, nel flusso ematico è facilissimo che siano presenti, soltanto una volta che saranno esauriti anche il sangue il nostro organismo dovrà catabolizzare i propri tessuti per ricavarli” [1]. In parole povere, i vegetariani (o vegani) non devono per forza cercare di assumere tutti gli aminoacidi essenziali (EAA) in un solo pasto, è sufficiente assumerli anche in due pasti separati. Infine, riguardo alla questione reni, gli studi e le meta-analisi più quotati non hanno mai trovato correlazione tra eccessi proteici e danni renali in soggetti sani. Assumere poche proteine per non far lavorare tanto i reni è come respirare lentamente per non affaticare i polmoni (questa tuttavia non vuole essere una scusa valida per giustificare inutili eccessi).

Ultimi ma non meno importanti, i grassi, o lipidi, sono il macronutriente più calorico in assoluto (9.3 kcal/g), vengono utilizzati soprattutto come riserva energetica, il corpo li stocca negli adipociti (cellule adipose). Sono la fonte energetica primaria per le attività poco intense (stare in piedi, camminare, correre lentamente eccetera).

Come per gli aminoacidi delle proteine, esistono anche degli acidi grassi essenziali (EFA) che il nostro corpo non può autosintetizzare, fra i principali ricordiamo l’acido α-linoleico, linoleico e quello arachidonico. I lipidi alimentari si articolano in “grassi” (solidi e a prevalente composizione in acidi grassi saturi) ed “oli” (liquidi e a prevalente composizione di acidi grassi insaturi). Questi ultimi sono largamente preferibili ai primi perché più facilmente digeribili e perché più ricchi di fosfolipidi (che favoriscono la sintesi di HDL cioè il colesterolo buono che contrasta l’LDL responsabile di tante malattie anche del cuore). Attualmente le linee guida internazionali suggeriscono una assunzione giornaliera di 0.9 g/kg di grassi (indipendentemente dalla pratica sportiva o meno) ed una quota basale di 25-30 g/dì (quantitativi inferiori scombussolerebbero il quadro ormonale).

Tempo di assunzione dei nutrienti e frequenza pasti
Quando e quanti pasti fare? Il mondo dello sport in generale è fortemente influenzato da ragionamenti in stile hard bodybuilding anche per quanto riguarda l’alimentazione. É tutt’altro che raro sentire persone vantarsi dei loro 6 (o più) pasti al giorno, perché è risaputo che bisogna mangiare ogni 3 ore per non perdere muscoli ed energie… no???
Parlando di fisiologia, al mattino abbiamo tutti (chi più, chi meno) degli alti livelli di cortisolo (ormone dello stress, catabolita per eccellenza), quindi teoricamente è consigliabile l’assunzione di un discreto quantitativo di carboidrati, però allo stesso tempo è buona cosa non eccedere con determinati tipi di glucidi, questo perché un loro eccesso inizialmente impennerebbe la glicemia, per poi scatenare poco dopo un’ipoglicemia reattiva.
Una situazione simile a quella riportata sopra si presenta a fine allenamento, inizia ad essere pagato il debito di ossigeno, le scorte di glicogeno muscolare dei distretti interessati calano, c’è un graduale rilascio di quelle epatiche e sale il cortisolo (generalmente dopo i 75-90 minuti). Rimane comunque difficile capire quanto queste variazioni ormonali in acuto, modifichino la composizione corporea e la performance in cronico.
Ecco, in entrambi i casi si potrebbe mangiare (colazione a una buona ora e pasto 30′ dopo la fine dell’allenamento) come anche no! Il corpo umano è una macchina meravigliosa, è in grado di adattarsi a più svariati stimoli e alle più disparate abitudini alimentari. Se ad esempio alla sera precedente avete mangiato decisamente più del solito, può essere una strategia vincente quella di saltare la colazione per passare direttamente allo spuntino di metà mattinata o al pranzo, anteponendo il giusto fabbisogno calorico settimanale a quello giornaliero. Nel secondo caso, quello del post allenamento, se abbiamo allenato solo determinati distretti muscolari potremmo far passare anche ben più di 30 minuti. Si valuterà la quota calorica (in primis glucidica) assunta fino ad ora in quella giornata, tenendo conto che non sarà finito il glicogeno in toto ma solo consumato quello di alcuni gruppi muscolari e che il fegato inizierà a rilasciare quello epatico, si terrà inoltre presente del nostro piano alimentare (dieta ipo, normo o ipercalorica), dell’intensità dell’allenamento e di eventuali strategie per shiftare il metabolismo su un maggior consumo di grassi (dato appunto il forte utilizzo degli zuccheri). Come sempre tutto è da contestualizzare!
Riguardo alle questioni ormonali, è però il corpo ad adattarsi alle nostre abitudini, gli ormoni si regoleranno di conseguenza (ritmi circadiani).
Sia chiara una cosa: il numero dei pasti ha poca influenza sulla composizione corporea, il grosso lo fa il fabbisogno calorico nel cronico. Fare 3-4 pasti o farne 6 cambierà più che altro il tempo della nostra permanenza in cucina (:

Il grafico riportato sopra, riassume le principali ricerche concernenti il numero giornaliero dei pasti ed il relativo cambiamento nella massa corporea. Più il punto è distante dalla linea verticale posizionata al centro e più i cambiamenti sono significativi. Se il punto è a sinistra della linea i pasti sono pochi, se invece si trova a destra i pasti sono più numerosi.
Ovviamente se il nostro fabbisogno calorico è particolarmente alto, sarà più facile dividere tutti i macronutrienti su più pasti e di certo non andremo a fare una pasto fortemente calorico (es. 1000 kcal) un’oretta prima di allenarci, ogni cosa va contestualizzata!
Certo è che in chi soffre di insulino resistenza (soprattutto obesi o ex-obesi) fare tanti piccoli pasti poco calorici (500-600 kcal), aiuterà a tenere a bada l’insulina. Quasi tutto ciò di cui avete letto fino ad ora è persona-dipendente, esaminatevi (o fatelo fare da una figura competente), provate, osservate i risultati e tirate le somme.
La diceria sul metabolismo veloce grazie all’elevata frequenza dei pasti deriva da un vecchio trial controllato randomizzato di Jenkins e colleghi [17] che è poi però stato ampiamente smentito da una valanga di studi scientifici usciti negli ultimi vent’anni [18,19,20,21,22,23].
In sintesi, come evidenziato nella tabella riportata qui sotto, il tempo di assunzione del cibo (o nutrient timing) è in larga parte sopravvalutato, tranne in alcuni specifici casi…

Il nutrient timing divenne famoso proprio grazie ad uno studio che sottolineava la sua utilità in un contesto agonistico di sport di endurance (ciclismo), dove gli atleti svolgevano attività fisiche per molte ore consecutive [16]. In un contesto non agonistico, il nutrient timing è poco rilevante. Assumendo carboidrati entro 30′-2h dalla fine dell’allenamento (o gara), le scorte di glicogeno verranno ripristinate sì un po’ più velocemente ma anche superata questa finestra temporale di assunzione, entro un tempo massimo di 24h il grosso del glicogeno sarà comunque ripristinato, anche non badando alle tempistiche di assunzione.
Composizione del cibo
L’importanza della composizione del cibo, è già stata parzialmente tratta nella parte riguardante lo spettro aminoacidico delle proteine. Alternando con saggezza le fonti fra un pasto e l’altro, il nostro corpo non avrà problemi a regolarsi ed abbinare fra di loro tutti gli aminoacidi essenziali.
Riguardo alla glicemia e all’ormone insulina, entrambi questi fattori vengono stimolati con l’assunzione di tutti e tre i macronutrienti, in primis con i carboidrati. Per guardare alla qualità e quantità dei glucidi, più che l’ormai obsoleto indice glicemico (IG), è utile considerare il carico glicemico (CG). Nei pasti lontani dagli allenamenti per non rischiare di avere i livelli dell’ormone insulina alti in cronico è bene preferire alimenti con un IG medio ed un CG totale del pasto relativamente contenuto. Alimenti con un alto IG come le patate, carote ecc. possono essere tranquillamente assunti ma in quantità ragionevoli (appunto perché il CG è assai più importante dell’IG). Invece, per i pasti successivi agli allenamenti vale praticamente la regola opposta: pasto di un CG medio-alto, in questo modo l’ormone insulina andrà via via ad inibire il catabolismo (il quale è comunque un evento fisiologico).
Per concludere, i grassi, divisi in saturi e insaturi, sono da assumere soprattutto del secondo tipo (75% circa). Di questi (insaturi), vanno preferiti i monoinsaturi (3/4) ai polinsaturi (1/4). Il restante 25% dei grassi da introdurre nella propria alimentazione devono essere saturi, però bisogna cercare di limitare quelli di origine animale.
Integrazione/supplementazione
É sempre un problema parlare di integrazione/supplementazione perché attorno a questo argomento gira tanto, troppo marketing. Le meravigliosa pubblicità ci fa credere che siamo carenti di un sacco di cose e che dobbiamo spendere soldi su soldi in bei barattoloni colorati contenenti polveri magiche o pastiglie. Quelle che seguono sono sostanze legali che danno, o potrebbero dare, dei miglioramenti. Indispensabili? No! Utili? Puè darsi!
Prima di tutto peró diamo un paio di definizioni
Integrazione = assunzione di determinate sostanze per sopperire a delle nostre reali carenze emerse tramite accurate analisi del sangue (es. vitamina c,d).
Supplementazione = assunzione di sostanze utili al miglioramento della nostra performance (es. recupero muscolare) ma delle quali noi non siamo necessariamente carenti.
Ora veniamo al nocciolo della questione, cosa potrebbe essere utile?
Caffeina: composto ergogenico senza dubbio interessante perché può aiutare nella perdita di peso, nel miglioramento della concentrazione e della capacità di reazione [2]. Prima di passare alle capsule di caffeina (generalmente da 200 mg), è consigliabile abituare piano piano il nostro corpo all’assunzione di questa sostanza in dosi minori (basta una tazzina di caffè), in modo da evitare possibili effetti collaterali. Essa inizia a fare effetto dopo circa 30 minuti su chi non la prende da molto tempo, invece le persone che dopo mesi di assunzione ne sono assuefatte traggono dalla caffeina un effetto meno potente e ritardato (fino a 2 ore dall’assunzione). Per questi motivi bisogna ricorrere a dei periodi di stop (wash out). Generalmente il rapporto di assunzione-scarico ottimale, in settimane, è di 3:1, con il periodo di massima ricezione (teorica) alla caffeina che si trova in corrispondenza della/e gara/e. É consigliato non andare mai oltre i 300mg al giorno. Nel caso in cui non si voglia passare alle capsule, anche dei semplici caffè possono andare bene (70-110mg di caffeina per ogni tazzina di caffè). Oltre agli effetti già citati, questo composto è utile per le attività di endurance (inibisce parzialmente il senso della fatica) e, stimolando la lipolisi, favorisce il risparmio del glicogeno muscolare durante la pratica sportiva. Controindicazioni principali: nervosismo, febbre, diuresi, tachicardia, ipotensione.

Creatina: è un composto ergogenico che nel nostro corpo si trova per un 40% in forma libera, per un 50% in forma fosforilata e per il restante 10% è contenuta nel fegato, reni e cervello. É implicata nella sintesi dell’ATP del sistema anaerobico alattacido, dà dei leggeri miglioramenti per quanto riguarda la forza e l’aumento della massa ponderale. Se ne consiglia un’assunzione di 3-5 g/dì. Durante il primo mese di assunzione si ha sempre un aumento di peso (circa 1 kg) derivante dalla forte ritenzione idrica che causa questo composto, ciò in sport con classi di peso può essere un problema. Il corpo si libera di questa acqua intracellulare 2-3 settimane dopo lo stop della assunzione di creatina. Uno scarico, o stop definitivo, può aver senso solo ed esclusivamente per un discorso di peso, utilità per il proprio sport, soldi (la creatina non la regalano) e feedback dell’atleta, dato che essa non da assuefazione. Quello del carico iniziale di creatina (20-25 g nei primi giorni) è un concetto privo di fondamento e superato, in quanto nel cronico un dosaggio più contenuto ma costante dà i medesimi risultati di uno, almeno inizialmente, più spinto [3]. La CP (fosfocreatina) non causa danni renali su individui sani [4] e fra le varie forme in commercio cambia ben poco, si consiglia pertanto l’acquisto della creatina monoidrato (un po’ più economica). Può essere presa in vari momenti della giornata (in compresse o polvere), appena svegli, in concomitanza o 30 minuti dopo un pasto, 90 minuti prima di un allenamento o poco dopo. Ovviamente la CP è presente anche nel cibo (manzo, latte, tonno ecc.) ma in quantità assai ridotte che mai e poi mai potrebbero sostituire una supplementazione. Il mio personale consiglio è quello di utilizzarla all’inizio del macrociclo di allenamento, lavoro generale e abbastanza aspecifico, quando la preparazione atletica è incentrata sullo sviluppo di forza e potenza (sistema energetico anaerobico alattacido). La creatina non ha effetti collaterali sull’uomo, la sua assunzione potrebbe essere particolarmente utile a chi segue una dieta vegana, nel caso vi siano delle carenze.
Ulteriori approfondimenti: Creatina: guida all’integrazione.
Proteine in polvere: identiche alle proteine contenute nel cibo solido, da assumere in base al nostro fabbisogno calorico e alla quota di proteine che ci siamo prefissati di assumere al giorno. Per motivi digestivi è assolutamente controproducente ingerirle poco prima degli allenamenti.
Fosfatidilserina: fosfolipide che compone la membrana plasmatica, utile per aiutare il recupero fisico e aumentare concentrazione e lucidità. Tuttavia, i prodotti attualmente in commercio la presentano sintetica (per la maggior parte) o estratta da animali, inutile dire che la forma non sintetica sembrerebbe a tutti gli effetti più potente. Il dosaggio va dai 500 agli 800 mg/dì. Controindicazioni: problematiche gastrointestinali.
Acido lipoico: è un acido che si trova nelle verdure verdi, pomodori e crusca di riso. Ha potere antiossidante e aiuta nel controllo della glicemia. Il dosaggio consigliato è di 300-600 mg/dì. Controindicazioni: mal di testa e problematiche gastrointestinali.
Glucosamina: è uno dei principali precursori della sintesi delle proteine glicosilate e dei lipidi. Viene sintetizzata dal nostro corpo (glicosaminoglicani) ed è assunta solo in caso di forti infiammazioni articolari. Aiuta a ricostruire parte della cartilagine usurata, abbassa gli stati infiammatori ed alza il recupero meccanico. Inoltre, ritarda lo sviluppo dell’artrite [5, 12, 13]. Tuttavia, per correttezza è necessario specificare che benché la maggior parte delle evidenze scientifiche siano pro-glutammina, alcuni gruppi di ricerca non sono totalmente d’accordo sulla validità di questo supplemento [14,15].
Altre cose da sapere
- Se vogliamo aumentare di peso l’introito calorico giornaliero dovrà necessariamente aumentare gradualmente (50-100 kcal a settimana) fino ad arrivare alla quota che ci siamo prefissati (generalmente: fabbisogno calorico +20-30%). Scontato dire che la quota calorica prefissata, una volta raggiunta non va mantenuta per periodi troppo brevi. Un surplus calorico è il metodo più semplice per aumentare di peso, se lo abbiniamo al giusto allenamento con i sovraccarichi i guadagni di muscolo rispetto al grasso saranno, molto indicativamente, di 3:1. Viceversa, per dimagrire bisognerà ricorrere ad una dieta ipocalorica (circa il 15-20% in meno del proprio fabbisogno calorico) e le perdite di massa grassa rispetto al grasso saranno di 3:1 circa. Tutto ciò, ovviamente, dipende molto da persona a persona, dagli allenamenti, il quadro ormonale, dallo stile di vita, eccetera. Ma attenzione, perché, come illustrato nel grafico riportato un po’ più sotto, un deficit calorico eccessivo potrebbe essere percepito dall’organismo umano come uno stress troppo grande da sopportare e quest’ultimo potrebbe quindi mettere in atto tutta una serie di meccanismi fisiologici con lo scopo di mantenere inalterato il peso corporeo, senza portare ad alcuni risultato in termini di dimagrimento. Questo può accadere soprattutto alle persone in stato di obesità, le quali magari iniziano di colpo ad allenarsi duramente (bruciando quindi calorie) e, allo stesso tempo, ricorrono a diete estreme. L’organismo, oltre a impegnarsi nell’evitare di perdere troppo peso, cerca di limitare i danni da stress ossidativo e di ridurre la comparsa di radicali liberi (ROS). Allo stesso tempo, si verificano due importanti fenomeni: quello della fame edonica (non data da un reale appetito) e fame omeostatica (derivante da necessità metaboliche ed energetiche). Dietro a queste due risposte fisiologiche ci sono ormoni come la leptina, grelina e colecistochinina. Come già accennato, tutto ciò può portare ad uno stallo nel peso, o addirittura ad un aumento di esso [7,8,9,10,11]. Da qui si può facilmente capire quanto conti l’individualità e quanto sia importante organizzare dieta ed allenamento nel modo giusto se si vogliono ottenere dei risultati concreti, tuttavia senza strafare.
Schema preso da qui. Si ringrazia Ivan Pitrulli per la segnalazione.
- Le kcalorie sono uguali indipendentemente dal cibo dal quale esse provengono, anche se sporco. 2000 kcal del McDonald e 2000 kcal provenienti da cibo più salutare, a patto che la ripartizione dei macronutrienti sia la stessa, avranno un impatto simile sulla composizione corporea ma non sulla salute cardiovascolare e sulla flora batterica intestinale, specialmente sul lungo termine.
- Quote di proteine piuttosto alte (2.5 g/kg o più) possono avere senso in particolari contesti di alimentazione mirati al dimagrimento (digiuno intermittente, dieta chetogenica ecc.). Ad esempio nelle diete a basso (o nullo) contenuto di carboidrati, in seguito ad un calo delle scorte di glicogeno e ad un lisi muscolare più accentuata, almeno nei periodi di adattamento iniziale, le proteine possono dare una mano ad attenuare la perdita di massa magra (inoltre una parte di esse verrà convertita in glucosio).
- Alcuni effetti indesiderati dati principalmente dall’abuso di alcuni integratori possono “fare a pugni” con alcuni farmaci. Prima di comprare ed assumere qualcosa è consigliabile chiedere sempre il parere di un medico.
- E’ bene assumere i giusti quantitativi di micronutrienti (vitamine, calcio, potassio ecc.). Basti pensare all’importanza del correto rapporto sodio-potassio per la regolazione della ritenzione idrica. Se eventuali carenze, appurate tramite regolari analisi del sangue, persistono è consigliabile rivolgersi ad un medico. “Per quanto concerne la cottura di alimenti di origine animale bisogna tener conto che le vitamine vengono degradate sia dal calore diretto che dalla dissoluzione in acqua; si possono riutilizzare quindi i brodi di cottura, recuperando parte dei sali minerali e quantitativi anche considerevoli di vitamine del gruppo B (B1,2,3,5). I sali minerali non vengono degradati dalla cottura; quando però vengono cotti nell’acqua, i sali tendono a trasferirvisi e l’alimento si impoverisce (ecco il perché dell’importanza di riutilizzare i brodi di cottura).Per quanto concerne invece gli alimenti di origine vegetale, sono soprattutto i processi di mondatura a provocare grandi perdite di nutrienti, gettando via foglie e strati esterni di semi, tuberi e frutti. Le perdite sono stimate tra il 20 e il 60% per le verdure a foglie, tra il 15 e 30% per le radici e tra il 60 e il 70% per i legumi. Le perdite sono determinate inoltre dalle condizioni dell’alimento (le ammaccature riducono la disponibilità di vitamina A e C) e dai successivi trattamenti domestici. E’ stato calcolato che la perdita di vitamina C nelle patate diminuisce di circa il 50% dopo 5 mesi dalla raccolta e del 75% dopo circa 9 mesi. Ulteriori perdite si possono avere durante la cottura: l’eccessivo calore e abbondanti dosi d’acqua possono distruggere circa il 50% delle vitamine instabili al calore e idrosolubili presenti nelle verdure (vitamina C, PP, B1). Per attenuare questo effetto, si può cuocere escludendo il contatto dell’alimento con l’acqua (cottura al vapore) ed eventualmente riducendo al minimo i tempi di contatto con il vapore (pentola a pressione). Cuocendo a temperature elevate, si riduce fatalmente il tempo di cottura e dato che si cuoce in pochissima acqua, i sali minerali e le vitamine (soprattutto quelle stabili al calore) subiscono perdite molto basse. Anche la cottura a microonde garantisce buoni risultati: il mantenimento delle vitamine si mantiene col microonde all’80-90%, con la cottura a pressione al 70-80% e con la bollitura al 40-60%.” [6]
- Sgarri occasionali (pizze con gli amici, alcolici ecc.) sono tollerati, non bisogna vedere il cibo come un’ossessione, l’importante è avere continuità, comportarsi bene in cronico. Non sarà quel pasto in più o in meno a farci diventare grassi o magri, oppure a negarci gli obiettivi per i quali abbiamo fatto tanti sacrifici.
- L’eccesso calorico spinto, tipo i pranzi dalla nonna, è meglio se è quasi solo glucidico o lipidico (è preferibile il primo caso). In questo modo il nostro corpo smaltirà tutto con più facilità, a maggior ragione se siamo sportivi.
Arrivati a questo punto non mi resta che ringraziarvi per l’attenzione e augurarvi buon appetito (e anche buon allenamento)!
Grazie per l’attenzione.
Bibliografia
Neri M., Bargossi A., Paoli A. – Alimentazione, fitness e salute. Per il wellness, il dimagrimento, la prestazione, la massa muscolare (Elika, 2013)
Cravanzola E. – I macronutrienti: tipologie e caratteristiche (2017)
1 Biasci A. – Project Nutrition (Project Editions, 2015)
2 Santos et al. – Caffeine reduces reaction time and improves performance in simulated-contest of taekwondo (2014)
3 N. Wilder et al. – The Effects of Low-Dose Creatine Supplementation Versus Creatine Loading in Collegiate Football Players (2001)
4 Pline K. et al. – The effect of creatine intake on renal function (2005)
5 Poolsup et al. – Glucosaminelong-termtreatment and the progressionof kneeosteoarthritis: systematicreviewof randomized controlled trials (2005)
6 Dr. Francesco Fagnani – Cottura degli alimenti e perdita di nutrienti (link)
7 Ivan Pitrulli – Personal Trainer & divulgatore scientifico (link)
8 Redman L. M. – Metabolic and behavioral compensations in response to caloric restriction: implications for the maintenance of weight loss (2009)
9 Sarlo M. – L’appetito vien pensando (2015, link)
10 Lowe M. R. – Hedonic hunger: a new dimension of appetite? (2007)
11 Lutter M. – Homeostatic and Hedonic Signals Interact in the Regulation of Food Intake (2009)
12 J.Y. Reginster et al. – Role of glucosamine in the treatment for osteoarthritis(2012)
13 Herrero-Beaumont G. et al. – Glucosamine sulfate in the treatment of knee osteoarthritis symptoms: a randomized, double-blind, placebo-controlled study using acetaminophen as a side comparator (2007)
14 Clegg D.O. et al. – Glucosamine, chondroitin sulfate, and the two in combination for painful knee osteoarthritis (2006)
15 Wandel S. et al. – Effects of glucosamine, chondroitin, or placebo in patients with osteoarthritis of hip or knee: network meta-analysis (2010)
16 Ivy J. L. – Muscle glycogen synthesis after exercise: effect of time of carbohydrate ingestion (1985)
17 Jenkins D. J. et al. – Nibbling versus gorging: metabolic advantages of increased meal frequency (1989)
18 Leidy et al. – The effect of eating frequency on appetite control and food intake: brief synopsis of controlled feeding studies (2011)
19 Bellisle et al. – Meal frequency and energy balance (1997)
20 LeBlance et al. – Components of postprandial thermogenesis in relation to meal frequency in humans (1993)
21 McCrory et al. – Eating Frequency and Energy Regulation in Free-Living Adults Consuming Self-Selected Diets (2011)
22 Cameron et al. – Increased meal frequency does not promote greater weight loss in subjects who were prescribed an 8-week equi-energetic energy-restricted diet (2010)
23 McCrory et al. – Eating Frequency and Energy Regulation in Free-Living Adults Consuming Self-Selected Diets (2011)
24 Sökmen B. et al – Caffeine use in sports: considerations for the athlete (2008)