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  • MMA/Grappling: scheda palestra (video-articolo)

    MMA/Grappling: scheda palestra (video-articolo)

    Se fallisci a pianificare, pianifichi di fallire

    Kamaru Usman

    Buona lettura!

    Introduzione

    Quello che segue è un esempio della preparazione che io stesso ho stilato e seguito a partire dal 31 agosto, fino ad arrivare ai primi di dicembre. Data la situazione che mezzo mondo stava (e sta) vivendo, mi è stato fin da subito impossibile capire se e quando ci sarebbero state gare. Nel dubbio, ho cerato di impostare un protocollo di strength and conditioning di una durata che oscillasse fra i tre ed i tre mesi e mezzo (12-14 settimane).

    Senza numeri sono tutti atti di fede

    Anni: 24
    Altezza: 1,83 m
    Peso iniziale (al 31/08): 73,85 kg
    Panca piana (1RM al 29/02): 67 kg
    Test di Cooper (al 29/08): 2200 m

    Questi numeri serviranno per il futuro. Il peso verrà misurato mano a mano per assicurarsi di rispettare i limiti della categoria di peso per la gara. I test massimali verranno ripetuti dopo il periodo gare, all’inizio di un nuovo macrociclo, in modo da vedere se la forza massimale e la resistenza aerobica sono migliorate (è bene fare la prova del nove per avere dei riscontri pratici).

    Let’s go! – Week 1 (adattamento anatomico)

    Dopo una quindicina di giorni di totale inattività si torna a sudare, ovviamente in senso sportivo. Eseguo il test di Cooper due giorni prima del 31 agosto (data di inizio del vero macrociclo di allenamento), giusto per aver una prova tangibile della mia condizione aerobica – poco più che discreta – e dei numeri utili per dei futuri confronti fra la condizione di partenza e quella che raggiungerò, si spera, fra alcune settimane.

    Causa alcuni acciacchi non ancora del tutto superati, chi è agonista negli sport da combattimento capirà, decido di non eseguire altri test atletici.

    Tre allenamenti (A-B-C)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)4×82′
    Panca inclinata 30° (manubri)3×1090″
    Seated band row3×201′
    Pull ups (anelli)5×6-82′
    Lento avanti (manubri)4×1090″
    Scrollate (manubri)3×151′
    Curl manubri in piedi (alternato)3×1090″
    Push down ai cavi3×1090″

    B: Capacità aerobica e addominali

    Cyclette45′ (70% FC)/
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)1′

    C: Forza/ipertrofia (lower body) e stretching.

    Deadlift (trap bar)5×82′
    Leg curl4×1090″
    Stretching completo30′/

    Nella prima e terza sessione mi sono dedicato alla forza e all’ipertrofia (con l’avanzare della programmazione si punterà sempre più la prima e meno alla seconda). Nella seconda alla resistenza aerobica (capacità). Questa prima settimana è da considerarsi a tutti gli effetti come un microciclo di adattamento anatomico (AA), ovvero un periodo dove si gettano le basi per lo sviluppo della forza dando modo all’organismo, e in particolar modo all’apparato locomotore attivo e passivo, di irrobustirsi e prepararsi al carico di lavoro via via più intenso che dovrà tollerare in un futuro prossimo. Nella speranza di prevenire eventuali infortuni. Sarà da considerarsi come di AA anche la seconda settimana di allenamento.

    N.B. Questa settimana solo allenamenti di preparazione atletica (la palestra dove da anni pratico sport da combattimento è ancora chiusa).

    Week 2 (adattamento anatomico e accumulo)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)5×82′
    Panca inclinata 30° (manubri)3×1090″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×6-82′
    Lento avanti (manubri)4×1090″
    Scrollate (manubri)3×151′
    Curl in piedi alternato (manubri)3×1090″
    Push down ai cavi3×1090″
    Deadlift (trap bar)5×82′
    Leg curl4×1090″

    B: Capacità aerobica e addominali

    Cyclette45′ (70% FC)/
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)1′

    C: Potenza aerobica, capacità aerobica e stretching

    Vogatore3-4×1000 m1:1
    Cyclette30′ (75% FC)/
    Stretching completo30′/

    Sempre incentrato sulla forza e l’ipertrofia il primo allenamento, con un leggero aumento del volume nella panca piana (per comodità ho apportato qualche modifica alla disposizione degli esercizi). Il secondo è invece identico alla precedente settimana. Mentre nel terzo, oltre a forza e ipertrofia, – più il consueto mega stretching finale -, trova posto la potenza aerobica (ora il quadro aerobico è completo). Quel 4×1000 m al vogatore con al recupero la dicitura “1:1” (terza colonna) intende dire che l’obiettivo è quello di percorrere 1000 metri nel minor tempo possibile ed usare come tempo di recupero il tempo impiegato per coprire il chilometro di distanza al macchinario (rapporto lavoro:recupero = 1:1).

    Capacità aerobica = capacità dell’organismo di portare avanti sforzi che coinvolgono grosse masse muscolari per periodi di tempo mediamente lunghi (almeno 30 minuti) a intensità media o medio-alta (60-80% FC max), lavorando sulla gittata cardiaca.

    Potenza aerobica = capacità dell’organismo di portare avanti sforzi che coinvolgono grosse masse muscolari per periodi di tempo limitati (2-8 minuti), lavorando ad alta intensità (≥ 90% FC) e a VO2max.

    La corsa, la pedalata e la vogata permettono di sviluppare in modo ottimale la capacità e potenza aerobica, ottenendo benefici sia a livello muscolare che cardiocircolatorio.

    • Nel caso del sistema muscolare si va a migliorare la capacità d’ossidazione delle fibre muscolari: migliore capacità di utilizzare l’ossigeno per avere energia. Perché aumentano gli enzimi che catalizzano reazioni dell’ossigeno e aumenta la densità mitocondriale.
    • Per il cardiocircolatorio: migliore circolazione del sangue, più veloce capacità di smaltimento delle sostanze metaboliche (come il lattato) e pressioni arteriose inferiori.

    Si ottiene quindi una migliore capacità di recupero [1].

    Al fine di ottenere dei buoni miglioramenti, l’obiettivo è quello di portare avanti il lavoro aerobico (aspecifico) per 6 settimane. Aggiungo che sul piano dell’allenamento specifico, in palestra col coach, questa settimana ho avuto 4 sessioni di allenamento: 2 di striking e 2 di lotta/grappling.

    Week 3 (accumulo)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)5×82′
    Panca inclinata 30° (manubri)3×1090″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×6-82′
    Lento avanti (manubri)4×1090″
    Scrollate (manubri)3×151′
    Curl in piedi alternato (manubri)4×1090″
    Push down ai cavi3×1090″
    Deadlift (trap bar)5×82′
    Leg curl4×1090″

    B: Capacità aerobica e addominali

    Cyclette60′ (75% FC)1′
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)30″

    C: Potenza aerobica, capacità aerobica e stretching

    Vogatore4×1000 m1:1
    Cyclette30′ (75-80% FC)/
    Stretching completo30′/

    Il volume complessivo continua a salire, sia negli esercizi coi pesi che in quelli di resistenza aerobica. Al contempo, sia sui multiarticolari (panca, lento avanti e stacco) che sugli esercizi volti all’incremento di capacità e potenza aerobica, si cerca di spingere un po’ di più (maggior peso sollevato o ritmo tenuto durante la pedalata). Sul piano dell’allenamento specifico, in palestra col coach, questa settimana ho avuto 5 sessioni di allenamento: 3 di striking e 2 di lotta/grappling.

    Week 4 (mantenimento volume)

    Tre allenamenti (A-B-C)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)6×62′
    Panca inclinata 30° (manubri)3×1090″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×82′
    Lento avanti (manubri)4×890″
    Scrollate (manubri)3×1590″
    Curl in piedi alternato (manubri)4×1090″
    Push down ai cavi3×1090″
    Deadlift (trap bar)6×62′
    Leg curl4×1090″

    B: Capacità aerobica e addominali

    Cyclette60′ (75%)/
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)30″

    C: Potenza aerobica, capacità aerobica e stretching

    Vogatore4×1000 m1:1
    Cyclette30′ (75-80% FC)/
    Stretching completo30′/

    Volume analogo a quello della settimana precedente, aumenta leggermente l’intensità di carico su un po’ di esercizi multiarticolari (panca piana, lento avanti, stacco da terra). Sul piano dell’allenamento specifico, in palestra col coach, questa settimana causa impegni non sono riuscito ad andare oltre le 3 sessioni di allenamento: 2 di striking e 1 di lotta/grappling.

    Week 5 (scarico forza/ipertrofia)

    A: Capacità aerobica

    Cyclette45′ (75-80% FC)/

    B: Potenza aerobica e addominali

    Vogatore5×1000 m1:1
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)30″

    C: Capacità aerobica e stretching

    Cyclette45′ (75-80% FC)/
    Stretching completo30′/

    Settimana caratterizzata da uno scarico passivo di forza e ipertrofia (non si sollevano pesi per dar l’opportunità all’apparato locomotore passivo di recuperare da eventuali microtraumi) e da un buon volume di lavoro “cardio”. Sul piano dell’allenamento specifico questa settimana ho avuto 5 sedute di allenamento: 3 di striking e 2 di grappling.

    Week 6 (intensificazione e scarico capacità aerobica)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)6×52-3′
    Panca inclinata 30° (manubri)3×890″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×82′
    Lento avanti (manubri)3×82′
    Scrollate (manubri)3×121′
    Curl in piedi alternato (manubri)3×890″
    Push down ai cavi3×101′
    Deadlift (trap bar)6×52-3′
    Leg curl4×1090″

    B: Capacità aerobica (scarico attivo) e addominali

    Cyclette45′ (75-80% FC)/
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)30″

    C: Potenza aerobica e stretching

    Vogatore5×1000 m1:1
    Cyclette (defaticamento)10-15′/
    Stretching completo30′/

    Riguardo alla preparazione atletica, questa settimana vi è stata una generale intensificazione nel lavoro coi pesi ed uno scarico attivo circa la capacità aerobica. Purtroppo, causa impegni lavorativi, non sono riuscito a prendere parte a più di 2 lezioni in palestra (1 di striking e 1 di lotta/grappling).

    Week 7 (trasformazione/intensificazione, scarico aerobico)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)5×52-3′
    Panca inclinata (manubri)3×890″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×82′
    Lento avanti (manubri)3×890″
    Scrollate (manubri)3×1290″
    Curl in piedi alternato (manubri)3×890″
    Push down ai cavi3×101′
    Deadlift (trap bar)5×52-3′
    Leg curl4×1090″

    B: Potenza aerobica (scarico attivo) e addominali

    Vogatore3×1000 m1:1
    Plank3×1′1′
    Russian twist10×30″30″
    Side plank3×30″ (a lato)30″

    C: Potenza e stretching

    Shock jump3×1090″
    Push press4×62′
    Box jump3×62′
    Stretching completo30′/

    Si intensifica ulteriormente il lavoro coi sovraccarichi, si “trasforma” la forza sinora accumulata in potenza e vi è uno scarico attivo di potenza aerobica.

    IMPORTANTE: seguendo i dettami del SISP (Servizio di Igiene e Sanità Pubblica) dell’ASL cittadina, sono stato costretto a interrompere la mia settimana di allenamento a causa di un precedente contatto con una persona risultata positiva al Covid-19. Pur non essendo stato troppo vicino alla persona in questione e non avendo sintomi ho dovuto mettere in pausa la mia passione. Questa settimana mi sono allenato lunedì (forza e ipertrofia), martedì (striking e lotta/grappling) e mercoledì (scarico attivo della potenza aerobica e rinforzo addome). Il resto è saltato.

    Nel video è spiegato tutto.

    Week 8 (intensificazione)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)5×52-3′
    Panca inclinata (manubri)3×890″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×82′
    Lento avanti (manubri)3×890″
    Scrollate (manubri)3×1290″
    Curl in piedi alternato (manubri)3×890″
    Push down ai cavi3×1090″
    Deadlift (trap bar)5×52-3′
    Leg curl4×1090″

    B: Power endurance (alattacida)

    Shock jump3×1090″
    Reactive med ball slam10×10-12″1′
    Jump squat10×10-12″1′
    Alternating waves (max effort)6×20″30″
    Jump squat6×20″30″

    C: Potenza e stretching

    Push press5×62′
    Box jump4×62′
    Stretching completo30′/

    Causa ennesimo DPCM tutto è un po’ andato in vacca. Questa settimana dell’intenso lavoro coi pesi (forza e potenza) è stato affiancato, per la prima volta in questa preparazione, a dell’intenso lavoro di power endurance (resistenza alla potenza). Di quest’ultima si era già parlato qui.

    A seguire il resto del programma che avrei svolto se i vari “lockdown light” non si fossero messi di mezzo (ovviamente non ci sono altri video da mostrarvi).

    Week 9 (intensificazione)

    A: Forza e ipertrofia

    Panca piana (bilanciere)5×42-3′
    Panca inclinata (manubri)3×890″
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×82′
    Lento avanti (manubri)3×890″
    Scrollate (manubri)3×121′
    Curl in piedi alternato (manubri)3×890″
    Push down ai cavi3×101′
    Deadlift (trap bar)5×42-3′
    Leg curl4×1090″

    B: Power endurance (alattacida)

    Shock jump3×1090″
    Reactive med ball slam10×10″1′
    Jump squat (con sovraccarico)10×10″1′
    Alternating waves (max effort)6-8×20″30″
    Jump squat6-8×20″30″

    C: Potenza e stretching

    Push press5×62′
    Box jump4×62′
    Stretching completo30′/

    Si continua a spingere con i pesi (forza e potenza) e in più aumenta il volume di allenamento riguardante la resistenza alla potenza.

    Week 10 (scarico forza)

    A: Forza (scarico attivo)

    Panca piana (bilanciere)5×4 (-30%)2′
    Seated band row3×201′
    Pull up (anelli)6×52′
    Lento avanti (manubri)3×8 (-30%)90″
    Deadlift (trap bar)5×4 (-30%)2′

    B: Power endurance (alattacida)

    Shock jump3×1090″
    Reactive med ball slam10×10″1′
    Jump squat (con sovraccarico)10×10″1′
    Alternating waves (max effort)2: 5×20″30/90″
    Jump squat2: 5×20″30/90″

    C: Potenza e stretching

    Push press5×52′
    Box jump5×62′
    Stretching completo30′/

    Scarico attivo di forza, rimasto quasi invariato il resto del programma settimanale. Lo scarico riguarda l’intensità e il volume: quel “-30%” riguarda appunto un carico (kg) sollevato inferiore del trenta % e scompaiono gli esercizi secondari dedicati all’ipertrofia. E’ bene che quegli esercizi siano eseguiti lentamente e con una buona tecnica esecutiva. Riguardo la power endurance (alattacida) quel 2: 5×20″ (30″/90″) sta a indicare due blocchi da cinque serie per venti secondi di lavoro con trenta secondi di recupero fra le serie e novanta (un minuto e mezzo) fra i due blocchi.

    Week 11

    A: Forza

    Panca piana (bilanciere)4×42-3′
    Seated band row3×201′
    Pull up zavorrati (anelli)5×52-3′
    Lento avanti (manubri)3×62′
    Deadlift (trap bar)4×42-3′

    B: Power endurance (alattacida)

    Reactive med ball slam10×10″1′
    Jump squat (con sovraccarico)10×10″1′
    Alternating waves (max effort)2: 6×20″30/90″
    Jump squat2: 6×20″30/90″

    C: Potenza e stretching

    Push press5×52′
    Box jump5×62′
    Stretching completo30′/

    Piano piano ci si avvicina ad un ipotetico match, allora si usano i pesi per l’indispensabile: forza e potenza. Questa è inoltre l’ultima settimana di power endurance alattacida (si passerà poi a quella lattacida).

    Week 12

    A: Forza

    Panca piana (bilanciere)4×32-3′
    Seated band row3×201′
    Pull up zavorrati (anelli)5×42-3′
    Lento avanti (manubri)3×62′
    Deadlift (trap bar)4×32-3′

    B: Power endurance (lattacida) e stretching

    Alternating waves (max effort)2′
    Shadow boxing (recupero attivo)1′
    Calci al sacco (max effort)2′3×3 (90″)

    C: Potenza/forza speciale

    Landmine press (1 braccio)4-5×5
    1-2 al sacco (jab-diretto)4-5×52′
    Deadlift (trap bar)4-5×5
    Box jump4-5×52′
    Stretching completo30′/

    Nella seduta dedicata alla forza e alla potenza si lavora ancora intensamente (con esercizi di potenza più specifici). Inoltre, vi è un lavoro di resistenza alla potenza improntato su sforzi lattacidi. Il terzo allenamento settimanale diventa “ibrido” grazie all’alternanza di esercizi di forza (sollevamenti lenti) a esercizi balistici (gesti esplosivi). Quanto mostrato nelle ultime righe della tabella altro non è che un metodo a contrasto. Per chi se lo stesse chiedendo, per forza speciale si intende: «la forma di manifestazione della forza tipica di un determinato sport o il suo correlato muscolare specifico (cioè, i gruppi muscolari che partecipano ad un determinato movimento sportivo)».[2]

    Week 13

    A: Forza (mantenimento) e power endurance (potenza lattacida)

    Panca piana (bilanciere)4×32-3′
    Seated band row3×201′
    Pull up zavorrati (anelli)4×42-3′
    Lento avanti (manubri)3×62′
    Kettlebell swing (rec. attivo shadow boxing)3×1′3′
    Striking pao/sacco (max effort)*3×1′3′
    *rec. attivo solo grappling drills

    B: Power endurance (capacità lattacida) e stretching

    Alternating waves (max effort)2′
    Shadow boxing (recupero attivo)1′
    Calci al sacco (max effort)2′3×3 (1′)
    Stretching completo30′/

    C: Potenza/forza speciale

    Landmine press (1 braccio)4-5×5
    1-2 al sacco (jab-diretto)4-5×52′
    Deadlift (trap bar)4-5×5
    Box jump4-5×52′

    Questa settimana, così come la prossima, il volume di allenamento e l’intensità (kg) riguardanti la forza rimangono pressoché invariati: ricordiamoci che l’obiettivo è salire sul tatami/ring/gabbia, non diventare dei pesisti o powerlifter. Gli esercizi di recupero attivo (vuoto e drills in autonomia) hanno l’obiettivo di far calare significativamente la frequenza cardiaca (circa 60% FCmax).

    Week 14

    A: Forza (mantenimento) e power endurance (potenza lattacida)

    Panca piana (bilanciere)4×32-3′
    Seated band row3×201′
    Pull up zavorrati (anelli)4×42-3′
    Lento avanti (manubri)3×62′
    Kettlebell swing (rec. attivo shadow boxing)3×1′3′
    Striking pao/sacco (max effort)*3×1′3′
    *rec. attivo solo grappling drills

    B: Power endurance (capacità lattacida) e stretching

    Alternating waves (max effort)2′
    Shadow boxing (recupero attivo)1′
    Calci al sacco (max effort)2′3×3 (1′)
    Stretching completo30′/

    C: Potenza/forza speciale

    Landmine press (1 braccio)4-5×5
    1-2 al sacco (jab-diretto)4-5×52′
    Deadlift (trap bar)4-5×5
    Box jump4-5×52′
    Week 15

    A: Power endurance (potenza lattacida)

    Kettlebell swing + Striking pao/sacco*2-3: 3×45+45″3/5′
    *rec. attivo (3′) footwork + sprawl
    Solo grappling drill (cool down)5′ (60% FC)/

    B: Power endurance (capacità lattacida) e stretching

    Alternating waves (max effort)2′
    Shadow boxing (recupero attivo)1′
    Calci al sacco (max effort)2′4×3 (1′)
    Stretching completo30′/

    C: Potenza/forza speciale

    Landmine press (1 braccio)4-5×5
    1-2 al sacco (jab-diretto)4-5×52′
    Deadlift (trap bar)4-5×5
    Box jump4-5×52′

    Ultima settimana di fuoco, power endurance nelle sue varie declinazioni più il solito lavoro sulla potenza dei colpi e l’esplosività degli arti inferiori.

    Week 16 (Fight week)
    Kettlebell swing + Striking pao/sacco*3×45+45″3/5′
    *rec. attivo (3′) footwork + sprawl
    Alternating waves (max effort)2′
    Shadow boxing (recupero attivo)1′
    Calci al sacco (max effort)2′3×3 (1′)
    Solo grappling drill (cool down)5′ (60% FC)/

    Un’unica sessione, eseguita possibilmente di lunedì, dove si fa del lavoro piuttosto specifico alternando esercizi tipici di una competizione (tecniche di striking, grappling) a esercizi con sovraccarichi e corde (kettlebell, battle rope). Il resto della settimana riguarderà ciò che più conta: ripasso tecnico col maestro e/o con gli sparring partner, lavoro sul game-plan ed eventuale ricorso a metodiche di recupero. È di fondamentale importanza che i giorni antecedenti il match siano leggeri, in modo da favorire un buon recupero psico-fisico.

    Alcuni chiarimenti

    Quanto riportato nell’articolo e mostrato in video può esser preso come un esempio di preparazione per un fighter ma non necessariamente va preso come Bibbia. Si può lavorare bene in più modi, ottenendo risultati concreti.

    • Devo fare il test dei massimali o altri test atletici? Sì! Una o due volte l’anno, in modo da avere una prova tangibile dei miglioramenti ottenuti col duro lavoro.
    • Sono davvero necessari tutti quei complementari? No, solitamente si utilizzano meno esercizi secondari (“stile fitness”). Bisogna inoltre tenere a mente che troppo lavoro ipertrofico, su soggetti predisposti, potrebbe causare un aumento ponderale con conseguente difficoltà a rientrare in una determinata categoria di peso.
    • Il cardiofrequenzimetro è obbligatorio? Utile sì, obbligatorio no. Ci sono metodi manuali per avere dei valori indicativi della propria frequenza cardiaca (bpm) e alcune macchine (tapis roulant, cyclette) hanno delle bande metalliche create per misurarla.
    • E il riscaldamento? Ovviamente veniva eseguito prima di ogni sessione di allenamento (dando ciò per scontato, non è stato inserito nelle tabelle né filmato).
    • Ma l’alimentazione? Non è obbiettivo di questo video-articolo trattare di ciò, ma se può interessare quello riportato sotto è l’andamento del mio peso durante le prime 8 settimane del programma (prima della chiusura delle palestre via DPCM).
    Approfondimenti

    Qui di seguito una carrellata di articoli (gratuiti) e libri volti ad approfondire quanto detto o anche solo accennato fino ad ora.

    Metodi di potenziamento per gli sport da combattimento
    Periodizzazione dell’allenamento sportivo
    Sport da combattimento ed allenamenti errati
    Biologia dello sport
    Energia e sport
    Ultimate Conditioning for Martial Arts
    Nutrizione e integrazione per i fighters: linee guida
    Ultimate MMA Conditioning
    La periodizzazione dell’allenamento: teoria e pratica
    Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport
    Il taglio del peso negli sport da combattimento: linee guida
    Essentials of Strength Training and Conditioning
    Allenarsi in base alla frequenza cardiaca
    Fisiologia dell’esercizio fisico
    Allenare la potenza nelle MMA: guida teorico-pratica
    Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)
    Preparazione atletica per Lotta e Grappling: una panoramica generale
    Integrazione di caffeina per gli sport da combattimento e le arti marziali
    Allenamenti Sovietici: il paradosso della forza e della resistenza
    Gli infortuni nel pugilato e nelle MMA
    Programma di allenamento per le MMA (4 settimane)
    Tendini: salute e performance
    Il nuoto per i fighter: qualche appunto
    Cardio per fighter in quarantena: guida pratica
    Il vuoto con i pesetti: cosa dice la scienza?
    Corsa e boxe: correre serve a un pugile?
    Preparare un match di MMA secondo un allenatore UFC
    Idratazione per lo sport: salute e performance
    Kettlebell Training: moda o base del conditioning?
    La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitare
    Le immersioni nell’acqua fredda sono veramente utili?
    La preparazione atletica nella boxe: esempio pratico
    La sindrome da sovrallenamento
    La curva di forza-velocità e la sua applicazione nello sport
    Struttura base di un training camp per sport da combattimento
    Allenamento del collo per gli sport da contatto: teoria e pratica
    I massaggi per il recupero fisico
    MMA: l’allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson
    Test atletici per sport da combattimento
    Stretching: teoria e pratica
    La preparazione atletica e la sconfitta.

    Conclusioni

    Allenatevi duramente. Con la testa, ragionando, ma fatevi il mazzo.

    E poi?

    Qualora voleste maggiori informazioni, o consulenze personalizzate, potete ricorrere al altri servizi qui descritti.

    Grazie per l’attenzione e buon allenamento.


    Bibliografia

    [1] Project Invictus – Intervista ad Alain Riccaldi (2014)

    [2] Scienze Motorie – Le tipologia di forza (2019)

  • Corsa e boxe: correre serve a un pugile?

    Corsa e boxe: correre serve a un pugile?

    “Io corro sulla strada, molto prima di danzare sotto le luci”, questa è solo una delle tanto celebri frasi di Muhammad Ali, che era solito percorrere diversi km di corsa la mattina presto per allenare il fisico, ma anche per temprare la sua anima. Abbiamo tutti negli occhi Rocky che corre inseguito da uno sciame di ragazzini, saltando panchine e sfrecciando sulla scalinata di Philadelphia.

    Introduzione

    A chiunque abbia praticato sport da combattimento sarà capitato di arrivare esausto o non arrivare proprio al termine di una seduta di sparring e sentirsi dire: ”Vai a correre, non hai abbastanza fiato!”.
    Se quindi per quella che possiamo considerare la “vecchia scuola”, la corsa, anche estensiva per lunghe distanze, era da considerarsi uno dei capisaldi della preparazione fisica di un pugile, nella nuova generazione si sta facendo largo l’idea opposta della totale inutilità di tale pratica e di come la parte di conditioning debba essere portata avanti con metodologie diverse.

    Domanda e risposta

    La domanda a cui l’articolo presente cerca di dare una risposta, basandosi sull’evidence based, ma in modo da restare comprensibile a tutti, è quindi la seguente: la corsa serve o meno ad un pugile?
    Per dare una risposta corretta ed esaustiva al quesito bisogna prima analizzare il modello prestativo dello sport a cui si fa riferimento e, di conseguenza, ai sistemi energetici che entrano in gioco. La durata dei round è di 3’ con 1’ di recupero fra essi, il loro numero totale può variare da un minimo di 3 nel dilettantismo ad un massimo di 12 nei match professionistici titolati. All’interno del round stesso si possono alternare fasi di studio (60% aerobico/anaerobico alternato) a fasi di scambio (40% anaerobico lattacido), mentre il minuto di recupero è in condizioni di aerobica.

    Sopra potete osservare il diverso intervento dei sistemi energetici durante la corsa continua su varie distanze (dagli 800 metri alla maratona).1

    Dunque per quanto riguarda la bioenergetica utilizzata “i sistemi energetici dominanti, utilizzati nella boxe, sono quello anaerobico alattacido, anaerobico lattacido e quello aerobico, e l’attività è classificata come misto alternato (aerobico-anaerobico), con prevalenza di fasi anaerobiche” (Bompa, 2001).

    Andiamo a vedere brevemente in cosa consistono i tre sistemi energetici sopracitati per fare chiarezza.

    • Il sistema anaerobico alattaccido è un sistema con una forte disponibilità di energia, ma limitata nel tempo, si esaurisce entro 6-8 secondi, durante i quali non vi è accumulo di acido lattico e non vi è richiesta di ossigeno.
    • Il sistema anaerobico lattacido si attiva dopo i 6-8 secondi, raggiunge il picco entro i 30-45 secondi e si esaurisce in 120 secondi, non necessita di ossigeno ma si verifica un accumulo di acido lattico proporzionale all’intensità dell’esercizio.
    • Il sistema aerobico, infine, entra in gioco per attività di lunga durata, ma bassa intensità, richiede la presenza di ossigeno e sfrutta le riserve muscolari ed epatiche di glicogeno come “carburante”.

    Da questa analisi parrebbe che un lavoro estensivo come la corsa, in cui il sistema energetico preponderante è quello aerobico, a dispetto di un modello prestativo in cui questo sistema energetico ha un ruolo marginale, farebbe pensare che la “nuova generazione” che considera inutile questa pratica possa aver ragione, ma andiamo ad analizzare cosa dice la scienza a riguardo.
    I benefici della corsa estensiva sono molteplici. Quelli che più ci interessano sono principalmente due: il miglioramento dell’efficienza del sistema cardiocircolatorio ed il miglioramento della capacità di ossidazione del sistema muscolare, questi, infatti, permetteranno all’atleta di migliorare la capacità di recupero, abbassare la frequenza cardiaca a riposo, migliorare la capacità e la velocità di smaltimento del lattato. Ne consegue dunque che correre costituisce il metodo migliore e più semplice per incrementare l’efficienza e l’efficacia del sistema aerobico e del suo relativo potenziale di produzione energetica.

    I sistemi energetici anaerobico lattacido e alattacido sono fondamentali, ma non saranno mai al top della loro efficienza, se di base non vi è un solido sistema energetico aerobico. Non si può migliorare
    il cardio, solo con i circuiti, perché sono un metodo ad alta intensità in cui si arriva velocemente a superare la soglia anaerobica con conseguente accumulo di lattato e lo sforzo richiesto è così elevato da non rendere possibile svolgere un lavoro continuativo di durata.
    Correre e perfezionare quindi sistema energetico aerobico, non farà solo essere più performanti a basse intensità, ma anche ad alte intensità, in quanto di riflesso diventerà più efficiente anche il sistema energetico anaerobico lattacido grazie all’innalzamento positivo della soglia anaerobica e la velocità e la capacità di smaltimento del lattato saranno incrementate.2
    In opposizione a questo parere, alcuni giovani preparatori vedono la corsa come “la mortificazione del sistema nervoso” e la ritengono poco utile o addirittura dannosa, “se ho X riprese da 3 minuti, perché devo correre per un’ora consecutiva?”.
    Gli adattamenti cardiaci eccentrici, ossia legati ad un alto volume di lavoro dovuto alla corsa estensiva, sono inversamente proporzionali ad adattamenti concentrici, ossia legati a lavori ad alta intensità, trasformando quindi i pugili in moderni Forrest Gump e fondisti mancati.3
    Da un punto di vista fisiologico muscolare si può notare quali sono gli effetti del lavoro aerobico come la corsa, durante questa pratica si ha un passaggio dalle fibre Fast Twich (FT) più rapide, ma più affaticabili, a fibre Slow Twitch (ST), che presentano una capacità ossidativa maggiore grazie a maggior numero e dimensione dei mitocondri rispetto alle FT. 4
    Di conseguenza questo ultimo elemento è in disaccordo con uno sport in cui potenza e velocità rappresentano qualità fondamentali. Risulta, così evidente che la classica corsa continua di 10-12 km può risultare controproducente durante la preparazione di un match.
    In ossequio all’idea aristotelica del “giusto mezzo”, si può dire che la corsa è utile, ma solo se utilizzata con metodi e modulazioni corrette e programmate. La corsa estensiva potrebbe essere utilizzata in periodi precisi della stagione agonistica, ad esempio all’inizio dell’anno sportivo, nel caso di uno stop per le vacanze, al ritorno da un infortunio o come mantenimento in fasi di scarico. Si parte quindi da metodi estensivi in cui l’obiettivo è il progressivo aumento del volume, mantenendo una frequenza cardiaca moderata (intorno al 60% della FC max) e si proseguirà spostando il focus sull’intensità che aumenterà gradualmente fino a lavori di soglia anaerobica, con una riduzione del volume.

    Conclusioni

    Nella speranza di essere stato abbastanza esaustivo nei contenuti e di facile comprensione nella forma, vi auguro una buona lettura ed una buona corsa programmata!

    I campioni non si costruiscono in palestra. Si costruiscono dall’interno, partendo da qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione.

    Muhammad Ali

    Grazie per l’attenzione.

    Articolo di Christian Nicolino
    Laureato in Scienze e Tecniche Avanzate dello Sport
    Preparatore Fisico UIPASC

    Bibliografia

    1 Prof.ssa Paola Trevisson – Tecnica e didattica dell’atletica leggera (Dispense SUISM, a.a. 2014/2015)
    2 Perché un fighter deve correre anche se non gli serve?; Alain Riccaldi; 14 marzo 2015, projectinvictus.com
    3 Corsa e sport da combattimento: quando proporla?; Fabio Zappitelli; 23 marzo 2019, corebosport.com
    4 I miti degli sport da combattimento; Lorenzo Mosca; 5 marzo 2017; manipulusmosca.com

  • Cardio per fighter in quarantena: guida pratica

    Cardio per fighter in quarantena: guida pratica

    Non avete a disposizione grandi mezzi ma volete ugualmente impegnare in maniera utile le vostre ore in quarantena? Ecco a voi qualche home workout da fare!

    N.B: le seguenti proposte di allenamento sono finalizzate all’incremento della capacità aerobica e della potenza aerobica. Altre capacità organico-muscolari e sistemi energetici non verranno trattati in questo articolo.

    Introduzione

    Gli allenamenti qui riportati possono considerarsi come dei validi sostituti alla classica corsetta (o pedalata) di un’oretta, o agli sforzi più intensi (vogatore, sacco, corsa veloce). In breve…

    Capacità aerobica = capacità dell’organismo di portare avanti sforzi che coinvolgono grosse masse muscolari per periodi di tempo più o meno lunghi (almeno 30 minuti) a intensità media o medio-alta (60-80% FC max), lavorando sulla gittata cardiaca.

    Potenza aerobica = capacità dell’organismo di portare avanti sforzi che coinvolgono grosse masse muscolari per periodi di tempo limitati (2-8 minuti), lavorando ad alta intensità (≥ 90% FC) e a VO2max.

    Aerobic capacity (tre esempi)

    AC – Home workout 1

    Shadow boxing (70-80% FC)1′
    Burpees (70-80% FC)1′
    Schivate e spostamenti, rec. attivo (60% FC)1′

    Un esercizio (vuoto) ad una buona intensità, seguito da un secondo a intensità analoga, più un terzo valevole come recupero attivo (intensità sensibilmente minore). Tutto è da eseguire di fila, il singolo giro (3′) è da ripetere per 10 volte, senza alcuna pausa fra un giro e l’altro (30 minuti di lavoro in totale). È consigliato l’utilizzo di un cardiofrequenzimetro al fine di monitorare il principale parametro allenante (la frequenza cardiaca sotto sforzo), in alternativa ci si può autoregolare “a sensazione”, con la scala degli RPE.

    AC – Home workout 2

    Jump rope (80% FC)1′
    Shadow boxing (70-80% FC)1′
    Burpees (70-80% FC)1′
    Schivate e spostamenti, rec. attivo (60% FC)1′

    Tre minuti di lavoro (1′ – 1′ – 1′) consecutivi a intensità medio-alta, seguiti da un minuto di recupero attivo, quindi di intensità più moderata (schivate e spostamenti). Come prima, le quattro “stazioni” sono da eseguire di fila e fra un giro e l’altro non c’è alcun recupero. In totale sono 10 giri (4′ x 10), quindi 40 minuti di lavoro.

    AC – Home workout 3

    Jump rope (80% FC)1′
    Shadow boxing (70-80% FC)1′
    Burpees (70-80% FC)1′
    Shadow boxing (70-80% FC)1′
    Schivate e spostamenti, rec. attivo (60% FC)1′

    Quattro minuti di lavoro (1′ – 1′ – 1′ – 1′) consecutivi a intensità medio-alta, seguiti da un minuto di recupero attivo, quindi di intensità più moderata (schivate e spostamenti). Le cinque “stazioni” sono da eseguire di fila e fra un giro e l’altro non c’è alcun recupero. In totale sono 10 giri (5′ x 10), quindi 50 minuti di lavoro.

    Aerobic power (tre esempi)

    AP – Home workout (Tabata) 1

    Burpees 8×20″ (rec. 10″) x 3-4 giri (3-4′)

    Un blocco consta di 8 serie da 20 secondi di lavoro ad alta intensità (≥ 90% FC), intervallate da 10 secondi di recupero (passivo). Si eseguono 3 o 4 blocchi, separati da un recupero, sempre passivo, di 3 o 4 minuti. È consigliabile rimanere entro i 20 minuti di lavoro netto (quindi recuperi esclusi).

    AP – Home workout 2

    Shadow boxing 3-4×3′ (rec. 3-4′), ≥ 85-90% FC

    Tre o quattro serie di vuoto ad alta intensità separate da un lungo recupero (passivo).

    AP – Home workout 3

    Shadow boxing (≥ 85-90% FC)1′
    Burpees (≥ 85-90% FC)1′
    Shadow boxing (≥ 85-90% FC)1′

    Quello riportato sopra è un singolo giro da ripetere 3 o 4 volte (3-4′ di recupero fra un giro e l’altro).

    E poi?

    Qualora voleste maggiori informazioni, o consulenze personalizzate, potete ricorrere al altri servizi qui descritti.

    Grazie per l’attenzione.


    Approfondimenti

    Articoli sulla preparazione atletica → qui

  • Preparazione atletica per i giocatori di basket diversamente abili

    Preparazione atletica per i giocatori di basket diversamente abili

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    E’ ormai da parecchie settimane che mi occupo della preparazione atletica della squadra di basket del progetto Pegaso di Asti. Quando mi hanno fatto questa proposta ho accettato senza indugiare più di tanto, questo anche per mettere in pratica gli insegnamenti della materia “APA/AFA” che ho avuto al secondo anno universitario di Scienze Motorie.

    In questo articolo parlerò della preparazione atletica che, con l’aiuto dei due allenatori, ho fatto seguire ai ragazzi, dando qualche indicazione generale.

    Attività fisica adattata

    AFA = “…programmi di esercizio non sanitari, svolti in gruppo, appositamente disegnati per individui affetti da malattie temporanee/o croniche finalizzati anche alla modificazione dello stile di vita per la prevenzione secondaria e terziaria della disabilità” (Macchi e Benvenuti, 2012).

    Capture.JPG

    Dopo aver fatto una breve ed infruttuosa ricerca sul web, ho deciso di analizzare un po’ di cose e di buttare giù una bozza di macrociclo.

    Teoria dell’allenamento

    Struttura e materiale a disposizione: Palestra scolastica dotata di campo da basket ( x m), 2 spalliere, dei materassi spessi circa 40 cm, una ventina di cinesini di diversi colori, due coni alti 30 cm circa e, ovviamente, un discreto numero di palloni basket.

    Squadra: 19 giocatori in totale (di cui solo una donna), con un’età che va dai 18 ai 40 anni. Il numero medio di giocatori per allenamento è intorno ai 15. Di tutto il gruppo, 2 persone sono affette dalla sindrome di down, ciò, nella pratica, le porta a distrarsi spesso, non capendo quasi mai il corretto svolgimento degli esercizi e concentrandosi unicamente sull’atto finale di una qualsiasi azione di gioco: tirare a canestro! Altri due soggetti sono gravemente in sovrappeso (e questo condiziona moltissimo la loro capacità di muoversi) e

    Allenamenti settimanali: solamente 1 allenamento a settimana della durata di un’ora.

    Calendario gare: Week-end interi dedicati alle gare ogni 3-4 mesi circa.

    Risultano quindi chiare un po’ di cose: il tempo è quello che é, e la preparazione atletica non deve rosicarne troppo all’allenamento della tecnica (e anche della tattica). Per il poco materiale a disposizione e problemi articolari e coordinativi di vario genere, gli atleti non avranno modo di allenare la forza massimale (non ci sarebbe neanche il tempo necessario per provare a lavorare sugli schemi motori). Inoltre, un certo numero di praticanti (6) è completamente impossibilitato ad eseguire come si deve ogni esercizio, a dirla tutta, oltre a camminare (a fatica) e muovere le braccia può fare poco, questi giocatori avranno sempre delle aggevolazioni sulle esercitazioni (gli verranno quindi fatte eseguire delle varianti meno complicate). Anche se quest’ultime porteranno magari ad un diverso utilizzo dei sistemi energetici e/o capacità condizionali non importa: ciò che conta è dar la possibilità a tutti di muoversi, fare sport, divertirsi con gli altri!

    Struttura allenamenti

    Lontano dalle gare: 30-45′ su 1h saranno dedicati alla preparazione atletica (riscaldamento incluso), i restanti 15-30′ a lavori incentrati sulla tecnica e sulla tattica.

    In prossimità delle gare: 20-30′ circa di preparazione atletica (riscaldamento incluso) e 30-40′ di allenamento tecnico-tattico.

    Cosa bisogna allenare di preciso?

    Forza

    • Massimale
    • Esplosivo-elastica
    • Resistente

    Velocità / rapidità

    Resistenza

    • Aerobica
    • Anaerobica (alla potenza e alla velocità) 

    In più: agilità, rinforzo del core, stretching ed equilibrio 

    Linee guida pratiche

    Forza massimale: dato il basso livello atletico generale sono più che sufficienti dei piegamenti sulle braccia (push ups). Da 5-6 ripetizioni fino a 10, serie comprese fra le 3 e le 6 per ogni esercizio. I ragazzi meno forti possono eseguirli con le ginocchia appoggiate a terra, in modo da rendere l’esercizio meno intenso.

    Per gli arti inferiori invece, è sufficiente l’esercizio hip thrust a corpo libero (bipodalico o monopodalico).

     

     

    Forza esplosivo-elastica: piccoli balzi standard e balzi con contromovimento, sia bipodalici che monopodalici (poche ripetizioni ed un buon recupero, possibilmente attivo).

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    Balzo monopodalico su un rialzo

    Per ottenere risultati soddisfacenti non è necessario un gran volume di allenamento. Schemi di allenamento come dei 3×5, 3×6, 3×8, 4×6* possono essere più che sufficienti. *serie x ripetizioni.

    Forza resistente: esercitazioni a intensità media e medio-bassa. Sforzi continui e prolungati per incrementare le sue varie espressioni:

    • F. resistente su base aerobica: almeno 2′ di lavoro continuo
    • F. resistente su base anaerobica: (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro cont.
    • F. resistente su base anaerobica: (capacità lattacida): 90-120″ di lavoro cont.

    Il recupero completo è previsto solamente per la potenza lattacida. Al riguardo potrebbe essere utile un ripasso sui sistemi energetici (qui) e sulla frequenza cardiaca (qui).

    002 (2)

    Con poco materiale, tempo a disposizione e tenendo anche conto dello scarso bagaglio motorio dei più, è quasi impossibile andare a lavorare su tutte le sfaccettature della forza resistente. Senza abbatterci, possiamo comunque mettere nero su bianco degli esempi di esercitazioni pratiche.

    Un esercizio su tutti è quello di camminare, magari palleggiando, con alle spalle un compagno che oppone resistenza tirando all’indietro il partner che cammina (dopo averlo cinto per i fianchi), rendendo più impegnativa la camminata. Le tempistiche di lavoro sono quelle elencate prima: >2′ (FR aerobica), 40-90″ (FR anaerobica, potenza lattacida), 90-120″ (FR anaerobica, capacita lattacida).

    Velocità e capacità di reazione: esercizi per lo sviluppo della rapidità nei piccoli spostamenti con e senza palla (sprint con deviazioni, skip e movimento degli arti inferiori su speed ladder, esercitazioni che alla fine portano a tirare a canestro). Sprint su distanze comprese fra i 10 ed i 40 metri. Giochi di gruppo in grado di stimolare la prontezza dei riflessi, simulazione di azioni di gioco, eccetera.

    Esempio pratico

     

    Resistenza:

    • Aerobica: non c’è il tempo materiale per svilupparla con la classica corsa a Vo2max (potenza aerobica) od il fondo (capacità aerobica), tenendo anche conto dei problemi motori più o meno gravi che impedirebbero ad un cospicuo numero di ragazzi di correre bene per tot minuti. Le modalità di gioco (tempi, elevato numero dei cambi, eccetera), fanno sì che il sistema aerobico non debba essere troppo efficiente). Fare sport per un’ora o più consente di avere già una discreta capacità aerobica di base. In questo specifico caso è sufficiente quella, pertanto l’allenamento del sistema aerobico sarà indiretto.
    • Anaerobica: brevi scatti con recuperi incompleti per allenare la resistenza alla rapidità. Balzi, slanci e lanci della pallone. Il tutto con recuperi incompleti.

    Agilità: dribbling e movimenti di vario genere (cambi di direzione, skip, rotazioni del corpo di 90-180-360° gradi attorno all’asse longitudinale) fra i coni, cinesini o su speed ladder. Un esempio lo trovate qui sotto ed a questo link.

     

     

    Rinforzo core e stretching: esercizi di vario genere per il rinforzo dell’addome e della zona lombare (crunch, sit up, plank, estensioni lombari da sdraiati). Inoltre, per mantenere una buona flessibilità è consigliabile eseguire degli esercizi di stretching alla fine dell’allenamento. Non è casuale l’utilizzo della parola “mantenere”, infatti per incrementare la flessibilità servono almeno 2-3 sedute specifiche a settimana. E’ pertanto buona cosa, consigliare alla squadra di eseguire dello stretching, almeno gli esercizi più semplici, anche in altri giorni della settimana.

    Equilibrio e propriocezione: camminata lenta o piccoli balzi (mono e bipodalici) su superfici instabili (materassine), ricezione e lanci della palla stando in equilibrio su una gamba sola.

    Macrociclo di allenamento (esempio pratico)

    Ipotizzando che gli allenamenti inizino la seconda settimana di settembre e le prime gare siano a metà dicembre. Durata macrociclo: 15 settimane, 1 allenamento a settimana della durata media di 1 ora, 4 allenamenti mensili.

    Settembre (30-40' di preparazione atletica)
    Allenamento n.1 - FM, FE, EQ, ABS e ST
    All.2 - FM, FE, AG, EQ, ABS e ST
    All.3 - FM, FE, VEL, EQ, ABS, e ST
    All.4 - FM, FE, VEL, ABS e ST
    
    Ottobre (30')
    All.1 -FM, FE, VEL, AG, EQ e ST
    All.2 - FM, FE, VEL, AG, EQ e ST
    All.3 - FM, FE, VEL, AG, EQ e ST
    All.4 - FE, FR, VEL, AG, EQ e ST
    
    Novembre (20-30')
    All.1 - FE, FR, VEL, RP, AG e ST
    All.2 - FE, FR, VEL, RP e ST
    All.3 - FR, RV, RP, ABS e ST
    All.4 - RV, RP, EQ e ST
    
    Dicembre (15-20')
    All.1 - RV, AG e ST
    All.2 → competizione!
    
    Legenda: FM = forza massimale; FE = forza esplosiva; FR = forza resistente; EQ = equilibrio; ABS = rinforzo core; ST = stretching; AG = agilità; RP = resistenza alla potenza; RV = resistenza alla velocità.

    Ovviamente questo è solo un esempio, i metodi di periodizzazione sono molteplici, tutto va contestualizzato.

    Altre indicazioni generali
    • Ricorrere ad esercizi/giochi di gruppo che coinvolgano e facciano divertire i ragazzi il più possibile, in modo da evitar di far calare la loro soglia di attenzione (già bassa).
    • Dare poche indicazioni e semplici istruzioni alla squadra, in modo da non mandare i ragazzi in confusione.
    • Far sì che in ogni allenamento siano trattate più capacità condizionali e coordinative possibili, bisogna ottimizzare il poco tempo a disposizione.
    • Essere armati di una dose enorme di pazienza.
    • Non essere troppo rigidi ma neanche perdere il controllo della situazione.

     

    Buon allenamento!

    .

    oc

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    Referenze e approfondimenti

    Cravanzola E. – Capacità condizionali e coordinative: iniziamo a conoscerle (2015)

    Dawes J. and Roozen M. – Developing Agility and Quickness (2012)

  • Allenamento parallelo di forza e resistenza: vantaggi e svantaggi

    Allenamento parallelo di forza e resistenza: vantaggi e svantaggi

    Allenare più capacità organico-muscolari sia un contesto competitivo che salutistico ha i suoi pro e contro, come ogni cosa del resto. In questo articolo vedremo cosa comporta abbinare gli allenamenti mirati all’incremento della forza massimale e quelli finalizzati al miglioramento della resistenza aerobica (endurance), dispensando un po’ di consigli pratici. (altro…)

  • Test atletici per sport da combattimento

    Test atletici per sport da combattimento

    AJPrima di ogni training camp, sia che si tratti di professionismo o di semplice dilettantismo, è buona cosa far effettuare agli atleti dei test specifici, per valutare lo stato di forma e capire quali sono i punti deboli e quali quelli di forza. Durante l’imminente macrociclo di allenamento, si andrà ovviamente a lavorare di più sui primi e un po’ meno sui secondi. Per chi fosse poco ferrato in materia è consigliabile fare prima un breve ripasso sulle capacità condizionali e coordinative (qui) e sui sistemi energetici (qui).

    Questo e molto altro ancora nel libro sullo strength and conditioning per sport da combattimento che è attualmente in fase di scrittura.

    Buona lettura!

    Capacità organico-muscolari e coordinative da testare
    • Forza massimale
    • Forza esplosiva (o potenza)
    • Forza resistente
    • Resistenza
    • Velocità/rapidità
    • Mobilità articolare
    • Stabilità ginocchio
    Test atletici e relativi valori

    Forza massimale: panca piana; squat; stacco da terra; trazioni zavorrate.

    Ovviamente è di fondamentale importanza la tecnica. Possedere il corretto schema motorio consente di reclutare i giusti muscoli (tenendo comunque presente che si tratta di esercizi multiarticolari) e di limitare il rischio infortunio.

    Panca piana: 1,25-1,5x Bw; Squat: 1,5-2xBw

    Stacco: 1,75-2xBw; Trazioni zavorrate: 0,25-0,5xBw*

    *le cifre rappresentano i carichi massimali che gli atleti riescono a sollevare (1RM) riferiti al proprio peso corporeo (Bw, bodyweight). Riguardo alle trazioni, il peso è il sovraccarico legato alla vita tramite la cintura. Ad esempio, un atleta che pesa 100 kg (x0,25 o x0,5) deve riuscire ad eseguire una trazione alla sbarra completa con una zavorra di almeno 25 kg.

    Forza esplosiva: push press; vertical jump; broad jump; plyo box jump up.

    A differenza degli esercizi di forza massimale, qui entrano in gioco veramente troppi fattori soggettivi. E’ quindi molto difficile stabilire una scala di valori numerici per i vari esercizi. Eccetto che per il push press: 0,75-1xBw.

    Gli esercizi esplosivi riguardano i piani di movimento tipici degli sport da combattimento (frontale e trasversale). Le unità di misura per tutti e tre i salti sono, ovviamente, in centimetri.

    Forza resistente: push ups max reps; pull ups max reps, plank max time.

    Qui c’è poco da spiegare, un esercizio di spinta, uno di trazione ed uno di isometria del core. Massimo numero di piegamenti sulle braccia consecutivi, massimo numero di trazioni prone (pull ups) ed infine un ponte (plank) mantenuto per più tempo possibile (senza perdere la contrazione addominale).

    Resistenza: test di Conconi (individuazione soglia anaerobica) e test di Cooper; è necessario per prima cosa prendere il battito cardiaco a riposo.

    TEST

    Il test di Conconi può essere effettuato in laboratorio (su cicloergometro), su tapis roulant o cyclette, in alternativa anche su pista di atletica [1]. Quest’ultima opzione è la meno attendibile e infatti sta cadendo un po’ in disuso. Il test di Cooper va invece fatto per avere un’idea generale della resistenza fisica dell’atleta. Consiste nel correre per dodici minuti di fila, cercando di coprire la maggior distanza possibile [2]. Sui tapis roulant più moderni, si possono eseguire entrambi questi test, insieme a molti altri (foto a sinistra).

    Di seguito, i risultati ritenuti più o meno soddisfacenti (da molto bene a malissimo), espressi in metri, rapportati alla varie fasce di età (si parla ovviamente di uomini attivi e perfettamente sani). Ulteriori approfondimenti, compresi i valori validi per la popolazione femminile, li potete trovare qui.

    valutazioni

    Velocità: sprint sui 40 metri e test delle due linee.

    Indicativamente dei tempi ritenuti soddisfacenti per gli sprint sui 40 m sono:

    Uomini → mediocre: 5.20-5.40″; buono: 5.19-4.90″; ottimo: <4.90″.

    Donne → mediocre: 5.90-5.65″; buono: 5.64-5.35″; ottimo: <5.35.

    I valori si riferiscono ad atleti sani con un’età compresa fra 18-35 anni.

    40m

    Il secondo test consiste invece nel tracciare due linee parallele, distanti circa 40 cm (immagine riportata sotto) e nell’andare con i piedi “avanti e indietro” per il maggior numero di volte possibile nel tempo concesso (dieci secondi).

    40 cm
    Una singola ripetizione dell’esercizio (non ci sono spostamenti laterali)

    Si parte con entrambi i piedi dietro ad una linea (B) e si portano i piedi oltre la linea opposta (A) uno per volta, alla massima velocità possibile, poi alla stessa maniera si riportano i piedi dietro alla line di partenza (B), e così via, senza interruzioni, fino allo scadere del tempo (10″). Nella figura sopra, tutti i passaggi (1-5) corrispondono ad una singola ripetizione dell’esercizio.

    Mobilità articolare: sit and reach e test di mobilità delle spalle (sollevamento bracia con bacino retroverso e schiena appoggiata ad un muro).

    Il sit and reach test consiste nel ricercare la massima estensione della catena muscolare posteriore da seduti, inclinando il busto in avanti (figura sotto). Le punte delle dita devono cercar di toccare la porzione della tavola più distante possibile. Si salverà il risultato facendo un segno proprio sulla superficie della tavola posizionata poco sopra i piedi ed annotando la distanza raggiunta. A questo link potete trovare un video pratico del test.

    Invece nell’altro test, dopo un breve riscaldamento, l’atleta si posiziona di spalle ad un muro, con la schiena perfettamente aderente alla parete in ogni suo punto (zona lombare compresa).

    Cattura

    Successivamente deve sollevare gli arti superiori provando a toccare il muro alle proprie spalle, mantenendo ovviamente l’articolazione del gomito bloccata. Si misura con un metro (o righello) la distanza delle mani dalla parete.

    Con le suddette regole, la maggior parte delle persone non è in grado di arrivare a toccare la parete. Quando la mobilità richiesta in questa prova viene raggiunta, si passa ad esercizi più impegnativi, di cui magari parleremo in futuri articoli.

    Stabilità ginocchio: lateral and medial single leg hop series (video sotto). Con questo esercizio si valuta la stabilità dell’articolazione del ginocchio, una delle più soggette agli infortuni. Nel caso venissero notate delle problematiche (valgismo, varismo, scarso equilibrio, errato appoggio monopodalico), queste dovranno essere corrette, se necessario con la supervisione di un fisioterapista od un fisiatra.

    Conclusioni

    Quelli di cui abbiamo appena parlato sono i principali test che un preparatore atletico serio dovrebbe far eseguire ai propri atleti praticanti SdC. Ovviamente nulla vieta di sostituirne alcuni con delle varianti, ci sono anche vari fattori che entrano in gioco (disponibilità delle strutture, caratteristiche individuali dei fighters, infortuni pregressi, tipo di programmazione, tempo a disposizione, eccetera). I test vanno eseguiti all’inizio di ogni training camp e vanno poi ripetuti all’inizio del training camp successivo, confrontando i risultati.

    Senza numeri sono tutti atti di fede

    Detto ciò, non resta che salutarci ed augurare a tutti un buon allenamento!


    oc
    Bibliografia

    [1] Conconi F. et al. – Determination of the anaerobic threshold by a noninvasive field test in runners (1982)

    [2] Cooper H. K. et al. – A means of assessing maximal oxygen intake. Correlation between field and treadmill testing (1968)

    Landow L. – Ultimate conditioning for martial arts (Human Kinetics 1a Ediz., 2016)

    Riccaldi A. – The chronicles of Legionarius: la preparazione atletica di Alessio Sakara (2013)

    Bertuzzi R. – Energy System Contributions During Incremental Exercise Test (2013)

    Cravanzola E. – Allenarsi in base alla frequenza cardiaca (2016)

    Travis N. Triplett – Assessing Speed and Agility Related to Sport Performance (2012)

  • Aumentare l’EPO in maniera naturale: teoria, consigli pratici e mode

    Aumentare l’EPO in maniera naturale: teoria, consigli pratici e mode

    E’ possibile incrementare l’EPO, e quindi la capacità di trasporto dell’ossigeno, in maniera naturale, senza ricorrere all’utilizzo di farmaci dopanti? La risposta è sì, ora scopriamo come!

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    Cos’è l’EPO?

    Come già ampiamente spiegato in un altro articolo, l’acronimo EPO non è altro che l’abbreviazione della parola eritropoietina, un ormone glicoproteico prodotto naturalmente dai reni, dal fegato ed in misura molto minore dal cervello. La sua funzione principale è la regolazione dell’eritropoiesi, cioè la produzione dei globuli rossi da parte del midollo osseo.

    Andando un po’ più nello specifico, l’EPO umana presenta una catena di 165 aminoacidi con tre N-glicosilazioni ed una O-glicosilazione, invece l’eritropoietina di sintesi, per quanto riguarda le dimensioni, il numero complessivo, il grado di ramificazione e la posizione delle glicosilazione, differisce un po’ da quella umana. Viene somministrata tramite iniezioni sottocutanee o endovenose, in medicina è utilizzata per trattare numerose forme di anemia e sembra avere effetti positivi anche sulla salute di alcuni organi interni.

    N.B:  benché abbia a che fare con l’ossigeno e l’acronimo sia simile, l’eritropoietina non va confusa con l’EPOC (aumento del consumo di ossigeno post allenamento).

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    Come incrementare i livelli di EPO

    Solo a scopo informativo, ricordiamo che l’EPO è utilizzata a fini dopanti, quindi illegalmente, per incrementare il trasporto di ossigeno, un fattore importantissimo in molti sport, soprattutto quelli di endurance. L’assunzione di eritropoietina alza il VO2max, la soglia lattacida e migliora la respirazione cellulare. È quindi facile intuire come la sua utilità sia maggiore negli sport di resistenza. I primi a notare gli effetti di questo ormone sulla performance sportiva furono gli studiosi Ekblom e Berglund nei primi anni 90, riconducendo le somministrazioni di eritropoietina (20-40 IU/kg alla settimana) ad un notevole aumento del massimo consumo di ossigeno (VO2 max) [1].

    Ma ora veniamo al punto forte: l’EPO è aumentabile in via naturale (e legale), senza rischi per la salute, svolgendo degli allenamenti ad alta quota. Un’attività fisica può considerarsi a tutti gli effetti ad alta quota quando si svolge oltre i 1500 metri, dato che a quote inferiori non sono mai stati evidenziate variazioni significative sulla prestazione.

    Indipendentemente che uno si trovi al livello del mare o sull’Everest, la miscela di gas da cui è composta l’aria che respira è identica (la sua composizione varia superati i 13.500 m), cambia unicamente la pressione parziale dei singoli gas. Inoltre, ogni 150 metri circa, in altezza, la temperatura aumenta di 1°C.

    Anche se scontato, va ricordato che l’umidità e l’altitudine sono inversamente proporzionali. Questo, nell’immediato, può portare alla secchezza ed irritazione delle mucose e delle pareti degli alveoli. Tuttavia, dopo tre settimane di “adattamento” l’organismo mette in atto dei sistemi di difesa, migliorando la vascolarizzazione delle mucose. Anche per i motivi sopraelencati, gli sportivi che si allenano e gareggiano ad alte quote hanno un maggior bisogno di acqua per compensare le ingenti perdite idriche del proprio organismo, specialmente per quanto riguarda gli sport di endurance.

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    Risposte fisiologiche e adattamenti all’allenamento ad alta quota

    La pressione parziale di ossigeno (PO2) diminuisce sempre di più a certe altezze, ciò determina una minore pressione d’ossigeno negli alveoli polmonari, ne consegue una minore saturazione d’ossigeno del sangue arterioso. Tutto questo porta ad una diminuzione del VO2 max (massimo consumo di ossigeno), quindi un ostacolo per le prestazioni di resistenza. Ad un’altezza superiore a 1500 metri il VO2 max diminuisce del 10% ogni 1000 m di quota [2,3].

    Più si è lontani dal livello del mare e più, a riposo, la forza della muscolatura respiratoria diminuisce [4]. Sotto sforzo la stessa cosa vale per il diaframma [5]. Entrambi i casi sono una conseguenza dell’ipossia* e dall’iperventilazione causata dall’altitudine, dato che il minor rifornimento di ossigeno diminuisce l’apporto di energia alla muscolatura [6].

    *Insufficiente presenza di ossigeno nei tessuti, dovuta a scarso apporto o a una sua mancata utilizzazione.

    In alta quota l’aria è meno densa, perciò la ventilazione polmonare aumenta (sia a riposo che sotto sforzo). Di conseguenza, la quantità di anidride carbonica negli alveoli viene ridotta e aumenta la diffusione del sangue verso i polmoni, tramite i quali la CO2 verrà eliminata. La maggior eliminazione dell’anidride carbonica porta ad un alcalosi respiratoria, con aumento del ph ematico, allora i reni intervengono aumentando l’escrezione di ioni bicarbonato (tamponatori dell’acido carbonico formatosi dalla CO2). Questo passaggio finale, diminuisce la capacità del sangue di tamponare i prodotti acidi del metabolismo, così, in altitudine, peggiora la trasformazione di energia per via anaerobica [7].

    Con l’abbassamento della già citata pressione parziale dell’ossigeno, PO2,  questo si riflette anche nella PO2 degli alveoli e nei capillari polmonari. Allo stesso tempo cala anche la saturazione dell’emoglobina (dal 98% al livello del mare passa a 92% se ci troviamo a 2439 m). Mentre la PO2 arteriora diminuisce con l’altitudine, la PO2 dei tessuti rimane praticamente invariata, almeno fino ad altezze ragionevoli (circa 2500 m), quindi la differenza fra queste due (gradiente di pressione), viene drasticamente ridotta. Il passaggio dell’ossigeno dal sangue ai tessuti dipende proprio da questo gradiente di pressione. L’abbassamento della pressione parziale d’ossigeno arteriosa è uno dei maggiori responsabili del calo del VO2max in alta quota.

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    La diminuzione del massimo consumo di ossigeno inizia ad essere rilevante dopo i 1500-1600 metri, quando la PO2 atmosferica scende sotto i 125 mmHg (millimetri di mercurio). Dai 1600 metri in poi il VO2max cala di circa l’8-11% ogni singolo km di altezza.

    Nella figura a sinistra è illustrata la capacità aerobica di prestazione espressa attraverso il VO2max [3].

    Vecchi studi [9,10,11] evidenziavano come la permanenza a certe altitudini riusciva a far sviluppare al corpo una certa tolleranza all’ipossia. Dopo un periodo compreso fra i 18 e 57 giorni, i soggetti che già in passato erano stati esposti a condizioni analoghe, dopo il calo iniziale del VO2max, avevano un discreto miglioramento di questo parametro, inoltre la loro capacità aerobica rimaneva invariata.

    Ma in ogni caso, anche con una certa acclimatizzazione, il massimo consumo di ossigeno in quota non sarà mai paragonabile a quello in prossimità del livello del mare.

    Per adeguarsi alle variazioni del sistema respiratorio anche quello cardiovascolare subisce delle modifiche. Infatti, già nelle prima 24-48h di permanenza a certe altezze, si verifica una riduzione del volume plasmatico del 25%, queste principalmente perchè ad alte quote c’è una certa perdita di acqua attraverso la respirazione. Tuttavia, in cronico, l’organismo mette in atto una serie di adattamenti che portano ad un aumento della massa ematica, con la quale il corpo riesce, almeno parzialmente, a compensare la riduzione della PO2 dovuta all’alta quota.

    Ma non finisce qui! Anche la gittata cardiaca, prodotto del volume di scarica sistolica per la frequenza cardiaca, subisce dei cambiamenti.

    “La risposta immediata in seguito all’esposizione all’alta quota consiste in un aumento della gittata cardiaca a parità di carico submassimale rispetto al livello del mare, tuttavia, questa risposta tende a spegnersi nel corso dei giorni e settimane di acelimatazione.
    Il processo è da attribuire alla riduzione della gittata pulsatoria che progressivamente si instaura con l’esposizione all’alta quota. Riducendosi la gittata cardiaca, a parità di consumo di ossigeno, si verifica una maggior differenza artero-venosa in ossigeno. In una certa misura, la riduzione della gittata sistolica (pulsatoria) viene compensata da un aumento della frequenza cardiaca (fc) a ogni lavoro subi-massimale. In effetti, si è riscontrato che anche in vetta all’Everest. e quindi a gradi estremi di ipossia, il cuore mantiene intatta la sua capacità contrattile e la sua ritmicità” [8]. Discorso un po’ diverso invece per gli sforzi di intensità massimale. Per lavori di questo tipo, svolti ad alta quota, si verifica sia una riduzione della massima fc e del massimo volume di scarica sistolica. Il primo fattore è legato al SNC ed il secondo al repentino calo del volume plasmatico, di conseguenza, pure la gittata cardiaca ha un peggioramento (affinchè questo sia rilevante bisogna essere a circa 3000 m). A tutto ciò si aggiunge la riduzione del gradiente di diffusione, quest’ultimo facilità il passaggio dell’O2 dal sangue ai muscoli. Risulta quindi chiaro il perchè del peggioramento delle prestazione aerobiche quando si è ad alta quota.

    Come sappiamo però, il corpo umano è una macchina meravigliosa, anche in situazioni ostiche, col tempo, è in grado di adattarsi e migliorare. Infatti, dopo una permanenza di circa 6 mesi a quota 4000 m, la massa del sangue (volume ematico) aumenta del 9-10%, questo a causa di una maggior produzione di globuli rossi (indotta dall’altitudine) e di un’espansione del volume plasmatico, inizialmente ridotto del 25% circa.

    L’allenamento in altitudine, fra le altre cose, modifica la variabilità della frequenza cardiaca (HRV, Heart Rate Variability). Ricerche di qualche anno fa [12] mostrano un cambiamento considerevole dell’HRV dopo numerosi allenamenti in ipossia effettutati durante 18 giorni. Inoltre, un aumento globale dell’HRV è associato ad una diminuzione della fc a riposo e ad una più elevata capacità di prestazione sportiva [13,14,15].

    Riguardo invece agli adattamenti muscolari, purtroppo in letteratura scientifica non è presente moltissimo materiale. Nella tabella sottostante sono illustrate le variazioni muscolari e metaboliche avvenute durante uno studio del 1992 (D. L. Costill et al. dati non pubblicati), durante il quali le cavie umane scalarono l’Everest ed il Monte Denali. L’unico aumento riscontrato è stato quello dei capillari per mm2, dovuto al bisogno dell’organismo di apportare un maggior quantitativo di sangue e ossigeno ai muscoli. I pochi dati che ci mette a disposizione questo studio, in ogni caso, sono molto ambigui: le diminuzioni raffigurate nella tabella sotto sono benissimo riconducibili alla perdita di appetito che si verifica in in alta quota (deficit calorico). Inoltre, al perdita di peso di alcuni scalatori (fino a 6 kg) è attribuibile alla disidratazione corporea, soprattutto a livello extracellulare.

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    Informazioni venute fuori negli anni successivi, hanno mostrato che dai 2500 m in su, dopo alcune settimane il potenziale metabolico dei muscoli si riduce. In più, ad altezze ancora maggiori sembrerebbe ridursi l’attività mitocondriale e degli enzimi glicolitici (sono quindi limitati i processi biochimici come la fosforilazione ossidativa). Va ricordato anche che a causa del potenziale stress causato dalle condizioni climatiche ostiche, potrebbero essere alti i livelli di cortisolo, ormone legato al catabolismo.

    Sulla questione muscolare non si sa molto altro.

    Dal momento che il trasporto di ossigeno ad alta quota è ostacolato (ipossia), diminuisce anche la capacità ossidativa dell’organismo, quest’ultimo allora deve puntare alla produzione di energia per via anaerobica. Ciò, ovviamente, assicura dei livelli di lattato ematico più alti durante sforzi di intensità sub-massimale. Durante sforzi massimali invece, non si verifica la medesima cosa, per essi l’accumulo di acido lattico nei muscoli e sangue risulta essere più basso [16,17], questo probabilmente per l’incapacità dell’organismo di tollerare carichi di lavoro troppo intensi e/o per la riduzione della capacità glicolitica dei muscoli (limitata dall’intolleranza nei confronti dell’accumulo di H+).

    Oltre ad un calo della performance, viene intaccata anche la capacità funzionale del SNC. Il cervello con una carenza di ossigeno va in ipossia, perciò, in altitudine si va incontro a ciò che segue:

    • diminuzione della capacità di pensiero analitico, della capacità di presa di decisione e di giudizio;
    • aumento del nervosismo;
    • peggioramento delle prestazioni sensoriali (a causa dell’ipossia diminuisce l’accuratezza visiva);
    • calo delle capacità coordinative;
    • aumento dei disturbi del sonno.
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    Applicazioni pratiche

    Dopo tutte queste belle nozioni teoriche è giunto il momento di passare alla pratica. Se si vuole aumentare l’EPO, come bisogna organizzare un training camp?

    L’altitudine più favorevole per i training camp è quella compresa fra i 2000 e 3000 metri, la quale corrisponde ad una riduzione dell’ossigeno disponibile dal 16 al 24% [18]. Ad una quota inferiore ai 1800 m gli adattamenti fisiologici ci sono ma sono troppo deboli per consentire un tangibile miglioramento prestativo. Al contrario, con ad altezze troppo elevate (+3000 m) le condizioni diventano veramente troppo ostiche per consentire l’ottenimento di risultati, si rischia così un decremento della performance.

    Il grosso degli adattamenti avviene entro due settimane dall’arrivo in alta quota, quindi una permanenza di 2-3 settimane, abbinata ai giusti allenamenti, è considerata ottimale per ottenere i risultati sperati [18]. Infatti, sembrerebbe che  dal 22° giorno di permanenza in poi le prestazioni degli atleti comincino ad avere dei discreti cali [19]. In più, almeno per quanto riguarda le attività di resistenza, ripetere più volte un periodo di allenamento in altitudine durante l’anno dà migliori risultati rispetto ad un unico training camp troppo lungo.

    Una volta arrivati ad altura, per non ostacolare gli adattamenti fisiologici è bene non eccedere con l’intensità allenante e concentrarsi piuttosto sul volume. Il primo parametro andrà ricercato gradualmente, col passare dei giorni [18,20]. Autori come Willmoore e Costill consigliano una iniziale diminuzione dell’intensità pari al 60-70%, in modo da non stressare troppo l’organismo, quest’ultima tornerà poi ai livelli standard entro una decina di giorni.

    Esercizi anaerobico alattacidi, quindi molto brevi, non rappresentano un problema in altura, dato l’irrisorio accumulo di acido lattico. Anzi, l’aria più rarefatta diminuisce la resistenza aerodinamica garantendo dei risultati anche leggerissimamente superiori, non è un caso che alle Olimpiadi del 1968, a Città del Messico (2250 m), i velocisti abbiano avuto degli ottimi risultati. Discorso diverso per le discipline con una forte componente lattacida, i quali sarebbe bene evitare e/o limitare data la difficoltà dell’organismo di gestire gli accumuli di acido lattico.

    In ogni caso, a meno che non si debbano svolgere della gare ad alta quota, allenarsi in altura per competizioni anaerobiche ha poco senso. I possibili vantaggi di questa scelta riguardano unicamente gli sport principalmente aerobici. Per essi l’altitudine consigliata è di 2000-3000 metri. Gli atleti, soprattutto all’inizio, saranno sì svantaggiati ma facendo le cose con metodo i miglioramenti non tarderanno ad arrivare. Se generalmente si sta in prossimità del livello del mare è bene arrivare in altura con un livello di VO2max piuttosto alto, bisogna quindi allenare soprattutto la potenza aerobica.

    Allenarsi in alto e gareggiare in basso

    Le problematiche iniziali legate all’ipossia, come riportato qualche riga prima, potranno essere risolte anche in meglio, ció sempre a patto che gli allenamenti vengano svolti con criterio e che altezza e permanenza siano quelle giuste (2000-3000 m e tre settimane circa), repetita iuvant. In questo modo, gli atleti, chi più chi meno, riescono a guadagnare dei livelli più alti di eritropoietina, un aumento della massa cellulare dei globuli rossi e del livello di emoglobina nel sangue. Una volta tornati al livello del mare, questi miglioramenti svaniscono nel giro di qualche giorno. Occorre quindi effettuare gare (di resistenza) entro pochissimo tempo dal proprio rientro. Discorso diverso per gli atleti che gareggiano in basso ma vivono in alto, loro non sebrano aver vantaggi sulle competizioni al livello del mare.

    Allenarsi in basso e gareggiare in alto (live high and train low)

    Anche in questo caso, una volta arrivati in alta quota vale sempre la regola delle 2-3 settimane di adattamento. Se invece non si ha tutto questo tempo a disposizione è consigliabile arrivare in altura poco prima della competizione (12-24h), in modo che l’ipossia non abbia iniziato a mettere sufficientemente in difficoltà il nostro corpo. Per limitarne i danni (in acuto), come già detto, è buona cosa avere i livelli del VO2max (massimo consumo di ossigeno) molto alti, perché ricordo che questo è il parametro che più di tutti risente dell’alta quota, questo già nelle prime ore.

    Secondo la letteratura scientifica, quello del “live high and train low” sarebbe il metodo più efficace per giovare degli adattamenti indotti dalla permanenza ad alta quota ed allenarsi, anche ad alte intensità, quando si è poco sopra il livello del mare [24].

    Ovviamente gli adattamenti e le risposte fisiologiche variano da persona a persona. Si distinguono infatti due categorie di soggetti: i responder ed i non responder. I primi reagiscono positivamente all’ipossia dovuta all’alta quota, gli altri no. Questo soprattutto per quanto riguarda i livelli di EPO [20]. Uno studio di Ri-Li e colleghi [21], effettuato su un gruppo di 48 atleti (32 uomini e 16 donne) evidenzió nelle prime 24 h di allenamento in altitudine (2800 m), cambiamenti dei livelli plasmatici di EPO molto diversi da persona a persona. Alcuni addirittura arrivarono ad un aumento del 400% e altri ad un misero +41%. La causa di tale discrepanza sembrerebbe essere geneticamente determinata (polimorfismi individuali del gene EPO o del gene ricettore dell’EPO).

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    Differenza dei livelli di EPO in tutti e 48 i soggetti dello studio precedentemente citato [21]

    Per i soggetti “non responder” si potrebbe tranquillamente accantonare l’idea di effettuare dei training camp in alta quota.

    Una alternativa all’allenamento ad alta quota è indubbiamente la tena ipossica, peccato che il suo utilizzo sul suolo italiano sia vietato (considerato vero e proprio doping). Per ulteriori approfondimenti su questa pratica vi rimando al solito articolo.

    Controindicazioni più e meno gravi dell’allenamento in altura
    • Scottature solari e oftalmia delle nevi;
    • irritazioni delle vie respiratorie;
    • mal di montagna (l’incidenza aumenta con l’altitudine), i sintomi tipici sono il mal di testa, nausea e vomito;
    • edema polmonare (colpisce soprattutto le persone che salgono troppo rapidamente a quote oltre i 2700 m);
    • edema cerebrale (si verifica perlopiù a quote superiori ai 4000 m);
    • emorragia retinica (si verifica dai 6000 m in poi).
    Due parole sulla training mask (TM)

    4a7bfe9d-8041-4589-8d9f-f38cc6471bfeNegli ultimi anni il marketing ben orchestrato è riuscito a propinare al grande pubblico una maschera, che per assurdo ricorda vagamente quella di Bane, il nemico giurato di Batman.

    Tuttavia, a differenza di quella utilizzata da Bane ne “Il Ritorno del Cavaliere Oscuro” la training mask non fa inalare alcun gas antidolorifico. Ma semplicemente rende più difficoltosa la respirazione. E’ stata venduta come, cito testualmente, “Maschera per simulare l’allenamento ad alta quota” ma la verità è che una semplice maschera non può modificare la pressione parziale dell’ossigeno (PO2) e neanche alterare la composizione dell’aria, a meno che questa non sia collegata tramite dei tubi a degli appositi macchinari in grado di simulare l’ipossia.

    A parità di lavoro, se si utilizza la TM la FC sarà più elevata, modificando anche significativamente i parametri di lavoro (esercitazioni a VO2max per la potenza aerobica, individuazione delle soglie ecc.).

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    Variazione della FC nei gruppi di lavoro con (Mask) e senza (Control) delle resistenze respiratorie [23]

    “Dopo 6 settimane di allenamento intervallato ad alta intensità su cicloergometro:
    – Non sono state riscontrate differenze significative (né tra i gruppi né all’interno dei gruppi stessi) nei parametri polmonari o negli indicatori ematici.
    – Solo il gruppo che indossava la maschera ha riportato miglioramenti significativi a livello di soglia ventilatoria (13.9%), potenza alla soglia ventilatoria (19.3%), soglia di compensazione respiratoria (10.2%), e potenza alla soglia di compensazione respiratoria (16.4%).
    – Sebbene il gruppo che si è allenato con la maschera ha riportato i suddetti miglioramenti, sono necessari ulteriori studi per verificare se tali miglioramenti incidano realmente sulla performance dell’atleta.
    – Anche se il dispositivo inducesse adattamenti simili a quelli riscontrati in altitudine, il tempo di esposizione allo stimolo, nel caso specifico 60 min*wk-1, non sarebbe sufficiente ad indurre adattamenti (è stato osservato che nemmeno 114 min*wk-1 in ambiente realmente ipossico sono sufficienti).
    – La ETM (The Elevation Training Mask 2.0) agisce più come dispositivo per l’allenamento dei muscoli” (MMA – Elevation Training Mask?) [24].

    Pertanto, risulta difficile capire quanto i muscoli respiratori possano incidere sulla performance negli sport non di endurance (si stima che negli atleti d’élite praticanti sport di resistenza possano avere un miglioramento del 5-8%).

    Ad esempio, uno studio del 2016, condotto su diciassette cadetti dei corpi di polizia, non ha mostrato miglioramenti associati all’utilizzo della Training Mask, né sulla capacità aerobica, né sui livelli di VO2max [22].

    Conclusioni

    Se l’obiettivo è quello di incrementare i livelli di EPO, l’unica via è quella dell’allenamento ad alta quota, non ci sono scuse, bisogna farsi il mazzo. Ovviamente dei periodi di permanenza in montagna hanno un costo, valutate bene se ne valga veramente la pena. Riguardo alla Training Mask attualmente è molto dubbia la reale utilità di questo costoso oggetto, ciò che è certo è che non influenza in alcun modo i livelli di EPO.

    Grazie per l’attenzione.


    oc
    Bibliografia

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    3 Grover R. F. – Leistungsfähigkeit in groβen Höhen (1983)
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    10 Buskirk E. R. et al. – Physiology and Performance of Track Athletes at Various Altitudes in the United States and Peru (1967)
    11 Grover R. F. et al. – Muscular exercise in young men native to 3,100 m altitude(1967)
    12 Schmitt et al. –  ??? (2008) fonte primaria errata sul libro di riferimento
    13 Pichot et al. – Relation between heat rate variability and training load in middle-distance runners (2000)
    14 Hedelin et al. – Heart rate variability in athletes: relationship with central and peripheral performance (2001)
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    16 Green H. et al. – Operation Everest II: adaptations in human skeletal muscle(1989)
    17 Sutton J. et al. – Operation Everest II: oxygen transport during exercise at extreme simulated altitude (1988)
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    19 Suslow F. P. et al. – Die sportliche Leistungsfähigkeit in der Periode der Reakklimatisierung nach Höhentraining (1973)
    20 Chapman et al. – Individual variation in response to altitude training (1998)
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    23 Porcari J. P. et al. – Effect of Wearing the Elevation Training Mask on Aerobic Capacity, Lung Function, and Hematological Variables (2016)
    24 Ness J. – Is live high/train low the ultimate endurance training model?

  • Allenarsi ad alta quota: guida completa

    Allenarsi ad alta quota: guida completa

    Non è raro, fra internet e televisione, vedere atleti dei più svariati sport allenarsi appositamente in zone parecchio sopra il livello del mare (+1500 m). Ora, in questo articolo, andremo a vedere le risposte fisiologiche e gli adattamenti indotti dall’allenamento svolto a determinate altezze.

    allenamento7.jpg

    Vi avviso: sono argomenti abbastanza complessi, quindi un po’ noiosi, ma é fondamentale saperli se si vuole essere ben informati su i pro e i contro di certe scelte sportive.

    Un’attività fisica può  (altro…)

  • Energia e sport

    Energia e sport

    Anche se magari non ci pensiamo, noi quando mangiamo introduciamo delle molecole – carboidrati, proteine e lipidi – che sono dei veri e propri combustibili biologici. Questi, nell’organismo umano, attraverso centinaia di processi biochimici, in presenza di ossigeno, vengono demoliti e ridotti in anidride carbonica e acqua.

    CaptureFig.1 – I punti rappresentano i metaboliti mentre le linee sono i singoli passaggi metabolici

    Nell’uomo e non solo, i principi nutritivi base che si formano dalla digestione dei macronutrienti, quindi glucosio, aminoacidi e acidi grassi, conservano immodificato il contenuto energetico delle sostanze di origine. Affinché avvenga una produzione di energia occorre che le molecole precedentemente citate siano completamente demolite. Per far avvenire ció, é necessario l’intervento di enzimi ossido-riduttivi specifici, in grado di trasformare le molecole del glucosio, degli acidi grassi e degli aminoacidi in frammenti più piccoli, fino alla formazione del metabolita acetil-CoA (composto a due atomi di carbonio).
    Quello illustrato fino ad ora non é altro che il metabolismo intermedio (MI). Al termine del MI, circa 1/3 dell’energia contenuta nelle molecole di partenza é resa disponibile per le cellule, invece i rimanenti 2/3 saranno utilizzati per reazioni quali il Ciclo di Krebs.

    5887471Fig.2 – Il ciclo di Krebs è un processo biochimico che assolve allo scopo di ossidare (bruciare) ad H2O e CO2, i prodotti della demolizione delle molecole degli zuccheri/grassi/amminoacidi. Fornisce una grande quantità di energia, in parte come calore (mantenimento della temperatura dell’organismo) e in parte come energia chimica.

    In seguito a queste reazioni, l’acetil-CoA viene completamente degradato fino alla formazione di anidride carbonica e acqua (metabolismo terminale).

    Il metabolismo energetico in se, varia parecchio in base alle attività svolte dall’individuo, per questo motivo é importante conoscere il proprio metabolismo basale, detto in maniera estremamente semplicistica: le calorie che una persona spenderebbe se per tutte le 24h non si alzasse dal letto, l’introito calorico minimo necessario a far avvenire tutti i processi fisiologici indispensabili per vivere.

    Kcaloria = 1000 calorie; caloria = quantità di calore necessaria per far salire la temperatura di 1 ml di acqua distillata da 14.5 a 15.5 C°, alla pressione costante di un atmosfera.

    Occorre aprire una piccola perentesi sui carboidrati. Questi, durante la digestione vengono convertiti in glucosio (monosaccaride, zucchero semplice), che tramite il sangue arriva ai tessuti di tutto l’organismo. Essi, in condizioni di riposo, vengono presi dai muscoli e dal fegato, e convertiti in uno zucchero più complesso: il glicogeno.

    Il discorso sul metabolismo si potrebbe approfondire ulteriormente ma mi fermo qui, é giunto il momento di andare al nocciolo della questione. Tenete ovviamente a mente quel che avete letto fino a questo punto perché i macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi), più un’altra miriade di fattori, vanno ad influire sui depositi energetici.

    L’energia derivante dai legami delle molecole alimentari è chimicamente rilasciata all’interno delle cellule e poi immagazzinata sotto forma di ATP (adenosinatrifosfato), un composto altamente energetico costituito da una base azotata (adenina), da uno zucchero pentoso (il ribosio) e da tre gruppi fosfato.

    A riposo, la richiesta energetica dell’organismo è poca, quindi l’energia proviene principalmente dalla scissione di grassi e carboidrati.

    All’aumentare dell’intensità di un determinato carico di lavoro, aumenta l’uso energetico dei carboidrati a scapito dei grassi.Capture.JPGFig.3 – Nel caso di sforzi massimali, quindi di breve durata, l’ATP viene prodotto quasi esclusivamente a partire dai carboidrati.

    Quando la molecola di ATP si combina con l’acqua (idrolisi) e subisce l’azione dell’enzima ATPasi, l’ultimo gruppo fosfato si separa dalla molecola di ATP (scissione) rilasciando così energia (circa 7,3 kcal/mole di ATP). L’ATP diventa quindi adenosindifosfato (ADP) e Pi (in questo caso gruppo fosfato).

    Capture.JPGFig.4 – A = la struttura dell’adenosintrifosfato ed i suoi fosfati altamente energetici; B = il terzo fosfato (Pi) di una molecola di ATP viene separato per azione dell’ATPasi con seguente liberazione di energia.

    Dopo, per la successione di diverse altre reazioni chimiche, un gruppo fosfato viene aggiunto all’ADP convertendolo così in ATP. Questo processo è detto fosforilazione ossidativa.

    Quando questi processi avvengono in presenza di ossigeno si parla di metabolismo aerobico, viceversa in assenza, metabolismo anaerobico.

    Le cellule producono ATP attraverso tre processi principali:

    • Il sistema ATP-CP
    • Il sistema glicolitico
    • Il sistema ossidativo

    Sistema ATP-CP

    L”energia liberata dalla scissione del CP (creatinfosfato) serve per ricostruire le riserve di ATP, per mantenerle.                              Capture.JPG

    Fig.5 – Modificazione dell’ATP e CP nel muscolo durante uno sforzo di intensità massimale di 14″ (sprint). Il CP, per prevenire la caduta dell’ATP viene usato proprio per sintetizzare quest’ultima.

    L’esaurimento sia dell’ATP che del CP è facile da raggiungere (es. sprint massimale di 15″), quindi l’organismo per ricaricare le scorte energetiche dovrà per forza affidarsi ad altri sistemi.

    Questi processi possono avvenire sia in presenza che in assenza di ossigeno, tuttvia non ne richiedono obbligatoriamente la presenza. Quindi, il sistema ATP-CP è il sistema anaerobico per eccellenza.

    Sistema glicolitico

    L’ATP viene prodotto tramite l’energia liberata dalla scissione del glucosio (glicolisi, scissione del glucosio attraverso enzimi glicolitici). Il prodotto finale della glicolisi è l’acido piruvico.

    Nella glicolisi anaerobica, quindi senza l’intervento dell’ossigeno, l’acido piruvico viene convertito in acido lattico e quindi viene interrotta la glicolisi. Questo processo riesce a fornire 2 moli di ATP per mole di glucosio.

    Sistema ossidativo

    Quando si parla di ossidazione è sottinteso che ci sia di mezzo il sistema aerobico (bassa intensità, reazioni che avvengono in presenza di ossigeno). Questo sistema ossida i tre macronutrienti, soprattutto i lipidi e i carboidrati, i primi (trigliceridi nel tessudo adiposo e intramuscolare) vengono scissi in acidi grassi e successivamente glicerolo, i secondi sono rappresentati dal glicogeno muscolare e del fegato, il quale viene idrolizzato a glucosio.

    La degradazione del glucosio del sistema ossidativo è detta glicolisi aerobica, avviene nei mitocondri (ovviamente in presenza di ossigeno).

    Altro processo energetico, di cui ho già accennato in precedenza, è il Ciclo di Krebs, in esso l’acetil-CoA viene ossidato e sono generate 2 moli di ATP.

    Altra “arma” di questo sistema è la fosforilazione ossidativa. In essa si passa dall’ADP all’ATP.

    Ultimo processo (ma non meno importante) del s. ossidativo è il “sistema di trasporto degli elettroni“, questo non è altro che una complessa reazione chimica legata al ciclo di Krebs, che è in grado di fornire ben 34 moli di ATP.Capture.JPG    Fig.6 – L’intervento dei vari processi energetici durante un’esercizio di 150″, con sforzo massimale

    I sistemi energetici sono tre: anaerobico alattacido, anaerobico lattacido e aerobico.

    Anaerobico alattacido

    Non interviene l’ossigeno e non si forma lattato; l’energia per la ricarica dell’ATP viene ceduta da una molecola che contiene anch’essa un legame altamente energetico: la fosfocreatina (CP). Il tempo limite medio della capacità del sistema anaerobico alattacido va da 0 a 8-9″.

    Anaerobico lattacido

    Non interviene l’ossigeno ma si forma lattato; l’energia per sintetizzare l’ATP deriva da molecole di zucchero che vengono spezzate fino a dar luogo al lattato. Il tempo limite medio della capacità del sistema anaerobico lattacido va da 2” a 2′.

    Aerobico

    Implica la presenza nel muscolo di ossigeno. L’energia deriva dalla combustione di zuccheri o grassi (in parte minore anche delle proteine). Il sistema aerobico ha un forte intervento negli sforzi che vanno oltre i 3′ di lavoro continuo.

    In ogni caso le cifre sono abbastanza indicative, dipendono da vari fattori. Inoltre, questi sistemi energetici non intervengono uno alla volta ma in contemporanea, in misura diversa. Ad esempio per 3′ di lavoro abbastanza intenso, l’energia sarà prodotta principalmente sia dal sistema anaerobico lattacido che da quello aerobico.

    Capture.JPGFig.7 – Intervento dei sistemi energetici durante la corsa su varie distanze

    energy_systems

    Fig.8 – A seconda della durata dello sforzo, nel tempo, un sistema energetico prevale sull’altro.

    Arrivati a questo punto è necessario introdurre altre due definizioni: capacità e potenza. Per capacità di un meccanismo energetico si intende
    la capacità totale di fornire energia. Per potenza invece, intendiamo la possibilità, per tale meccanismo, di fornire un’importante percentuale della sua capacità nell’unità di tempo (che per convenzione è il secondo).

    Nello specifico…

    • Capacità aerobica = è la capacità di svolgere un lavoro generale in condizioni aerobiche, il più al lungo possibile.
    • Potenza aerobica = è la quantità di lavoro realizzata nell’unità di tempo sfruttando il metabolismo aerobico. E’ sinonimo di massimo consumo di ossigeno cioè la massima quantità di ossigeno che
      l’organismo è in grado di utilizzare nell’unità di tempo.
    • Capacità anaerobica lattacida = lavoro totale che può essere effettuato utilizzando il meccanismo lattacido o, più in
      generale, la capacità dell’atleta di tollerare l’accumulo di lattato nei muscoli e nel sangue.
    • Potenza anaerobico alattacida = quantità di lavoro realizzata nell’unità di tempo con il concorso del metabolismo anaerobico
      alattacido. E’ la capacità di produrre uno sforzo breve il più intenso e veloce possibile.
    • Potenza anaerobico lattacida = quantità di lavoro realizzata nell’unità di tempo con il concorso del metabolismo anaerobico lattacido (glicolisi lattacida).

    Termine di cui tutti abusiamo è l’intensità. Per essa si intende l’impegno del sistema cardiorespiratorio durante lo svolgimentoi di un esercizio. Durante l’allenamento infatti, in base alla frequenza cardiaca (fc), possiamo stabilire con discreta precisione quale sistema energetico sia maggiormente attivo. Essa può variare in base all’anzianità di allenamento, sesso ed età di una persona. Ad esempio con una fc inferiore o uguale ai 160-170 bpm (battiti per minuto), il sistema principalmente coinvolto sarà quello aerobico.

    Il passaggio della produzione di energia dal sistema aerobico (in via principale) a quello anaerobico lattacido è rappresentato da una “soglia”, la soglia anaerobica (SAN).

    Più aumenta l’intensità e con l’effetto soglia si ha un graduale aumento della produzione di acido lattico. Il valore della SAN indica la massima intensità di esercizio, quando questa è raggiunta si ha una concentrazione di circa 4 mmoli di lattato ematico al litro*. Oltre questa soglia, quindi con uno sforzo più intenso, la concentrazione di lattato diventa tale da consentire solo lavori di breve durata (a lungo andare inibirebbe le contrazioni muscolari).

    *Quello di 4 mmoli/L è un valore molto indicativo, ci sono soggetti che possono averlo di 3 come altri che possono averlo di 5 o 6 mmoli/L. In ogni caso sarebbe bene misuralo per venire a conoscenza della propria LT (soglia del lattato).

    Calcolare questa soglia può essere utile per determinare la potenza aerobica, capacità lattacida ed avere un’idea dell’intensità di allenamento a cui far lavorare un atleta. La SAN può essere calcolata attraverso il test di Conconi (con cardiofrequenzimetro), utilizzando degli apparecchi per misurare dei parametri ventilatori o con la misurazione della concentrazione del lattato ematico.

    Un’altra  soglia, anche se meno famosa, è quella aerobica (SAE). Si parla di soglia aerobica. quando i valori di lattato ematico superano quelli basali, arrivando a 2 mmoli/l. L’intesità della SAE sembrerebbe coincidere con il crossover point, punto di confine in cui il sistema aerobico si sposta da un dispendio prevalentemente lipidico ad uno glucidico.

    La fc si può calcolare tramite un cardiofrequenzimetro o con alcune formule

    Fc max. = 220 - età, oppure: 208 - 70% età
    Fc con misurazione manuale = metto due dita alla base del collo, contro i battiti per 15" esatti e poi moltiplico il numero ottenuto per quattro
    Fc corrispondente alla SAN = Fc max x 0,93 (su un atleta)
    Fc      //         //  // = Fc max x 0,70 (su un sedentario)

    All’atto pratico: Lorenzo, 20 anni, tennista

    Fc max = 200; Fc alla SAN = 186

    Effetto allenante in base alla frequenza cardiaca massima

    <60% = lo stimolo è troppo debole, non considerato allenante
    60-75% = capacità aerobica
    75-85% = potenza aerobica e soglia anaerobica
    85-92% = allenamento anaerobico e tolleranza lattacida

    Prima che voi lettori vi addormentiate inserisco giusto un ultimo importante concetto, quello del massimo consumo di ossigeno (V02max). Il VO2max è la massima quantità di ossigeno che l’individuo può consumare nell’unità di tempo per uno sforzo fisico. Questo valore è espresso in ml/kg/min (millilitri per kg di peso corporeo al minuto) e l’allenamento può migliorare questa componente di circa il 20-25%.

    La soglia anaerobica coincide con il 60% del VO2max nei soggetti sedentari e l’85% circa per quelli allenati.

    002 (2).jpgFig.9 – I metabolismi in relazione all’intensità (fc)

    Non saranno argomenti divertenti ma se ci si vuole allenare seriamente questo è l’abc.

    Grazie per l’attenzione.


    Bibliografia

    Wilmoore, Costill – Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport (Calzetti Mariucci, 2005)
    Weineck J. – Biologia dello sport (Calzetti Mariucci, 2013)
    Urso A. – Le basi dell’allenamento sportivo (Calzetti Mariucci; 2a ediz., 2014)