Tag: kickboxing

  • Riscaldamento e mobilità attiva per sport da combattimento (esempi pratici)

    Riscaldamento e mobilità attiva per sport da combattimento (esempi pratici)

    Cercate degli esercizi da implementare nelle vostre routine di allenamento per eseguire un riscaldamento ben fatto o lavorare sulla mobilità? Allora avete trovato l’articolo giusto! Quelli che seguono sono degli esercizi da eseguire all’inizio della seduta di lavoro, considerabili come un riscaldamento o dello stretching dinamico. Alcuni di questi, eventualmente, possono anche essere svolti in sessioni a parte.

    Buona lettura!

    Introduzione

    Il riscaldamento è quell’attività che introduce al compito motorio cardine dell’allenamento vero e proprio. E’ un elemento importantissimo per prevenire gli infortuni, innalza la frequenza cardiaca, aumenta la temperatura corporea, migliora la risposta dell’apparato cardiovascolare a sfrozi intensi, ottimizza l’utilizzo di substrati energetici rilasciando glucosio nel circolo sanguigno, e così via. Lo stretching possiamo invece definirlo come quell’insieme di tecniche volte ad aumentare la flessibilità di un individuo, tenendo a mente che la flessibilità è l’insieme della mobilità articolare e dell’estensibilità dei muscoli.

    Flessibilità = mobilità articolare + estensibilità muscolare

    Ulteriori approfondimenti in Stretching: teoria e pratica.

    Elenco esercizi

    Qui di seguito i nomi e le illustrazioni di alcuni esercizi consigliati. Per comodità i nomi sono in inglese, in certi contesti è più comodo ricorre a dei termini più internazionali in modo da non creare confusione (le immagini sono prese da qui).

    Fire hydrant

    Hip circle

    Scorpion

    Lateral leg reach

    Cat-Cow

    Bird dog

    Straight-leg series

    Side-lying abduction

    Side-lying adduction

    Supine hip rotation

    Supine hip bridge

    Ankle rockers

    Air squat

    Toe grab

    Trunk rotation

    Flexed trunk rotation

    Bent-over scapular retraction

    Bent-over T

    Bent-over 90-90

    Knee hug

    Straight-leg march

    Tall side slide

    Carioca

    Skip

    Lateral skip

    Backward skip

    Ovviamente questi sono solo alcuni dei mille esercizi pre-atletici che si possono inserire all’inizio delle proprie routine di allenamento, includere tutti quelli esistenti richiederebbe un’enciclopedia.

    Esempio pratico

    Qui di seguito l’esempio di una routine di allenamento contenente alcuni degli esercizi riportati nel precedente paragrafo. Sbizzarriamoci.

    Prima dell’inizio di una seduta di strength & conditioning (esempio 1).

    EsercizioRipetizioni, tempo o distanza
    Jump rope3×3′
    Skip3×20-30 m
    Carioca2×20-30 m
    Backward skip3×20-30 m
    Knee hug5-10 (a gamba)
    Straight-leg march5-10 (a gamba)
    Supine hip rotation5-10 (a gamba)
    Toe grab10
    Cat-cow10-20
    Trunk rotation10 (a lato)
    Flexed trunk rotation10 (a lato)
    Bent-over T10
    Warm up specifico

    Prima dell’inizio di una seduta di strength & conditioning (esempio 2).

    EsercizioRipetizioni, tempo o distanza
    Corsa lenta5-10′
    Skip3×20-30 m
    Tall side slide2×20-30 m
    Backward skip3×20-30 m
    Knee hug5-10 (a gamba)
    Straight-leg march5-10 (a gamba)
    Supine hip bridge10
    Air squat10
    Flexed trunk rotation10 (a lato)
    Cat-cow10-20
    Bent-over scapular retraction10
    Bent-over 90-9010
    Warm up specifico

    Quel “warm up specifico” sul finale, sta a significare che dopo un riscaldamento generale si passa ad uno più simile a quel che poi dev’essere fatto nella parte centrale dell’allenamento vero e proprio. La seduta è incentrata sulla corsa veloce? Allora, dopo il warm up generico, si fanno degli sprint di moderata intensità e/o degli allunghi sui 60-100 metri. Oppure il workout riguarda l’allenamento della forza tramite la panca piana e lo squat? Allora la ricetta consigliata da seguire è warm up generale + panca piana con bilanciere scarico e/o carichi molto leggeri (stessa cosa per lo squat).

    Grazie per l’attenzione.


    Bibliografia

    Landow L. – Ultimate Conditioning for Martial Arts (Human Kinetics 1a ediz., 2016)
    Trevisson P. – Atletica (Dispense Universitarie SUISM, a.a. 2014-2015)

  • La Forza nella Kickboxing e negli Sport da Combattimento: appunti per i coach

    La Forza nella Kickboxing e negli Sport da Combattimento: appunti per i coach

    Introduzione

    La forza è importante negli sport da combattimento? Sì, ma quanta? E di che tipo? Va anche aggiunto che di sport da combattimento (SdC) ce ne sono molti, più o meno famosi, alcuni anche molto diversi fra di loro… Allora vediamo di far chiarezza, possibilmente in breve, su domande affliggono innumerevoli persone, anche fra gli addetti ai lavori.

    Un “caso-studio”

    Roby, un simpatico ragazzo che seguo da un po’, ha 25 anni pratica in forma agonistica savate (boxe francese) e kickboxing/k-1. Ragazzo longilineo, dal peso che oscilla fra i 75 ed 80 kg. Dalla sua non ha una grande genetica, infatti fatica a mettere su massa muscolare ed ha le articolazioni particolarmente fragili (predisposizione?). Però gli va riconosciuto un pregio: la grande etica del lavoro, una resilienza degna di certi atleti professionisti. Fra un acciacco al gomito, uno al ginocchio ed un altro al petto, appena riconquistata una buona condizione di salute, gli ho programmato una scheda di allenamento della durata di sole 8 settimane (due mesi circa). Per farla breve, tre sedute di allenamento coi pesi a settimana con un certo focus sui multiarticolari (distensioni su panca piana e squat). Il precedente carico massimale (1RM) sollevato alla panca piana era di 73 chilogrammi, tempo di aumentarlo, no?

    Quanta forza serve negli sport da combattimento?

    Come avevo già accennato qui: «Le differenze inerenti l’utilizzo delle capacità condizionali negli SdC dipendono principalmente dalla velocità con cui una forza viene applicata. Con lo sviluppo di tensione, nel muscolo si verifica un accorciamento, questo accorciamento avviene in una determinata quantità di tempo, per cui, secondo la relazione fisica spazio/tempo si può riuscire a quantificare il tempo in cui questa contrazione avviene. Per sviluppare la massima forza esprimibile necessaria per un determinato movimento occorre tempo. Il tempo per raggiungere il picco di forza varia da persona a persona (leve, coordinazione inter e intramuscolare, fibre muscolari, capacità di reclutamento) e dal tipo di movimento […] Il jab di un abile boxeur (colpo dritto e rapido) si muove con una velocità ben diversa rispetto ad una normale proiezione di un lottatore (hip toss, double leg, single leg…). […] Il pugile non esprimerà mai e poi mai tutta la sua forza in quel colpo, è impossibile, i suoi segmenti corporei ed i relativi muscoli si muovono troppo velocemente, non c’è il tempo necessario per sviluppare grandi livelli di forza. Al contempo, il lottatore portando un takedown sarà un po’ più lento ma riuscirà ad imprimere molta più forza in quella tecnica […] Bisogna quindi fermarsi un attimo a riflettere per cercare di comprendere cosa serve per lo sport che si pratica». Negli sport da combattimento una buona base di forza è sempre utile, se non indispensabile per competere ed ottenere risultati soddisfacenti in gara. È importante specificare che tutte le espressioni di forza sono altamente dipendenti dalla forza dura e pure, cioè quella massimale. Allenando la forza massimale – alti carichi spostati a basse velocità – vi sarà un miglioramento “a cascata” di tutte le altre forme di questa capacità bio-motoria, come la forza esplosiva, forza resistente o forza veloce. Riguardo ad eventuali classificazioni, trovo molto condivisibile quella fatta dal più navigato collega Alain Riccaldi in un suo vecchio articolo, dove stilava la seguente lista:

    1. Lotta greco-romana
    2. Lotta libera
    3. Judo
    4. MMA
    5. Grappling (no-gi) e Sambo
    6. Brazilian jiu-jitsu
    7. Muay thai
    8. Boxe
    9. Kickboxing
    10. Taekwondo, Light contact, Point Karate

    Come facilmente intuibile, gli sport di rapidità “colpisci ed esci” sono quelli dove è richiesta meno forza massimale, mentre per quelli fatti di proiezioni, sollevamenti ed eventuali contrazioni statiche il discorso è l’opposto. Vi sono poi alcune discipline intermedie come muay thai dove la questione è più un “50 e 50”, lì la forza massimale conta – pensiamo ai lunghi clinch ed agli sbilanciamenti – ma è assai importante anche la forza rapida (colpi, spostamenti). In ogni caso, seppur in misura differente, ogni capacità bio-motoria dev’essere allenata per ogni singolo SdC. Al lottatore, judoka o grappler serve molta forza massimale, ma abbisognerà anche di esplosività e rapidità. Allo stesso modo, al kickboxer non servirà solo rapidità ma anche un certo livello di forza, potenza, capacità aerobica e così via. Superfluo (o forse no?) specificare che queste nozioni sono rivolte principalmente a fighter agonisti, desiderosi di incrementare le proprie performance ed eccellere sul tatami, ring o gabbia.

    Quanta forza serve per combattere?

    La verità assoluta non la possiede nessuno, ma anche in questa occasione sono è estremamente verosimile quanto scritto qui, con delle cifre che per gli atleti professionisti, riferite al più alto carico sollevabile (1RM), sono indicativamente le seguenti:

    – Panca Piana (1RM) 1.25-1.5xBW
    – Squat (1RM) 1.75-2xBW
    – Front Squat (1RM) 1.5-1.75xBW
    – Stacco (1RM) 2.25-2.5xBW
    – Power Clean (1RM) 1.25-1.5xBW
    – Trazioni zavorrate (1RM) 0.5-0.75xBW

    Ovviamente non è detto che un programma di allenamento debba necessariamente includere tutti questi esercizi. Io, prendendo spunto da queste indicazioni, accamperei dei numeri anche per gli atleti dilettanti, prendendomi la libertà di aggiungere un esercizio in più:

    – Panca Piana (1RM) 1-1.25xBW
    – Squat (1RM) 1.5-2xBW
    – Front Squat (1RM) 1.25-1.75xBW
    – Stacco (1RM) 2-2.25xBW
    – Power Clean (1RM) 1-1.25xBW
    – Trazioni zavorrate (1RM) 0.25-0.5xBW
    – Push press (1RM) 1xBW

    Il “BW” sta per peso corporeo (bodyweight), quindi la dicitura “Panca Piana (1RM) 1.25-1.5xBW” sta ad indicare che un livello di forza ideale, espresso sulla bench press, per un pugile professionista del peso di circa 70 kg corrisponde a un valore oscillante fra gli 87.5 (70×1.25) ed i 105 chili (70×1.5). Cifre invece un po’ più modeste se è un dilettante (70-87.5 kg).

    Il programma di allenamento

    Il precedente massimale del mio atleta-cliente sulla panca piana era di 73 kg, eseguiti tra l’altro con una bottiglietta incastrata al centro del petto, in modo da ridurre il ROM e limitare i fastidi a una spalla, e sono bastate otto settimane per incrementarlo di 7 kg a full ROM (quasi +10%). È importante specificare che un simile miglioramento è un buon risultato ma nulla di eccezionale, contando poi che il precedente record personale era mediocre. Contestualizzando però il tutto, il risultato ha un sapore di vittoria: Roby aveva alcuni infortuni pregressi e in meno di due mesi ha acquisito forza e sicurezza sia sulla panca che sullo squat.

    Riguardo all’appena citato squat, non avevamo dei numeri su cui basarci poiché visti gli acciacchi al ginocchio non avevamo mai spinto troppo su questa alzata (in futuro sarà diverso). In ogni caso, 86 kg di massimale è un discreto punto di partenza, nei prossimi mesi la musica sarà ben diversa (almeno spero).

    Ma ora veniamo al punto forte, il programma. Spesso le cose semplici funzionano e questo ne è un lampante esempio: 8 settimane di periodizzazione lineare dove col passare del tempo l’intensità di carico (kg sul bilanciere) è aumentata, a scapito del volume. Niente di più basilare. In ogni caso, il lavoro prescritto ed eseguito in home gym è stato il seguente:

    Settimane n.1-3 (tre sessioni settimanali A-B-A)

    Esercizi (A)Set x reps
    Rematore con bilanciere (presa supina)5×10
    Rematore con elastici4xMAX (15RM)
    Scrollate con bilanciere4×15
    Military press con manubri4×10
    Alzate laterali da seduto3×15
    Alzate laterali con busto inclinato3×20
    Squat (fermo 3” al parallelo)1×5 (10RM)
    Squat4×6
    Squat bulgaro (corpo libero)3×10
    Leg curl prono con elastico (una gamba)3×15
    Esercizi (B)Set x reps
    Floor press con manubri3×10
    Panca piana con bilanciere2×8
    Panca piana con bilanciere2×6
    Panca piana con bilanciere1×5
    Croci su panca piana4×10
    Distensioni tricipiti da terra4×15
    Curl concentrato4×8
    Hammer curl manubri3×15
    Circuito addominali10′

    Settimane n.4-6 (tre sessioni settimanali A-B-A)

    Esercizi (A)Set x reps
    Rematore con bilanciere (presa supina)4×8-8-6-6
    Rematore con elastici4xMAX (15RM)
    Scrollate con bilanciere4×10
    Military press con manubri4×8
    Alzate laterali da seduto3×10
    Alzate laterali con busto inclinato3×15
    Squat (fermo 3” al parallelo)1×5 (10RM)
    Squat2×5
    Squat2×4
    Squat2×3
    Squat1×2
    Leg curl prono con elastico (una gamba)3×15
    Esercizi (B)Set x reps
    Floor press con manubri3×10
    Panca piana con bilanciere2×5
    Panca piana con bilanciere2×4
    Panca piana con bilanciere2×3
    Panca piana con bilanciere1×2
    Croci su panca piana3×10
    Distensioni tricipiti da terra3-4×15
    Curl concentrato4×8-8-6-6
    Hammer curl manubri3×10
    Circuito addominali10′

    Settimana n.7 (due sessioni settimanali A-B), scarico attivo.

    Esercizi (A)Set x reps
    Squat (fermo 3” al parallelo)2×5 (10RM)
    Squat3×4
    Leg curl prono con elastico (una gamba)3×15
    Rematore con bilanciere (presa supina)3×8
    Rematore con elastici3xMAX (15RM)
    Military press con manubri3×8
    Alzate laterali da seduto3×10
    Esercizi (B)Set x reps
    Panca piana con bilanciere4×8-8-6-6
    Panca piana con bilanciere4xMAX (15RM)
    Floor press con manubri4×10
    Distensioni tricipiti da terra4×8
    Curl concentrato3×10
    Hammer curl manubri3×15
    Circuito addominali10′

    Settimana n.8: due sessioni dedicate al test dei massimali (Panca e Squat).

    Le prime tre settimane sono state più voluminose che intense, il contrario per le tre successive. Per la settima vi è stato uno scarico attivo e l’ottava i tanto temuti test. È stato fatto il possibile, dato che in fin dei conti parliamo di una home gym. Come avrete notato, vi è stato anche un discreto lavoro accessorio, con esercizi “non fondamentali” volti anche all’aumento della massa muscolare (prescritti su richiesta dell’atleta stesso). Roby, oltre all’allenamento coi sovraccarichi, ha eseguito in solitaria anche del lavoro tecnico sullo striking, specifico per il proprio sport, elemento qui non approfondito perché esula dal focus dell’articolo.

    Come visibile qui sopra, meno di tre mesi dopo il massimale è incrementato di ulteriori 8 chilogrammi (da 80 a 88). Eseguendo coi pesi un lavoro sulla falsariga di quello eseguito nei mesi precedenti. Di Roby ed il suo programma è stato detto molto anche in questo video.

    Conclusioni

    Il più è già stato detto. Cose relativamente semplici, progressioni sensate ed obbiettivi ragionevoli sono la chiave dei miglioramenti sul lungo periodo. La costanza negli allenamenti ed un minimo di fortuna faranno il resto; messo nelle giuste condizioni chiunque può migliorare. Se volete saperne di più potete contattarmi qui oppure sui social. In ogni caso, allenatevi.

    Grazie per l’attenzione.


    Bibliografia

    Riccaldi A. – Quanta Forza serve al praticante di Sport da Combattimento? (Project Invictus, 2014)
    Landow L. – Ultimate Conditioning for Martial Arts (Human Kinetics 1a Ediz., 2016)

  • Il vuoto con i pesetti: cosa dice la scienza?

    Il vuoto con i pesetti: cosa dice la scienza?

    Basta guardare la saga di Rocky o entrare in una qualsiasi palestra in cui si praticano sport da combattimento, per vedere i ragazzi praticare la “shadow boxe” o quello che più patriotticamente è conosciuto come “vuoto”, con dei pesetti in mano.

    Introduzione

    Andando a curiosare anche gli allenamenti degli atleti veri, quelli che riempiono i palazzetti, vendono milioni di pay-per-view e possono fregiarsi di cinture mondiali in vita, si può notare come anche loro, a volte siano soliti portare i colpi con dei piccoli sovraccarichi in mano, in quanto il vuoto con i pesi rientra nel vasto insieme dei gesti atletici specifici sovraccaricati. Questi piccoli manubri, solitamente pesano tra 0,5 e 2kg, ma capita di vedere anche carichi maggiori, ma qual è lo scopo di questa pratica? Cosa si spera di ottenere portando i colpi con dei pesi in mano? Il ragionamento che sta alla base è piuttosto semplice, se “mi abituo” a boxare con della zavorra in mano, una volta posati i pesetti ed indossati i guantoni, i miei colpi saranno velocissimi ed il pugno più potente, ma vediamo cosa dice la scienza a riguardo.

    Analisi del gesto

    Se nel nostro paese la preparazione fisica in generale, ma soprattutto negli sport da combattimento, è una tematica relativamente giovane, nell’Est Europa questo è un argomento già consolidato con studi scientifici ad avvalorare qualsiasi tesi. I primi di questi studi vennero effettuati in Russia su lanciatori del disco, del giavellotto e del martello, essi dimostrarono che gli allenamenti fatti utilizzando questi attrezzi specifici di peso superiore, non andavano a determinare nessun effettivo miglioramento sul gesto atletico specifico di gara. L’atleta migliorava la sua performance con l’attrezzo più pesante, ma poi, spesso, peggiorava la performance con l’attrezzo di gara. Quello che tutti questi studi avevano dimostrato era lo sviluppo di uno schema motorio del gesto atletico specifico dello sport di riferimento che risultava simile, ma non effettivamente uguale.1

    Tornando al nostro vuoto con i pesi, sono principalmente due le critiche che vengono mosse a questa pratica:

    • l’alterazione dello schema motorio del colpo, in quanto il vettore di forza del pesetto è verticale, poiché portato in basso dalla gravità, risultando quindi perpendicolare al vettore di forza del pugno che è orizzontale, l’applicazione del sovraccarico, quindi, non è ottimale;
    • la “frenata” del pugno, per non rischiare l’infortunio. Per salvaguardare le articolazioni di gomito e spalla, l’atleta si trova costretto ad arrestare il colpo prima della completa estensione dell’arto. Questo fenomeno è conosciuto come co-contrazione e consiste in una doppia attivazione simultanea del muscolo agonista e dell’antagonista, questa co-attivazione sembra essere una forma di prevenzione del corpo, in quanto la doppia attivazione rende l’articolazione più compressa e protetta.

    Andando ad analizzare nel dettaglio la prima delle due critiche che vengono mosse alla pratica del vuoto con i pesi, possiamo notare come, il sovraccarico, il pesetto in questo caso, determina più o meno volontariamente la modificazione degli angoli della traiettoria del pugno. Il peso forza l’arto a seguire una traiettoria rettilinea, ma direzionata verso il basso a causa delle forze gravitazionali che agiscono sull’arto sovraccaricato. Se mi trovo supino, con due manubri in mano, la forza di gravità spingerà questi gravi verso il basso ed io mi opporrò ad essa spingendo dalla parte opposta, sfruttando il sovraccarico in maniera funzionale. In orizzontale, il manubrio, sarà soggetto ad una forza che lo spinge in basso, e pertanto non rappresenterà un vero e proprio sovraccarico funzionale al mio gesto, poiché il vero sforzo sarà compiuto dalla spalla, al fine di tenere le braccia sollevate. La suddetta articolazione si troverà notevolmente stressata a causa della leva molto svantaggiosa che si viene a creare, rendendo l’esercizio non solo inutile, ma anche potenzialmente dannoso a causa degli stress articolari accentuati. Il rischio a cui si va incontro è quindi quello di una modificazione, più o meno sostanziale, di quello che è lo schema motorio del pugno.

    La seconda critica che viene mossa è, invece, la mancata estensione totale dell’arto al fine di salvaguardare le articolazioni da possibili infortuni. Questo fenomeno, come detto, è conosciuto come co-contrazione ed è una situazione neurologica dove sia l’agonista che l’antagonista si contraggono nello stesso momento, normalmente, invece, in un unico movimento articolare, un muscolo antagonista è inibito per consentire ad un muscolo agonista di funzionare fluentemente; questo processo è chiamato inibizione reciproca. In realtà, parlare di muscoli agonisti e antagonisti non è più sufficiente per spiegare un gesto muscolare, in quanto il corpo non attiva le catene muscolari su questo principio, ma le attiva a seconda delle proprie necessità del movimento che vuole compiere. Dai test kinesiologici effettuati sembra che le aree coinvolte nella co-attivazione siano il Cervelletto, l’Area Integrativa Comune e l’incapacità dell’emisfero sinistro nel mantenere la consequenzialità del gesto e dell’emisfero destro di mantenere un’armonia del movimento. La macchina umana, lavorando a ritmi sostenuti per velocizzare il movimento, mantiene parte delle fibre muscolari (sia agoniste che antagoniste) contratte, in questo modo il cervello pensa di essere più veloce nel compiere il gesto, ma in realtà la persona perde di velocità, in quanto il gesto è “frenato” dal muscolo opposto contratto e consuma più energia per mantenere l’ipertonicità di entrambi i muscoli. Un’altra circostanza in cui avviene questa co-contrazione è con atleti neofiti o quando si richiede ad un atleta esperto un movimento non ancora ben conosciuto e meccanizzato. Più si diventa esperti di un movimento e più il Sistema Nervoso capisce che sta lavorando in sicurezza ed attiva meno la co-contrazione, più l’apprendimento motorio diventa perfettamente sincronizzato in ogni passaggio e maggiore sarà la sensazione dell’atleta di essere nel “flow”, nella performance ottimale.2 Meno si è esperti e più il corpo fa fatica e si contrae, attivando anche muscoli non necessari. Il corpo umano preferisce rendere stabili le articolazioni, anche a costo di sprecare energie in movimenti non ottimizzati, piuttosto che rischiare di esporre le articolazioni a stimoli che si potrebbero rivelare eccessivi.

    Dopo aver visto le critiche che vengono mosse a questa pratica, non si vuole demonizzarla, ma semplicemente valutarne il fine per la quale la si pratica. Si crede che questo esercizio possa essere specifico per migliorare la rapidità e la potenza dei colpi, quando invece il vuoto con i pesetti permette di andare a lavorare sulla Forza Resistente Locale dei muscoli chiamati in causa per tenere alta la guardia come spalle e trapezi. Esiste una massima relativa alla preparazione fisica negli Sport da Combattimento che dice “la Forza in sala pesi e la Resistenza sul ring”, essa è valida anche in questo caso, la forza resistente delle spalle, infatti, può essere allenata in maniera più specifica che con i pesetti, ad esempio, con delle ripetute al sacco. Un’altra valida alternativa potrebbe essere quella di utilizzare nel vuoto e nelle ripetute al sacco dei guanti di una pezzatura maggiore rispetto a quelli di gara, il guantone essendo parte integrante del gesto atletico specifico non ne altera lo schema motorio, esso rappresenta un sovraccarico naturale, abitua a lavorare con le stesse dinamiche del match ufficiale, permettendo di non andare a modificare in negativo il timing caratteristico dei pugni.

    Finora si è visto qual è la reale utilità della pratica della boxe a vuoto con i pesetti, si è visto quali sono le alternative per migliorare la forza resistente locale, ma resta il quesito principale per il quale questi pesetti erano stati utilizzati, cioè rendere i colpi più rapidi e potenti. La Forza Esplosiva del colpo si può allenare, migliorando la Forza Massimale generale e trasformandola in Forza Specifica tramite l’impiego di esercizi SPE (Specialized Preparatory Exercises) come i lanci della palla medica. Questo attrezzo è tipico delle esercitazioni di tipo balistico, che non prevedono una fase di frenata del colpo, andando ad avere un “transfer” positivo nello schema motorio specifico del colpo.

    Conclusioni

    Per concludere, possiamo dire che il vuoto con i pesetti può essere una buona pratica per il miglioramento della forza resistenza locale, ma, a causa dell’alterazione dello schema motorio e l’alto rischio di infortuni, ci sono altre metodologie più specifiche ed adatte a tale scopo. L’apparente velocità acquistata quando si ritorna a fare vuoto senza pesetti non è un reale beneficio, ma solamente un’errata percezione neuromuscolare.

    Articolo di Christian Nicolino
    Laureato in Scienze e Tecniche Avanzate dello Sport
    Preparatore Fisico UIPASC

    Bibliografia

    1Utilizzare i pesetti per aumentare la velocità delle tecniche di pugno serve realmente al praticante di SDC?”; Alain Riccaldi; 3 Marzo 2014; projectinvictus.it
    2Co-attivazione muscolare e kinesiologia specializzata”; Silvano Schiochet; kinesiologiaspecializzata.it

  • Cardio per fighter in quarantena: guida pratica

    Cardio per fighter in quarantena: guida pratica

    Non avete a disposizione grandi mezzi ma volete ugualmente impegnare in maniera utile le vostre ore in quarantena? Ecco a voi qualche home workout da fare!

    N.B: le seguenti proposte di allenamento sono finalizzate all’incremento della capacità aerobica e della potenza aerobica. Altre capacità organico-muscolari e sistemi energetici non verranno trattati in questo articolo.

    Introduzione

    Gli allenamenti qui riportati possono considerarsi come dei validi sostituti alla classica corsetta (o pedalata) di un’oretta, o agli sforzi più intensi (vogatore, sacco, corsa veloce). In breve…

    Capacità aerobica = capacità dell’organismo di portare avanti sforzi che coinvolgono grosse masse muscolari per periodi di tempo più o meno lunghi (almeno 30 minuti) a intensità media o medio-alta (60-80% FC max), lavorando sulla gittata cardiaca.

    Potenza aerobica = capacità dell’organismo di portare avanti sforzi che coinvolgono grosse masse muscolari per periodi di tempo limitati (2-8 minuti), lavorando ad alta intensità (≥ 90% FC) e a VO2max.

    Aerobic capacity (tre esempi)

    AC – Home workout 1

    Shadow boxing (70-80% FC)1′
    Burpees (70-80% FC)1′
    Schivate e spostamenti, rec. attivo (60% FC)1′

    Un esercizio (vuoto) ad una buona intensità, seguito da un secondo a intensità analoga, più un terzo valevole come recupero attivo (intensità sensibilmente minore). Tutto è da eseguire di fila, il singolo giro (3′) è da ripetere per 10 volte, senza alcuna pausa fra un giro e l’altro (30 minuti di lavoro in totale). È consigliato l’utilizzo di un cardiofrequenzimetro al fine di monitorare il principale parametro allenante (la frequenza cardiaca sotto sforzo), in alternativa ci si può autoregolare “a sensazione”, con la scala degli RPE.

    AC – Home workout 2

    Jump rope (80% FC)1′
    Shadow boxing (70-80% FC)1′
    Burpees (70-80% FC)1′
    Schivate e spostamenti, rec. attivo (60% FC)1′

    Tre minuti di lavoro (1′ – 1′ – 1′) consecutivi a intensità medio-alta, seguiti da un minuto di recupero attivo, quindi di intensità più moderata (schivate e spostamenti). Come prima, le quattro “stazioni” sono da eseguire di fila e fra un giro e l’altro non c’è alcun recupero. In totale sono 10 giri (4′ x 10), quindi 40 minuti di lavoro.

    AC – Home workout 3

    Jump rope (80% FC)1′
    Shadow boxing (70-80% FC)1′
    Burpees (70-80% FC)1′
    Shadow boxing (70-80% FC)1′
    Schivate e spostamenti, rec. attivo (60% FC)1′

    Quattro minuti di lavoro (1′ – 1′ – 1′ – 1′) consecutivi a intensità medio-alta, seguiti da un minuto di recupero attivo, quindi di intensità più moderata (schivate e spostamenti). Le cinque “stazioni” sono da eseguire di fila e fra un giro e l’altro non c’è alcun recupero. In totale sono 10 giri (5′ x 10), quindi 50 minuti di lavoro.

    Aerobic power (tre esempi)

    AP – Home workout (Tabata) 1

    Burpees 8×20″ (rec. 10″) x 3-4 giri (3-4′)

    Un blocco consta di 8 serie da 20 secondi di lavoro ad alta intensità (≥ 90% FC), intervallate da 10 secondi di recupero (passivo). Si eseguono 3 o 4 blocchi, separati da un recupero, sempre passivo, di 3 o 4 minuti. È consigliabile rimanere entro i 20 minuti di lavoro netto (quindi recuperi esclusi).

    AP – Home workout 2

    Shadow boxing 3-4×3′ (rec. 3-4′), ≥ 85-90% FC

    Tre o quattro serie di vuoto ad alta intensità separate da un lungo recupero (passivo).

    AP – Home workout 3

    Shadow boxing (≥ 85-90% FC)1′
    Burpees (≥ 85-90% FC)1′
    Shadow boxing (≥ 85-90% FC)1′

    Quello riportato sopra è un singolo giro da ripetere 3 o 4 volte (3-4′ di recupero fra un giro e l’altro).

    E poi?

    Qualora voleste maggiori informazioni, o consulenze personalizzate, potete ricorrere al altri servizi qui descritti.

    Grazie per l’attenzione.


    Approfondimenti

    Articoli sulla preparazione atletica → qui

  • Allenare la potenza nelle MMA: guida teorico-pratica

    Allenare la potenza nelle MMA: guida teorico-pratica

    Fra balzi esplosivi, bilancieri e palle mediche siete confusi e non sapete come organizzare una routine di allenamento? Questo articolo potrebbe fare al caso vostro!

    bilancieri

    Quanto segue è un riassunto, traduzione e adattamento di un articolo straniero (con qualche mia aggiunta). Buona lettura!

    Introduzione

    Il generare potenza è un aspetto cruciale di una performance nelle arti marziali miste (MMA). La potenza è alla base di molte delle tecniche più comuni nelle MMA, dal lanciarsi in un takedown, al portare un high kick o mettere a segno il pugno risolutore che metterà KO l’avversario. È proprio l’utilizzo della forza ad alte velocità (potenza) il fattore che determinerà l’efficacia delle proprie skills nella gabbia. Il portare bene, e con la giusta potenza, le combinazioni tecniche può fare la differenza: non è la stessa cosa vincere con una bella finalizzazione prima del limite o svegliarsi su un lettino d’ospedale in seguito ad un trauma cranico. Anche in letteratura scientifica è stato ben documentato che l’espressione della massima potenza è una caratteristica che distingue i fighter d’élite da quelli più mediocri [1]. Un altro studio scientifico di Loturco et al. (2016) ha dimostrato come le qualità di forza-potenza influiscano per circa il 75% sulla forza di impatto del pugno [2].

    Punti chiave
    • Il miglioramento della tecnica porta a generare una maggior potenza nel proprio sport;
    • Un approccio che prevede l’utilizzo di più metodi di allenamento è superiore ad una approccio basato su un singolo metodo allenante (variare razionalmente gli stimoli è sempre cosa buona e giusta);
    • La forza rappresenta l’abc, la capacità fondamentale su cui poter costruire il resto;
    • La pliometria e l’allenamento balistico sono i metodi suggeriti per migliorare la capacità di generare forza in tempi brevi;
    • La capacità di sviluppare potenza può essere ulteriormente incrementata tramite il metodo P.A.P. (Post-activation potentiation) di cui parleremo al fondo dell’articolo.

    Va ricordato che ciò che serve ad un praticante di sport da combattimento è innanzitutto un bel bagaglio tecnico, la giusta condizione atletica ottenibile tramite un intelligente protocollo di strength & conditioning è solo uno degli elementi necessari per ottenere la vittoria. Per quanto sia utile l’allenamento con sovraccarichi al fine di migliorare qualsiasi parametro delle prestazioni fisiche [3], l’allenamento specifico (tecnica, colpitori, sparring) è insostituibile.

    Senza stress non c’è adattamento

    Molti allenatori ritengono che la pliometria o gli esercizi leggermente zavorrati eseguiti ad alta velocità siano il metodo migliore (e talvolta solo) per migliorare la potenza per le MMA. Altri hanno un punto di vista più tradizionale, sostenendo che il metodo più efficace è lo sviluppo della forza massima attraverso un allenamento pesante. I sostenitori del sollevamento pesi in stile olimpico sostengono che il weightlifting è la miglior via per aumentare la potenza specifica delle MMA. Come con la maggior parte degli aspetti delle prestazioni di alto livello, la vera risposta sta nel mezzo.

    Volendo essere chiari e sintetici potremmo dire che la potenza è il prodotto di forza e velocità. Potenza = Forza x Velocità (P = F x v).

    Ciò significa che la massima potenza ha sia una componente di forza che di velocità. Se la forza spinge o “tira” un oggetto la velocità contribuisce a spostare quest’ultimo in una certa direzione a determinati m/s.

    Tutto sta nel trovare un compromesso fra l’allenamento della forza massimale e quello della velocità.

    Altre letture consigliate:
    - La curva di forza velocità e la sua applicazione nello sport
    - La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitare
    - Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Ci sono varie scuole di pensiero e metodi di lavoro. Si può allenare la forza massimale (pesi impegnativi spostati a bassa velocità), praticare weightlifting (alti pesi e alte velocità), praticare allenamento balistico (alta e bassa forza / alta velocità) o pliometria (bassa forza / alta velocità).

    Ricapitolando…

    • Heavy strength training (high force/low velocity)
    • Weightlifting (high force/high velocity)
    • Ballistic training (high-low force/high velocity)
    • Plyometric exercises (low force/high velocity)

    Come già accennato, non concentrarsi su un unico metodo ma alternarli è la cosa più saggia da fare, anche i test lo confermano [4,5].

    Heavy Strength Training

    L’allenamento della forza con carichi intensi ( ≥ 80% 1RM) è utile all’atleta per molte ragioni: aumenta la forza massimale, la coordinazione inter e intramuscolare, l’ipertrofia, la potenza, il tasso di sviluppo di forza (RFD, rate force-development), e così via [6,7,8]. Migliorando la forza, a cascata, entro un certo limite miglioreranno anche la velocità e la potenza. Per queste ragioni lo strength training deve far parte del protocollo di allenamento di ogni atleta di MMA. Tuttavia, se l’allenamento della forza ad alti carichi dà importanti miglioramenti sugli atleti principianti e intermedi (soggetti che non si allenano coi pesi da molti anni), con gli atleti più esperti la musica cambia. Chi si allena da molti anni e solleva carichi (kg) importanti non ha benefici significativi nel provare ad aumentare ulteriormente i dischi sul bilanciere nella panca piana o nello squat. Per questi atleti è importante continuare ad allenare la forza mantenendo buoni carichi di lavoro, evitando così il deallenamento, ma per eccellere in quanto a potenza devono concentrarsi su altro.

    Weightlifting

    Le alzate olimpiche sono efficacissime per migliorare potenza, RFD (rate force-development), coordinazione e gesti atletici molto comuni come il salto o la corsa veloce [9]. Il sequenziamento delle azioni muscolari è tra l’altro un importante principio di specificità, pertanto questi esercizi hanno un grande transfer sul gesto (specifico) di gara.

    Il tuo compito è trovare il metodo più rapido ed efficiente per ottenere il risultato desiderato

    Il weightlifting ha però un difetto non trascurabile: per molti le alzate sono tecnicamente difficili da eseguire, quasi impraticabili (a meno che qualcuno non voglia infortunarsi). Di conseguenza servono tanto tempo e pazienza per imparare a farle, ed ancora più tempo per riuscire a farle con carichi decenti sul bilanciere (uno strappo od uno slancio con 40 kg di carico non sono realmente allenanti per un atleta che di lì a poco dovrà entrare in gabbia). Bisogna mettere in conto che un atleta ventenne che vede per la prima volta un vero bilanciere olimpico magari non riuscirà mai a destreggiarsi nel clean & jerk (video sotto) con dei pesi dignitosi.

    Come diceva l’allenatore Ado Gruzza in un suo libro, dopo 2 o 3 anni ben fatti di squat, panca e stacco da terra (powerlifting) un soggetto inizialmente principiante sarà diventato un bel torello, forte e potente, col weightlifting invece?

    Sta quindi al coach capire se il proprio atleta può utilizzare le alzate olimpiche (eseguibili anche con kettlebell) o se è meglio concentrarsi su altri esercizi più alla sua portata, senza mettere troppa carne al fuoco.

    Allenamento balistico

    Un esercizio si dice balistico quando un atleta al termine della fase concentrica lascia andare l’attrezzo senza eseguire una fase eccentrica. Esempio pratico: se Giovanni lancia la palla medica contro il muro esegue solo la fase di spinta (concentrica) e poi lascia andare la palla (se non la lasciasse andare e richiamasse la braccia eseguirebbe anche la fase eccentrica). Possiamo considerare come balistici molti esercizi, dai salti al lancio di attrezzi. Il solo allenamento balistico è meno efficace dell’accoppiata allenamento balistico + allenamento della forza [10].

    Il momento migliore per eseguire esercizi balistici è ad inizio allenamento, quando si è ancora freschi, o in accoppiata con esercizi volti all’incremento della forza massimale.

    Pliometria

    L’allenamento pliometrico si differenzia da quello balistico per la presenza di una breve contrazione eccentrica che ha come fine quello di potenziare la successiva fase concentrica. Il veloce passaggio da una fase eccentrica ad una successiva concentrica è detta stretch-shortening cycle (SSC) che possiamo tradurre come ciclo di stiramento-accorciamento. Infatti, un più rapido SSC può aumentare l’efficacia delle tecniche di striking, schivate o entrate alle gambe. Senza voler entrare troppo nei tecnicismi, come riportato dal team di Science for Sport nella pliometria i tempi di contatto fra l’estremità di un arto (o degli arti) e il terreno, a seconda della durata, possono essere divisi in due categorie: movimenti pliometrici veloci (≤ 0,250 sec.) e lenti (≥ 0,251 sec.).

    Sopra vengono riportati i tempi medi di contatto con il terreno (istanti in cui avviene il ciclo di stiramento-accorciamento) in millisecondi. Tanto per fare degli esempi, gli sprint sono pliometria veloce, anche i salti in lungo ma non i salti con contro-movimento (slow plyometric exercise).

    Sopra, le fasi di un salto pliometrico illustrate e spiegate dai nostri colleghi di @boxingscience. Durante l’atterraggio da un salto l’organismo può assorbire forze d’impatto pari a 3-10 volte il proprio peso [11,12], pertanto è necessario usare delle progressioni per creare un “adattamento anatomico” delle articolazioni ai salti pliometrici. Senza un adeguato condizionamento dell’apparato locomotore (attivo e passivo) gli infortuni sono sempre dietro l’angolo. Da qui l’importanza di utilizzare in una prima fase del training camp gli shock jump, per poi passare a salti più rapidi e impegnativi.

    Post-activation potentiation (PAP)

    La PAP è una metodica di allenamento molto simile al più classico metodo a contrasto. Essa prevede lo stressare duramente l’organismo con uno sforzo sub-massimale per poi passare ad uno sforzo vagamente simile, senza peso, per incrementare le performance atletiche in un determinato gesto atletico.

    Qui sotto un breve esempio.

    Nel video l’atleta passa dall’eseguire 1/4 di squat per due volte (ripetizioni spezzate) al saltare più in alto che può (gesto atletico a corpo libero).

    Se un atleta salta 60 cm, cifra d’esempio, l’obiettivo è quello di utilizzare la PAP per abituare il corpo, in tempi medio-brevi, a saltare quei 4 o 5 cm in più [13,14,15].

    La PAP può essere utilizzata per rendere più veloci e potenti gli atleti in esercizi generici (salti di vario genere) o in movimenti più specifici. Volendo ci si può sbizzarrire abbinando l’esercizio di forma sub-massimale ad una breve combinazione di boxe, dei calci al sacco, un esercizio balistico, uno pliometrico, e così via. Esercizi con schemi di movimento, reclutamento di unità motorie e sequenziamento di muscoli e articolazioni simili devono essere accoppiati insieme per migliorare l’effetto di potenziamento.

    Esempi pratici

    PAP generica

    Squat 4×2 (serie x ripetizioni) + Depth Jumps 4×4

    Nello schema riportato sopra dopo ogni serie di squat (due ripetizioni) vengono eseguiti quattro depth jump (nel mezzo è consigliabile una breve pausa).

    Weighted Pull-Ups 4×3 + Reactive Med Ball Slams 4×4

    PAP sport specifica

    Affondi con manubri verso dietro 4×4 (a lato) + ginocchiate contro sacco/pad 4×4

    Panca piana con catene 4×3 + pugni al sacco pesante 4×6 sec.

    Sempre riguardo alla PAP è consigliabile tenere un basso volume (3-5 serie x 4-6 ripetizioni) di allenamento in modo da non sporcare troppo la tecnica e scongiurare un prematuro affaticamento. Di contro, l’intensità dev’essere piuttosto elevata per l’alzata pesante (1-3 RM) e molto leggera sul secondo esercizio (<30% 1RM o corpo libero). Bisogna inoltre motivare l’atleta affinché egli esegua gli esercizi alla massima esplosività possibile.

    A differenza del metodo a contrasto, dove si passa dall’alzata pesante all’esercizio esplosivo senza pause, qui si consiglia un recupero di 30-60 secondi fra i due esercizi e 2-3 minuti fra le serie. Vi sono anche studi che parlano di tempi di recupero nella serie (fra i due esercizi) vicini o superiori addirittura ai 10 minuti (Wilson J. M. et al., 2013), tuttavia ciò è poco funzionale a causa dell’enorme dilatazione dei tempi di lavoro e l’esperienza pratica porta a suggerire di rimanere su tempi più umani (30″-1′), in modo da poter accumulare un maggiore volume di allenamento.

    Conclusioni

    Come sempre, questi metodi e suggerimenti dovrebbero essere considerati insieme agli obiettivi dell’atleta, alla storia dell’allenamento e a vari tratti individuali che possono limitare determinati approcci. L’approccio misto risulta spesso il più indicato ma nulla vieta di concentrarsi su uno o due metodi inseriti nei momenti più opportuni all’interno di un macrociclo di allenamento.

    Per ulteriori approfondimenti vi sono altre letture da fare (elenco sotto), oppure potete scegliere una consulenza Skype col sottoscritto o farvi allenare (anche a distanza).

    Altre letture consigliate:
    - Test atletici per sport da combattimento
    - Ultimate Conditioning for Martial Arts
    - Struttura base di un training camp per sport da combattimento
    - Programma di allenamento per le MMA (4 settimane)
    - Preparazione atletica per Lotta e Grappling: una panoramica generale
    - MMA: l'allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson
    - La periodizzazione dell'allenamento: teoria e pratica
    - Sport da combattimento ed allenamenti errati
    - Metodi di potenziamento per gli sport da combattimento
    - Le caratteristiche del Fighter
    - Shock jump: la loro utilità nella preparazione atletica
    - Deallenamento: cosa, quando e perché
    - Come creare transfer: proposta d'allenamento per gli sport da combattimento
    - La preparazione atletica e la sconfitta: Georges St-Pierre, Mike Tyson e l’esperienza quotidiana
    - Allenamenti Sovietici: il paradosso della forza e della resistenza

    Grazie per l’attenzione .


    Referenze

    PJ Nestler – Optimizing Power for MMA (2019)
    1 Franchini, E. et al. – Physiological Profiles of Elite Judo Athletes (2011)
    2 Loturco, Irineu, et al. – Strength and Power Qualities Are Highly Associated With Punching Impact in Elite Amateur Boxers (2016)
    3 Stone, M., Stone, M., & Lamont, H. (n.d.). Explosive Exercise. Retrieved November 20, 2017
    4 Cormie P. et al. – Power Versus Strength-Power Jump Squat Training (2007)
    5 Fatouros I. G. et al. – Evaluation of Plyometric Exercise Training, Weight Training, and Their Combination on Vertical Jumping Performance and Leg Strength (2000)
    6 Cronin J. et al. – The role of maximal strength and load on initial power production (2000)
    7 Antonio, J. – Nonuniform response of skeletal muscle to heavy resistance training: can bodybuilders induce regional muscle hypertrophy? (2000)
    8 Behm, D. – Neuromuscular implications and applications of resistance training (1995)
    9 Hori N. et al. – Does Performance of Hang Power Clean Differentiate Performance of Jumping, Sprinting, and Changing of Direction? (2008)
    10 James, Lachlan – Mixed methods power development for mixed martial arts: A review of the literature (2014)
    11 Witzke K. et al. – Effects of plyometric jump training on bone mass in adolescent girls (2000)
    12 Hayes W. et al. – Toward a definition of impact loading in exercise studies of bone (1997)
    13 Baudry S. et al. – Postactivation potentiation in human muscle is not related to the type of maximal conditioning contraction (2004)
    14 French D. N. et al. – Changes in Dynamic Exercise Performance Following a Sequence of Preconditioning Isometric Muscle Actions (2003)
    15 Wilson J. M. et al. – Meta-Analysis of Postactivation Potentiation and Power (2013)

  • Il nuoto per i fighter: qualche appunto

    Il nuoto per i fighter: qualche appunto

    Ogni tanto si legge di atleti, magari anche famosi, che alternano le proprie sessioni tecniche (boxe/mma/muay thai/lotta) ad allenamenti in piscina. La cosa può funzionare? Discutiamone brevemente.

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    Principio di Archimede e articolazioni

    Chiunque abbia un minimo di memoria riguardo ciò che ha studiato al liceo si ricorderà della legge (o principio) di Archimede. Secondo quest’ultima, un corpo immerso parzialmente o completamente in un fluido, in questo caso l’acqua, riceve una spinta dal basso verso l’alto di intensità uguale a quella del fluido spostato.

    Immergersi in acqua non fa valere le solite regole della forza di gravità terrestre, questo rende il nuoto meno stressante per le articolazioni umane, da qui l’interesse che molti praticanti di sport di combattimento nutrono nei confronti dell’acquaticità.

    Nuoto o movimento in acqua?

    Va specificato che “allenarsi in acqua” non significa necessariamente mettersi a nuotare e fare vasche su vasche.

    Moltissimi atleti si limitano semplicemente a fare movimento in acqua con balzi, shadow boxing o a spostare oggetti (bilancieri di plastica, maniglie di gomma).

    Occorre sottolineare che la maggior parte delle persone, sportive e non, generalmente non ha una buona tecnica natatoria. Eventuali lezioni di nuoto toglierebbero tempo ed energie, anche mentali, ad altri allenamenti più utili e specifici.

    In acqua la propriocezione e l’esterocezione sono assolutamente alterate rispetto a quel che poi succederà sul ring, tatami o gabbia. Per questo sarebbe meglio relegare questi stimoli allenanti alla preparazione generale (GPP).

    Qui sotto un allenamento di power endurance fatto svolgere a Marvin Vettori (atleta UFC).

    Conclusioni

    In un protocollo di strength & conditioning molte cose possono funzionare, il nuoto ed il movimento in acqua non fanno eccezione, a patto che sia monitorata la frequenza cardiaca (parametro di fondamentale importanza) e che, come detto poco fa, i lavori acquatici rientrino nella fase di preparazione atletica generale.

    Ulteriori approfondimenti qui e qui.

    Grazie per l’attenzione.


    Approfondimenti

    Articoli sulla preparazione atletica → qui

  • Integrazione di caffeina per gli sport da combattimento e le arti marziali

    Integrazione di caffeina per gli sport da combattimento e le arti marziali

    Come già accennato in passato (qui), la caffeina per tutta una serie di motivi risulta essere utile agli sportivi, compresi i praticanti di sport da combattimento e arti marziali. Ora, cercheremo di soffermarci sui suoi benefici per i fighters.

    Buona lettura!

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    Cos’è la caffeina?

    La caffeina è una trimeltixantina, alcaloide naturale presente in alcune piante (caffè, cacao, matè, ecc.). Questa sostanza è una stimolante del sistema nervoso centrale (SNC) ed è  (altro…)

  • Shock jump: la loro utilità nella preparazione atletica

    Shock jump: la loro utilità nella preparazione atletica

    Parlando di strength and conditioning per sport da combattimento qualcuno avrà magari sentito nominare gli “shock jump“. Ma qual è di preciso il loro ruolo? Scopriamolo insieme!

    shock jump

    Tecnica di base

    Quello riportato nella foto sopra è uno shock jump. Una caduta da un rialzo  (altro…)

  • Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Come periodizzare l’allenamento della forza negli sport da combattimento?

    Phil Daru, noto preparatore atletico d’oltreoceano specializzato negli sport da combattimento, propone una periodizzazione dell’allenamento divisa in 7 fasi, volta al costruire una solida coordinazione inter e intramuscolare, in modo da coprire tutti gli aspetti dell’adattamento dell’organismo all’allenamento e incremento forza.

    Nel seguente articolo proporremo quanto da lui consigliato con qualche piccola aggiunta.

    Buona lettura!

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    Fasi di allenamento
     
    Ecco le sette fasi:
    1. Adattamento anatomico: gettare la basi per lo sviluppo della forza, lavorare sulla mobilità articolare e sulla prevenzione infortuni.
    2. Ipertrofia: aumentare la sezione trasversale dei muscoli e la coordinazione intermuscolare tramite l’utilizzo di sovraccarichi (resistance training) nell’ordine del 70-80% 1RM.
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      A grandi linee, a seconda degli esercizi e dello stimolo allenante che si vuole dare, con carichi corrispondenti al 70-80% del massimale si può lavorare su ripetizioni che vanno da 4-5 a 10

       

    3. Forza massimale: si lavora con carichi submassimali (≥ 85% 1RM) al fine di incrementare la forza massimale e la coordinazione intramuscolare.
    4. Conversione: la capacità di “trasferire” o convertire gli stimoli ed i miglioramenti fisici ottenuti dalle precedenti tre fasi, in prestazioni migliori. Come? Utilizzando esercitazioni di potenza ed esercizi via via più simili al gesto sportivo vero e proprio (specificità).
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      Nella foto, il coach Graziano Sciuto

       

    5. Mantenimento: vi è un importante scarico, pertanto volume e intensità d’allenamento calano, in modo da garantire un buon recupero fisico.
    6. Cessazione: la fine del mesociclo si trasferisce nella fase successiva.
    7. Compensazione: dopo il miglioramento delle prestazioni atletiche, ha inizio di una fase di allenamento successiva (nuovo mesociclo).
    Altre indicazioni generali

    A seconda del soggetto, dello sport praticato, del livello (dilettante o professionista) e del suo eventuale calendario gare, quanto riportato sopra può essere intenso ed applicato in più modi e con tempistiche differenti.

    Per esempio, un lottatore di MMA potrebbe gettare le basi per la capacità aerobica nelle prime settimane, in parallelo all’incremento della forza massimale e resistente (dalla fase 1 alla fase 3). Per poi concentrarsi subito dopo (fase 4 e 5) sulla potenza aerobica, forza esplosiva e sulla resistenza lattacida ed alattacida specifica. Ed infine, fare un microciclo di scarico (meno volume e magari anche intensità) per recuperare quanto basta per arrivare in forma ad un incontro. Ovviamente, senza tralasciare gli allenamenti dedicati alla tecnica ed alla tattica con il proprio maestro e gli sparring partner, la mobilità articolare, eventuali sedute con il mental coach e così via.

    Quanto illustrato nelle righe sopra è un modo per spalmare le 7 fasi su un intero macrociclo. In alternativa, in sport più di rapidità, dove quindi non sono richiesti grandi livelli di forza massimale, queste 7 fasi possono essere racchiuse in un solo mesociclo. Per esempio nel primo mesociclo di preparazione fisica generale (GPP).

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    Esempio dell’alternanza del volume ed intensità durante 13 settimane di allenamento quando l’intensità raggiunge il suo picco massimo, vi è una proporzionalità inversa con la quantità di volume.

    Anche se non specificato da Phil Daru è bene suggerire di effettuare dei piccoli scarichi ogni tanto fra le prime fasi (ad esempio fra la fase 2 e la 3), in modo da scongiurare il sovrallenamento. Fenomeno purtroppo molto frequente nello sport professionistico.

    Conclusioni

    E’ compito di un buon preparatore atletico valutare i livelli di forza del proprio cliente/atleta e somministrargli i giusti stimoli allenanti, in modo da monitorare l’affaticamento e farlo arrivare al top della condizione nel periodo competitivo.

    Per ulteriori approfondimenti vi rimandiamo ai seguenti articoli:

     

    Grazie per l’attenzione.

    Buon allenamento!


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    Bibliografia

    Daru P. – Periodization Programming for strength & performance! (2017)

    Cravanzola E. – La periodizzazione dell’allenamento: teoria e pratica (2016)

    Sciuto G. – Come creare transfer: proposta di allenamento per gli sport da combattimento (2018)

    Cravanzola E. – Test atletici per sport da combattimento (2017)

  • Il Ginocchio del Fighter? Teniamolo al Sicuro!

    Il Ginocchio del Fighter? Teniamolo al Sicuro!

    Salve ragazzi! Questo articolo è stato scritto allo scopo di dare un aiuto a tutti quei fighter che spesso si sono infortunati al ginocchio.

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    Cenni teorici

    Questo accade perché, come ben sappiamo, i lottatori o comunque i combattenti in genere ricevono innumerevoli sollecitazioni non molto salutari a livello delle articolazioni, sia in combattimento che in allenamento.

    Tutto ciò viene poi accompagnato da un riscaldamento che dimentica spesso il lavoro di mobilità articolare specifica per la lubrificazione e la protezione delle articolazioni, dalla mancanza di protocolli di lavoro specifici per il miglioramento della stabilizzazione delle stesse e soprattutto dalla mancanza di dialogo con esperti del settore nel caso di infortunio.

    Come fare allora a non farsi male, o quantomeno a diminuire il rischio di infortunarsi?

    La risposta che balza subito alla mente è:

    “RIPOSATI, METTI UN PO’ DI GHIACCIO, PER QUALCHE GIORNO PRENDI DEGLI ANTI-INFIAMMATORI E POTREMO RIPRENDERE AD ALLENARCI”

    E’ la risposta esatta? Assolutamente no!

    Per il semplice fatto che in questo modo si va ad agire solo sull’effetto dell’infortunio e non direttamente sulla causa, cioè la presenza di deficit a livello di stabilizzazione del ginocchio, ovvero dei muscoli che vi si inseriscono come il tensore della fascia lata, gruppo degli adduttori e degli abduttori.

    Applicazioni pratiche

    Per andare quindi ad agire direttamente sulla causa ho voluto scrivere un semplice quanto veloce protocollo allenante allo scopo di migliorare la stabilizzazione del ginocchio e renderlo meno vulnerabile alle sollecitazioni con cui ci confrontiamo giornalmente negli sport da combattimento.

    Si tratta di un semplice circuito della durata di circa 5-10 minuti composto da tre esercizi che mi sono stati insegnati ad un corso della Functional Training School e, come per ogni mio articolo, troverete naturalmente anche il motivo di ogni singolo esercizio inserito.

     

    MINI BAND SIDE WALK 5 passi dx + 5 passi sx
    
    MINI BAND SQUAT 10 rep
    
    RUBBERBAND LUNGE 5 + 5 rep
    
    Ripetere il mini circuito per 3 volte no stop.

     

    Andiamo per ordine:

    • MINI BAND SIDE WALK: in stazione eretta, posizionare la MINI BAND ad altezza caviglie. Da questa posizione effettuare dei piccoli passi laterali mantenendo le gambe totalmente distese. Durante l’esecuzione dell’esercizio sentirete il lavoro su tensore della fascia lata in primis e su adduttori e abduttori della gamba.

    MINI BAND SIDE WALK

    Perché questo esercizio? Fermiamoci un attimo a riflettere. Dove si inseriscono questi muscoli? Esatto! Si inseriscono proprio sulle zone laterale e mediale del ginocchio svolgendo una funzione stabilizzatrice.

    • MINI BAND SQUAT: in stazione eretta posizionare la mini band immediatamente sopra il ginocchio e posizionare i piedi nella larghezza adatta ad effettuare uno squat.

    MINI BAND SQUAT

    Da questa posizione effettuate un squat enfatizzando il lavoro di bacino per allungare il gluteo (avete presente quando andate al bagno e vi state sedendo? Bene dovete fare la stessa cosa, ovvero dovete andare alla ricerca del cesso con le chiappe), contemporaneamente portate le ginocchia verso l’esterno mentre la mini band opporrà resistenza a questo movimento.

    Con questo secondo esercizio si lavora sempre sugli stabilizzatori, enfatizzando il tutto con il lavoro di squat.

    • RUBBERBAND LUNGE: fissare la prima estremità della rubberband e far passare la seconda attorno ad un ginocchio, posizionarsi in modo tale da creare una leggera tensione con la BAND. Effettuare un passo indietro con la gamba libera, stabilizzarsi ed effettuare un affondo funzionale, spingere in avanti ed effettuare il secondo affondo, ritornando infine in posizione di partenza.

    RUBBERBAND LUNGE

    Effettuare lo stesso lavoro con l’altra gamba. Avendo lavorato a piedi pari nei due esercizi precedenti, con il terzo esercizio lavoreremo sulle stesse componenti ma lavorando prima su un solo ginocchio, poi sull’altro. 

    Consigli sul materiale

    Se non possiedi delle mini-band come quella rossa mostrata nella foto, puoi benissimo lavorare comunque con la rubberdand piegata in due (quella della seconda foto).

    MINIBAND

    RUBBERBAND PIEGATA IN DUE

    Esempio su cliente

    Lui è Josef Giuseppe, atleta thai boxer con cui ho il piacere di allenarmi sotto la guida del maestro Alfonso Cristina presso la palestra Fight 360 Team Catania – GYM del mitico Placido Maugeri.

    Da qualche tempo avvertiva dolori al ginocchio, senza sapere quale fosse la causa di ciò.

    Da vari esami fatti non si riscontrava nulla di anomalo, pertanto per continuare ad allenarsi applicava ciò che fanno tutti:
    – riposo
    – antinfiammatori
    – ghiaccio

    Ottenendo così solo una riduzione temporanea del dolore perché agiva solo sull’effetto e non direttamente sulla causa.

    Ma qual è la causa? E’ bastato fargli eseguire qualche ripetizione di squat per capirlo.
    Nella prima parte del video che vi mostro infatti si può notare che, sia in fase di discesa che di salita, il ginocchio dx (quello dolorante) “balla” letteralmente a destra e sinistra per mancanza di stabilità.. in più attua tutta una serie di compensi che di norma non dovrebbero esserci.

    Siamo andati semplicemente a lavorare quindi sulla stabilizzazione del ginocchio col mini circuito di cui abbiamo parlato prima.

    Nella seconda parte del video potete notare i miglioramenti che si sono ottenuti in sole 2 settimane di lavoro nonostante il fatto che non lo abbia seguito personalmente in ogni seduta e che quindi abbia continuato a lavorare in totale autonomia.

    Cosa sarebbe successo se oltre a ciò fosse stato seguito su ogni singolo movimento al fine migliorarlo sempre più?

    Cosa succederebbe se un semplice circuito del genere venisse inserito nel riscaldamento generale di un praticante di SdC? A voi la risposta.

    Conclusioni

    Questo è solo un esempio di circuito, di varianti se ne possono creare a bizzeffe, modificando opportunamente in base alla problematica. Tengo a precisare comunque che tale circuito o suoi simili non possono sostituire il parere e/o il trattamento di un medico, di un fisioterapista o di qualsiasi altro professionista, ma ha il solo scopo di aiutare atleti privi di lesioni al ginocchio di migliorare la stabilizzazione del ginocchio e quindi diminuire il rischio di infortuni.

     

    Fammi sapere se ti è piaciuto l’articolo, condividilo e commenta pure se hai qualche dubbio o perplessità. Grazie per l’attenzione.

    PER ASPERA AD ASTRA!

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    Referenze e approfondimenti

    Altri articoli sulla preparazione atletica → https://bit.ly/2Jy0JEa