L’hip thrust è un’esercizio che interessa principalmente gli arti inferiori, tornato alla ribalta negli ultimi anni grazie ad alcuni coach e studiosi d’oltreoceano, come per esempio Bret Contreras.
Oltre alla mera ipertrofia, l’hip thrust può trovare il suo spazio anche all’interno di una preparazione atletica finalizzata al miglioramento delle capacità condizionali. In questo articolo parleremo proprio di ciò, confrontando questo esercizio con i movimenti di accosciata (squat). Buona lettura!
Descrizione e breve analisi biomeccanica
Come va eseguito l’hip thrust? Si appoggia la base delle scapole ad una panca, tenendo il busto dritto, parallelo al suolo, tibia e femore devono creare un angolo retto (90° circa). I piedi devono essere ben piantati a terra, è importante che la superficie di appoggio non sia scivolosa. Il bilanciere deve essere posizionato all’altezza della anche. Si accompagna il peso verso il basso sfiorando il pavimento con il sedere e successivamente si spinge il peso verso l’alto, sfruttando più che si può la mobilità dell’anca (foto sotto). Per evitare infortuni, riveste una certa importanza l’atteggiamento della colonna vertebrale, specialmente quello della regione lombare. La spina dorsale deve avere un posizionamento neutro, non deve essere iperestesa. Al limite, per evitare ciò, si può provare a “guardare in avanti” con la testa, ricercando così una leggera e momentanea cifosi cervicale.
L’esercizio può essere eseguito anche con un kettlebell, manubrio od un disco. Anche se ovviamente la versione che permette di caricare più peso è quella con il bilanciere. Il gluteo, lavorando come estensore dell’anca, è il muscolo maggiormente coinvolto nell’intero esercizio. E le elettromiografie, benché non esenti da limiti, lo confermano [1]. Inoltre, a livello propriocettivo può essere utile posizionare una banda elastica qualche centimetro sopra le ginocchia, questo perché il gluteo è un abduttore dell’anca e trovando l’opposizione della resistenza elastica si contrae anche per evitare l’adduzione degli arti inferiori. In sinergia con i glutei lavorano anche molti altri muscoli, in primis gli ischiocrurali ed il grande adduttore (anche loro sono estensori dell’anca). Se l’esecuzione dell’esercizio è corretta, lo scarso movimento di estensione e flessione dell’articolazione del ginocchio fa si che l’attivazione di altri grossi muscoli (es. quadricipiti) sia parecchio limitata.

E’ consigliabile apprendere lo schema motorio prima a corpo libero, poi con dei carichi molto bassi, utilizzando magari l’elastico, per poi passare a sovraccarichi più importanti.
Lo squat invece, oltre a coinvolgere un numero maggiore di muscoli, visto l’elevato grado di flesso-estensione del ginocchio, fa lavorare molto di più i muscoli delle gambe, soprattutto i quadricipiti.

Vecchi dati avevano suggerito una attivazione dei glutei direttamente proporzionale alla profondità dello squat [2], ma dati più recenti hanno smentito tutto ciò [1], non trovando variazioni significative nell’attivazione muscolare. Il quadricipite dimostra un’attivazione massima fino agli 80-90° gradi di flessione e gli ischiocrurarli fra i 10° ed i 70° gradi, angoli di flessione più ampi non sembrerebbero in grado di aumentare ulteriormente il coinvolgimento muscolare. Per un soggetto sano, è consigliabile eseguire lo squat fin dove la mobilità articolare lo consente, rimanendo padrone dello schema motorio.
Nella figura riportata sopra potete osservare una semplificazione di cosa avviene durante un’accosciata, in base ai gradi di flessione del ginocchio.
Hip thrust o squat?
Sempre in ambito della preparazione atletica, o strength and conditioning per dirlo all’americana, non c’è un esercizio migliore in assoluto, tuttavia seguendo il concetto di specificità dell’esercizio e dando un occhio ai dati attualmente presenti in letteratura scientifica possiamo arrivare a capire quali siano i movimenti e gli esercizi più adatti ad uno sport e quali meno.
Per esempio, in un recente studio, Bret Contreras e colleghi [3] hanno fatto allenare 28 adolescenti per 6 settimane sul front squat e altri 28 adolescenti, per il medesimo tempo, sull’hip thrust. Sotto trovate la tabella di allenamento completa.
Risultati dello studio?
Vertical jump: FS +6,81%; HT +3,30%. Horizontal jump: FS +1,69%; HT +2,33%. 10m sprint (time): FS +0,10%; HT -1,06%. 20m sprint (time): FS -0,67%; HT -1,70%.
Legenda: FS = front squat e HT = hip thrust. I risultati più significativi sono quelli evidenziati in rosso.
I movimenti “orizzontali”, cioè sul piano sagittale, sono stati influenzati positivamente dall’hip thrust, meno dallo squat. Al contrario, l’accosciata frontale (front squat) ha avuto un transfert migliore sui movimenti che prevedevano un piegamento degli arti inferiori, dal basso verso l’alto (vertical jump).
Analizzando brevemente i dati possiamo quindi capire per quali sport sia più “specifico” l’hip thrust e per quali lo squat e le sue varianti.
- HT: sport di corsa, compresi alcuni di squadra come il calcio o il rugby
- ST: sport che prevedono salti piuttosto verticali (basket, pallavolo).
Uno studio di Kun-Han Lin e colleghi [4] sembrerebbe smentire quanto riportato sopra, tuttavia i metodi di allenamento utilizzati da questi ricercatori hanno dato risultati poco attendibili (ripetizioni un po’ troppo alte, poco indicate per gesti di potenza).
Qui sotto abbiamo un esempio di metodo a contrasto per il potenziamento degli arti inferiori. Il lottatore professionista Marvin Vettori, sotto l’occhio attento del suo coach Filippo Stabile, si avvale infatti dell’hip thrust come esercizio di forza per poi passare ad un gesto esplosivo-elastico.
Riguardo al video postato sopra, se si ricerca l’ipertrofia è più sensato non toccare il pavimento col bilanciere, in modo da non farlo rimbalzare e da non spezzare l’alzata, sfruttando quindi il principio del time under tension (TUT). Se invece l’obiettivo dell’esercitazione è l’incremento della forza massimale, una brevissima pausa fra una alzata e l’altra, sebbene non sia indispensabile, male non fa.
Anche se non è esattamente l’argomento dell’articolo, sempre per quanto concerne lo sviluppo della massa muscolare, la continuità e alternanza degli esercizi rimangono le miglior cose per un buon miglioramento della composizione corporea (figura sotto).
Conclusioni
Come già ribadito più volte, all’interno di un protocollo di strength and conditioning (quasi) tutto può essere inserito, l’importante è che abbia un senso. L’atleta X in quale esercizio è più forte? Quanto è specifico per il suo sport l’esercizio Y e quanto quello Z? Qual è la distanza dalla competizione? Deve gareggiare in una determinata categoria di peso? Ha subito infortuni? Come vengono gestite e variabili d’allenamento (volume, intensità, densità, frequenza)? Che tipo di periodizzazione segue?
Ad esempio, per un semplice discorso di variazione dello stimolo, potrebbero essere usati con moderazione sia l’hip thrust che lo squat all’interno del medesimo macrociclo, basta non eccedere con l’intensità e soprattutto col volume, dando modo all’organismo di recuperare. Oppure, un atleta praticante di uno sport molto stressante per i quadricipiti potrebbe preferire l’hip thrust allo squat, dato che il primo coinvolge molto meno i muscoli estensori del ginocchio. O ancora, un soggetto con infortuni pregressi al crociato anteriore potrebbe accantonare per un po’ lo squat e concentrarsi su esercizi un po’ meno stressanti per quell’articolazione (hip thrust).
Le nozioni ci sono, basta solo metterle in pratica.
Grazie per l’attenzione.
Bibliografia
Hip Thruster – The Science of Hip Thrust
Zweifel M. – Importance of Horizontally Loaded Movements to Sports Performance (2017)
Fantin A. – Teoria della cultura fisica, dispense FIPCF (2010)
Aversano D. – Mal di schiena ed allenamento: consigli pratici (2017)
1 Contreras B. et al. – A Comparison of Gluteus Maximus, Biceps Femoris, and Vastus Lateralis Electromyographic Activity in the Back Squat and Barbell Hip Thrust Exercises (2015)
2 Caterisano A. et al. – The effect of back squat depth on the EMG activity of 4 superficial hip and thigh muscles (2002)
3 Contreras B. et al. – Effects of a Six-Week Hip Thrust vs. Front Squat Resistance Training Program on Performance in Adolescent Males: A Randomized Controlled Trial (2016)
4 Kun-Han Lin et al. – Effects of Hip Thrust Training on the Strength and Power Performance in Collegiate Baseball Players (2017)