Tag: Preparazione atletica

  • Allenare la potenza nelle MMA: guida teorico-pratica

    Allenare la potenza nelle MMA: guida teorico-pratica

    Fra balzi esplosivi, bilancieri e palle mediche siete confusi e non sapete come organizzare una routine di allenamento? Questo articolo potrebbe fare al caso vostro!

    bilancieri

    Quanto segue è un riassunto, traduzione e adattamento di un articolo straniero (con qualche mia aggiunta). Buona lettura!

    Introduzione

    Il generare potenza è un aspetto cruciale di una performance nelle arti marziali miste (MMA). La potenza è alla base di molte delle tecniche più comuni nelle MMA, dal lanciarsi in un takedown, al portare un high kick o mettere a segno il pugno risolutore che metterà KO l’avversario. È proprio l’utilizzo della forza ad alte velocità (potenza) il fattore che determinerà l’efficacia delle proprie skills nella gabbia. Il portare bene, e con la giusta potenza, le combinazioni tecniche può fare la differenza: non è la stessa cosa vincere con una bella finalizzazione prima del limite o svegliarsi su un lettino d’ospedale in seguito ad un trauma cranico. Anche in letteratura scientifica è stato ben documentato che l’espressione della massima potenza è una caratteristica che distingue i fighter d’élite da quelli più mediocri [1]. Un altro studio scientifico di Loturco et al. (2016) ha dimostrato come le qualità di forza-potenza influiscano per circa il 75% sulla forza di impatto del pugno [2].

    Punti chiave
    • Il miglioramento della tecnica porta a generare una maggior potenza nel proprio sport;
    • Un approccio che prevede l’utilizzo di più metodi di allenamento è superiore ad una approccio basato su un singolo metodo allenante (variare razionalmente gli stimoli è sempre cosa buona e giusta);
    • La forza rappresenta l’abc, la capacità fondamentale su cui poter costruire il resto;
    • La pliometria e l’allenamento balistico sono i metodi suggeriti per migliorare la capacità di generare forza in tempi brevi;
    • La capacità di sviluppare potenza può essere ulteriormente incrementata tramite il metodo P.A.P. (Post-activation potentiation) di cui parleremo al fondo dell’articolo.

    Va ricordato che ciò che serve ad un praticante di sport da combattimento è innanzitutto un bel bagaglio tecnico, la giusta condizione atletica ottenibile tramite un intelligente protocollo di strength & conditioning è solo uno degli elementi necessari per ottenere la vittoria. Per quanto sia utile l’allenamento con sovraccarichi al fine di migliorare qualsiasi parametro delle prestazioni fisiche [3], l’allenamento specifico (tecnica, colpitori, sparring) è insostituibile.

    Senza stress non c’è adattamento

    Molti allenatori ritengono che la pliometria o gli esercizi leggermente zavorrati eseguiti ad alta velocità siano il metodo migliore (e talvolta solo) per migliorare la potenza per le MMA. Altri hanno un punto di vista più tradizionale, sostenendo che il metodo più efficace è lo sviluppo della forza massima attraverso un allenamento pesante. I sostenitori del sollevamento pesi in stile olimpico sostengono che il weightlifting è la miglior via per aumentare la potenza specifica delle MMA. Come con la maggior parte degli aspetti delle prestazioni di alto livello, la vera risposta sta nel mezzo.

    Volendo essere chiari e sintetici potremmo dire che la potenza è il prodotto di forza e velocità. Potenza = Forza x Velocità (P = F x v).

    Ciò significa che la massima potenza ha sia una componente di forza che di velocità. Se la forza spinge o “tira” un oggetto la velocità contribuisce a spostare quest’ultimo in una certa direzione a determinati m/s.

    Tutto sta nel trovare un compromesso fra l’allenamento della forza massimale e quello della velocità.

    Altre letture consigliate:
    - La curva di forza velocità e la sua applicazione nello sport
    - La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitare
    - Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Ci sono varie scuole di pensiero e metodi di lavoro. Si può allenare la forza massimale (pesi impegnativi spostati a bassa velocità), praticare weightlifting (alti pesi e alte velocità), praticare allenamento balistico (alta e bassa forza / alta velocità) o pliometria (bassa forza / alta velocità).

    Ricapitolando…

    • Heavy strength training (high force/low velocity)
    • Weightlifting (high force/high velocity)
    • Ballistic training (high-low force/high velocity)
    • Plyometric exercises (low force/high velocity)

    Come già accennato, non concentrarsi su un unico metodo ma alternarli è la cosa più saggia da fare, anche i test lo confermano [4,5].

    Heavy Strength Training

    L’allenamento della forza con carichi intensi ( ≥ 80% 1RM) è utile all’atleta per molte ragioni: aumenta la forza massimale, la coordinazione inter e intramuscolare, l’ipertrofia, la potenza, il tasso di sviluppo di forza (RFD, rate force-development), e così via [6,7,8]. Migliorando la forza, a cascata, entro un certo limite miglioreranno anche la velocità e la potenza. Per queste ragioni lo strength training deve far parte del protocollo di allenamento di ogni atleta di MMA. Tuttavia, se l’allenamento della forza ad alti carichi dà importanti miglioramenti sugli atleti principianti e intermedi (soggetti che non si allenano coi pesi da molti anni), con gli atleti più esperti la musica cambia. Chi si allena da molti anni e solleva carichi (kg) importanti non ha benefici significativi nel provare ad aumentare ulteriormente i dischi sul bilanciere nella panca piana o nello squat. Per questi atleti è importante continuare ad allenare la forza mantenendo buoni carichi di lavoro, evitando così il deallenamento, ma per eccellere in quanto a potenza devono concentrarsi su altro.

    Weightlifting

    Le alzate olimpiche sono efficacissime per migliorare potenza, RFD (rate force-development), coordinazione e gesti atletici molto comuni come il salto o la corsa veloce [9]. Il sequenziamento delle azioni muscolari è tra l’altro un importante principio di specificità, pertanto questi esercizi hanno un grande transfer sul gesto (specifico) di gara.

    Il tuo compito è trovare il metodo più rapido ed efficiente per ottenere il risultato desiderato

    Il weightlifting ha però un difetto non trascurabile: per molti le alzate sono tecnicamente difficili da eseguire, quasi impraticabili (a meno che qualcuno non voglia infortunarsi). Di conseguenza servono tanto tempo e pazienza per imparare a farle, ed ancora più tempo per riuscire a farle con carichi decenti sul bilanciere (uno strappo od uno slancio con 40 kg di carico non sono realmente allenanti per un atleta che di lì a poco dovrà entrare in gabbia). Bisogna mettere in conto che un atleta ventenne che vede per la prima volta un vero bilanciere olimpico magari non riuscirà mai a destreggiarsi nel clean & jerk (video sotto) con dei pesi dignitosi.

    Come diceva l’allenatore Ado Gruzza in un suo libro, dopo 2 o 3 anni ben fatti di squat, panca e stacco da terra (powerlifting) un soggetto inizialmente principiante sarà diventato un bel torello, forte e potente, col weightlifting invece?

    Sta quindi al coach capire se il proprio atleta può utilizzare le alzate olimpiche (eseguibili anche con kettlebell) o se è meglio concentrarsi su altri esercizi più alla sua portata, senza mettere troppa carne al fuoco.

    Allenamento balistico

    Un esercizio si dice balistico quando un atleta al termine della fase concentrica lascia andare l’attrezzo senza eseguire una fase eccentrica. Esempio pratico: se Giovanni lancia la palla medica contro il muro esegue solo la fase di spinta (concentrica) e poi lascia andare la palla (se non la lasciasse andare e richiamasse la braccia eseguirebbe anche la fase eccentrica). Possiamo considerare come balistici molti esercizi, dai salti al lancio di attrezzi. Il solo allenamento balistico è meno efficace dell’accoppiata allenamento balistico + allenamento della forza [10].

    Il momento migliore per eseguire esercizi balistici è ad inizio allenamento, quando si è ancora freschi, o in accoppiata con esercizi volti all’incremento della forza massimale.

    Pliometria

    L’allenamento pliometrico si differenzia da quello balistico per la presenza di una breve contrazione eccentrica che ha come fine quello di potenziare la successiva fase concentrica. Il veloce passaggio da una fase eccentrica ad una successiva concentrica è detta stretch-shortening cycle (SSC) che possiamo tradurre come ciclo di stiramento-accorciamento. Infatti, un più rapido SSC può aumentare l’efficacia delle tecniche di striking, schivate o entrate alle gambe. Senza voler entrare troppo nei tecnicismi, come riportato dal team di Science for Sport nella pliometria i tempi di contatto fra l’estremità di un arto (o degli arti) e il terreno, a seconda della durata, possono essere divisi in due categorie: movimenti pliometrici veloci (≤ 0,250 sec.) e lenti (≥ 0,251 sec.).

    Sopra vengono riportati i tempi medi di contatto con il terreno (istanti in cui avviene il ciclo di stiramento-accorciamento) in millisecondi. Tanto per fare degli esempi, gli sprint sono pliometria veloce, anche i salti in lungo ma non i salti con contro-movimento (slow plyometric exercise).

    Sopra, le fasi di un salto pliometrico illustrate e spiegate dai nostri colleghi di @boxingscience. Durante l’atterraggio da un salto l’organismo può assorbire forze d’impatto pari a 3-10 volte il proprio peso [11,12], pertanto è necessario usare delle progressioni per creare un “adattamento anatomico” delle articolazioni ai salti pliometrici. Senza un adeguato condizionamento dell’apparato locomotore (attivo e passivo) gli infortuni sono sempre dietro l’angolo. Da qui l’importanza di utilizzare in una prima fase del training camp gli shock jump, per poi passare a salti più rapidi e impegnativi.

    Post-activation potentiation (PAP)

    La PAP è una metodica di allenamento molto simile al più classico metodo a contrasto. Essa prevede lo stressare duramente l’organismo con uno sforzo sub-massimale per poi passare ad uno sforzo vagamente simile, senza peso, per incrementare le performance atletiche in un determinato gesto atletico.

    Qui sotto un breve esempio.

    Nel video l’atleta passa dall’eseguire 1/4 di squat per due volte (ripetizioni spezzate) al saltare più in alto che può (gesto atletico a corpo libero).

    Se un atleta salta 60 cm, cifra d’esempio, l’obiettivo è quello di utilizzare la PAP per abituare il corpo, in tempi medio-brevi, a saltare quei 4 o 5 cm in più [13,14,15].

    La PAP può essere utilizzata per rendere più veloci e potenti gli atleti in esercizi generici (salti di vario genere) o in movimenti più specifici. Volendo ci si può sbizzarrire abbinando l’esercizio di forma sub-massimale ad una breve combinazione di boxe, dei calci al sacco, un esercizio balistico, uno pliometrico, e così via. Esercizi con schemi di movimento, reclutamento di unità motorie e sequenziamento di muscoli e articolazioni simili devono essere accoppiati insieme per migliorare l’effetto di potenziamento.

    Esempi pratici

    PAP generica

    Squat 4×2 (serie x ripetizioni) + Depth Jumps 4×4

    Nello schema riportato sopra dopo ogni serie di squat (due ripetizioni) vengono eseguiti quattro depth jump (nel mezzo è consigliabile una breve pausa).

    Weighted Pull-Ups 4×3 + Reactive Med Ball Slams 4×4

    PAP sport specifica

    Affondi con manubri verso dietro 4×4 (a lato) + ginocchiate contro sacco/pad 4×4

    Panca piana con catene 4×3 + pugni al sacco pesante 4×6 sec.

    Sempre riguardo alla PAP è consigliabile tenere un basso volume (3-5 serie x 4-6 ripetizioni) di allenamento in modo da non sporcare troppo la tecnica e scongiurare un prematuro affaticamento. Di contro, l’intensità dev’essere piuttosto elevata per l’alzata pesante (1-3 RM) e molto leggera sul secondo esercizio (<30% 1RM o corpo libero). Bisogna inoltre motivare l’atleta affinché egli esegua gli esercizi alla massima esplosività possibile.

    A differenza del metodo a contrasto, dove si passa dall’alzata pesante all’esercizio esplosivo senza pause, qui si consiglia un recupero di 30-60 secondi fra i due esercizi e 2-3 minuti fra le serie. Vi sono anche studi che parlano di tempi di recupero nella serie (fra i due esercizi) vicini o superiori addirittura ai 10 minuti (Wilson J. M. et al., 2013), tuttavia ciò è poco funzionale a causa dell’enorme dilatazione dei tempi di lavoro e l’esperienza pratica porta a suggerire di rimanere su tempi più umani (30″-1′), in modo da poter accumulare un maggiore volume di allenamento.

    Conclusioni

    Come sempre, questi metodi e suggerimenti dovrebbero essere considerati insieme agli obiettivi dell’atleta, alla storia dell’allenamento e a vari tratti individuali che possono limitare determinati approcci. L’approccio misto risulta spesso il più indicato ma nulla vieta di concentrarsi su uno o due metodi inseriti nei momenti più opportuni all’interno di un macrociclo di allenamento.

    Per ulteriori approfondimenti vi sono altre letture da fare (elenco sotto), oppure potete scegliere una consulenza Skype col sottoscritto o farvi allenare (anche a distanza).

    Altre letture consigliate:
    - Test atletici per sport da combattimento
    - Ultimate Conditioning for Martial Arts
    - Struttura base di un training camp per sport da combattimento
    - Programma di allenamento per le MMA (4 settimane)
    - Preparazione atletica per Lotta e Grappling: una panoramica generale
    - MMA: l'allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson
    - La periodizzazione dell'allenamento: teoria e pratica
    - Sport da combattimento ed allenamenti errati
    - Metodi di potenziamento per gli sport da combattimento
    - Le caratteristiche del Fighter
    - Shock jump: la loro utilità nella preparazione atletica
    - Deallenamento: cosa, quando e perché
    - Come creare transfer: proposta d'allenamento per gli sport da combattimento
    - La preparazione atletica e la sconfitta: Georges St-Pierre, Mike Tyson e l’esperienza quotidiana
    - Allenamenti Sovietici: il paradosso della forza e della resistenza

    Grazie per l’attenzione .


    Referenze

    PJ Nestler – Optimizing Power for MMA (2019)
    1 Franchini, E. et al. – Physiological Profiles of Elite Judo Athletes (2011)
    2 Loturco, Irineu, et al. – Strength and Power Qualities Are Highly Associated With Punching Impact in Elite Amateur Boxers (2016)
    3 Stone, M., Stone, M., & Lamont, H. (n.d.). Explosive Exercise. Retrieved November 20, 2017
    4 Cormie P. et al. – Power Versus Strength-Power Jump Squat Training (2007)
    5 Fatouros I. G. et al. – Evaluation of Plyometric Exercise Training, Weight Training, and Their Combination on Vertical Jumping Performance and Leg Strength (2000)
    6 Cronin J. et al. – The role of maximal strength and load on initial power production (2000)
    7 Antonio, J. – Nonuniform response of skeletal muscle to heavy resistance training: can bodybuilders induce regional muscle hypertrophy? (2000)
    8 Behm, D. – Neuromuscular implications and applications of resistance training (1995)
    9 Hori N. et al. – Does Performance of Hang Power Clean Differentiate Performance of Jumping, Sprinting, and Changing of Direction? (2008)
    10 James, Lachlan – Mixed methods power development for mixed martial arts: A review of the literature (2014)
    11 Witzke K. et al. – Effects of plyometric jump training on bone mass in adolescent girls (2000)
    12 Hayes W. et al. – Toward a definition of impact loading in exercise studies of bone (1997)
    13 Baudry S. et al. – Postactivation potentiation in human muscle is not related to the type of maximal conditioning contraction (2004)
    14 French D. N. et al. – Changes in Dynamic Exercise Performance Following a Sequence of Preconditioning Isometric Muscle Actions (2003)
    15 Wilson J. M. et al. – Meta-Analysis of Postactivation Potentiation and Power (2013)

  • Il nuoto per i fighter: qualche appunto

    Il nuoto per i fighter: qualche appunto

    Ogni tanto si legge di atleti, magari anche famosi, che alternano le proprie sessioni tecniche (boxe/mma/muay thai/lotta) ad allenamenti in piscina. La cosa può funzionare? Discutiamone brevemente.

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    Principio di Archimede e articolazioni

    Chiunque abbia un minimo di memoria riguardo ciò che ha studiato al liceo si ricorderà della legge (o principio) di Archimede. Secondo quest’ultima, un corpo immerso parzialmente o completamente in un fluido, in questo caso l’acqua, riceve una spinta dal basso verso l’alto di intensità uguale a quella del fluido spostato.

    Immergersi in acqua non fa valere le solite regole della forza di gravità terrestre, questo rende il nuoto meno stressante per le articolazioni umane, da qui l’interesse che molti praticanti di sport di combattimento nutrono nei confronti dell’acquaticità.

    Nuoto o movimento in acqua?

    Va specificato che “allenarsi in acqua” non significa necessariamente mettersi a nuotare e fare vasche su vasche.

    Moltissimi atleti si limitano semplicemente a fare movimento in acqua con balzi, shadow boxing o a spostare oggetti (bilancieri di plastica, maniglie di gomma).

    Occorre sottolineare che la maggior parte delle persone, sportive e non, generalmente non ha una buona tecnica natatoria. Eventuali lezioni di nuoto toglierebbero tempo ed energie, anche mentali, ad altri allenamenti più utili e specifici.

    In acqua la propriocezione e l’esterocezione sono assolutamente alterate rispetto a quel che poi succederà sul ring, tatami o gabbia. Per questo sarebbe meglio relegare questi stimoli allenanti alla preparazione generale (GPP).

    Qui sotto un allenamento di power endurance fatto svolgere a Marvin Vettori (atleta UFC).

    Conclusioni

    In un protocollo di strength & conditioning molte cose possono funzionare, il nuoto ed il movimento in acqua non fanno eccezione, a patto che sia monitorata la frequenza cardiaca (parametro di fondamentale importanza) e che, come detto poco fa, i lavori acquatici rientrino nella fase di preparazione atletica generale.

    Ulteriori approfondimenti qui e qui.

    Grazie per l’attenzione.


    Approfondimenti

    Articoli sulla preparazione atletica → qui

  • Programma di allenamento per le MMA (4 settimane)

    Programma di allenamento per le MMA (4 settimane)

    Dopo aver parlato di potenziamento per gli sport da combattimento (SdC) e fornito delle linee guida per la preparazione atletica dedicata alla lotta/grappling, è giunto il momento di passare alle arti marziali miste, più note come MMA.

    Buona lettura!

    Introduzione

    Quello che segue è un programma di allenamento della durata di 4 settimane, ad alta intensità e (altro…)

  • La preparazione atletica e la sconfitta: Georges St-Pierre, Mike Tyson e l’esperienza quotidiana

    La preparazione atletica e la sconfitta: Georges St-Pierre, Mike Tyson e l’esperienza quotidiana

    Scrivo queste brevi riflessioni in una piovosa, e incredibilmente fredda, domenica di fine maggio, spero vi tornino utili. Buona lettura.

    Risultati immagini per george saint pierre
    George Saint-Pierre e Mike Tyson ultimi filosofi

    Di recente due “miei” atleti – curo la loro preparazione atletica – hanno combattuto nella muay thai (pro) e nel savate (light contact).

    Prima di dirvi i risultati (altro…)

  • Preparazione atletica per Lotta e Grappling: una panoramica generale

    Nel vasto mondo degli sport da combattimento e delle arti marziali, discipline come la lotta (wrestling), grappling (no-gi), il classico brazilian jiu jitsu (gi), il judo, ecc. rappresentano una categoria differente rispetto alle solite specialità fatte principalmente di percussioni (striking).

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    Non occorre di certo una perspicacia fuori dal comune per intuire che le capacità condizionali e le richieste energetiche a cui l’organismo va incontro durante una gara di grappling  non siano le medesime necessarie per competere nel pugilato piuttosto che nella kickboxing.

    In questo scritto tratteremo proprio di fisiologia sportiva applicata alla categoria di sport da combattimento (SdC) citata ad inizio articolo. Buona lettura!

    Introduzione

    Chiunque abbia mai calcato, anche solo a livello amatoriale, un tatami od una gabbia sa bene quanto sia duro ed energeticamente dispendioso allenarsi e magari anche gareggiare negli sport da combattimento. Le sottomissioni del grappling, dagli strangolamenti alle leve articolari, le mille proiezioni della lotta libera e greco-romana, le fasi di transizione, i passaggi di guardia.

    Proprio perché sono molto duri, occorre essere fisicamente ben preparati, oltre che tecnicamente anche fisicamente. Esistono cinture nere che in quanto a strength and conditioning sono poco più che cinture gialle e cinture gialle che dal punto di vista atletico sono cinture nere.

    Ecco, per quanto possibile, bisogna tentare di ottimizzare il tutto. Cinture nere nello sport e cinture nere nella preparazione atletica.

    Diventare eruditi circa il condizionamento fisico per gli SdC non è facile, soprattutto se non si è poliglotti e non si hanno basi di alcun tipo. Questo articolo può essere un buon punto di partenza.

    Sistemi energetici e capacità condizionali

    Come già accennato in precedenza, vi è una marcata differenza fra i livelli di capacità condizionali (forza, resistenza, velocità) e di utilizzo dei substrati energetici richiesti dal corpo di un lottatore, rispetto a quelli necessari ad uno striker per essere performante.

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    La tabella riportata sopra, presa dal libro “Ultimate Conditioning for Martial Arts“, mostra a grandi linee i tempi di lavoro (in competizioni ufficiali) di tre SdC legati da alcune similitudini.

    In tutti e tre è ovviamente richiesta una solida base di forza massimale, una buona velocità, potenza e resistenza. Inoltre, nel wrestling e grappling/bjj ricopre una certa importanza l’efficienza del sistema aerobico. Il quale ha il compito di smaltire e riconvertire i prodotti di scarto del metabolismo anaerobico lattacido. Per resistere invece all’accumulo di acido lattico è importante possedere una buona resistenza anaerobica lattacida e alattacida (potenza e capacità a/lattacida).

    Logicamente, dato che i sistemi energetici lavorano in contemporanea (fig. sotto), vi è una componente energetica aerobica anche in sport come il judo, anche se minore (raggiunge invece il suo apice in SdC come la boxe professionistica).

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    Le differenze inerenti l’utilizzo delle capacità condizionali negli SdC dipendono principalmente dalla velocità con cui una forza viene applicata. Con lo sviluppo di tensione, nel muscolo si verifica un accorciamento, questo accorciamento avviene in una determinata quantità di tempo, per cui, secondo la relazione fisica spazio/tempo si può riuscire a quantificare il tempo in cui questa contrazione avviene. Per sviluppare la massima forza esprimibile necessaria per un determinato movimento occorre tempo. Il tempo per raggiungere il picco di forza varia da persona a persona (leve, coordinazione inter e intramuscolare, fibre muscolari, capacità di reclutamento) e dal tipo di movimento.

    Normalmente il tempo necessario per raggiungere il valore del picco della forza (F) è poco superiore a 0,4 secondi. Se paragoniamo gli 0,4″ con il tempo necessario per sviluppare forza in alcuni sport, capiamo perché in alcuni di essi l’allenamento con alti sovraccarichi a basse velocità è un importante aspetto della preparazione atletica e in altri no.

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    Specialmente nelle discipline di velocità, il tempo disponibile per imprimere forza (spinta a terra) è brevissimo (tabella), ciò ci dà un’idea delle priorità della preparazione atletica per questi sport.

    Tanto per essere più chiari, in tutti gli esempi riportati sopra, potranno essere raggiunti livelli di forza più o meno alti ma mai massimali. Non è un caso che i lanciatori del giavellotto allenino molto meno la forza massimale (spostamento di alti sovraccarichi a basse velocità), rispetto a chi fa lancio del peso (il giavellotto è molto più leggero del peso, pertanto può essere espressa tramite il lancio di esso una minor Fmax).

    Allo stesso modo, il jab di un abile boxeur (colpo dritto e rapido) si muove con una velocità ben diversa rispetto ad una normale proiezione di un lottatore (hip toss, double leg, single leg…). Quindi a livello fisiologico, fisico e biomeccanico cosa succede? Se siete stati attenti l’avrete sicuramente capito. Il pugile non esprimerà mai e poi mai tutta la sua forza in quel colpo, è impossibile, i suoi segmenti corporei ed i relativi muscoli si muovono troppo velocemente, non c’è il tempo necessario per sviluppare grandi livelli di forza. Al contempo, il lottatore portando un takedown sarà un po’ più lento ma riuscirà ad imprimere molta più forza in quella tecnica.

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    Attorno a questi tediosi ma importanti concetti gira tutto il discorso sulle giuste capacità condizionali per gli sport da combattimento. Bisogna quindi fermarsi un attimo a riflettere per cercare di comprendere cosa serve per lo sport che si pratica.

    Andando al nocciolo della questione, un lottatore o grappler deve essere rapido per afferrare un arto dell’avversario oppure per fare un’entrata alle gambe, tuttavia per rendere efficace il proprio takedown deve obbligatoriamente imprimere una certa forza nel gesto atletico, specialmente se l’avversario o lo sparring partner è pesante ed oppone molta resistenza.

    Per questa ragione, a causa delle richieste di forza ed alle fasi statiche – basti pensare ad un fighter che prova disperatamente ad uscire da una brutta situazione come la monta od una sottomissione quasi completamente chiusa – ogni grappler e lottatore se vuole avere delle buone prestazioni deve necessariamente allenare ciò che segue:

    • Forza massimale
    • Forza resistente
    • Forza esplosiva/potenza
    • Velocità/rapidità
    • Resistenza (aerobica ed anaerobica)

    Ai lettori più nerd, facciamo notare come la differenza tra la forza di un jab (Fm, forza massimale raggiunta in determinate condizioni) e quella di un potente takedown (Fmm, il più elevato dei valori di forza massimale raggiunti nelle condizioni più favorevoli) è misurabile ed ha un nome: deficit di forza esplosiva (explosive strength deficit – ESD).

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    Sopra, il deficit di forza esplosiva.

    Per ulteriori approfondimenti vi consigliamo vivamente di leggere il seguente articolo: La curva di forza-velocita e la sua applicazione nello sport.

    Applicazioni pratiche

    Dopo tanta teoria passiamo a dare qualche indicazione su come mettere in pratica quanto detto finora.

    Mettiamo caso che un atleta di buon livello abbia un match importante e circa quattro mesi di tempo per allenarsi, dividiamo quindi il tempo totale a disposizione (macrociclo) in 3 mesocicli.

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    Sopra, le tre principali fasi temporali di una periodizzazione.

    Tenendo a mente quali sono le priorità di allenamento elencate poco fa, proviamo a mettere nero su bianco una successione dei mesocicli ed a seguirla.

    • Mesociclo n.1 (microcicli 1-2-3-4)
    • Mesociclo n.2 (microcicli 5-6-7-8)
    • Mesociclo n.3 (microcicli 9-10-11-12)
    • Mesociclo n.4 (microcicli 13-14-15-16)

    Come molti già sapranno la periodizzazione, a seconda della tipologia di lavoro svolto, è suddivisibile in tre macro-aree: periodo di preparazione generale (GPP) – Periodo specifico (PPS) – Periodo competitivo (PC) – Periodo transitorio (PT).

    gpp pps

    Generalmente la preparazione generale dura più di quella specifica (rapporto temporale di 2:1). Come facilmente intuibile dai nomi, il GPP consiste in lavori più aspecifici, dissimili da ciò che poi verrà fatto in gara (un lottatore sul tatami di gara non solleva bilancieri). Invece, la seguente PPS si pone come via di mezzo fra un lavoro aspecifico e la competizione vera e propria, durante il periodo di preparazione specifica vengono chiamati in causa gesti ed esercizi un po’ più simili a quelli dello sport in sé (stessa cosa per le tempistiche di lavoro).

    Quello del PC è il periodo dove si compete. Può essere rappresentato da un singolo match o da più incontri spalmati in una stessa giornata o in più giorni.

    Infine, abbiamo il periodo transitorio che è generalmente rappresentato da un paio di microcicli rigenerativi molto aspecifici, con una frequenza di allenamento più bassa e con poco volume e intensità.

    Per essere più chiari…

    Cattura

    Molto indicativamente, una “tabella di marcia” potrebbe essere quella mostrata sopra, con un periodo di preparazione generale (settimana 1-10), una fase di preparazione specifica (sett. 11-15) ed il periodo competitivo (ultima settimana).

    Dopo un paio di settimane di adattamento anatomico con un volume di allenamento medio ed un’intensità medio-bassa (carichi non superiori al 50-60% 1RM), si inizia ad aumentare il lavoro di resistance training, sia per l’incremento della forza massimale che resistente. In questo periodo si può anche andare ad utilizzare con esercizi mono-articolari per sviluppare i muscoli più carenti (nel caso questi siano particolarmente deboli rispetto agli altri). Per i lavori di forza resistente (continui o a circuito) si possono utilizzare esercizi coi sovraccarichi, a corpo libero e con compagno.

    Al fine di costruire una solida base aerobica si ricorre alla corsa o alla bicicletta, non superando il 70-75% della frequenza cardiaca su lavori continui della durata di 30-60 minuti (capacità aerobica). Invece, riguardo alla potenza aerobica, si fanno corse alla soglia del VO2max per 3-4′ o interval training particolarmente intensi (HIIT). Nel grafico riportato sotto, è osservabile il miglioramento del massimo consumo di ossigeno e della gittata sistolica, entrambi ottenuti tramite un allenamento ad intervalli (15/15) ed uno di corsa prolungata per tempi modesti (4×4 min).

    Aerobic high-intensity intervals improve VO2max more than moderate training (Helgerud J. et al., 2007); grafico a cura del Dott. Paolo Evangelista.

    Fra la fine della GPP e l’inizio della fase più specifica possiamo sbizzarrirci (per modo di dire) con lavori esplosivi con kettlebell, metodo a contrasto, palle mediche (anche simulando i gesti di gara), balzi, eccetera. E sulla velocità è bene usare degli sprint su brevi distante (10-50 metri) e lavorare sulla capacità di reazione.

    Per ultima, ma non meno importante, la resistenza anaerobica. Si cerca di rendere l’organismo più tollerante all’accumulo di acido lattico, in modo da migliorare la tenuta atletica generale, ricorrendo a circuiti che possono mischiare esercizi a corpo libero o gesti da gara. I tempi di lavoro sono riportati poco più sotto.

    A grandi linee, quelli che seguono sono i metodi di lavoro.

    • Forza massimale: 3-6 sets x 3-7 ripetizioni (75-90% 1RM)
    • Forza resistente aerobica (capacità): 10-15′ di lavoro (rec. incompleto, 2-4′)
    • Forza resistente aerobica (potenza): 3-5′ di lavoro (rec. completo)
    • Forza resistente anaerobica (capacità lattacida): 90-120″ di lavoro (rec. incompleto, circa 1′)
    • Forza resistente an. (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro (recupero completo)
    • Forza resistente an. (capacità alattacida): 12-20″ di lavoro (rec. incompleto, circa 1′)
    • Forza resistente an. (potenza alattacida): 5-10″ di lavoro (rec. completo, 2-3′)
    • Forza esplosiva/power: 3-6 sets x 1-5 ripetizioni
    • Resistenza aerobica (capacità): 30-60′ di lavoro (65-75% FCmax)
    • Resistenza aerobica (potenza): 3-4′ di lavoro (85% Fcmax) ripetuti 3-4 volte (rec. 2-4′)
    • Velocità/rapidità: sprint di vario genere su brevi distanze (10-50 m) con rec. completo
    • Potenza resistente (capacità lattacida): 60-120″ di lavoro (rec. 60-90″)
    • Potenza resistente (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro (rec. 3-5′)
    • Potenza resistente (capacità alattacida): 12-20″ di lavoro (rec. 10-45″)
    • Potenza resistente (potenza alattacida): 5-12″ di lavoro (rec. 1-3′).

    Intensità: percentuale del carico sollevato rispetto al proprio massimale (% 1RM), percentuale della frequenza cardiaca massima (% FCmax).

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    Per ulteriori approfondimenti: Allenarsi in base alla frequenza cardiaca.

    Volume: serie x volume x kg sollevati (tonnellaggio), serie di corsa x metri corsi (chilometraggio totale).

    Densità: rapporto fra lavoro e recupero (work on/off).

    Per monitorare la frequenza cardiaca è vivamente consigliato l’utilizzo di un cardiofrequenzimetro.

    Gli esercizi da utilizzare, alcuni li abbiamo già accennati, bene o male sono quelli che tutti gli addetti ai lavori già conoscono: sollevamenti con bilanciere, trap bar e manubri, kettlebell, palle mediche, corsa, bici e/o cyclette, vogatore, balzi di vario genere, slitta, sprint su brevi distanze (anche con cambi di direzione), battle rope, esercizi a corpo libero e con partner, elastici, macchine isotoniche, gesti tecnici tipici dello sport praticato e così via.

    strength endurance

    Sopra, una camminata prolungata volta all’incremento della forza resistente di tipo aerobico (aerobic strength endurance).

    Con 2-3 sedute di allenamento (preparazione atletica) a settimana si possono ottenere dei bei risultati.

    Cosa manca? Di altro ovviamente c’è da allenare la coordinazione, equilibrio e propriocezione e fare il giusto stretching più eventuali sedute dedicate alle tecniche di recupero (massaggi, bagni freddi). La flessibilità (stretching) va allenata durante tutto il macrociclo; coordinazione, equilibrio e propriocezione trovano il loro collocamento principalmente durante la fase di preparazione fisica generale (GPP).

    Sia nella GPP che SSP è inoltre consigliabile allenare con moderazione il collo.

    Altre letture utili:

    La periodizzazione dell’allenamento: teoria e praticaTest atletici per sport da combattimentoMMA: l’allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson
    - La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitareAllenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)Allenarsi in base alla frequenza cardiaca
    -Come creare Transfer: proposta d’allenamento per gli sport da combattimentoMetodi di potenziamento per gli sport da combattimento
    -Il Ginocchio del Fighter? Teniamolo al Sicuro!
    - Allenamento del collo per gli sport da contatto: teoria e pratica
    - Ultimate Conditioning for Martial ArtsSport da combattimento ed allenamenti errati

    Ovviamente durante l’intera preparazione ci saranno moltissimi allenamenti “tradizionali” con il maestro ed i compagni, dove si andrà a lavorare sulla tecnica, lo sparring e su eventuali scelte tattiche e strategiche. Di ciò però non parliamo dato che non è compito del preparatore atletico occuparsi di queste cose. Va comunque specificato, perdonate la banalità, che è inutile massacrarsi di preparazione atletica se non si è sufficientemente bravi nel proprio sport. Sul tatami di gara non si va a squattare, saltare o ad eseguire circuiti, ma a combattere con un avversario. È follia pensare a una cintura blu di bjj che passa più tempo a sollevare pesi che a rollare con i compagni di allenamento!

    Conclusioni

    Gli sport da combattimento sono sport estremamente complessi, anche sotto al profilo dello strength and conditioning. Allenarsi tanto ma soprattutto bene, alternando gli stimoli allenanti, individualizzando il lavoro e periodizzando il tutto si può fare molto, elevando le performance sportive di chiunque. Dall’atleta più portato a quello più scarso.

    In futuro torneremo a parlare di questi argomenti, approfondendo alcuni concetti, anche in base all’apprezzamento che lettori, atleti e coach avranno nei riguardi di questo articolo.

    Grazie per l’attenzione.

    Buon allenamento!


    oc


    Bibliografia

    Landow L. – Ultimate Conditioning for Martial Arts (2016)
    Bompa T. e Buzzichelli C. – Periodizzazione dell’allenamento sportivo (2017)
    Joel Jamieson – Ultimate MMA Conditioning (2009)
    Jan Helgerud, Kjetill Høydal, Eivind Wang, Trine Karlsen, Pålr Berg, Marius Bjerkaas, Thomas Simonsen, Cecilies Helgesen, Ninal Hjorth, Ragnhild Bach, Jan Hoff – Aerobic high-intensity intervals improve VO2max more than moderate training. Med Sci Sports Exerc. 2007 Apr;39(4):665-71.

  • Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Come periodizzare l’allenamento della forza negli sport da combattimento?

    Phil Daru, noto preparatore atletico d’oltreoceano specializzato negli sport da combattimento, propone una periodizzazione dell’allenamento divisa in 7 fasi, volta al costruire una solida coordinazione inter e intramuscolare, in modo da coprire tutti gli aspetti dell’adattamento dell’organismo all’allenamento e incremento forza.

    Nel seguente articolo proporremo quanto da lui consigliato con qualche piccola aggiunta.

    Buona lettura!

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    Fasi di allenamento
     
    Ecco le sette fasi:
    1. Adattamento anatomico: gettare la basi per lo sviluppo della forza, lavorare sulla mobilità articolare e sulla prevenzione infortuni.
    2. Ipertrofia: aumentare la sezione trasversale dei muscoli e la coordinazione intermuscolare tramite l’utilizzo di sovraccarichi (resistance training) nell’ordine del 70-80% 1RM.
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      A grandi linee, a seconda degli esercizi e dello stimolo allenante che si vuole dare, con carichi corrispondenti al 70-80% del massimale si può lavorare su ripetizioni che vanno da 4-5 a 10

       

    3. Forza massimale: si lavora con carichi submassimali (≥ 85% 1RM) al fine di incrementare la forza massimale e la coordinazione intramuscolare.
    4. Conversione: la capacità di “trasferire” o convertire gli stimoli ed i miglioramenti fisici ottenuti dalle precedenti tre fasi, in prestazioni migliori. Come? Utilizzando esercitazioni di potenza ed esercizi via via più simili al gesto sportivo vero e proprio (specificità).
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      Nella foto, il coach Graziano Sciuto

       

    5. Mantenimento: vi è un importante scarico, pertanto volume e intensità d’allenamento calano, in modo da garantire un buon recupero fisico.
    6. Cessazione: la fine del mesociclo si trasferisce nella fase successiva.
    7. Compensazione: dopo il miglioramento delle prestazioni atletiche, ha inizio di una fase di allenamento successiva (nuovo mesociclo).
    Altre indicazioni generali

    A seconda del soggetto, dello sport praticato, del livello (dilettante o professionista) e del suo eventuale calendario gare, quanto riportato sopra può essere intenso ed applicato in più modi e con tempistiche differenti.

    Per esempio, un lottatore di MMA potrebbe gettare le basi per la capacità aerobica nelle prime settimane, in parallelo all’incremento della forza massimale e resistente (dalla fase 1 alla fase 3). Per poi concentrarsi subito dopo (fase 4 e 5) sulla potenza aerobica, forza esplosiva e sulla resistenza lattacida ed alattacida specifica. Ed infine, fare un microciclo di scarico (meno volume e magari anche intensità) per recuperare quanto basta per arrivare in forma ad un incontro. Ovviamente, senza tralasciare gli allenamenti dedicati alla tecnica ed alla tattica con il proprio maestro e gli sparring partner, la mobilità articolare, eventuali sedute con il mental coach e così via.

    Quanto illustrato nelle righe sopra è un modo per spalmare le 7 fasi su un intero macrociclo. In alternativa, in sport più di rapidità, dove quindi non sono richiesti grandi livelli di forza massimale, queste 7 fasi possono essere racchiuse in un solo mesociclo. Per esempio nel primo mesociclo di preparazione fisica generale (GPP).

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    Esempio dell’alternanza del volume ed intensità durante 13 settimane di allenamento quando l’intensità raggiunge il suo picco massimo, vi è una proporzionalità inversa con la quantità di volume.

    Anche se non specificato da Phil Daru è bene suggerire di effettuare dei piccoli scarichi ogni tanto fra le prime fasi (ad esempio fra la fase 2 e la 3), in modo da scongiurare il sovrallenamento. Fenomeno purtroppo molto frequente nello sport professionistico.

    Conclusioni

    E’ compito di un buon preparatore atletico valutare i livelli di forza del proprio cliente/atleta e somministrargli i giusti stimoli allenanti, in modo da monitorare l’affaticamento e farlo arrivare al top della condizione nel periodo competitivo.

    Per ulteriori approfondimenti vi rimandiamo ai seguenti articoli:

     

    Grazie per l’attenzione.

    Buon allenamento!


    oc


    Bibliografia

    Daru P. – Periodization Programming for strength & performance! (2017)

    Cravanzola E. – La periodizzazione dell’allenamento: teoria e pratica (2016)

    Sciuto G. – Come creare transfer: proposta di allenamento per gli sport da combattimento (2018)

    Cravanzola E. – Test atletici per sport da combattimento (2017)

  • Come creare Transfer: proposta d’allenamento per gli sport da combattimento

    Come creare Transfer: proposta d’allenamento per gli sport da combattimento

    Con questo articolo proverò a dare un circuito d’allenamento creato appositamente per creare Transfer dal gesto funzionale al gesto atletico in periodo pre-agonistico.

    Buona lettura!

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    Articolo scritto da Graziano Sciuto e rifinito da Enrico Cravanzola

    Cos’è il Transfer?

    Tradotto letteralmente significa “Trasferimento”, ovvero spostamento di qualcosa da una posizione A ad una posizione B.

    Riportando tale significato in ambito della preparazione atletica per sport da combattimento (SdC), ci dovrà essere un vero e proprio trasferimento delle capacità condizionali acquisite nel periodo preparatorio aspecifico, riuscendo ad applicarle nel gesto atletico specifico in fase agonistica.

    Tradotto con un esempio: se abbiamo un thai-boxer che riesce a spingere 120-130 kg di squat con bilanciere, ma poi la stessa forza applicata al bilanciere non riesce ad esprimerla al meglio in un qualsiasi gesto atletico come ad esempio il low kick, è evidente che c’è qualche problema.

    Pertanto sarà compito del preparatore saper creare dei protocolli d’allenamento atti a creare il giusto transfer al fine di non rendere vano il lavoro fatto durante il periodo preparatorio aspecifico.

    Passiamo alla pratica

    Qui di seguito voglio quindi mostrarvi una proposta d’allenamento a circuito per creare transfer nel gesto atletico specifico del pugno.

    Stavolta non mi limiterò a scrivere solo gli esercizi e le ripetizioni ma vi spiegherò anche il perché questa sequenza di esercizi.

    Esempio di routine di allenamento:

    Warm Up (riscaldamento)

    Salti con la corda corda & mobilità articolare

     

    Workout:

    3/5 Round

    5 rep Squat con bilanciere

    2′ Power Swing

    5 rep*lato Rubber Band Squat&Rotation

    5 rep*lato Medball Rotate&Boost

    2′ Boxe al Sacco

     

    Il protocollo d’allenamento presentato serve per creare transfer sull’efficienza ed efficacia del pugno.

     

    https://www.instagram.com/p/BfbQy5GFgl9/?taken-by=spartanreal

    Probabilmente ti starai chiedendo: Ma perché inserire gli squat se ci stiamo focalizzando sul pugno?

    La risposta è più semplice del previsto:

    Da dove arriva la vera potenza del pugno? Esatto, dalle gambe!!!

    Non per niente la funzione principale della catena estensoria dell’anca è appunto la propulsione. Non per niente negli arti inferiori abbiamo i muscoli più grossi e potenti del nostro organismo.

    Come nel gesto del pugno, la forza viene dalle gambe anche per la maggior parte dei gesti atletici, fermati un attimo a riflettere: un giocatore di basket che movimento fa quando si prepara a lanciare la palla? Ed un pallavolista? Un tennista? Un golfista invece?

    Un po’ di dati

    Quanto detto fino ad ora, ovviamente, è ben noto in letteratura scientifica. Come illustrato nella tabella riportata sotto, più un pugile è abile e più riesce a generare potenza nei suoi colpi tramite il movimento di gambe.

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    In percentuale, la rotazione del tronco e la spinta con la gamba posteriore generano un potenza molto simile (rispettivamente il 37 ed il 38% della potenza totale). L’estensione delle braccia è ciò che genera meno potenza negli atleti di alto livello (24%) e, al contrario, più potenza nei principianti (quasi il 38%).

    Tutto parte dalle gambe. Gli americani dicono “LEGS DRIVE MOVEMENT” ed è la sacrosanta verità.

    Spiegazione e indicazioni generali

    Quindi:

    • Inizio con lo Squat per lavorare sulla propulsione in modo aspecifico;

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      Back Squat con bilanciere
    • Segue il Power swing, per lavorare su propulsione, stabilizzazione del core e trasferimento dell’energia al kettlebell attraverso le braccia;

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      Power Swing con KettleBell
    • Terzo esercizio, si continua a lavorare per come si è fatto fin’ora, inserendo però anche le componenti rotazione e controllo dinamico del core, fondamentali nel lavoro di schivata e contrattacco, e la componente resistente e destabilizzante dell’elastico, utile al lavoro di ottimizzazione del pugno;

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      RubberBand Squat&Rotate
    • Med Ball Rotate&Boost, si lavora su reattività, pliometria e rotazione con il lancio dinamico della palla medica, cercando contestualmente di attenuare gli effetti negativi che nel lungo periodo può dare il ritorno elastico della rubber band dell’esercizio precedente;

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      MedBall Rotate&Boost
    • Ultimo esercizio, si lavora sul gesto atletico dello sport praticato (specificità)

    Avete notato che non ho inserito la distensione su panca piana? Sapete il perché?

    La panca piana in sé per sé è un esercizio che toglie molte energie ed affatica tutta la prestazione del cingolo scapolo-omerale e della catena trasversa, quindi inserendola nel circuito d’allenamento avrei ottenuto proprio l’opposto dell’effetto ricercato, braccia stanche e pugni lenti.

    Intanto questo è proprio quello che si vede ogni tanto in giro, panca piana al multipower “esplosiva” ed a gambe alzate per “isolare” il movimento e lavorare di più sul pettorale seguita da una sessione di shadow boxing con i pesetti da 2 kg.

     

    Buona riflessione e buon allenamento!

    .

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    Referenze e approfondimenti

    Graziano S. – Le caratteristiche del fighter, parte 1 (2018)

    Graziano S. – Le caratteristiche del fighter, parte 2 (2018)

    Cravanzola E. – La periodizzazione dell’allenamento: teoria e pratica (2016)

    Cravanzola E. – La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitare (2016)

    Cravanzola E. – Metodi di potenziamento per gli sport da combattimento (2015)

    Cravanzola E. – Preparazione atletica per sport da combattimento: cinque consigli (2016)

    Cravanzola E. – Sport da combattimento e allenamenti errati (2015)

  • Le Caratteristiche del Fighter (Parte 2)

    Le Caratteristiche del Fighter (Parte 2)

    Prima di parlare delle caratteristiche specifiche di un lottatore, è doveroso fare una premessa sulla definizione di “condizione fisica” (dal latino conditio = condizione per qualcosa; e physĭcus, derivazione di phŷsis = natura).

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    Tale definizione è utilizzata come riepilogativa di tutti i fattori fisici, tecnico – tattici, psichici, cognitivi e sociali che presenta l’atleta durante la prestazione. Questi fattori, si possono suddividere in capacità organico-muscolari (dette impropriamente anche “condizionali”) e capacità coordinativeInfine vi è una terza capacità che si pone a metà strada tra i due gruppi, ovvero la mobilità articolare (che non DEVE essere intesa come stretching), definibile come la capacità di eseguire i movimenti coordinati e con la massima escursione articolare possibile.

    Negli sport da combattimento in generale, non vi è una capacità che predomina in maniera assoluta rispetto alle altre come del caso di un maratoneta o di un pesista facendo così rientrare il combattente in quella categoria di atleti che presentano caratteristiche anatomo-fisiologiche in diversi rapporti tra loro. In linea generale tali capacità si possono suddividere:

    • Forza: definita come la capacità di vincere una resistenza tramite la contrazione muscolare; tale capacità nel tempo, è stata suddivisa in varie tipologie da molti studiosi del settore, per capirne le varie differenze nelle applicazioni pratiche. Secondo Verchoshanskij e Zatsiorsky, esistono quattro differenti tipologie di forza:
    • F. Massimale: la massima forza che il sistema neuromuscolare è in grado di esprimere come contrazione volontaria;
    • F. Esplosiva: è la capacità di sviluppare alti gradienti di forza in tempi brevi;
    • F. Esplosiva Elastica: è una forza di tipo reattivo, ovvero che la muscolatura immagazzina ogni qual volta subisce, prima di contrarsi, uno stiramento;
    • F. Resistente: è la capacità del muscolo di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata.

    Nello specifico degli sport da combattimento, allenare e varie tipologie di forza è fondamentale per generare un potenza sufficiente a sferrare colpi e/o atterrare l’avversario allo scopo di finalizzare il match;

    • Resistenza: è la capacità psicofisica dell’atleta di opporsi all’affaticamento. La resistenza psichica comprende la capacità dell’atleta di riuscire a resistere il più a lungo possibile a uno stimolo che lo indurrebbe a interrompere lo sforzo. La resistenza fisica, invece, si riferisce alla capacità dell’intero organismo, o dei suoi singoli sistemi parziali, di resistere alla fatica. Nel caso del lottatore, è importante allenare le varie componenti della resistenza (aerobica, anaerobica, specifica, aspecifica, ecc.) in quanto permette all’atleta di sostenere lo sforzo prolungato (come nel pugilato che, a livello professionistico, ogni incontro contiene ben 12 round da tre minuti l’uno), ma soprattutto gli permette di mantenere la lucidità mentale sotto sforzo, in modo da poter realizzare le varie tecniche, portare colpi decisivi e potenti anche nelle fasi finali dell’incontro;
    • Rapidità: con questa capacità si intende la capacità di raggiungere, in determinate condizioni, la massima velocità di reazione e di movimento possibili, sulla base di processi cognitivi, di sforzi massimi di volontà e della funzionalità del sistema neuro – muscolare (Grosser, 1991). Pertanto la rapidità rappresenta un insieme di capacità, straordinariamente varie e complesse, che si manifesta in modi completamente differenti nei vari sport.

    Lottatori, pugili, karateka, judoka, thai boxer, kick boxer, si caratterizzano tutti per un’elevata espressione alla rapidità, ma da molti punti di vista si differenziano per quanto riguarda la rapidità specifica del loro sport;

    • Potenza: si ottiene dal prodotto della forza applicata per la velocità di contrazione del muscolo in oggetto. Essendo la velocità una capacità di natura congenita e poco soggetta e miglioramenti, l’espressione e l’applicazione della potenza dipende soprattutto dalla forza applicata.

    A primo impatto verrebbe da pensare che, per avere la massima potenza, si dovrebbe applicare la massima forza possibile ma ciò non è così come scoperto da A. V. Hill.

    Senza entrare nel dettaglio, più una fibra muscolare si accorcia velocemente, meno forza può generare ai suoi capi e viceversa, in sostanza non si può avere tutto!

    Pertanto per ottenere la massima potenza esprimibile da una catena cinetica si ottiene con una mediazione dei valori di forza e velocità. Nel caso specifico negli sport da combattimento, la potenza è fondamentale per sferrare colpi decisi, veloci e potenti in grado di colpire l’avversario e metterlo in difficoltà;

    • Timing: questa capacità, nonostante sia molto importante per saper attuare le tecniche al momento e nel modo giusto (sia che siano tecniche di percussione che di sottomissione), spesso viene trascurata e lasciata all’esperienza dell’atleta se non, peggio ancora, addirittura al caso, quando invece è un fattore da dover allenare anche in sessioni d’allenamento specifiche e a mente lucida e riposata. Saper attuare le tecniche giuste al momento giusto è un fattore che, spesso, risolve situazioni difficoltose e/o intricate decisive per la finalizzazione del match;
    • Agilità: anche se presenta una componente prevalentemente coordinativa, l’agilità è una delle qualità motorie di più difficile definizione, in quanto deriva dall’integrazione di diverse capacità, come equilibrio, coordinazione, velocità, riflessi, forza e resistenza. Pertanto l’agilità si potrebbe definire come la fusione delle capacità motorie, esaltate ai massimi livelli, tale per cui si può effettuare un qualsiasi movimento in modo efficiente ed efficace; ne consegue che l’agilità è una componente essenziale per un combattente poiché più è agile, più si potrà muovere coordinatamente in velocità ed in economia di energie;
    • Flessibilità: detta anche mobilità articolare, è la capacità di un soggetto di muovere una o più articolazioni con la massima escursione articolare possibile, senza alcun limite e senza dolore. Nei lottatori la mobilità articolare è fondamentale per la realizzazione e l’impostazione delle tecniche (si pensi ad esempio ad un Thai boxer o ad un Kickboxer che, se non avessero un’ottima mobilità articolare dell’articolazione coxo-femorale, non potrebbero sferrare calci al viso in modo efficace ed efficiente), oltre che per evitare infortuni dovuti a stiramenti e/o strappi;
    • Conoscenza: con questo fattore, non si intende solo la mera conoscenza delle tecniche di attacco e difesa del combattimento, quanto i vari i stili e atteggiamenti che vengono applicati durante la lotta, saper capire come si muove l’avversario in modo da poterlo anticipare e sopraffare, saper individuare le strategie applicate e prontamente saper applicare una tattica adeguata. Quindi la conoscenza è composta da tutto il bagaglio esperienziale del fighter che gli permetterà di trovarsi raramente impreparato alle situazioni;
    • Reazione: è la capacità di reagire agli attacchi, dote spesso molto sottovalutata e tralasciata come il timing, ma anch’essa assolutamente necessaria per ogni fighter. Un pugile che sa reagire immediatamente agli attacchi dell’avversario sa anche fermarli e/o anticiparli, un lottatore che riesce e piazzare una contromossa mentre subisce un tentativo di finalizzazione sarà meno vulnerabile e più combattivo;
    • Tecnica: ed infine ma non per importanza, la capacità tecnica di saper portare in modo corretto i colpi rende un combattente tale. Ma se padroneggia solo questo fattore peccando nelle altre capacità elencate, sarebbe un lottatore incompleto e facilmente battibile.

    Con questa seconda parte abbiamo provato a dare un’infarinatura su quelle che sono le capacità che un guerriero del ring deve possedere. Tutto ciò non può essere creato senza una preparazione atletica realizzata su misura al fighter.

    Per dubbi ed eventuali domande non esitate a chiedere.

    Per aspera ad astra.

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    Referenze e approfondimenti

    Articoli sulla preparazione atletica → clicca qui.

  • Le caratteristiche del Fighter (Parte 1)

    Le caratteristiche del Fighter (Parte 1)

    Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza, i caratteri più solidi sono quelli cosparsi di cicatrici” (Cit. Khalil Gibran)

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    Concetti chiave
    In tutti gli sport dell’era moderna, che si tratti di discipline di squadra o individuali, cicliche o acicliche, di situazione o meno, si è notato come ci fossero atleti molto più predisposti alla pratica di uno sport invece di un altro, predisposizione non solo a livello condizionale e coordinativo, ma anche e soprattutto a livello mentale.
    Gli sport da combattimento non fanno eccezione, infatti da molte ricerche effettuate sul campo, si sono potute riscontrare caratteristiche simili, sia fisiche che mentali, in molti combattenti e lottatori professionisti.
    Un semplice esempio lo è un vecchio studio effettuato nel 1987, dove si riscontravano motivazioni comuni nei ragazzi che si approcciavano al pugilato, come:
    • Desiderio di affermarsi;
    • Sentimenti di vendetta e rivalsa nei confronti della società in cui vive;
    • Influenza dei familiari e/o del gruppo di pari;
    • Prospettive di rivincita economica e sociale.
    Addirittura, già negli anni ’60, uno studio effettuato da Antonelli e Ricci sui pugili della nazionale olimpica italiana, dimostrò che, rispetto agli atleti di altre discipline e alle persone non sportive, questi pugili presentassero caratteristiche comportamentali comuni come, ad esempio, una maggior capacità di reazione alle situazioni frustranti.
    Le caratteristiche caratteriali e psicologiche
    Nei Kombat Sport in generale la preparazione mentale richiesta è spesso superiore ad altre discipline sportive, ma molto spesso è sottovalutata e poco preparata o, nei casi peggiori, nemmeno tenuta in considerazione.
    Tutto ciò avviene nonostante sia evidente alla maggior dei praticanti quanto sia rilevante lo stato emotivo dell’atleta che si accinge a praticare uno sport di questo tipo.
    Lo scontro diretto con l’avversario, il susseguirsi di rapide combinazioni in cui il tempo di reazione e di recupero è ristretto, e la probabilità di dover combattere in situazioni di svantaggio richiedono una mente consapevole, preparata ed allenata.
    Gli atleti che combattono sono spinti da forti motivazioni, vanno alla ricerca di intense emozioni e desiderano sapere come gestirle e sfruttarle a proprio vantaggio soprattutto in combattimento.
    Tuttavia, la grande maggioranza di loro, non riesce ad identificare con esattezza il proprio stato emotivo interno (come accade a numerose persone anche al di fuori dello sport), e questo non consente loro di modulare il loro stato psichico e mentale in maniera adeguata, per incanalarlo in modo positivo nel miglioramento della performance.
    Nel 90% dei casi, chi arriva sul ring è solo un individuo selezionato dalle dure leggi della palestra, con una personalità sportivamente (e a volte in modo patologico) aggressiva, fatta di coraggio e capacità di dominare la paura e le spontanee reazioni autoconservative.
    L’autoconservazione è uno scopo primario che guida l’esistenza umana, del resto la paura di morire è un elemento fondamentale della nostra vita emotiva.
    Quando si sale sul ring, è come se attraverso il combattimento si mettesse in scena il rischio per la propria incolumità con la possibilità di agire e controllare, superare, incontro dopo incontro, le nostre paure.
    Il controllo del rischio si manifesta così come controllo della paura della morte. Pertanto il combattente deve costantemente controllare l’ansia e la paura derivanti dall’istinto di conservazione, gli schemi motori che sopraggiungono istintivamente devono essere sostituti con il gesto tecnico, in modo tale da far diventare l’atto sportivo in sé, un mezzo per esorcizzare la paura, per superare i sentimenti di inadeguatezza, in quanto prova-specchio della propria esistenza.
    Per alcuni studiosi, l’atleta combattente esprime nelle sue doti di tenacia, pazienza, resistenza al dolore, l’esistenza di un nucleo psicologico fatto di insicurezza, inadeguatezza sociale, aggressività reattiva oppure insufficienza vitale.
    L’esigenza di una pratica agonistica che richiede perseveranza, autocontrollo e dominio dell’aggressività, implica un elevatissimo livello delle abilità psicomotorie (reazioni pronte e veloci) e di schemi motori automatizzati ma suscettibili di adattamenti situazionali dettati dall’intelligenza.
    Anche la volontà è indispensabile al fighter per avere il coraggio di resistere invece di ritirarsi anche quando si accorge della propria inferiorità.
    Nei lottatori, l’aggressività stimola l’agonismo, forse più che in altri sport. L’agonismo è la manifestazione matura, costruttiva e creativa dell’aggressività, volta all’autorealizzazione dell’individuo.
    Altro aspetto importante per ogni atleta è sviluppare la capacità di gestire l’ansia da
    prestazione pre-gara: esistono delle “trappole mentali” che gli atleti affrontano prima di una gara importante e che possono far insorgere stati di ansia troppo elevati.
    Un’atleta mentalmente allenato conosce almeno tre o quattro tecniche di gestione dell’ansia da inserire nel suo “borsone” e da tirare fuori al momento opportuno ad esempio nei minuti precedenti la salita sul ring.

     

    Nel prossimo capitolo vedremo quali e quante sono le capacità coordinative e condizionali di un fighter.

    Grazie per l’attenzione!

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    Referenze e approfondimenti

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  • Preparazione atletica per i giocatori di basket diversamente abili

    Preparazione atletica per i giocatori di basket diversamente abili

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    E’ ormai da parecchie settimane che mi occupo della preparazione atletica della squadra di basket del progetto Pegaso di Asti. Quando mi hanno fatto questa proposta ho accettato senza indugiare più di tanto, questo anche per mettere in pratica gli insegnamenti della materia “APA/AFA” che ho avuto al secondo anno universitario di Scienze Motorie.

    In questo articolo parlerò della preparazione atletica che, con l’aiuto dei due allenatori, ho fatto seguire ai ragazzi, dando qualche indicazione generale.

    Attività fisica adattata

    AFA = “…programmi di esercizio non sanitari, svolti in gruppo, appositamente disegnati per individui affetti da malattie temporanee/o croniche finalizzati anche alla modificazione dello stile di vita per la prevenzione secondaria e terziaria della disabilità” (Macchi e Benvenuti, 2012).

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    Dopo aver fatto una breve ed infruttuosa ricerca sul web, ho deciso di analizzare un po’ di cose e di buttare giù una bozza di macrociclo.

    Teoria dell’allenamento

    Struttura e materiale a disposizione: Palestra scolastica dotata di campo da basket ( x m), 2 spalliere, dei materassi spessi circa 40 cm, una ventina di cinesini di diversi colori, due coni alti 30 cm circa e, ovviamente, un discreto numero di palloni basket.

    Squadra: 19 giocatori in totale (di cui solo una donna), con un’età che va dai 18 ai 40 anni. Il numero medio di giocatori per allenamento è intorno ai 15. Di tutto il gruppo, 2 persone sono affette dalla sindrome di down, ciò, nella pratica, le porta a distrarsi spesso, non capendo quasi mai il corretto svolgimento degli esercizi e concentrandosi unicamente sull’atto finale di una qualsiasi azione di gioco: tirare a canestro! Altri due soggetti sono gravemente in sovrappeso (e questo condiziona moltissimo la loro capacità di muoversi) e

    Allenamenti settimanali: solamente 1 allenamento a settimana della durata di un’ora.

    Calendario gare: Week-end interi dedicati alle gare ogni 3-4 mesi circa.

    Risultano quindi chiare un po’ di cose: il tempo è quello che é, e la preparazione atletica non deve rosicarne troppo all’allenamento della tecnica (e anche della tattica). Per il poco materiale a disposizione e problemi articolari e coordinativi di vario genere, gli atleti non avranno modo di allenare la forza massimale (non ci sarebbe neanche il tempo necessario per provare a lavorare sugli schemi motori). Inoltre, un certo numero di praticanti (6) è completamente impossibilitato ad eseguire come si deve ogni esercizio, a dirla tutta, oltre a camminare (a fatica) e muovere le braccia può fare poco, questi giocatori avranno sempre delle aggevolazioni sulle esercitazioni (gli verranno quindi fatte eseguire delle varianti meno complicate). Anche se quest’ultime porteranno magari ad un diverso utilizzo dei sistemi energetici e/o capacità condizionali non importa: ciò che conta è dar la possibilità a tutti di muoversi, fare sport, divertirsi con gli altri!

    Struttura allenamenti

    Lontano dalle gare: 30-45′ su 1h saranno dedicati alla preparazione atletica (riscaldamento incluso), i restanti 15-30′ a lavori incentrati sulla tecnica e sulla tattica.

    In prossimità delle gare: 20-30′ circa di preparazione atletica (riscaldamento incluso) e 30-40′ di allenamento tecnico-tattico.

    Cosa bisogna allenare di preciso?

    Forza

    • Massimale
    • Esplosivo-elastica
    • Resistente

    Velocità / rapidità

    Resistenza

    • Aerobica
    • Anaerobica (alla potenza e alla velocità) 

    In più: agilità, rinforzo del core, stretching ed equilibrio 

    Linee guida pratiche

    Forza massimale: dato il basso livello atletico generale sono più che sufficienti dei piegamenti sulle braccia (push ups). Da 5-6 ripetizioni fino a 10, serie comprese fra le 3 e le 6 per ogni esercizio. I ragazzi meno forti possono eseguirli con le ginocchia appoggiate a terra, in modo da rendere l’esercizio meno intenso.

    Per gli arti inferiori invece, è sufficiente l’esercizio hip thrust a corpo libero (bipodalico o monopodalico).

     

     

    Forza esplosivo-elastica: piccoli balzi standard e balzi con contromovimento, sia bipodalici che monopodalici (poche ripetizioni ed un buon recupero, possibilmente attivo).

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    Balzo monopodalico su un rialzo

    Per ottenere risultati soddisfacenti non è necessario un gran volume di allenamento. Schemi di allenamento come dei 3×5, 3×6, 3×8, 4×6* possono essere più che sufficienti. *serie x ripetizioni.

    Forza resistente: esercitazioni a intensità media e medio-bassa. Sforzi continui e prolungati per incrementare le sue varie espressioni:

    • F. resistente su base aerobica: almeno 2′ di lavoro continuo
    • F. resistente su base anaerobica: (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro cont.
    • F. resistente su base anaerobica: (capacità lattacida): 90-120″ di lavoro cont.

    Il recupero completo è previsto solamente per la potenza lattacida. Al riguardo potrebbe essere utile un ripasso sui sistemi energetici (qui) e sulla frequenza cardiaca (qui).

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    Con poco materiale, tempo a disposizione e tenendo anche conto dello scarso bagaglio motorio dei più, è quasi impossibile andare a lavorare su tutte le sfaccettature della forza resistente. Senza abbatterci, possiamo comunque mettere nero su bianco degli esempi di esercitazioni pratiche.

    Un esercizio su tutti è quello di camminare, magari palleggiando, con alle spalle un compagno che oppone resistenza tirando all’indietro il partner che cammina (dopo averlo cinto per i fianchi), rendendo più impegnativa la camminata. Le tempistiche di lavoro sono quelle elencate prima: >2′ (FR aerobica), 40-90″ (FR anaerobica, potenza lattacida), 90-120″ (FR anaerobica, capacita lattacida).

    Velocità e capacità di reazione: esercizi per lo sviluppo della rapidità nei piccoli spostamenti con e senza palla (sprint con deviazioni, skip e movimento degli arti inferiori su speed ladder, esercitazioni che alla fine portano a tirare a canestro). Sprint su distanze comprese fra i 10 ed i 40 metri. Giochi di gruppo in grado di stimolare la prontezza dei riflessi, simulazione di azioni di gioco, eccetera.

    Esempio pratico

     

    Resistenza:

    • Aerobica: non c’è il tempo materiale per svilupparla con la classica corsa a Vo2max (potenza aerobica) od il fondo (capacità aerobica), tenendo anche conto dei problemi motori più o meno gravi che impedirebbero ad un cospicuo numero di ragazzi di correre bene per tot minuti. Le modalità di gioco (tempi, elevato numero dei cambi, eccetera), fanno sì che il sistema aerobico non debba essere troppo efficiente). Fare sport per un’ora o più consente di avere già una discreta capacità aerobica di base. In questo specifico caso è sufficiente quella, pertanto l’allenamento del sistema aerobico sarà indiretto.
    • Anaerobica: brevi scatti con recuperi incompleti per allenare la resistenza alla rapidità. Balzi, slanci e lanci della pallone. Il tutto con recuperi incompleti.

    Agilità: dribbling e movimenti di vario genere (cambi di direzione, skip, rotazioni del corpo di 90-180-360° gradi attorno all’asse longitudinale) fra i coni, cinesini o su speed ladder. Un esempio lo trovate qui sotto ed a questo link.

     

     

    Rinforzo core e stretching: esercizi di vario genere per il rinforzo dell’addome e della zona lombare (crunch, sit up, plank, estensioni lombari da sdraiati). Inoltre, per mantenere una buona flessibilità è consigliabile eseguire degli esercizi di stretching alla fine dell’allenamento. Non è casuale l’utilizzo della parola “mantenere”, infatti per incrementare la flessibilità servono almeno 2-3 sedute specifiche a settimana. E’ pertanto buona cosa, consigliare alla squadra di eseguire dello stretching, almeno gli esercizi più semplici, anche in altri giorni della settimana.

    Equilibrio e propriocezione: camminata lenta o piccoli balzi (mono e bipodalici) su superfici instabili (materassine), ricezione e lanci della palla stando in equilibrio su una gamba sola.

    Macrociclo di allenamento (esempio pratico)

    Ipotizzando che gli allenamenti inizino la seconda settimana di settembre e le prime gare siano a metà dicembre. Durata macrociclo: 15 settimane, 1 allenamento a settimana della durata media di 1 ora, 4 allenamenti mensili.

    Settembre (30-40' di preparazione atletica)
    Allenamento n.1 - FM, FE, EQ, ABS e ST
    All.2 - FM, FE, AG, EQ, ABS e ST
    All.3 - FM, FE, VEL, EQ, ABS, e ST
    All.4 - FM, FE, VEL, ABS e ST
    
    Ottobre (30')
    All.1 -FM, FE, VEL, AG, EQ e ST
    All.2 - FM, FE, VEL, AG, EQ e ST
    All.3 - FM, FE, VEL, AG, EQ e ST
    All.4 - FE, FR, VEL, AG, EQ e ST
    
    Novembre (20-30')
    All.1 - FE, FR, VEL, RP, AG e ST
    All.2 - FE, FR, VEL, RP e ST
    All.3 - FR, RV, RP, ABS e ST
    All.4 - RV, RP, EQ e ST
    
    Dicembre (15-20')
    All.1 - RV, AG e ST
    All.2 → competizione!
    
    Legenda: FM = forza massimale; FE = forza esplosiva; FR = forza resistente; EQ = equilibrio; ABS = rinforzo core; ST = stretching; AG = agilità; RP = resistenza alla potenza; RV = resistenza alla velocità.

    Ovviamente questo è solo un esempio, i metodi di periodizzazione sono molteplici, tutto va contestualizzato.

    Altre indicazioni generali
    • Ricorrere ad esercizi/giochi di gruppo che coinvolgano e facciano divertire i ragazzi il più possibile, in modo da evitar di far calare la loro soglia di attenzione (già bassa).
    • Dare poche indicazioni e semplici istruzioni alla squadra, in modo da non mandare i ragazzi in confusione.
    • Far sì che in ogni allenamento siano trattate più capacità condizionali e coordinative possibili, bisogna ottimizzare il poco tempo a disposizione.
    • Essere armati di una dose enorme di pazienza.
    • Non essere troppo rigidi ma neanche perdere il controllo della situazione.

     

    Buon allenamento!

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    Referenze e approfondimenti

    Cravanzola E. – Capacità condizionali e coordinative: iniziamo a conoscerle (2015)

    Dawes J. and Roozen M. – Developing Agility and Quickness (2012)