Tag: Ipertrofia

  • Le asimmetrie nel tennis

    Le asimmetrie nel tennis

    Articolo dopo articolo, asimmetria dopo asimmetria, ora tocca parlare del tennis, sport molto particolare date le esigenze tecniche.

    Quanto segue è il sunto di una tesi compilativa elaborata dal sottoscritto ed esposta presso l’Università degli Studi di Torino (Unito) per la laurea triennale in Scienze Motorie e Sportive. Buona lettura.

    Ipertrofia e non solo

    In sport come il tennis solitamente gli atleti tendono a usare di più un arto superiore rispetto all’altro, palesando quindi una preferenza laterale. Non a caso questo sport viene associato a delle asimmetrie scapolari (e non solo)1,2.

    Uno studio di Calbet J. A. et al.3 ha osservato che nell’età prepuberale (11-13 anni) i giovani tennisti hanno una asimmetria fra l’arto dominante e quello non dominante più marcata (20%) rispetto ai tennisti professionisti uomini (deltoidi, tricipiti, flessori del braccio e flessori superficiali dell’avambraccio del lato dominante erano più ipertrofizzati del 11-15%). Anche altri successivi studi, metodologicamente più accurati, hanno confermato una “asimmetria ipertrofica” abbastanza importante (12-13%)2,4. Va sottolineato come il grosso dell’ipertrofia sul braccio forte venga ottenuta quando gli atleti iniziano ad allenarsi molto giovani, specialmente a livello dell’avambraccio3, forse per questioni ormonali, oppure per il differente rapporto fra il peso della racchetta ed il volume muscolare dell’avambraccio dei bambini («ratio weight of racket/forearm muscle volume in children»)5,6,7,8,9. Basandoci sul materiale attualmente presente in letteratura scientifica sappiamo che l’asimmetria fra i due arti superiori include anche la muscolatura dei deltoidi (asimmetria simile fra professionisti e fascia d’età prepuberale: 16 e 13%)4, discorso differente per i tricipiti ed i flessori del braccio (tipicamente coracobrachiale, bicipite brachiale e brachiale). Questi ultimi muscoli sono asimmetrici nei giocatori adulti e professionisti ma non nei giovani in fase prepuberale4, ma questa differenza potrebbe essere comunque spiegabile. È possibile che le differenze nei tricipiti e nei flessori del braccio tra giovanissimi tennisti e atleti professionisti derivino dalla maggiore richiesta di forza e potenza dei colpi nei professionisti, specialmente durante il servizio10,11.

    Sopra, il grado di asimmetria fra giovani tennisti (fase prepuberale) e coetanei sedentari che non praticano tennis (Sanchis-Moysi J. et al., 2012).

    Possibili infortuni

    Più studi dimostrano come durante i colpi del tennis (dritto, rovescio, servizio, colpo al volo) vi sia una attivazione asimmetrica dei muscoli della zona inferiore del tronco12,13. Asimmetrie muscolari dell’ileopsoas e del grande gluteo14 sono state associate al dolore lombare15, dolore cronico all’inguine16, borsite e tendinite all’ileopsoas, più dolori al gran trocantere17. Infine, uno studio condotto su 61 tennisti professionisti ha palesato una notevole incidenza di infortuni, lesioni muscolari, al retto addominale, nello specifico situate nel lato non dominante18.

    Grazie per l’attenzione.


    Bibliografia

    1 Cools A. M. et al. – Prevention of shoulder injuries in overhead athletes: a science-based approach – Braz J Phys Ther. 2015 Sep- Oct;19(5):331-9.
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    3 Calbet JA, Moysi JS, Dorado C, Rodríguez LP – Bone mineral content and density in professional tennis players. Calcif Tissue Int. 1998 Jun;62(6):491-6.
    4 Sanchís-Moysi J, Idoate F, Olmedillas H, Guadalupe-Grau A, Alayón S, Carreras A, Dorado C, Calbet JA – The upper extremity of the professional tennis player: muscle volumes, fiber-type distribution and muscle strength.
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    6 Blackwell JR, Cole KJ – Wrist kinematics differ in expert and novice tennis players performing the backhand stroke: implications for tennis elbow. J Biomech. 1994 May;27(5):509-16.
    7 Knudson D, Blackwell J – Upper extremity angular kinematics of the one-handed backhand drive in tennis players with and without tennis elbow. Int J Sports Med. 1997 Feb;18(2):79- 82.
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    10 Elliot B. C. – Biomechanics of tennis (1992)
    11 Sanchís-Moysi J. et al. – Large asymmetric hypertrophy of rectus abdominis muscle in professional tennis players. PLoS One. 2010 Dec 31;5(12):e15858.
    12 Chow JW, Park SA, Tillman MD – Lower trunk kinematics and muscle activity during different types of tennis serves. Sports Med Arthrosc Rehabil Ther Technol. 2009 Oct 13;1(1):24.
    13 Wang LH, Lin HT, Lo KC, Hsieh YC, Su FC – Comparison of segmental linear and angular momentum transfers in two-handed backhand stroke stances for different skill level tennis players. J Sci Med Sport. 2010
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    14 Sanchis-Moysi J, Idoate F, Izquierdo M, Calbet JA, Dorado C. – Iliopsoas and Gluteal Muscles Are Asymmetric in Tennis Players but Not in Soccer Players. PLoS One. 2011;6(7):e22858.
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    16 Holmich P. – Long-standing groin pain in sportspeople falls into three primary patterns, a ‘‘clinical entity’’ approach: a prospective study of 207 patients. Br J Sports Med. 2007 Apr;41(4):247-52.
    17 Williams BS, Cohen SP – Greater trochanteric pain syndrome: a review of anatomy, diagnosis and treatment. Anesth Analg. 2009 May;108(5):1662- 70.
    18 Balius R. et al. – Ultrasound assessment of asymmetric hypertrophy of the rectus abdominis muscle and prevalence of associated injury in professional tennis players. Skeletal Radiol. 2012 Dec;41(12):1575-81.

  • La genetica nello sport: fra scienza e filosofia

    La genetica nello sport: fra scienza e filosofia

    La genetica è ingiusta, anti-meritocratica, avvantaggia alcuni ed affossa altri. Spesso può capitare di sentire discorsi di questo tipo nelle palestre o sui social, ma cosa c’è di vero? Domanda retorica…

    Qualche tempo fa è stato pubblicato un bell’articolo in inglese (Genetics and Elite Athletes), spero che prenderne in prestito alcuni punti possa giovare anche al pubblico non anglofono. Buona lettura!

    Introduzione

    Non siamo tutti uguali e per accorgersi di questo bastano due occhi ed un cervello, in realtà neanche due gemelli omozigoti lo sono. C’è chi è un po’ più alto,chi più basso,chi più predisposto alla crescita muscolare, allo sviluppo della velocità, a quello della resistenza… O ancora, chi apprende un compito motorio nella metà del tempo rispetto ad un soggetto meno predisposto, chi è più soggetto a infortuni, malattie, e chi più ne ha ne metta.

    Capisci l’importanza della genetica quando un ragazzo che non ha mai fatto del movimento in vita sua mette piede in palestra e in un paio d’anni ottiene i tuoi medesimi risultati, peccato solo che tu ti alleni dal triplo – se non quadruplo – del suo tempo, cercando di fare le cose a modo, lui magari neanche sa eseguire bene gli esercizi.

    Genetica e forza

    In base a come un muscolo si inserziona su un osso, od un complesso articolare, molte cose possono cambiare. Una giusta inserzione può permettere a un soggetto di eseguire più velocemente un determinato movimento tramite un maggior sviluppo di forza1,2.

    Gli studi ortopedici hanno effettivamente dimostrato che cambiare il sito di attacco di un tendine in una posizione meno vantaggiosa dal punto di vista meccanico, può ridurre il range di movimento di un’articolazione e la coppia articolare in varie posizioni (quando i muscoli si contraggono o si allungano, creano forza muscolare, questa forza muscolare attira le ossa creando una coppia articolare)3.

    Il punto in cui il muscolo si “attacca” all’osso è determinato da questioni genetiche4, non lo scegliamo noi, inutile piangersi addosso o incolpare i genitori. Allo stesso tempo, anche la forza generata da due muscoli di analoga dimensione e inserzione può essere differente, basti pensare alla diversa distribuzione di fibre muscolari5. Di esse, tipologie e caratteristiche, avevamo già abbondantemente parlato qui.

    Sopra potete osservare i cambiamenti del livello di forza dei quadricipiti di 53 soggetti sedentari che hanno eseguito un 4×10 (80% 1RM) di leg extension per 9 settimane (tre allenamenti a settimana). Vi è stata un’ampia variabilità fra i risultati ottenuti dai praticanti: c’è chi è migliorato tantissimo (forza incrementata di quasi il 50%) e chi quasi non è progredito per nulla (uno addirittura è peggiorato). Da Robert M. Erskine et al., 201028.

    Genetica e sviluppo muscolare

    L’ipertrofia può dipendere da una moltitudine di fattori. Ad esempio, a livello genetico, può essere fortemente influenzata dalla miostatina (un gene). Mutazioni geniche potrebbero portare certi soggetti fortunati ad accumulare più muscoli del normale6. Inoltre, è assai probabile che una carenza di miostatina giochi un ruolo importante nel reclutamento di cellule satellite. Quest’ultime sono sostanzialmente delle cellule staminali, stem cells, del muscolo. Quando le fibre muscolari subiscono dei danni, le stem cells vengono attivate per fornire assistenza nel processo di adattamento e ricostruzione muscolare7. Sempre le cellule satellite possono donare i loro nuclei alle cellule muscolari per consentirne la crescita8.

    In letteratura scientifica si è visto come il reclutamento di cellule satellite sia estremamente variabile da persona a persona9,10. E’ stato quindi ipotizzato che la capacità di attivazione delle stem cells sia un fattore genetico11 che premia, parlando di ipertrofia, gli individui in grado di reclutare meglio queste particolari cellule8. Quindi se avete un amico che pur allenandosi un po’ alla carlona cresce molto bene a livello muscolare, è probabile che egli sia inconsciamente capace di reclutare naturalmente le cellule satellite a ritmi molto superiori al normale.

    Sopra, stesso studio preso in esame poc’anzi28, è mostrato l’incremento della sezione trasversale dei quadricipiti dopo le solite 9 settimane di leg extension (4×10 all’80% 1RM, 3xweek). La crescita muscolare media è stata del 5,7%; anche qui i soggetti più predisposti hanno visto aumentare i propri volumi muscolari di quasi il 20% e quelli meno fortunati hanno avuto dei lievi peggioramenti (-3% circa). Come sempre, vi è stata una grande variabilità individuale.

    Genetica e velocità

    I velocisti d’élite possiedono muscoli mediamente più dotati di fibre bianche rispetto a una popolazione di comuni sedentari12,13. Si è anche osservato che i pesisti olimpici, atleti notoriamente molto esplosivi, hanno percentuali molto alte di fibre bianche14. Pare quindi ovvio constatare che gli atleti ben messi in quanto a fibre bianche rapide (tipo II) abbiano un enorme vantaggio sugli sport di velocità e/o potenza rispetto agli sportivi meno “geneticamente fortunati”. La maggior velocità ed efficienza muscolare di un soggetto rispetto a un altro non data unicamente dalla forza contrazione, ma anche dalla fase di rilassamento. «Possiamo suddividere la contrazione e il rilassamento muscolare in tre fasi principali, ovvero la contrazione, il rilassamento ed infine la fase latente, fase che segue lo stimolo, ma nella quale non c’è risposta. Questo complesso sistema di reazioni chimiche determinerà lo scorrimento di un filamento sull’altro, e quindi la contrazione del sarcomero. A seguito della contrazione la troponina rilascia ioni Ca2+ che tornano nel reticolo sarcoplasmatico»15. Più velocemente si possono rilassare le fibre muscolari, più velocemente il muscolo si accorcerà, generando una maggiore potenza complessiva16. Questo processo è mediato da più enzimi all’interno del muscolo che sono necessari per la risintesi dell’ATP, il legame del calcio e altri complicati processi biochimici16. Il celebre allenatore sovietico Yuri Verkhoshansky sosteneva che i velocisti talentuosi di natura rispondessero all’allenamento principalmente migliorando i tassi di rilassamento più che la forza muscolare effettiva16. Ben lungi dall’avere delle certezze, ci sono effettivamente dei dati che avallano la tesi del Prof. Verkhoshansky17. Sfortunatamente, anche i tassi di rilassamento sembrano essere altamente ereditari poiché gli studi hanno dimostrato che né l’età, né il sesso hanno alcuna correlazione con essi18.

    Un altro fattore determinante della prestazione atletica può essere l’isteresi del tendine. L’isteresi del tendine si riferisce all’efficienza con cui un tendine assorbe e reindirizza la forza19. I tendini sono il tessuto connettivo tra muscolo e ossa, si allungano quando un muscolo si allunga e si contraggono quando un muscolo si accorcia. Pertanto, la capacità di un tendine di trasmettere efficacemente la forza dall’allungamento all’accorciamento può determinare la quantità di potenza complessiva che può essere trasferita all’osso e alla locomozione complessiva19. Come riportato in letteratura scientifica20 i tendini durante un ciclo di accorciamento-stiramento e durante le contrazioni isometriche massimali possono allungarsi fino dal 6 fino al 14%, inoltre se il tendine è lungo, i fascicoli muscolari si allungano di meno. Un tendine che è più rigido, per questioni genetiche ma anche adattamento all’attività fisica, è più prestante (assicura maggior potenza e velocità nei movimenti) ma è più soggetto agli infortuni.

    Genetica e resistenza

    Direttamente correlato all’idea di isteresi tendinea è l’economia del gesto nella corsa su lunghe distanze effettuata da atleti esperti. È stato teorizzato nel corso degli anni che i maratoneti d’élite sono semplicemente più bravi a “dissipare il calore” rispetto agli altri corridori21,22. Un corridore inefficiente, può manifestare un maggiore accumulo di calore a causa, in parte, della scarsa isteresi del tendine che accelera il processo di affaticamento durante una corsa protratta nel tempo19. A livello biochimico, diversi enzimi all’interno del muscolo sono necessari per determinare il “tasso metabolico” di uno sforzo fisico. Il più grande degli atleti di endurance può essere tale perché semplicemente ha degli enzimi più attivi dei suoi avversari di gara22. Ci sono infatti degli studi che mostrano come alcuni corridori particolarmente performanti siano in grado di mantenere velocità elevate a un VO2 max (massimo consumo di ossigeno) inferiore ai valori di altri soggetti meno allenati (o meno portati)23. Un po’ come se due veicoli andassero alla stessa velocità per innumerevoli chilometri e uno consumasse il 10% di carburante in meno rispetto all’altro.

    Sempre riguardo alla corsa, una miglior economicità del gesto (andatura efficiente) può essere dovuta alla preponderanza di fibre muscolari di tipo I, quindi lente e rosse. Queste fibre, come molti sanno, sono le più adatte per impegni fisici protratti nel tempo: accumulano meno sottoprodotti metabolici e si affaticano più lentamente. Inoltre, uno dei fattori limitanti dei lavori di resistenza è l’afflusso di ossigeno ai muscoli. Questo, entro un certo limite, può essere migliorato con l’allenamento ma esistono anche qui persone più inclini di altre ad essere resistenti grazie a una maggior capacità (innata) di rifornire i propri muscoli di ossigeno24. Anche la densità capillare può essere influenzata dalla genetica individuale24,25. I capillari sono il sito dello scambio di ossigeno tra il sistema vascolare e il muscolo. È qui che l’ossigeno viene fornito al muscolo e i prodotti metabolici di scarto vengono rimossi. Pertanto, è facile intuire che più capillari ha un atleta nel tessuto muscolare, più ossigeno può essere erogato e più rifiuti metabolici possono essere smaltiti o riconvertiti25.

    Genetica e infortuni

    Come sottolineato da Collins M. et al.26, gli sforzi eccessivi che portano a lesioni dei tessuti molli del sistema muscolo-scheletrico, derivanti da lavori usuranti o attività fisica, sono influenzate dalla genetica individuale. In special modo quelle al tendine d’Achille (caviglia), alla cuffia dei rotatori (spalla) ed ai legamenti crociati (ginocchia). Le varianti di sequenza all’interno dei geni che codificano le diverse proteine ​​di matrice extracellulare dei tendini e/o dei legamenti sono state associate a specifici infortuni di specifiche zone dei tessuti. Per esempio le varianti della sequenza del gene della Tenascina-C (TNC), COL5A1 ed Metalloproteinasi di matrice 3 (MMP3) sono state collegate alle tendinopatie del tendine d’Achille. Entrando un po’ più nel dettaglio, le varianti della sequenza del gene della Tenascina-C sono state associate sia alle tendinopatie che alle rotture del tendine d’Achille. mentre le varianti del COL5A1 e COL1A1, geni che forniscono le istruzioni genetiche per realizzare le componenti del collagene di tipo I e V, sono state correlate ad infortuni al legamento crociato posteriore.

    Inoltre, una meta-analisi del 2015, quindi alto impatto statistico, ha raccolto i dati provenienti da studi pubblicati in letteratura scientifica fra il 1984 ed il 2014 (trent’anni precisi). I ricercatori – Longo U. G. et al. – hanno confermato tutto ciò che avevano dedotto Collins e Raeligh nel 2009, aggiungendo che, oltre alla genetica, contano ovviamente diversi altri fattori, in primis lo stile di vita27.

    Altre letture utili:

    - L’abc della genetica
    - Genetica e predisposizione agli infortuni
    - Genetica - Muscoli e allenamento: quanto conta?
    - Tendini: salute e performance
    - Tessuto muscolare: componenti, forma, contrazione e ipertrofia
    - La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitare
    - Ormoni androgeni: fisiologia di base, benefici ed effetti collaterali
    Una lotteria della natura?

    Nella seconda metà dello scorso secolo ci fu un interessante confronto intellettuale, dovuto a una netta divergenza di opinioni, tra i filosofi d’oltreoceano John Rawls e Robert Nozick. Il primo era un grande sostenitore dell’equità in ogni aspetto della vita sociale, il secondo – ideologicamente più a destra – no. Quest’ultimo, ricorrendo all’esempio di una partita di basket, sosteneva che i tifosi dovessero essere liberi di pagare il prezzo del biglietto facendo arricchire, direttamente o indirettamente, un giocatore particolarmente bravo (spendere i propri soldi in quel modo è un loro diritto). Qualora quel giocatore attirasse milioni di appassionati, egli ben presto diventerebbe molto ricco.

    Ovviamente Rawls era in totale disaccordo: un società giusta non dovrebbe permettere a un uomo, sportivo o meno, di accumulare troppi soldi, salvo che ciò non porti dei vantaggi ai più poveri. Stando sempre al pensiero di J. Rawls, un grande talento nello sport o un’intelligenza superiore alla media è solo frutto di una fortuna sfacciata. Noi potremmo dire: genetica favorevole. Per questo filosofo, notevoli doti fisiche o intellettive non sono altro che una vittoria alla “lotteria della natura“, qualcosa che con la meritocrazia non ha nulla a che vedere. Per il collega Nozick, era invece giusto che l’eccellenza fosse meglio retribuita (anche con cifre milionarie). A distanza di anni, quello dell’equità e dei guadagni è ancora un argomento che infiamma il dibattito pubblico, saltuariamente anche in campo sportivo.

    Conclusioni

    In un certo senso potremmo dire che non siamo noi a selezionare scientemente uno sport da fare, ma è lo sport a scegliere noi. La pratica e la dedizione, non solo riguardo l’attività fisica, possono far migliorare praticamente chiunque e mettere delle pezze a certe lacune. Certo è che, a parità di impegno, chi ha ricevuto i biglietti fortunati per la lotteria della natura sarà sempre un passo avanti agli altri, anche senza averlo voluto.

    Buon allenamento.


    Bibliografia

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    25 Joyner, M. J., & Coyle, E. F. (2008) – Endurance exercise performance: the physiology of champions. The Journal of Physiology, 586(1), 35-44.
    26 Collins M. et al. – Genetic risk factors for musculoskeletal soft tissue injuries (2009)
    27 Longo U. G. et al. – Unravelling the genetic susceptibility to develop ligament and tendon injuries (2015)
    28 Robert M Erskine, David A Jones, Alun G. Williams, Claire E. Stewart, Hans Degens – Inter-individual variability in the adaptation of human muscle specific tension to progressive resistance training. Eur J Appl Physiol. 2010 Dec;110(6):1117-25.
    Charlie Ottinger – Genetics and Elite Athletes (2018)
    John Rawls – Una teoria della giustizia (1971)
    Nigel Warburton – Breve storia della filosofia (2011)

  • Allenare la potenza nelle MMA: guida teorico-pratica

    Allenare la potenza nelle MMA: guida teorico-pratica

    Fra balzi esplosivi, bilancieri e palle mediche siete confusi e non sapete come organizzare una routine di allenamento? Questo articolo potrebbe fare al caso vostro!

    bilancieri

    Quanto segue è un riassunto, traduzione e adattamento di un articolo straniero (con qualche mia aggiunta). Buona lettura!

    Introduzione

    Il generare potenza è un aspetto cruciale di una performance nelle arti marziali miste (MMA). La potenza è alla base di molte delle tecniche più comuni nelle MMA, dal lanciarsi in un takedown, al portare un high kick o mettere a segno il pugno risolutore che metterà KO l’avversario. È proprio l’utilizzo della forza ad alte velocità (potenza) il fattore che determinerà l’efficacia delle proprie skills nella gabbia. Il portare bene, e con la giusta potenza, le combinazioni tecniche può fare la differenza: non è la stessa cosa vincere con una bella finalizzazione prima del limite o svegliarsi su un lettino d’ospedale in seguito ad un trauma cranico. Anche in letteratura scientifica è stato ben documentato che l’espressione della massima potenza è una caratteristica che distingue i fighter d’élite da quelli più mediocri [1]. Un altro studio scientifico di Loturco et al. (2016) ha dimostrato come le qualità di forza-potenza influiscano per circa il 75% sulla forza di impatto del pugno [2].

    Punti chiave
    • Il miglioramento della tecnica porta a generare una maggior potenza nel proprio sport;
    • Un approccio che prevede l’utilizzo di più metodi di allenamento è superiore ad una approccio basato su un singolo metodo allenante (variare razionalmente gli stimoli è sempre cosa buona e giusta);
    • La forza rappresenta l’abc, la capacità fondamentale su cui poter costruire il resto;
    • La pliometria e l’allenamento balistico sono i metodi suggeriti per migliorare la capacità di generare forza in tempi brevi;
    • La capacità di sviluppare potenza può essere ulteriormente incrementata tramite il metodo P.A.P. (Post-activation potentiation) di cui parleremo al fondo dell’articolo.

    Va ricordato che ciò che serve ad un praticante di sport da combattimento è innanzitutto un bel bagaglio tecnico, la giusta condizione atletica ottenibile tramite un intelligente protocollo di strength & conditioning è solo uno degli elementi necessari per ottenere la vittoria. Per quanto sia utile l’allenamento con sovraccarichi al fine di migliorare qualsiasi parametro delle prestazioni fisiche [3], l’allenamento specifico (tecnica, colpitori, sparring) è insostituibile.

    Senza stress non c’è adattamento

    Molti allenatori ritengono che la pliometria o gli esercizi leggermente zavorrati eseguiti ad alta velocità siano il metodo migliore (e talvolta solo) per migliorare la potenza per le MMA. Altri hanno un punto di vista più tradizionale, sostenendo che il metodo più efficace è lo sviluppo della forza massima attraverso un allenamento pesante. I sostenitori del sollevamento pesi in stile olimpico sostengono che il weightlifting è la miglior via per aumentare la potenza specifica delle MMA. Come con la maggior parte degli aspetti delle prestazioni di alto livello, la vera risposta sta nel mezzo.

    Volendo essere chiari e sintetici potremmo dire che la potenza è il prodotto di forza e velocità. Potenza = Forza x Velocità (P = F x v).

    Ciò significa che la massima potenza ha sia una componente di forza che di velocità. Se la forza spinge o “tira” un oggetto la velocità contribuisce a spostare quest’ultimo in una certa direzione a determinati m/s.

    Tutto sta nel trovare un compromesso fra l’allenamento della forza massimale e quello della velocità.

    Altre letture consigliate:
    - La curva di forza velocità e la sua applicazione nello sport
    - La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitare
    - Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Ci sono varie scuole di pensiero e metodi di lavoro. Si può allenare la forza massimale (pesi impegnativi spostati a bassa velocità), praticare weightlifting (alti pesi e alte velocità), praticare allenamento balistico (alta e bassa forza / alta velocità) o pliometria (bassa forza / alta velocità).

    Ricapitolando…

    • Heavy strength training (high force/low velocity)
    • Weightlifting (high force/high velocity)
    • Ballistic training (high-low force/high velocity)
    • Plyometric exercises (low force/high velocity)

    Come già accennato, non concentrarsi su un unico metodo ma alternarli è la cosa più saggia da fare, anche i test lo confermano [4,5].

    Heavy Strength Training

    L’allenamento della forza con carichi intensi ( ≥ 80% 1RM) è utile all’atleta per molte ragioni: aumenta la forza massimale, la coordinazione inter e intramuscolare, l’ipertrofia, la potenza, il tasso di sviluppo di forza (RFD, rate force-development), e così via [6,7,8]. Migliorando la forza, a cascata, entro un certo limite miglioreranno anche la velocità e la potenza. Per queste ragioni lo strength training deve far parte del protocollo di allenamento di ogni atleta di MMA. Tuttavia, se l’allenamento della forza ad alti carichi dà importanti miglioramenti sugli atleti principianti e intermedi (soggetti che non si allenano coi pesi da molti anni), con gli atleti più esperti la musica cambia. Chi si allena da molti anni e solleva carichi (kg) importanti non ha benefici significativi nel provare ad aumentare ulteriormente i dischi sul bilanciere nella panca piana o nello squat. Per questi atleti è importante continuare ad allenare la forza mantenendo buoni carichi di lavoro, evitando così il deallenamento, ma per eccellere in quanto a potenza devono concentrarsi su altro.

    Weightlifting

    Le alzate olimpiche sono efficacissime per migliorare potenza, RFD (rate force-development), coordinazione e gesti atletici molto comuni come il salto o la corsa veloce [9]. Il sequenziamento delle azioni muscolari è tra l’altro un importante principio di specificità, pertanto questi esercizi hanno un grande transfer sul gesto (specifico) di gara.

    Il tuo compito è trovare il metodo più rapido ed efficiente per ottenere il risultato desiderato

    Il weightlifting ha però un difetto non trascurabile: per molti le alzate sono tecnicamente difficili da eseguire, quasi impraticabili (a meno che qualcuno non voglia infortunarsi). Di conseguenza servono tanto tempo e pazienza per imparare a farle, ed ancora più tempo per riuscire a farle con carichi decenti sul bilanciere (uno strappo od uno slancio con 40 kg di carico non sono realmente allenanti per un atleta che di lì a poco dovrà entrare in gabbia). Bisogna mettere in conto che un atleta ventenne che vede per la prima volta un vero bilanciere olimpico magari non riuscirà mai a destreggiarsi nel clean & jerk (video sotto) con dei pesi dignitosi.

    Come diceva l’allenatore Ado Gruzza in un suo libro, dopo 2 o 3 anni ben fatti di squat, panca e stacco da terra (powerlifting) un soggetto inizialmente principiante sarà diventato un bel torello, forte e potente, col weightlifting invece?

    Sta quindi al coach capire se il proprio atleta può utilizzare le alzate olimpiche (eseguibili anche con kettlebell) o se è meglio concentrarsi su altri esercizi più alla sua portata, senza mettere troppa carne al fuoco.

    Allenamento balistico

    Un esercizio si dice balistico quando un atleta al termine della fase concentrica lascia andare l’attrezzo senza eseguire una fase eccentrica. Esempio pratico: se Giovanni lancia la palla medica contro il muro esegue solo la fase di spinta (concentrica) e poi lascia andare la palla (se non la lasciasse andare e richiamasse la braccia eseguirebbe anche la fase eccentrica). Possiamo considerare come balistici molti esercizi, dai salti al lancio di attrezzi. Il solo allenamento balistico è meno efficace dell’accoppiata allenamento balistico + allenamento della forza [10].

    Il momento migliore per eseguire esercizi balistici è ad inizio allenamento, quando si è ancora freschi, o in accoppiata con esercizi volti all’incremento della forza massimale.

    Pliometria

    L’allenamento pliometrico si differenzia da quello balistico per la presenza di una breve contrazione eccentrica che ha come fine quello di potenziare la successiva fase concentrica. Il veloce passaggio da una fase eccentrica ad una successiva concentrica è detta stretch-shortening cycle (SSC) che possiamo tradurre come ciclo di stiramento-accorciamento. Infatti, un più rapido SSC può aumentare l’efficacia delle tecniche di striking, schivate o entrate alle gambe. Senza voler entrare troppo nei tecnicismi, come riportato dal team di Science for Sport nella pliometria i tempi di contatto fra l’estremità di un arto (o degli arti) e il terreno, a seconda della durata, possono essere divisi in due categorie: movimenti pliometrici veloci (≤ 0,250 sec.) e lenti (≥ 0,251 sec.).

    Sopra vengono riportati i tempi medi di contatto con il terreno (istanti in cui avviene il ciclo di stiramento-accorciamento) in millisecondi. Tanto per fare degli esempi, gli sprint sono pliometria veloce, anche i salti in lungo ma non i salti con contro-movimento (slow plyometric exercise).

    Sopra, le fasi di un salto pliometrico illustrate e spiegate dai nostri colleghi di @boxingscience. Durante l’atterraggio da un salto l’organismo può assorbire forze d’impatto pari a 3-10 volte il proprio peso [11,12], pertanto è necessario usare delle progressioni per creare un “adattamento anatomico” delle articolazioni ai salti pliometrici. Senza un adeguato condizionamento dell’apparato locomotore (attivo e passivo) gli infortuni sono sempre dietro l’angolo. Da qui l’importanza di utilizzare in una prima fase del training camp gli shock jump, per poi passare a salti più rapidi e impegnativi.

    Post-activation potentiation (PAP)

    La PAP è una metodica di allenamento molto simile al più classico metodo a contrasto. Essa prevede lo stressare duramente l’organismo con uno sforzo sub-massimale per poi passare ad uno sforzo vagamente simile, senza peso, per incrementare le performance atletiche in un determinato gesto atletico.

    Qui sotto un breve esempio.

    Nel video l’atleta passa dall’eseguire 1/4 di squat per due volte (ripetizioni spezzate) al saltare più in alto che può (gesto atletico a corpo libero).

    Se un atleta salta 60 cm, cifra d’esempio, l’obiettivo è quello di utilizzare la PAP per abituare il corpo, in tempi medio-brevi, a saltare quei 4 o 5 cm in più [13,14,15].

    La PAP può essere utilizzata per rendere più veloci e potenti gli atleti in esercizi generici (salti di vario genere) o in movimenti più specifici. Volendo ci si può sbizzarrire abbinando l’esercizio di forma sub-massimale ad una breve combinazione di boxe, dei calci al sacco, un esercizio balistico, uno pliometrico, e così via. Esercizi con schemi di movimento, reclutamento di unità motorie e sequenziamento di muscoli e articolazioni simili devono essere accoppiati insieme per migliorare l’effetto di potenziamento.

    Esempi pratici

    PAP generica

    Squat 4×2 (serie x ripetizioni) + Depth Jumps 4×4

    Nello schema riportato sopra dopo ogni serie di squat (due ripetizioni) vengono eseguiti quattro depth jump (nel mezzo è consigliabile una breve pausa).

    Weighted Pull-Ups 4×3 + Reactive Med Ball Slams 4×4

    PAP sport specifica

    Affondi con manubri verso dietro 4×4 (a lato) + ginocchiate contro sacco/pad 4×4

    Panca piana con catene 4×3 + pugni al sacco pesante 4×6 sec.

    Sempre riguardo alla PAP è consigliabile tenere un basso volume (3-5 serie x 4-6 ripetizioni) di allenamento in modo da non sporcare troppo la tecnica e scongiurare un prematuro affaticamento. Di contro, l’intensità dev’essere piuttosto elevata per l’alzata pesante (1-3 RM) e molto leggera sul secondo esercizio (<30% 1RM o corpo libero). Bisogna inoltre motivare l’atleta affinché egli esegua gli esercizi alla massima esplosività possibile.

    A differenza del metodo a contrasto, dove si passa dall’alzata pesante all’esercizio esplosivo senza pause, qui si consiglia un recupero di 30-60 secondi fra i due esercizi e 2-3 minuti fra le serie. Vi sono anche studi che parlano di tempi di recupero nella serie (fra i due esercizi) vicini o superiori addirittura ai 10 minuti (Wilson J. M. et al., 2013), tuttavia ciò è poco funzionale a causa dell’enorme dilatazione dei tempi di lavoro e l’esperienza pratica porta a suggerire di rimanere su tempi più umani (30″-1′), in modo da poter accumulare un maggiore volume di allenamento.

    Conclusioni

    Come sempre, questi metodi e suggerimenti dovrebbero essere considerati insieme agli obiettivi dell’atleta, alla storia dell’allenamento e a vari tratti individuali che possono limitare determinati approcci. L’approccio misto risulta spesso il più indicato ma nulla vieta di concentrarsi su uno o due metodi inseriti nei momenti più opportuni all’interno di un macrociclo di allenamento.

    Per ulteriori approfondimenti vi sono altre letture da fare (elenco sotto), oppure potete scegliere una consulenza Skype col sottoscritto o farvi allenare (anche a distanza).

    Altre letture consigliate:
    - Test atletici per sport da combattimento
    - Ultimate Conditioning for Martial Arts
    - Struttura base di un training camp per sport da combattimento
    - Programma di allenamento per le MMA (4 settimane)
    - Preparazione atletica per Lotta e Grappling: una panoramica generale
    - MMA: l'allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson
    - La periodizzazione dell'allenamento: teoria e pratica
    - Sport da combattimento ed allenamenti errati
    - Metodi di potenziamento per gli sport da combattimento
    - Le caratteristiche del Fighter
    - Shock jump: la loro utilità nella preparazione atletica
    - Deallenamento: cosa, quando e perché
    - Come creare transfer: proposta d'allenamento per gli sport da combattimento
    - La preparazione atletica e la sconfitta: Georges St-Pierre, Mike Tyson e l’esperienza quotidiana
    - Allenamenti Sovietici: il paradosso della forza e della resistenza

    Grazie per l’attenzione .


    Referenze

    PJ Nestler – Optimizing Power for MMA (2019)
    1 Franchini, E. et al. – Physiological Profiles of Elite Judo Athletes (2011)
    2 Loturco, Irineu, et al. – Strength and Power Qualities Are Highly Associated With Punching Impact in Elite Amateur Boxers (2016)
    3 Stone, M., Stone, M., & Lamont, H. (n.d.). Explosive Exercise. Retrieved November 20, 2017
    4 Cormie P. et al. – Power Versus Strength-Power Jump Squat Training (2007)
    5 Fatouros I. G. et al. – Evaluation of Plyometric Exercise Training, Weight Training, and Their Combination on Vertical Jumping Performance and Leg Strength (2000)
    6 Cronin J. et al. – The role of maximal strength and load on initial power production (2000)
    7 Antonio, J. – Nonuniform response of skeletal muscle to heavy resistance training: can bodybuilders induce regional muscle hypertrophy? (2000)
    8 Behm, D. – Neuromuscular implications and applications of resistance training (1995)
    9 Hori N. et al. – Does Performance of Hang Power Clean Differentiate Performance of Jumping, Sprinting, and Changing of Direction? (2008)
    10 James, Lachlan – Mixed methods power development for mixed martial arts: A review of the literature (2014)
    11 Witzke K. et al. – Effects of plyometric jump training on bone mass in adolescent girls (2000)
    12 Hayes W. et al. – Toward a definition of impact loading in exercise studies of bone (1997)
    13 Baudry S. et al. – Postactivation potentiation in human muscle is not related to the type of maximal conditioning contraction (2004)
    14 French D. N. et al. – Changes in Dynamic Exercise Performance Following a Sequence of Preconditioning Isometric Muscle Actions (2003)
    15 Wilson J. M. et al. – Meta-Analysis of Postactivation Potentiation and Power (2013)

  • Morte improvvisa da sport: come, quando e perché

    Morte improvvisa da sport: come, quando e perché

    Si chiama morte improvvisa da sport, abbreviata con MIS ed esiste veramente. Ora, senza farci prendere dal becero sensazionalismo, vediamo in cosa consiste.

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    Cos’è la MIS?

    La morte improvvisa da sport è una morte che avviene entro un’ora dall’inizio dei sintomi acuti, in coincidenza temporale con l’attività sportiva ed in assenza di cause esterne atte di per sé a provocarla.

    (altro…)
  • L’abc della genetica

    L’abc della genetica

    La genetica, nel settore sportivo citata soprattutto quando si parla di crescita muscolare, è quel «ramo delle biologia che si occupa del materiale ereditario, cioè della sua struttura, del suo modo di funzionare, delle modalità della sua trasmissione, sia da una cellula alle sue discendenti (se si tratta di cellule dello stesso organismo si parla di g. somatica) sia da una generazione all’altra di organismi pluricellulari, e della sua storia evolutiva» (Vocabolario Treccani).

    DNA

    Acidi nucleici, DNA e RNA

    Gli acidi nucleici sono polimeri specializzati  (altro…)

  • Trazioni e attivazione muscolare

    Trazioni e attivazione muscolare

    Quello di cui andremo a parlare oggi riguarda uno studio che ha preso in esame tre tipi di trazioni, analizzando le differenze nell’attivazione muscolare (misurate tramite elettromiografie, EMG) [1].

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    Avevamo giù trattato l’argomento in un episodio del nostro Podcast, prendendo spunto da un post di Alessio Ferlito. Ma ora veniamo a noi… (altro…)

  • Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Come periodizzare l’allenamento della forza negli sport da combattimento?

    Phil Daru, noto preparatore atletico d’oltreoceano specializzato negli sport da combattimento, propone una periodizzazione dell’allenamento divisa in 7 fasi, volta al costruire una solida coordinazione inter e intramuscolare, in modo da coprire tutti gli aspetti dell’adattamento dell’organismo all’allenamento e incremento forza.

    Nel seguente articolo proporremo quanto da lui consigliato con qualche piccola aggiunta.

    Buona lettura!

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    Fasi di allenamento
     
    Ecco le sette fasi:
    1. Adattamento anatomico: gettare la basi per lo sviluppo della forza, lavorare sulla mobilità articolare e sulla prevenzione infortuni.
    2. Ipertrofia: aumentare la sezione trasversale dei muscoli e la coordinazione intermuscolare tramite l’utilizzo di sovraccarichi (resistance training) nell’ordine del 70-80% 1RM.
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      A grandi linee, a seconda degli esercizi e dello stimolo allenante che si vuole dare, con carichi corrispondenti al 70-80% del massimale si può lavorare su ripetizioni che vanno da 4-5 a 10

       

    3. Forza massimale: si lavora con carichi submassimali (≥ 85% 1RM) al fine di incrementare la forza massimale e la coordinazione intramuscolare.
    4. Conversione: la capacità di “trasferire” o convertire gli stimoli ed i miglioramenti fisici ottenuti dalle precedenti tre fasi, in prestazioni migliori. Come? Utilizzando esercitazioni di potenza ed esercizi via via più simili al gesto sportivo vero e proprio (specificità).
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      Nella foto, il coach Graziano Sciuto

       

    5. Mantenimento: vi è un importante scarico, pertanto volume e intensità d’allenamento calano, in modo da garantire un buon recupero fisico.
    6. Cessazione: la fine del mesociclo si trasferisce nella fase successiva.
    7. Compensazione: dopo il miglioramento delle prestazioni atletiche, ha inizio di una fase di allenamento successiva (nuovo mesociclo).
    Altre indicazioni generali

    A seconda del soggetto, dello sport praticato, del livello (dilettante o professionista) e del suo eventuale calendario gare, quanto riportato sopra può essere intenso ed applicato in più modi e con tempistiche differenti.

    Per esempio, un lottatore di MMA potrebbe gettare le basi per la capacità aerobica nelle prime settimane, in parallelo all’incremento della forza massimale e resistente (dalla fase 1 alla fase 3). Per poi concentrarsi subito dopo (fase 4 e 5) sulla potenza aerobica, forza esplosiva e sulla resistenza lattacida ed alattacida specifica. Ed infine, fare un microciclo di scarico (meno volume e magari anche intensità) per recuperare quanto basta per arrivare in forma ad un incontro. Ovviamente, senza tralasciare gli allenamenti dedicati alla tecnica ed alla tattica con il proprio maestro e gli sparring partner, la mobilità articolare, eventuali sedute con il mental coach e così via.

    Quanto illustrato nelle righe sopra è un modo per spalmare le 7 fasi su un intero macrociclo. In alternativa, in sport più di rapidità, dove quindi non sono richiesti grandi livelli di forza massimale, queste 7 fasi possono essere racchiuse in un solo mesociclo. Per esempio nel primo mesociclo di preparazione fisica generale (GPP).

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    Esempio dell’alternanza del volume ed intensità durante 13 settimane di allenamento quando l’intensità raggiunge il suo picco massimo, vi è una proporzionalità inversa con la quantità di volume.

    Anche se non specificato da Phil Daru è bene suggerire di effettuare dei piccoli scarichi ogni tanto fra le prime fasi (ad esempio fra la fase 2 e la 3), in modo da scongiurare il sovrallenamento. Fenomeno purtroppo molto frequente nello sport professionistico.

    Conclusioni

    E’ compito di un buon preparatore atletico valutare i livelli di forza del proprio cliente/atleta e somministrargli i giusti stimoli allenanti, in modo da monitorare l’affaticamento e farlo arrivare al top della condizione nel periodo competitivo.

    Per ulteriori approfondimenti vi rimandiamo ai seguenti articoli:

     

    Grazie per l’attenzione.

    Buon allenamento!


    oc


    Bibliografia

    Daru P. – Periodization Programming for strength & performance! (2017)

    Cravanzola E. – La periodizzazione dell’allenamento: teoria e pratica (2016)

    Sciuto G. – Come creare transfer: proposta di allenamento per gli sport da combattimento (2018)

    Cravanzola E. – Test atletici per sport da combattimento (2017)

  • Allenamento parallelo di forza e resistenza: vantaggi e svantaggi

    Allenamento parallelo di forza e resistenza: vantaggi e svantaggi

    Allenare più capacità organico-muscolari sia un contesto competitivo che salutistico ha i suoi pro e contro, come ogni cosa del resto. In questo articolo vedremo cosa comporta abbinare gli allenamenti mirati all’incremento della forza massimale e quelli finalizzati al miglioramento della resistenza aerobica (endurance), dispensando un po’ di consigli pratici. (altro…)

  • Deallenamento: cosa, quando e perché

    Deallenamento: cosa, quando e perché

    Un termine che non cade mai in disuso è indubbiamente quello che avete appena letto nel titolo di questo articolo, il deallenamento.

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    Il deallenamento è stato trattato ed approfondito in un episodio del nostro Podcast ascoltabile (e scaricabile) gratuitamente al seguente link.

    Cos’è?

    Per deallenamento (detraining) si intende la perdita, più o meno marcata, di tutti quegli adattamenti fisiologici che l’organismo aveva avuto tramite l’allenamento fisico. Da quelli (altro…)

  • Creatina: guida all’integrazione

    Creatina: guida all’integrazione

    La creatina è indubbiamente uno degli integratori più diffusi ed utilizzati nell’ambiente della palestra. In questo articolo, dal titolo sicuramente provocativo, cercheremo di parlare di tutto ciò che riguarda questo composto (fisiologia, materiale scientifico, rapporto con altri integratori, dosaggio, eccetera). Buona lettura!

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    Cenni di chimica e fisiologia

    La creatina è un composto ergogenico che nel nostro corpo si trova per un 40% in forma libera, per un 50% in forma fosforilata e per il restante 10% è contenuta nel fegato, ove è sintetizzata da due aminoacidi ed un coenzima, reni e cervello. Il nostro organismo ne produce circa 1 grammo al giorno. La creatina viene utilizzata principalmente per la sintesi dell’ATP (adenosintrifosfato) del sistema anaerobico alattacido.

    E’ presente nel cibo (manzo, latte, tonno ecc.) ma in quantità assai ridotte che mai e poi mai potrebbero sostituire una supplementazione esterna.

    La maggior parte degli studi attualmente presenti in letteratura scientifica associa l’assunzione di creatina, cronica e non, a miglioramenti della performance anaerobica (forza e potenza) [1,2,3,4]. Anche l’ipertrofia muscolare è influenzata positivamente da questo composto [5,6].

    Performance
    Effetti della creatina su sforzi brevi (grafico di sinistra, ≤ 30″) e sforzi un po’ più duraturi (grafico a sinistra, 30-150″). Oltre i 150″ di sforzo continuo, i miglioramenti sono meno netti. Legenda: AE = arm ergometry; BE = cicloergometro (cyclette); IK = forza isocinetica di torsione; IM = forza isometrica; IT = forza isotonica; JP = salto; RN = sprint (corsa); SK = pattinaggio veloce; SW = nuoto; KY = kayaking. Branch J. D. (2003) [21].

    Come per la questione EPO di cui avevamo già parlato qui, su un certo numero di soggetti la creatina non ha alcun effetto (soggetti “non-responder”), i quali rappresentano indicativamente il 20-30% della popolazione [7]. Uno studio del 2004 sostiene che i soggetti “responder” tendano ad avere dei livelli di creatina intramuscolare abbastanza bassi e per questa ragione, una volta assunta la creatina con gli integratori, i livelli di quest’ultima cambino significativamente (in positivo). I ricercatori del medesimo studio, ritengono inoltre che i “responder” abbiano mediamente più massa magra e fibre muscolari rapide (tipo II) [8].

    Oltre a quanto già detto, come riportano molti autori, la creatina accelera la supercompensazione del glicogeno se assunta in concomitanza con dei carboidrati, i quali a loro volta danno una mano nello stoccaggio della creatina nei muscoli [22,23,24].

    Durante il primo mese di assunzione si ha sempre un aumento di peso (circa 1-2 kg) derivante dalla forte ritenzione idrica che causa questo composto, ciò in sport con classi di peso può essere un problema. Il corpo si libera di questa acqua intracellulare 2-3 settimane dopo lo stop della assunzione di creatina. Uno scarico, o stop definitivo, può aver senso solo ed esclusivamente per un discorso di peso, utilità per il proprio sport, costi (la creatina non la regalano) e feedback dell’atleta, dato che essa non dà assuefazione.

    Presunto antagonismo con la caffeina

    Più di 20 anni fa, un celebre studio di Vandenberghe e colleghi [9] notò, quasi per caso, un certo antagonismo fra la creatina e la caffeina. Lo studio tuttavia presentava grossi limiti (breve durata, un solo test per misurare la variazione di performance, un periodo di scarico troppo breve, un campione poco ampio, dosi di caffeina forse eccessive). Negli anni a seguire, sono state pubblicate una miriade di ricerche scientifiche che hanno smentito questo antagonismo [10,11,12,13,14]. Il fatto che molte di esse abbiano usato protocolli di assunzione-scarico differenti dallo studio di Vandenberghe citato ad inizio paragrafo, non esclude del tutto che fare un carico di creatina a pochi giorni da una competizione (20-25 grammi/dì per 4-5 giorni di fila), possa annullare gli effetti positivi della caffeina, o viceversa. Questo però solamente in acuto.

    Campi di utilizzo

    Bodybuilding e fitness, powerlifting, weightlifting, atletica leggera (nonostante l’aumento di peso scaturito dalla sostanza). E’ inoltre utilizzata nelle pratiche di taglio del peso, infatti, dopo la disidratazione, abbinata a molta acqua, aiuta a richiamare liquidi a livello intracellulare.

    Tipologie

    Esistono vari tipi di creatina, dalla classica monoidrato alla etil estere o alcalina. Dietro a tutte queste suddivisioni, purtroppo, c’è molto marketing. La più conveniente in termini di costi-benefici è la monoidrato (creatina combinata con una molecola di acqua). Le altre forme, quasi tutte più costose di quest’ultima, non apportano chissà che effetti superiori, anzi, teoricamente la creatina etil estere (CEE) è anche peggiore della monoidrato. Perché? Perché è stato visto che si degrada subito, convertendosi quasi immediatamente in creatinina (suo primario prodotto metabolico), risultando quindi inefficace per l’incremento delle prestazioni e della massa muscolare [15,16]. “L’integrazione con creatina etil estere ha mostrato un grande aumento nel siero (sanguigno, NdR) dei livelli di creatinina senza aumentare in modo significativo i livelli di creatina totale nei muscoli. Questo può voler dire che una larga porzione di creatina etil estere è stata degradata all’interno del tratto gastrointestinale dopo l’ingestione.
    Inoltre sembra che l’assorbimento di creatina etil estere da parte dei muscoli non è abbastanza imponente da aumentare i livelli di creatina nei muscoli stessi senza prima una significativa degradazione di creatina in creatinina” [17].

    Creatina
    Da sinistra a destra: livelli sierici di creatina, creatinina e contenuto di creatina nei muscoli. PLA = placebo; CRT = creatina monoidrato; CEE: creatina etil estere (Spilane M. et al, 2009)

    Discorso simile per la creatina alcalina, la quale teoricamente dovrebbe migliorare l’assorbimento della creatina grazie ad una riduzione della conversione in creatinina, la cosa però è stata smentita da uno studio di qualche anno fa [18]. O la citrato, che ha dimostrato buoni risultati ma non è mai stata confrontata con la monoidrato.

    Per di più, una recentissima review di Andres S. e colleghi, oltre ad aver ribadito la sicurezza della monoidrato, ha sconsigliato la creatina orotata e gluconato perché apparentemente poco sicure per la salute [25].

    In definitiva, marketing a parte, la monoidrato sembra a tutti gli effetti essere la migliore forma di creatina attualmente in commercio (e costa anche meno…).

    Effetti collaterali

    I problemi che si potrebbero manifestare con l’uso, e abuso, di creatina sono principalmente due: disturbi gastrointestinali e diarrea.

    Nonostante in passato sia stato fatto un po’ di terrorismo psicologico sulla questione creatina-danni renali. La scienza ha smentito questi ipotetici problemi ai reni derivanti dall’assunzione di creatina in soggetti sani [19].

    Dosaggio

    Se ne consiglia un’assunzione di 3-5 g/dì. Quella del carico iniziale di creatina (20-25 grammi nei primi giorni) è una teoria ormai superata, in quanto nel cronico un dosaggio più contenuto ma costante dà i medesimi risultati di uno, almeno inizialmente, più spinto [20]. Tuttavia, l’assunzione di 20-25 g/dì può avere senso in acuto. Se ad esempio al week-end c’è una gara, un atleta potrebbe ricorrere al carico di creatina (diviso in singole dosi di 5 grammi l’una) a partire dal lunedì della stessa settimana.

    Esempio pratico

    Lunedì: 20-25 g
    Martedì: 20-25 g
    Mercoledì: 20-25 g
    Giovedì: 20-25 g
    Venerdì: 20-25 g
    Sabato: 5 g
    Domenica: gara

    Può essere presa in vari momenti della giornata (in compresse o polvere), appena svegli, in concomitanza o 30 minuti dopo un pasto, 90 minuti prima di un allenamento o poco dopo.

    Conclusioni

    Che dire, siamo davanti ad uno degli integratori alimentari più studiati e più efficaci in assoluto. E’ consigliabile provarla almeno negli sport di forza, potenza e anaerobici (alta intensità e breve durata). Meno indicata per gli sport più aerobici come il nuoto o le corse di lunga durata (maratona), tenendo anche conto del problema legato al leggero aumento del peso.

    Ovviamente prima bisogna guardare alle priorità alimentari e concentrarsi sull’allenamento, la creatina non ha nulla di miracoloso, tuttavia può essere un valido alleato per molti.

    Buon allenamento!


    oc
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