Parlando di strength and conditioning per sport da combattimento qualcuno avrà magari sentito nominare gli “shock jump“. Ma qual è di preciso il loro ruolo? Scopriamolo insieme!
Tecnica di base
Quello riportato nella foto sopra è uno shock jump. Una caduta da un rialzo (altro…)
Nel vasto mondo degli sport da combattimento e delle arti marziali, discipline come la lotta (wrestling), grappling (no-gi), il classico brazilian jiu jitsu (gi), il judo, ecc. rappresentano una categoria differente rispetto alle solite specialità fatte principalmente di percussioni (striking).
Non occorre di certo una perspicacia fuori dal comune per intuire che le capacità condizionali e le richieste energetiche a cui l’organismo va incontro durante una gara di grappling non siano le medesime necessarie per competere nel pugilato piuttosto che nella kickboxing.
In questo scritto tratteremo proprio di fisiologia sportiva applicata alla categoria di sport da combattimento (SdC) citata ad inizio articolo. Buona lettura!
Introduzione
Chiunque abbia mai calcato, anche solo a livello amatoriale, un tatami od una gabbia sa bene quanto sia duro ed energeticamente dispendioso allenarsi e magari anche gareggiare negli sport da combattimento. Le sottomissioni del grappling, dagli strangolamenti alle leve articolari, le mille proiezioni della lotta libera e greco-romana, le fasi di transizione, i passaggi di guardia.
Proprio perché sono molto duri, occorre essere fisicamente ben preparati, oltre che tecnicamente anche fisicamente. Esistono cinture nere che in quanto a strength and conditioning sono poco più che cinture gialle e cinture gialle che dal punto di vista atletico sono cinture nere.
Ecco, per quanto possibile, bisogna tentare di ottimizzare il tutto. Cinture nere nello sport e cinture nere nella preparazione atletica.
Diventare eruditi circa il condizionamento fisico per gli SdC non è facile, soprattutto se non si è poliglotti e non si hanno basi di alcun tipo. Questo articolo può essere un buon punto di partenza.
Sistemi energetici e capacità condizionali
Come già accennato in precedenza, vi è una marcata differenza fra i livelli di capacità condizionali (forza, resistenza, velocità) e di utilizzo dei substrati energetici richiesti dal corpo di un lottatore, rispetto a quelli necessari ad uno striker per essere performante.
La tabella riportata sopra, presa dal libro “Ultimate Conditioning for Martial Arts“, mostra a grandi linee i tempi di lavoro (in competizioni ufficiali) di tre SdC legati da alcune similitudini.
In tutti e tre è ovviamente richiesta una solida base di forza massimale, una buona velocità, potenza e resistenza. Inoltre, nel wrestling e grappling/bjj ricopre una certa importanza l’efficienza del sistema aerobico. Il quale ha il compito di smaltire e riconvertire i prodotti di scarto del metabolismo anaerobico lattacido. Per resistere invece all’accumulo di acido lattico è importante possedere una buona resistenza anaerobica lattacida e alattacida (potenza e capacità a/lattacida).
Logicamente, dato che i sistemi energetici lavorano in contemporanea (fig. sotto), vi è una componente energetica aerobica anche in sport come il judo, anche se minore (raggiunge invece il suo apice in SdC come la boxe professionistica).
Le differenze inerenti l’utilizzo delle capacità condizionali negli SdC dipendono principalmente dalla velocità con cui una forza viene applicata. Con lo sviluppo di tensione, nel muscolo si verifica un accorciamento, questo accorciamento avviene in una determinata quantità di tempo, per cui, secondo la relazione fisica spazio/tempo si può riuscire a quantificare il tempo in cui questa contrazione avviene. Per sviluppare la massima forza esprimibile necessaria per un determinato movimento occorre tempo. Il tempo per raggiungere il picco di forza varia da persona a persona (leve, coordinazione inter e intramuscolare, fibre muscolari, capacità di reclutamento) e dal tipo di movimento.
Normalmente il tempo necessario per raggiungere il valore del picco della forza (F) è poco superiore a 0,4 secondi. Se paragoniamo gli 0,4″ con il tempo necessario per sviluppare forza in alcuni sport, capiamo perché in alcuni di essi l’allenamento con alti sovraccarichi a basse velocità è un importante aspetto della preparazione atletica e in altri no.
Specialmente nelle discipline di velocità, il tempo disponibile per imprimere forza (spinta a terra) è brevissimo (tabella), ciò ci dà un’idea delle priorità della preparazione atletica per questi sport.
Tanto per essere più chiari, in tutti gli esempi riportati sopra, potranno essere raggiunti livelli di forza più o meno alti ma mai massimali. Non è un caso che i lanciatori del giavellotto allenino molto meno la forza massimale (spostamento di alti sovraccarichi a basse velocità), rispetto a chi fa lancio del peso (il giavellotto è molto più leggero del peso, pertanto può essere espressa tramite il lancio di esso una minor Fmax).
Allo stesso modo, il jab di un abile boxeur (colpo dritto e rapido) si muove con una velocità ben diversa rispetto ad una normale proiezione di un lottatore (hip toss, double leg, single leg…). Quindi a livello fisiologico, fisico e biomeccanico cosa succede? Se siete stati attenti l’avrete sicuramente capito. Il pugile non esprimerà mai e poi mai tutta la sua forza in quel colpo, è impossibile, i suoi segmenti corporei ed i relativi muscoli si muovono troppo velocemente, non c’è il tempo necessario per sviluppare grandi livelli di forza. Al contempo, il lottatore portando un takedown sarà un po’ più lento ma riuscirà ad imprimere molta più forza in quella tecnica.
Attorno a questi tediosi ma importanti concetti gira tutto il discorso sulle giuste capacità condizionali per gli sport da combattimento. Bisogna quindi fermarsi un attimo a riflettere per cercare di comprendere cosa serve per lo sport che si pratica.
Andando al nocciolo della questione, un lottatore o grappler deve essere rapido per afferrare un arto dell’avversario oppure per fare un’entrata alle gambe, tuttavia per rendere efficace il proprio takedown deve obbligatoriamente imprimere una certa forza nel gesto atletico, specialmente se l’avversario o lo sparring partner è pesante ed oppone molta resistenza.
Per questa ragione, a causa delle richieste di forza ed alle fasi statiche – basti pensare ad un fighter che prova disperatamente ad uscire da una brutta situazione come la monta od una sottomissione quasi completamente chiusa – ogni grappler e lottatore se vuole avere delle buone prestazioni deve necessariamente allenare ciò che segue:
Forza massimale
Forza resistente
Forza esplosiva/potenza
Velocità/rapidità
Resistenza (aerobica ed anaerobica)
Ai lettori più nerd, facciamo notare come la differenza tra la forza di un jab (Fm, forza massimale raggiunta in determinate condizioni) e quella di un potente takedown (Fmm, il più elevato dei valori di forza massimale raggiunti nelle condizioni più favorevoli) è misurabile ed ha un nome: deficit di forza esplosiva (explosive strength deficit – ESD).
Dopo tanta teoria passiamo a dare qualche indicazione su come mettere in pratica quanto detto finora.
Mettiamo caso che un atleta di buon livello abbia un match importante e circa quattro mesi di tempo per allenarsi, dividiamo quindi il tempo totale a disposizione (macrociclo) in 3 mesocicli.
Sopra, le tre principali fasi temporali di una periodizzazione.
Tenendo a mente quali sono le priorità di allenamento elencate poco fa, proviamo a mettere nero su bianco una successione dei mesocicli ed a seguirla.
Mesociclo n.1 (microcicli 1-2-3-4)
Mesociclo n.2 (microcicli 5-6-7-8)
Mesociclo n.3 (microcicli 9-10-11-12)
Mesociclo n.4 (microcicli 13-14-15-16)
Come molti già sapranno la periodizzazione, a seconda della tipologia di lavoro svolto, è suddivisibile in tre macro-aree: periodo di preparazione generale (GPP) – Periodo specifico (PPS) – Periodo competitivo (PC) – Periodo transitorio (PT).
Generalmente la preparazione generale dura più di quella specifica (rapporto temporale di 2:1). Come facilmente intuibile dai nomi, il GPP consiste in lavori più aspecifici, dissimili da ciò che poi verrà fatto in gara (un lottatore sul tatami di gara non solleva bilancieri). Invece, la seguente PPS si pone come via di mezzo fra un lavoro aspecifico e la competizione vera e propria, durante il periodo di preparazione specifica vengono chiamati in causa gesti ed esercizi un po’ più simili a quelli dello sport in sé (stessa cosa per le tempistiche di lavoro).
Quello del PC è il periodo dove si compete. Può essere rappresentato da un singolo match o da più incontri spalmati in una stessa giornata o in più giorni.
Infine, abbiamo il periodo transitorio che è generalmente rappresentato da un paio di microcicli rigenerativi molto aspecifici, con una frequenza di allenamento più bassa e con poco volume e intensità.
Per essere più chiari…
Molto indicativamente, una “tabella di marcia” potrebbe essere quella mostrata sopra, con un periodo di preparazione generale (settimana 1-10), una fase di preparazione specifica (sett. 11-15) ed il periodo competitivo (ultima settimana).
Dopo un paio di settimane di adattamento anatomico con un volume di allenamento medio ed un’intensità medio-bassa (carichi non superiori al 50-60% 1RM), si inizia ad aumentare il lavoro di resistance training, sia per l’incremento della forza massimale che resistente. In questo periodo si può anche andare ad utilizzare con esercizi mono-articolari per sviluppare i muscoli più carenti (nel caso questi siano particolarmente deboli rispetto agli altri). Per i lavori di forza resistente (continui o a circuito) si possono utilizzare esercizi coi sovraccarichi, a corpo libero e con compagno.
Al fine di costruire una solida base aerobica si ricorre alla corsa o alla bicicletta, non superando il 70-75% della frequenza cardiaca su lavori continui della durata di 30-60 minuti (capacità aerobica). Invece, riguardo alla potenza aerobica, si fanno corse alla soglia del VO2max per 3-4′ o interval training particolarmente intensi (HIIT). Nel grafico riportato sotto, è osservabile il miglioramento del massimo consumo di ossigeno e della gittata sistolica, entrambi ottenuti tramite un allenamento ad intervalli (15/15) ed uno di corsa prolungata per tempi modesti (4×4 min).
Aerobic high-intensity intervals improve VO2max more than moderate training (Helgerud J. et al., 2007); grafico a cura del Dott. Paolo Evangelista.
Fra la fine della GPP e l’inizio della fase più specifica possiamo sbizzarrirci (per modo di dire) con lavori esplosivi con kettlebell, metodo a contrasto, palle mediche (anche simulando i gesti di gara), balzi, eccetera. E sulla velocità è bene usare degli sprint su brevi distante (10-50 metri) e lavorare sulla capacità di reazione.
Per ultima, ma non meno importante, la resistenza anaerobica. Si cerca di rendere l’organismo più tollerante all’accumulo di acido lattico, in modo da migliorare la tenuta atletica generale, ricorrendo a circuiti che possono mischiare esercizi a corpo libero o gesti da gara. I tempi di lavoro sono riportati poco più sotto.
A grandi linee, quelli che seguono sono i metodi di lavoro.
Forza massimale: 3-6 sets x 3-7 ripetizioni (75-90% 1RM)
Forza resistente aerobica (capacità): 10-15′ di lavoro (rec. incompleto, 2-4′)
Forza resistente aerobica (potenza): 3-5′ di lavoro (rec. completo)
Forza resistente anaerobica (capacitàlattacida): 90-120″ di lavoro (rec. incompleto, circa 1′)
Forza resistente an. (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro (recupero completo)
Forza resistente an. (capacità alattacida): 12-20″ di lavoro (rec. incompleto, circa 1′)
Forza resistente an. (potenza alattacida): 5-10″ di lavoro (rec. completo, 2-3′)
Forza esplosiva/power: 3-6 sets x 1-5 ripetizioni
Resistenza aerobica (capacità): 30-60′ di lavoro (65-75% FCmax)
Resistenza aerobica (potenza): 3-4′ di lavoro (85% Fcmax) ripetuti 3-4 volte (rec. 2-4′)
Velocità/rapidità: sprint di vario genere su brevi distanze (10-50 m) con rec. completo
Potenza resistente (capacità lattacida): 60-120″ di lavoro (rec. 60-90″)
Potenza resistente (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro (rec. 3-5′)
Potenza resistente (capacità alattacida): 12-20″ di lavoro (rec. 10-45″)
Potenza resistente (potenza alattacida): 5-12″ di lavoro (rec. 1-3′).
Intensità: percentuale del carico sollevato rispetto al proprio massimale (% 1RM), percentuale della frequenza cardiaca massima (% FCmax).
Volume: serie x volume x kg sollevati (tonnellaggio), serie di corsa x metri corsi (chilometraggio totale).
Densità: rapporto fra lavoro e recupero (work on/off).
Per monitorare la frequenza cardiaca è vivamente consigliato l’utilizzo di un cardiofrequenzimetro.
Gli esercizi da utilizzare, alcuni li abbiamo già accennati, bene o male sono quelli che tutti gli addetti ai lavori già conoscono: sollevamenti con bilanciere, trap bar e manubri, kettlebell, palle mediche, corsa, bici e/o cyclette, vogatore, balzi di vario genere, slitta, sprint su brevi distanze (anche con cambi di direzione), battle rope, esercizi a corpo libero e con partner, elastici, macchine isotoniche, gesti tecnici tipici dello sport praticato e così via.
Sopra, una camminata prolungata volta all’incremento della forza resistente di tipo aerobico (aerobic strength endurance).
Con 2-3 sedute di allenamento (preparazione atletica) a settimana si possono ottenere dei bei risultati.
Cosa manca? Di altro ovviamente c’è da allenare la coordinazione, equilibrio e propriocezione e fare il giusto stretching più eventuali sedute dedicate alle tecniche di recupero (massaggi, bagni freddi). La flessibilità (stretching) va allenata durante tutto il macrociclo; coordinazione, equilibrio e propriocezione trovano il loro collocamento principalmente durante la fase di preparazione fisica generale (GPP).
Sia nella GPP che SSP è inoltre consigliabile allenare con moderazione il collo.
Ovviamente durante l’intera preparazione ci saranno moltissimi allenamenti “tradizionali” con il maestro ed i compagni, dove si andrà a lavorare sulla tecnica, lo sparring e su eventuali scelte tattiche e strategiche. Di ciò però non parliamo dato che non è compito del preparatore atletico occuparsi di queste cose. Va comunque specificato, perdonate la banalità, che è inutile massacrarsi di preparazione atletica se non si è sufficientemente bravi nel proprio sport. Sul tatami di gara non si va a squattare, saltare o ad eseguire circuiti, ma a combattere con un avversario. È follia pensare a una cintura blu di bjj che passa più tempo a sollevare pesi che a rollare con i compagni di allenamento!
Conclusioni
Gli sport da combattimento sono sport estremamente complessi, anche sotto al profilo dello strength and conditioning. Allenarsi tanto ma soprattutto bene, alternando gli stimoli allenanti, individualizzando il lavoro e periodizzando il tutto si può fare molto, elevando le performance sportive di chiunque. Dall’atleta più portato a quello più scarso.
In futuro torneremo a parlare di questi argomenti, approfondendo alcuni concetti, anche in base all’apprezzamento che lettori, atleti e coach avranno nei riguardi di questo articolo.
Landow L. – Ultimate Conditioning for Martial Arts (2016) Bompa T. e Buzzichelli C. –Periodizzazione dell’allenamento sportivo (2017) Joel Jamieson – Ultimate MMA Conditioning (2009) Jan Helgerud, Kjetill Høydal, Eivind Wang, Trine Karlsen, Pålr Berg, Marius Bjerkaas, Thomas Simonsen, Cecilies Helgesen, Ninal Hjorth, Ragnhild Bach, Jan Hoff – Aerobic high-intensity intervals improve VO2max more than moderate training. Med Sci Sports Exerc. 2007 Apr;39(4):665-71.
Come periodizzare l’allenamento della forza negli sport da combattimento?
Phil Daru, noto preparatore atletico d’oltreoceano specializzato negli sport da combattimento, propone una periodizzazione dell’allenamento divisa in 7 fasi, volta al costruire una solida coordinazione inter e intramuscolare, in modo da coprire tutti gli aspetti dell’adattamento dell’organismo all’allenamento e incremento forza.
Nel seguente articolo proporremo quanto da lui consigliato con qualche piccola aggiunta.
Buona lettura!
Fasi di allenamento
Ecco le sette fasi:
Adattamento anatomico: gettare la basi per lo sviluppo della forza, lavorare sulla mobilità articolare e sulla prevenzione infortuni.
Ipertrofia: aumentare la sezione trasversale dei muscoli e la coordinazione intermuscolare tramite l’utilizzo di sovraccarichi (resistance training) nell’ordine del 70-80% 1RM.
A grandi linee, a seconda degli esercizi e dello stimolo allenante che si vuole dare, con carichi corrispondenti al 70-80% del massimale si può lavorare su ripetizioni che vanno da 4-5 a 10
Forza massimale: si lavora con carichi submassimali (≥ 85% 1RM) al fine di incrementare la forza massimale e la coordinazione intramuscolare.
Conversione: la capacità di “trasferire” o convertire gli stimoli ed i miglioramenti fisici ottenuti dalle precedenti tre fasi, in prestazioni migliori. Come? Utilizzando esercitazioni di potenza ed esercizi via via più simili al gesto sportivo vero e proprio (specificità).
Nella foto, il coach Graziano Sciuto
Mantenimento: vi è un importante scarico, pertanto volume e intensità d’allenamento calano, in modo da garantire un buon recupero fisico.
Cessazione: la fine del mesociclo si trasferisce nella fase successiva.
Compensazione: dopo il miglioramento delle prestazioni atletiche, ha inizio di una fase di allenamento successiva (nuovo mesociclo).
Altre indicazioni generali
A seconda del soggetto, dello sport praticato, del livello (dilettante o professionista) e del suo eventuale calendario gare, quanto riportato sopra può essere intenso ed applicato in più modi e con tempistiche differenti.
Per esempio, un lottatore di MMA potrebbe gettare le basi per la capacità aerobica nelle prime settimane, in parallelo all’incremento della forza massimale e resistente (dalla fase 1 alla fase 3). Per poi concentrarsi subito dopo (fase 4 e 5) sulla potenza aerobica, forza esplosiva e sulla resistenza lattacida ed alattacidaspecifica. Ed infine, fare un microciclo di scarico (meno volume e magari anche intensità) per recuperare quanto basta per arrivare in forma ad un incontro. Ovviamente, senza tralasciare gli allenamenti dedicati alla tecnica ed alla tattica con il proprio maestro e gli sparring partner, la mobilità articolare, eventuali sedute con il mental coach e così via.
Quanto illustrato nelle righe sopra è un modo per spalmare le 7 fasi su un intero macrociclo. In alternativa, in sport più di rapidità, dove quindi non sono richiesti grandi livelli di forza massimale, queste 7 fasi possono essere racchiuse in un solo mesociclo. Per esempio nel primo mesociclo di preparazione fisica generale (GPP).
Esempio dell’alternanza del volume ed intensità durante 13 settimane di allenamento quando l’intensità raggiunge il suo picco massimo, vi è una proporzionalità inversa con la quantità di volume.
Anche se non specificato da Phil Daru è bene suggerire di effettuare dei piccoli scarichi ogni tanto fra le prime fasi (ad esempio fra la fase 2 e la 3), in modo da scongiurare il sovrallenamento. Fenomeno purtroppo molto frequente nello sport professionistico.
Conclusioni
E’ compito di un buon preparatore atletico valutare i livelli di forza del proprio cliente/atleta e somministrargli i giusti stimoli allenanti, in modo da monitorare l’affaticamento e farlo arrivare al top della condizione nel periodo competitivo.
Per ulteriori approfondimenti vi rimandiamo ai seguenti articoli:
Con questo articolo proverò a dare un circuito d’allenamento creato appositamente per creare Transfer dal gesto funzionale al gesto atletico in periodo pre-agonistico.
Buona lettura!
Articolo scritto da Graziano Sciuto e rifinito da Enrico Cravanzola
Cos’è il Transfer?
Tradotto letteralmente significa “Trasferimento”, ovvero spostamento di qualcosa da una posizione A ad una posizione B.
Riportando tale significato in ambito della preparazione atletica per sport da combattimento (SdC), ci dovrà essere un vero e proprio trasferimento delle capacità condizionali acquisite nel periodo preparatorio aspecifico, riuscendo ad applicarle nel gesto atletico specifico in fase agonistica.
Tradotto con un esempio: se abbiamo un thai-boxer che riesce a spingere 120-130 kg di squat con bilanciere, ma poi la stessa forza applicata al bilanciere non riesce ad esprimerla al meglio in un qualsiasi gesto atletico come ad esempio il low kick, è evidente che c’è qualche problema.
Pertanto sarà compito del preparatore saper creare dei protocolli d’allenamento atti a creare il giusto transfer al fine di non rendere vano il lavoro fatto durante il periodo preparatorio aspecifico.
Passiamo alla pratica
Qui di seguito voglio quindi mostrarvi una proposta d’allenamento a circuito per creare transfer nel gesto atletico specifico del pugno.
Stavolta non mi limiterò a scrivere solo gli esercizi e le ripetizioni ma vi spiegherò anche il perché questa sequenza di esercizi.
Esempio di routine di allenamento:
Warm Up (riscaldamento)
Salti con la corda corda & mobilità articolare
Workout:
3/5 Round
5 rep Squat con bilanciere
2′ Power Swing
5 rep*lato Rubber Band Squat&Rotation
5 rep*lato Medball Rotate&Boost
2′ Boxe al Sacco
Il protocollo d’allenamento presentato serve per creare transfer sull’efficienza ed efficacia del pugno.
Probabilmente ti starai chiedendo: Ma perché inserire gli squat se ci stiamo focalizzando sul pugno?
La risposta è più semplice del previsto:
Da dove arriva la vera potenza del pugno? Esatto, dalle gambe!!!
Non per niente la funzione principale della catena estensoria dell’anca è appunto la propulsione. Non per niente negli arti inferiori abbiamo i muscoli più grossi e potenti del nostro organismo.
Come nel gesto del pugno, la forza viene dalle gambe anche per la maggior parte dei gesti atletici, fermati un attimo a riflettere: un giocatore di basket che movimento fa quando si prepara a lanciare la palla? Ed un pallavolista? Un tennista? Un golfista invece?
Un po’ di dati
Quanto detto fino ad ora, ovviamente, è ben noto in letteratura scientifica. Come illustrato nella tabella riportata sotto, più un pugile è abile e più riesce a generare potenza nei suoi colpi tramite il movimento di gambe.
In percentuale, la rotazione del tronco e la spinta con la gamba posteriore generano un potenza molto simile (rispettivamente il 37 ed il 38% della potenza totale). L’estensione delle braccia è ciò che genera meno potenza negli atleti di alto livello (24%) e, al contrario, più potenza nei principianti (quasi il 38%).
Tutto parte dalle gambe. Gli americani dicono “LEGS DRIVE MOVEMENT” ed è la sacrosanta verità.
Spiegazione e indicazioni generali
Quindi:
Inizio con lo Squat per lavorare sulla propulsione in modo aspecifico;
Back Squat con bilanciere
Segue il Power swing, per lavorare su propulsione, stabilizzazione del core e trasferimento dell’energia al kettlebell attraverso le braccia;
Power Swing con KettleBell
Terzo esercizio, si continua a lavorare per come si è fatto fin’ora, inserendo però anche le componenti rotazione e controllo dinamico del core, fondamentali nel lavoro di schivata e contrattacco, e la componente resistente e destabilizzante dell’elastico, utile al lavoro di ottimizzazione del pugno;
RubberBand Squat&Rotate
Med Ball Rotate&Boost, si lavora su reattività, pliometria e rotazione con il lancio dinamico della palla medica, cercando contestualmente di attenuare gli effetti negativi che nel lungo periodo può dare il ritorno elastico della rubber band dell’esercizio precedente;
MedBall Rotate&Boost
Ultimo esercizio, si lavora sul gesto atletico dello sport praticato (specificità)
Avete notato che non ho inserito la distensione su panca piana? Sapete il perché?
La panca piana in sé per sé è un esercizio che toglie molte energie ed affatica tutta la prestazione del cingolo scapolo-omerale e della catena trasversa, quindi inserendola nel circuito d’allenamento avrei ottenuto proprio l’opposto dell’effetto ricercato, braccia stanche e pugni lenti.
Intanto questo è proprio quello che si vede ogni tanto in giro, panca piana al multipower “esplosiva” ed a gambe alzate per “isolare” il movimento e lavorare di più sul pettorale seguita da una sessione di shadow boxing con i pesetti da 2 kg.
E’ ormai da parecchie settimane che mi occupo della preparazione atletica della squadra di basket del progetto Pegaso di Asti. Quando mi hanno fatto questa proposta ho accettato senza indugiare più di tanto, questo anche per mettere in pratica gli insegnamenti della materia “APA/AFA” che ho avuto al secondo anno universitario di Scienze Motorie.
In questo articolo parlerò della preparazione atletica che, con l’aiuto dei due allenatori, ho fatto seguire ai ragazzi, dando qualche indicazione generale.
Attività fisica adattata
AFA = “…programmi di esercizio non sanitari, svolti in gruppo, appositamente disegnati per individui affetti da malattie temporanee/o croniche finalizzati anche alla modificazione dello stile di vita per la prevenzione secondaria e terziaria della disabilità” (Macchi e Benvenuti, 2012).
Dopo aver fatto una breve ed infruttuosa ricerca sul web, ho deciso di analizzare un po’ di cose e di buttare giù una bozza di macrociclo.
Teoria dell’allenamento
Struttura e materiale a disposizione: Palestra scolastica dotata di campo da basket ( x m), 2 spalliere, dei materassi spessi circa 40 cm, una ventina di cinesini di diversi colori, due coni alti 30 cm circa e, ovviamente, un discreto numero di palloni basket.
Squadra: 19 giocatori in totale (di cui solo una donna), con un’età che va dai 18 ai 40 anni. Il numero medio di giocatori per allenamento è intorno ai 15. Di tutto il gruppo, 2 persone sono affette dalla sindrome di down, ciò, nella pratica, le porta a distrarsi spesso, non capendo quasi mai il corretto svolgimento degli esercizi e concentrandosi unicamente sull’atto finale di una qualsiasi azione di gioco: tirare a canestro! Altri due soggetti sono gravemente in sovrappeso (e questo condiziona moltissimo la loro capacità di muoversi) e
Allenamenti settimanali: solamente 1 allenamento a settimana della durata di un’ora.
Calendario gare: Week-end interi dedicati alle gare ogni 3-4 mesi circa.
Risultano quindi chiare un po’ di cose: il tempo è quello che é, e la preparazione atletica non deve rosicarne troppo all’allenamento della tecnica (e anche della tattica). Per il poco materiale a disposizione e problemi articolari e coordinativi di vario genere, gli atleti non avranno modo di allenare la forza massimale (non ci sarebbe neanche il tempo necessario per provare a lavorare sugli schemi motori). Inoltre, un certo numero di praticanti (6) è completamente impossibilitato ad eseguire come si deve ogni esercizio, a dirla tutta, oltre a camminare (a fatica) e muovere le braccia può fare poco, questi giocatori avranno sempre delle aggevolazioni sulle esercitazioni (gli verranno quindi fatte eseguire delle varianti meno complicate). Anche se quest’ultime porteranno magari ad un diverso utilizzo dei sistemi energetici e/o capacità condizionali non importa: ciò che conta è dar la possibilità a tutti di muoversi, fare sport, divertirsi con gli altri!
Struttura allenamenti
Lontano dalle gare: 30-45′ su 1h saranno dedicati alla preparazione atletica (riscaldamento incluso), i restanti 15-30′ a lavori incentrati sulla tecnica e sulla tattica.
In prossimità delle gare: 20-30′ circa di preparazione atletica (riscaldamento incluso) e 30-40′ di allenamento tecnico-tattico.
Cosa bisogna allenare di preciso?
Forza
Massimale ✓
Esplosivo-elastica ✓
Resistente ✓
Velocità / rapidità ✓
Resistenza
Aerobica ✓
Anaerobica (alla potenza e alla velocità) ✓
In più: agilità, rinforzo del core, stretching ed equilibrio ✓
Linee guida pratiche
Forza massimale: dato il basso livello atletico generale sono più che sufficienti dei piegamenti sulle braccia (push ups). Da 5-6 ripetizioni fino a 10, serie comprese fra le 3 e le 6 per ogni esercizio. I ragazzi meno forti possono eseguirli con le ginocchia appoggiate a terra, in modo da rendere l’esercizio meno intenso.
Per gli arti inferiori invece, è sufficiente l’esercizio hip thrust a corpo libero (bipodalico o monopodalico).
Piegamenti
Hip thrust senza pesi
Forza esplosivo-elastica: piccoli balzi standard e balzi con contromovimento, sia bipodalici che monopodalici (poche ripetizioni ed un buon recupero, possibilmente attivo).
Balzo monopodalico su un rialzo
Per ottenere risultati soddisfacenti non è necessario un gran volume di allenamento. Schemi di allenamento come dei 3×5, 3×6, 3×8, 4×6* possono essere più che sufficienti. *serie x ripetizioni.
Forza resistente: esercitazioni a intensità media e medio-bassa. Sforzi continui e prolungati per incrementare le sue varie espressioni:
F. resistente su base aerobica: almeno 2′ di lavoro continuo
F. resistente su base anaerobica: (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro cont.
F. resistente su base anaerobica: (capacità lattacida): 90-120″ di lavoro cont.
Il recupero completo è previsto solamente per la potenza lattacida. Al riguardo potrebbe essere utile un ripasso sui sistemi energetici (qui) e sulla frequenza cardiaca (qui).
Con poco materiale, tempo a disposizione e tenendo anche conto dello scarso bagaglio motorio dei più, è quasi impossibile andare a lavorare su tutte le sfaccettature della forza resistente. Senza abbatterci, possiamo comunque mettere nero su bianco degli esempi di esercitazioni pratiche.
Un esercizio su tutti è quello di camminare, magari palleggiando, con alle spalle un compagno che oppone resistenza tirando all’indietro il partner che cammina (dopo averlo cinto per i fianchi), rendendo più impegnativa la camminata. Le tempistiche di lavoro sono quelle elencate prima: >2′ (FR aerobica), 40-90″ (FR anaerobica, potenza lattacida), 90-120″ (FR anaerobica, capacita lattacida).
Velocità e capacità di reazione: esercizi per lo sviluppo della rapidità nei piccoli spostamenti con e senza palla (sprint con deviazioni, skip e movimento degli arti inferiori su speed ladder, esercitazioni che alla fine portano a tirare a canestro). Sprint su distanze comprese fra i 10 ed i 40 metri. Giochi di gruppo in grado di stimolare la prontezza dei riflessi, simulazione di azioni di gioco, eccetera.
Esempio pratico
Resistenza:
Aerobica: non c’è il tempo materiale per svilupparla con la classica corsa a Vo2max (potenza aerobica) od il fondo (capacità aerobica), tenendo anche conto dei problemi motori più o meno gravi che impedirebbero ad un cospicuo numero di ragazzi di correre bene per tot minuti. Le modalità di gioco (tempi, elevato numero dei cambi, eccetera), fanno sì che il sistema aerobico non debba essere troppo efficiente). Fare sport per un’ora o più consente di avere già una discreta capacità aerobica di base. In questo specifico caso è sufficiente quella, pertanto l’allenamento del sistema aerobico sarà indiretto.
Anaerobica: brevi scatti con recuperi incompleti per allenare la resistenza alla rapidità. Balzi, slanci e lanci della pallone. Il tutto con recuperi incompleti.
Agilità: dribbling e movimenti di vario genere (cambi di direzione, skip, rotazioni del corpo di 90-180-360° gradi attorno all’asse longitudinale) fra i coni, cinesini o su speed ladder. Un esempio lo trovate qui sotto ed a questo link.
L drill. Esempio di esercitazione per l’agilità eseguibile con o senza palla.
T drill. Esempio di esercitazione per l’agilità eseguibile con o senza palla.
Rinforzo core e stretching: esercizi di vario genere per il rinforzo dell’addome e della zona lombare (crunch, sit up, plank, estensioni lombari da sdraiati). Inoltre, per mantenere una buona flessibilità è consigliabile eseguire degli esercizi di stretching alla fine dell’allenamento. Non è casuale l’utilizzo della parola “mantenere”, infatti per incrementare la flessibilità servono almeno 2-3 sedute specifiche a settimana. E’ pertanto buona cosa, consigliare alla squadra di eseguire dello stretching, almeno gli esercizi più semplici, anche in altri giorni della settimana.
Equilibrio e propriocezione: camminata lenta o piccoli balzi (mono e bipodalici) su superfici instabili (materassine), ricezione e lanci della palla stando in equilibrio su una gamba sola.
Macrociclo di allenamento (esempio pratico)
Ipotizzando che gli allenamenti inizino la seconda settimana di settembre e le prime gare siano a metà dicembre. Durata macrociclo: 15 settimane, 1 allenamento a settimana della durata media di 1 ora, 4 allenamenti mensili.
Settembre (30-40' di preparazione atletica)
Allenamento n.1 - FM, FE, EQ, ABS e ST
All.2 - FM, FE, AG, EQ, ABS e ST
All.3 - FM, FE, VEL, EQ, ABS, e ST
All.4 - FM, FE, VEL, ABS e ST
Ottobre (30')
All.1 -FM, FE, VEL, AG, EQ e ST
All.2 - FM, FE, VEL, AG, EQ e ST
All.3 - FM, FE, VEL, AG, EQ e ST
All.4 - FE, FR, VEL, AG, EQ e ST
Novembre (20-30')
All.1 - FE, FR, VEL, RP, AG e ST
All.2 - FE, FR, VEL, RP e ST
All.3 - FR, RV, RP, ABS e ST
All.4 - RV, RP, EQ e ST
Dicembre (15-20')
All.1 - RV, AG e ST
All.2 → competizione!
Legenda: FM = forza massimale; FE = forza esplosiva; FR = forza resistente; EQ = equilibrio; ABS = rinforzo core; ST = stretching; AG = agilità; RP = resistenza alla potenza; RV = resistenza alla velocità.
Ovviamente questo è solo un esempio, i metodi di periodizzazione sono molteplici, tutto va contestualizzato.
Altre indicazioni generali
Ricorrere ad esercizi/giochi di gruppo che coinvolgano e facciano divertire i ragazzi il più possibile, in modo da evitar di far calare la loro soglia di attenzione (già bassa).
Dare poche indicazioni e semplici istruzioni alla squadra, in modo da non mandare i ragazzi in confusione.
Far sì che in ogni allenamento siano trattate più capacità condizionali e coordinative possibili, bisogna ottimizzare il poco tempo a disposizione.
Essere armati di una dose enorme di pazienza.
Non essere troppo rigidi ma neanche perdere il controllo della situazione.
Caffeina, può esserci nulla di più (ab)usato? In questo articolo andremo a vedere i pro, i contro e le linee guida di utilizzo. Buona lettura!
Cenni di chimica e fisiologia sportiva
La caffeina è una trimeltixantina, alcaloide naturale presente in alcune piante (caffè, cacao, matè, ecc.). Questa sostanza è una stimolante del sistema nervoso centrale (SNC) ed è largamente usata per contrastare stanchezza e sonnolenza. Essa agisce aumentando i livelli di adrenalina, noradrenalina e la frequenza cardiaca (fc). Le sue interazioni col SNC derivano dalla facilità con cui la caffeina, una volta assunta, attraversa la barriera emato-encefalica (BEE). Sui tessuti dell’organismo funziona da vasodilatatrice, eccetto su quello nervoso, dove risulta avere un effetto vasocostrittore.
Formula chimica
La sua digestione dentro al tratto gastrointestinale dura circa 45 minuti e, in condizioni normali, i suoi effetti possono rimanere stabile per 1 ora, per poi gradualmente scemare nell’arco di 3-4 ore. Questo però dipende molto da persona a persona (abitudini alimentari, assuefazione, ecc.). Ma riguardo all’assuefazione ne parleremo meglio più avanti.
Nell’uso quotidiano, la caffeina stimola la concentrazione e l’attenzione delle persone, anche sedentarie, migliorando le funzioni cognitive [1]. Questo può essere molto utile anche negli sport di situazione (tattica) e non solo, se pensiamo all’incremento della capacità di reazione data sempre da questo stimolante [2].
La sua assunzione, in acuto, aumenta i livelli di catecolamine plasmatiche: adrenalina e noradrenalina, le quali agiscono sul sistema di trasmissione adrenergico [20,21].
La caffeina promuove il rilascio degli acidi grassi liberi nel sangue, i quali possono essere usati come combustibile, risparmiando in una certa misura il glicogeno muscolare.
Oltre a quanto già detto, questo composto è utile per le attività di endurance (inibisce parzialmente il senso della fatica) [3,4,5,6] e, stimolando la lipolisi, favorisce il dimagrimento (riduce anche l’appetito). Per di più, attenua il dolore muscolare ad insorgenza ritardata (DOMS) [6].
Dolore muscolare post allenamento ridotto dalla caffeina [6]
La caffeina influenza anche l’EPOC (consumo di ossigeno post allenamento). Infatti si è visto che un dosaggio cronico di 6 mg di caffeina per kg di peso corporeo (circa 420 mg per un uomo di 70 kg), assunto prima dell’allenamento con i pesi, aumenta i livelli di EPOC e la spesa energetica del 15% [7].
Variazione del consumo di ossigeno (VO2) durante (destra) e post allenamento (sinistra) [7]
Riguardo invece alla forza massimale e alla potenza, i dati sono contrastanti [8,9,10,11]. Volendo provare a dare un giudizio, generale sulla questione, possiamo affermare che, qualora vi siano dei benefici, questi non sono particolarmente rilevanti.
Tuttavia, quelli elencati fino ad ora non sono che una piccola parte dei processi messi in atto da questo stimolante (figura sotto).
Gli innumerevoli effetti della caffeina secondo Sökmen B. e colleghi [12]
Per evitare l’assuefazione cronica, bisogna ricorrere a dei periodi di stop (wash out). Un rapporto di assunzione-scarico molto utilizzato, espresso in settimane, è di 3:1 o 4:1, con il periodo di massima ricezione (teorica) alla sostanza che si trova in corrispondenza della/e gara/e. Teniamo presente che sui “principianti” la caffeina inizia a manifestare i suoi effetti dopo circa 30 minuti, è importante ciclizzarla perché altrimenti, oltre a perdere di efficacia, verrebbero ritardate le sue tempistiche di azione.
La caffeina viene normalmente espulsa tramite l’urina. Tra l’altro, essa possiede una funzione diuretica [13].
Antagonismo con la creatina
Più di 20 anni fa, un celebre studio di Vandenberghe e colleghi [14] notò, quasi per caso, un certo antagonismo fra la caffeina e la creatina. Lo studio tuttavia presentava grossi limiti (breve durata, un solo test per misurare la variazione di performance, un periodo di scarico troppo breve, un campione poco ampio, dosi di caffeina forse eccessive). Negli anni a seguire, sono state pubblicate una miriade di ricerche scientifiche che hanno smentito questo antagonismo [15,16,17,18,19]. Il fatto che molte di esse abbiano usato protocolli di assunzione-scarico differenti dallo studio di Vandenberghe citato ad inizio paragrafo, non esclude del tutto che fare un carico di creatina a pochi giorni da una competizione (20-25 grammi/dì per 4-5 giorni di fila), possa annullare gli effetti positivi della caffeina, o viceversa. Questo però solamente in acuto.
Molte aziende producono e vendono integratori che contengono entrambe queste sostanze
Doping?
No, potete stare tranquille. Anche se assunta in capsule la caffeina, secondo il COI (Comitato Olimpico Internazionale) e la WADA (World Anti-Doping Agency), non è considerata una sostanza dopante. Lo era fino al 2007, poi le normative sono cambiate. Ne avevamo parlato qui un po’ di mesi fa.
Dosaggio ed assunzione
Prima di passare alle capsule di caffeina (generalmente da 200 mg), è consigliabile abituare piano piano il nostro corpo all’assunzione di questa sostanza in dosi minori (basta una tazzina di caffè), in modo da evitare possibili effetti collaterali (70-120mg di caffeina per ogni tazzina di caffè). É consigliato non superare i 350-400mg al giorno di caffeina, anche se le persone completamente assuefatte possono reggere dosaggi superiori.
Un piano di assunzione per “principianti” potrebbe essere il seguente:
Week 1: un paio di caffè al giorno
Week 2: una compressa da 200 mg pre-workout e 1-2 caffè nei giorni off
Week 3: una compressa da 200 mg pre-workout e 1-2 caffè nei giorni off
Week 4: una compressa da 200 mg pre-workout e 1-2 caffè nei giorni off
Week 5: wash out (scarico completo)
Effetti collaterali
Le controindicazioni principali sono: nervosismo, febbre, diuresi, tachicardia e ipotensione. Comunque nulla di preoccupante, se si segue l’opportuna posologia e se non si hanno problemi cardiaci o renali.
In ogni caso, è consigliabile consultare il proprio medico curante.
Conclusioni
La caffeina è una delle sostanze più studiate di sempre e anche delle più efficaci, non è un caso che in passato fosse considerata doping. Per un ampio numero di sportivi, questo composto è utile. Può servire ai culturisti, pur non essendo indispensabile, o essere molto importante per i maratoneti. Tutto dipende ovviamente dal contesto.
Grazie per l’attenzione e buon allenamento!
L’autore non risponde degli eventuali danni derivati dalle informazioni ivi contenute
Cravanzola E. – Sostanze eccitanti per il dimagrimento e la performance sportiva (2017)
Temple J. L. et al. – The Safety of Ingested Caffeine: A Comprehensive Review (2017)
Muñoz M. – Efecto de la cafeína sobre las agujetas (2013)
[1] Wyatt J. K. et al. – Low-dose repeated caffeine administration for circadian-phase-dependent performance degradation during extended wakefulness (2004)
[2] Santos et al. – Caffeine reduces reaction time and improves performance in simulated-contest of taekwondo (2014)
[3] Bell G. D. et al. – Exercise endurance 1, 3, and 6 h after caffeine ingestion in caffeine users and nonusers (2002)
[4] Doherty M. – Caffeine lowers perceptual response and increases power output during high-intensity cycling (2004)
[5] Graham T. E. et al. – Performance and metabolic responses to a high caffeine dose during prolonged exercise (1991)
[6] Hurley C. F. et al. – The effect of caffeine ingestion on delayed onset muscle soreness (2013)
[7] Astorino A. T. et al. – Effect of acute caffeine ingestion on EPOC after intense resistance training (2011)
[8] Bond V. et al. – Caffeine ingestion and isokinetic strength (1986)
[9] Williams J. et al. – Caffeine, Maximal Power Output, and Fatigue (1988)
[10] Astorino A. T. et al – Effects of caffeine ingestion on one repetition maximum muscular strength (2008)
[11] Wiles J. et al. – The effects of caffeine ingestion on performance time, speed and power during a laboratory-based 1 km cycling time-trial (2006)
[12] Sökmen B. et al – Caffeine use in sports: considerations for the athlete (2008)
[13] Robertson M. D. et al. – Effects of Caffeine on Plasma Renin Activity, Catecholamines and Blood Pressure (1978)
[14] Vandenberghe K. et al. – Caffeine counteracts the ergogenic action of muscle creatine loading (1996)
[15] Doherty M. et al. – Caffeine is ergogenic after supplementation of oral creatine monohydrate (2002)
[16] Spradley B. D. et al. – Ingesting a pre-workout supplement containing caffeine, B-vitamins, amino acids, creatine, and beta-alanine before exercise delays fatigue while improving reaction time and muscular endurance (2012)
[17] Lee C. L. et al. – Effect of caffeine ingestion after creatine supplementation on intermittent high-intensity sprint performance (2011)
[18] Vanakoski J. et al. – Creatine and caffeine in anaerobic and aerobic exercise: effects on physical performance and pharmacokinetic considerations (1998)
[19] Fukuda D. H. – The possible combinatory effects of acute consumption of caffeine, creatine, and amino acids on the improvement of anaerobic running performance in humans (2010)
[20] Anderson D. E. et al. – Effects of caffeine on the metabolic and catecholamine responses to exercise in 5 and 28 degrees C (1994)
[21] Norager C. G. et al. – Metabolic effects of caffeine ingestion and physical work in 75-year old citizens. A randomized, double-blind, placebo-controlled, cross-over study (2006)
Prima di ogni training camp, sia che si tratti di professionismo o di semplice dilettantismo, è buona cosa far effettuare agli atleti dei test specifici, per valutare lo stato di forma e capire quali sono i punti deboli e quali quelli di forza. Durante l’imminente macrociclo di allenamento, si andrà ovviamente a lavorare di più sui primi e un po’ meno sui secondi. Per chi fosse poco ferrato in materia è consigliabile fare prima un breve ripasso sulle capacità condizionali e coordinative (qui) e sui sistemi energetici (qui).
Ovviamente è di fondamentale importanza la tecnica. Possedere il corretto schema motorio consente di reclutare i giusti muscoli (tenendo comunque presente che si tratta di esercizi multiarticolari) e di limitare il rischio infortunio.
*le cifre rappresentano i carichi massimali che gli atleti riescono a sollevare (1RM) riferiti al proprio peso corporeo (Bw, bodyweight). Riguardo alle trazioni, il peso è il sovraccarico legato alla vita tramite la cintura. Ad esempio, un atleta che pesa 100 kg (x0,25 o x0,5) deve riuscire ad eseguire una trazione alla sbarra completa con una zavorra di almeno 25 kg.
A differenza degli esercizi di forza massimale, qui entrano in gioco veramente troppi fattori soggettivi. E’ quindi molto difficile stabilire una scala di valori numerici per i vari esercizi. Eccetto che per il push press: 0,75-1xBw.
Push press
Vertical jump
Broad jump
Plyo box jump up
Gli esercizi esplosivi riguardano i piani di movimento tipici degli sport da combattimento (frontale e trasversale). Le unità di misura per tutti e tre i salti sono, ovviamente, in centimetri.
Forza resistente: push ups max reps; pull ups max reps, plank max time.
Qui c’è poco da spiegare, un esercizio di spinta, uno di trazione ed uno di isometria del core. Massimo numero di piegamenti sulle braccia consecutivi, massimo numero di trazioni prone (pull ups) ed infine un ponte (plank) mantenuto per più tempo possibile (senza perdere la contrazione addominale).
Piegamenti
Trazioni
Plank
Resistenza: test di Conconi (individuazione soglia anaerobica) e test di Cooper; è necessario per prima cosa prendere il battito cardiaco a riposo.
Il test di Conconi può essere effettuato in laboratorio (su cicloergometro), su tapis roulant o cyclette, in alternativa anche su pista di atletica [1]. Quest’ultima opzione è la meno attendibile e infatti sta cadendo un po’ in disuso. Il test di Cooper va invece fatto per avere un’idea generale della resistenza fisica dell’atleta. Consiste nel correre per dodici minuti di fila, cercando di coprire la maggior distanza possibile [2]. Sui tapis roulant più moderni, si possono eseguire entrambi questi test, insieme a molti altri (foto a sinistra).
Di seguito, i risultati ritenuti più o meno soddisfacenti (da molto bene a malissimo), espressi in metri, rapportati alla varie fasce di età (si parla ovviamente di uomini attivi e perfettamente sani). Ulteriori approfondimenti, compresi i valori validi per la popolazione femminile, li potete trovare qui.
Velocità: sprint sui 40 metri e test delle due linee.
Indicativamente dei tempi ritenuti soddisfacenti per gli sprint sui 40 m sono:
Uomini ♂ → mediocre: 5.20-5.40″; buono: 5.19-4.90″; ottimo: <4.90″.
Donne ♀ → mediocre: 5.90-5.65″; buono: 5.64-5.35″; ottimo: <5.35.
I valori si riferiscono ad atleti sani con un’età compresa fra 18-35 anni.
Il secondo test consiste invece nel tracciare due linee parallele, distanti circa 40 cm (immagine riportata sotto) e nell’andare con i piedi “avanti e indietro” per il maggior numero di volte possibile nel tempo concesso (dieci secondi).
Una singola ripetizione dell’esercizio (non ci sono spostamenti laterali)
Si parte con entrambi i piedi dietro ad una linea (B) e si portano i piedi oltre la linea opposta (A) uno per volta, alla massima velocità possibile, poi alla stessa maniera si riportano i piedi dietro alla line di partenza (B), e così via, senza interruzioni, fino allo scadere del tempo (10″). Nella figura sopra, tutti i passaggi (1-5) corrispondono ad una singola ripetizione dell’esercizio.
Mobilità articolare: sit and reach e test di mobilità delle spalle (sollevamento bracia con bacino retroverso e schiena appoggiata ad un muro).
Il sit and reach test consiste nel ricercare la massima estensione della catena muscolare posteriore da seduti, inclinando il busto in avanti (figura sotto). Le punte delle dita devono cercar di toccare la porzione della tavola più distante possibile. Si salverà il risultato facendo un segno proprio sulla superficie della tavola posizionata poco sopra i piedi ed annotando la distanza raggiunta. A questo link potete trovare un video pratico del test.
Invece nell’altro test, dopo un breve riscaldamento, l’atleta si posiziona di spalle ad un muro, con la schiena perfettamente aderente alla parete in ogni suo punto (zona lombare compresa).
Successivamente deve sollevare gli arti superiori provando a toccare il muro alle proprie spalle, mantenendo ovviamente l’articolazione del gomito bloccata. Si misura con un metro (o righello) la distanza delle mani dalla parete.
Con le suddette regole, la maggior parte delle persone non è in grado di arrivare a toccare la parete. Quando la mobilità richiesta in questa prova viene raggiunta, si passa ad esercizi più impegnativi, di cui magari parleremo in futuri articoli.
Stabilità ginocchio: lateral and medial single leg hop series (video sotto). Con questo esercizio si valuta la stabilità dell’articolazione del ginocchio, una delle più soggette agli infortuni. Nel caso venissero notate delle problematiche (valgismo, varismo, scarso equilibrio, errato appoggio monopodalico), queste dovranno essere corrette, se necessario con la supervisione di un fisioterapista od un fisiatra.
Conclusioni
Quelli di cui abbiamo appena parlato sono i principali test che un preparatore atletico serio dovrebbe far eseguire ai propri atleti praticanti SdC. Ovviamente nulla vieta di sostituirne alcuni con delle varianti, ci sono anche vari fattori che entrano in gioco (disponibilità delle strutture, caratteristiche individuali dei fighters, infortuni pregressi, tipo di programmazione, tempo a disposizione, eccetera). I test vanno eseguiti all’inizio di ogni training camp e vanno poi ripetuti all’inizio del training camp successivo, confrontando i risultati.
Senza numeri sono tutti atti di fede
Detto ciò, non resta che salutarci ed augurare a tutti un buon allenamento!
L’hip thrust è un’esercizio che interessa principalmente gli arti inferiori, tornato alla ribalta negli ultimi anni grazie ad alcuni coach e studiosi d’oltreoceano, come per esempio Bret Contreras.
Oltre alla meraipertrofia, l’hip thrust può trovare il suo spazio anche all’interno di una preparazione atletica finalizzata al miglioramento delle capacità condizionali. In questo (altro…)
Come viene strutturato il training camp di un atleta professionista di MMA, pugilato, grappling o muay thai?
Scopriamolo insieme!
Cos’è un traing camp?
Col termine “training camp” si intende tutta la preparazione, fisica e non, che uno sportivo segue in vista di una competizione. L’insieme degli allenamenti tecnici, tattici, sparring, le sedute di strength and conditioning, le tecniche di recupero, incluse le sedute di fisioterapia e, qualora servano, gli incontri col mental coach. Tutto ciò, se gli impianti sportivi lo permettono, viene fatto presso una singola grande struttura. Basti pensare alle grosse palestre di MMA d’oltreoceano che uniscono in qualche centinaio (o migliaio) di metri quadrati tatami, gabbie, ring, sale pesi, centri massaggi e fisioterapici, eccetera.
Com’è strutturato un training camp?
In breve, si inizia la preparazione in vista di un match/gara, iniziando prima ad eseguire dei test atletici per valutare lo stato di forma dell’atleta e, col proseguire delle settimane, si va a lavorare sulle varie capacità condizionali e coordinative per rendere più prestante il fighter, alternando parametri come il volume, l’intensità, la densità, gli esercizi, in modo da fornire al corpo degli stimoli nuovi ma cercando di evitare il sovrallenamento (overtraining). Ovviamente la preparazione fisica affiancherà il lavoro principale: gli allenamenti tecnici, tattici e gli sparring. Per questo è fondamentale essere guidati da dei buoni coach e avere a disposizione molti compagni di allenamento.
All’interno della preparazione, come già accennato, trovano il loro posto le sedute di fisioterapia e le tecniche di recupero come i massaggi o le immersioni in acqua fredda, generalmente quest’ultime durano 8-15 minuti e la temperatura dell’acqua è inferiore o uguale a 15° C. Maggiori approfondimenti li trovate qui.
Ha il suo collocamento pure il mental coach, o psicologo, figura che in determinati casi può dare un sostegno psicologico importante all’atleta, specialmente quando questo si trova in un periodo delicato della sua carriera.
Penso che la figura dello psicologo nello sport sia molto importante. In America è appunto presente già da molto tempo, pur non essendo – diciamo – obbligatoria. […] Tutti in quanto umani viviamo difficoltà psicologiche e quando riesci a superarle ecco, è davvero una gran cosa.
Marvin Vettori
Per maggiori informazioni sulla parte di training camp inerente la preparazione atletica vi rimandiamo ai nostri numerosi articoli presenti sul blog (clicca qui).
Arrivati all’ultimo articolo della raccolta di pezzi sul largo impiego dei KB nel mondo sportivo/fitness, parleremo oggi di questo meraviglioso attrezzo in funzione della preparazione atletica per gli sport da combattimento.
Cosa lo rende così adatto a questo utilizzo? Il fatto che il kettlebell-Training renda migliori un po’ in tutto, senza far raggiungere picchi esagerati di nessuna capacità organica in particolare. In poche parole: se ti alleni bene con le ghirye sarai più potente, più resistente e se adotti una giusta alimentazione anche con rapporti di % BF (Massa Grassa)/LM(Massa Magra) ottimi.
Andiamo un attimo più affondo adesso. Come (altro…)