Tag: sport

  • Recupero fra le serie: qual è il tempo ottimale?

    Recupero fra le serie: qual è il tempo ottimale?

    Quali adattamenti fisiologici possono portare differenti tempi di recupero fra una serie e l’altra durante l’allenamento in palestra? Sono correlati in qualche modo all’aumento della massa muscolare? Scopriamolo insieme!

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    Per trattare questo argomento, prenderemo in esame una nota review sistematica di Schoenfeld B. J. e colleghi pubblicata sull’European Journal of Sport Science [1].

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  • Alcol e sport: dalla composizione corporea alla performance

    Alcol e sport: dalla composizione corporea alla performance

    L’alcol fa ingrassare? Contribuisce a formare quell’odiosa pancetta, non facendo così emergere la tanto agognata tartaruga? Influisce sulle prestazioni fisiche?

    Cerchiamo di scoprirlo insieme!

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    Un po’ di nozioni generali

    Con la parola alcol si intende l’alcol etilico, la cui formula bruta è C2H5OH. Più in generale, si usa il termine alcol quando si accenna ad una sostanza che presenta un gruppo idrossilico (OH).

    L’alcol, anche se si  perfettamente sobri, è presente nel sangue (altro…)

  • DOMS: cosa sono e tecniche per ridurli

    DOMS: cosa sono e tecniche per ridurli

    Sicuramente vi sarà capitato almeno una volta di provare dolore ai muscoli dopo qualche sforzo fisico. Bene, quel dolore non è altro che del DOMS, ovvero: indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata. Scopriamo insieme di cosa si tratta!

    DOMS.jpg

    Cenni di fisiologia

    In passato si ipotizzava che i DOMS (delayed onset muscle soreness) derivassero dall’accumulo di acido lattico, negli anni a venire è però stato dimostrato che l’acido lattico e gli scarti metabolici non c’entravano, almeno non sui dolori ad insorgenza ritardata. Si tratta infatti, secondo le teorie più accreditate, di micro-lacerazioni a livello muscolare derivanti soprattutto da contrazioni eccentriche [1,2,3].

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    Certi studiosi suggeriscono che alcuni radicali liberi (ROS) possano concorrere nella formazione dei DOMS [4], altri che interferiscano fattori metabolici e neurologici [5,6]. Ma date le scarse prove, quella del danno muscolare rimane comunque la teoria più attendibile.

    L’indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata fa perdere forza alla contrazione muscolare. Secondo Warren e colleghi [7] questo è imputabile a tre macro-fattori: il danno al tessuto muscolare, una disfunzione nell’ambito del processo di accoppiamento eccitazione-contrazione ed una perdita delle proteine contrattili (il tutto è illustrato nella figura a sinistra).

    Post allenamento
    • I DOMS insorgono a 8-12h dal termine dell’allenamento
    • Si acutizzano a 24-48h dal termine dell’allenamento
    • Diminuiscono a 48-72h dal termine dell’allenamento
    • Scompaiono a 72-120 ore dal termine dell’allenamento

    Le cifre riportate sopra, ovviamente, sono molto indicative.

    Se i DOMS sono particolarmente lievi, non è necessario rimandare gli allenamenti, un buon riscaldamento può far cessare l’indolenzimento.

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    Risposta tardiva all’esercizio fisico di diversi indici fisiologici (la densità di colore della barra corrisponde all’intensità della risposta nel tempo indicato) [8]
    Tecniche per ridurli

    Alcuni modi per ridurre i DOMS sono i seguenti:

    • Iniziare un nuovo programma/scheda di allenamento con un’intensità moderata, alzandola piano piano nel corso delle settimane
    • Eseguire immersioni in acqua fredda (temperatura di 8-15° C per 11-15 minuti di bagno). Maggiori informazioni le trovate in questo articolo.
    • Stretching
    • Assunzione di una buona quota giornaliera di proteine
    • Prendere della caffeina tramite caffè o compresse. Si è vista infatti una correlazione fra il calo del dolore muscolare e l’assunzione di questa sostanza eccitante [9].
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    Caffeina e riduzione dei DOMS (Hurley C. F. et al., 2013)
    Conclusioni

    L’indolenzimento muscolare, acuto e ad insorgenza ritardata, è un evento assolutamente fisiologico. Tenere “a bada” i DOMS non è di fondamentale importanza per chi si allena in palestra, magari con schede full-body, 2-3 volte a settimana o per chi pratica sport a livello dilettantistico con una frequenza moderata. Tuttavia, per gli sportivi professionisti, o per gli agonisti che puntano a competere ad alti livelli, tenere a bada i DOMS è spesso di aiuto per limitare i dolori e non sfociare nell’overtraining.

    Grazie per l’attenzione.


    oc
    Bibliografia

    Wilmore H. J., Costill L. D. – Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport (Calzetti Mariucci, 2005)
    1 Stone M. H. et al. – A hypothetical model for strength training (1981)
    2 Schwane J. A. et al. – Delayed-onset muscular soreness and plasma CPK and LDH activities after downhill running (1983)
    3 Schwane J. A. et al. – Is Lactic Acid Related to Delayed-Onset Muscle Soreness? (1983)
    4 Close G. L. et al. – Eccentric exercise, isokinetic muscle torque and delayed onset muscle soreness: the role of reactive oxygen species (2004)
    5 Malm C. et al. – Leukocytes, cytokines, growth factors and hormones in human skeletal muscle and blood after uphill or downhill running (2004)
    6 Ayles S. et al. – Vibration-induced afferent activity augments delayed onset muscle allodynia (2011)
    7 Warren G. L. et al. – Excitation-contraction uncoupling: major role in contraction-induced muscle injury (2001)
    8 Evans W. J. et al. – The metabolic effects of exercise-induced muscle damage (1991)
    9 Hurley C. F. et al. – The effect of caffeine ingestion on delayed onset muscle soreness (2013)

  • Test atletici per sport da combattimento

    Test atletici per sport da combattimento

    AJPrima di ogni training camp, sia che si tratti di professionismo o di semplice dilettantismo, è buona cosa far effettuare agli atleti dei test specifici, per valutare lo stato di forma e capire quali sono i punti deboli e quali quelli di forza. Durante l’imminente macrociclo di allenamento, si andrà ovviamente a lavorare di più sui primi e un po’ meno sui secondi. Per chi fosse poco ferrato in materia è consigliabile fare prima un breve ripasso sulle capacità condizionali e coordinative (qui) e sui sistemi energetici (qui).

    Questo e molto altro ancora nel libro sullo strength and conditioning per sport da combattimento che è attualmente in fase di scrittura.

    Buona lettura!

    Capacità organico-muscolari e coordinative da testare
    • Forza massimale
    • Forza esplosiva (o potenza)
    • Forza resistente
    • Resistenza
    • Velocità/rapidità
    • Mobilità articolare
    • Stabilità ginocchio
    Test atletici e relativi valori

    Forza massimale: panca piana; squat; stacco da terra; trazioni zavorrate.

    Ovviamente è di fondamentale importanza la tecnica. Possedere il corretto schema motorio consente di reclutare i giusti muscoli (tenendo comunque presente che si tratta di esercizi multiarticolari) e di limitare il rischio infortunio.

    Panca piana: 1,25-1,5x Bw; Squat: 1,5-2xBw

    Stacco: 1,75-2xBw; Trazioni zavorrate: 0,25-0,5xBw*

    *le cifre rappresentano i carichi massimali che gli atleti riescono a sollevare (1RM) riferiti al proprio peso corporeo (Bw, bodyweight). Riguardo alle trazioni, il peso è il sovraccarico legato alla vita tramite la cintura. Ad esempio, un atleta che pesa 100 kg (x0,25 o x0,5) deve riuscire ad eseguire una trazione alla sbarra completa con una zavorra di almeno 25 kg.

    Forza esplosiva: push press; vertical jump; broad jump; plyo box jump up.

    A differenza degli esercizi di forza massimale, qui entrano in gioco veramente troppi fattori soggettivi. E’ quindi molto difficile stabilire una scala di valori numerici per i vari esercizi. Eccetto che per il push press: 0,75-1xBw.

    Gli esercizi esplosivi riguardano i piani di movimento tipici degli sport da combattimento (frontale e trasversale). Le unità di misura per tutti e tre i salti sono, ovviamente, in centimetri.

    Forza resistente: push ups max reps; pull ups max reps, plank max time.

    Qui c’è poco da spiegare, un esercizio di spinta, uno di trazione ed uno di isometria del core. Massimo numero di piegamenti sulle braccia consecutivi, massimo numero di trazioni prone (pull ups) ed infine un ponte (plank) mantenuto per più tempo possibile (senza perdere la contrazione addominale).

    Resistenza: test di Conconi (individuazione soglia anaerobica) e test di Cooper; è necessario per prima cosa prendere il battito cardiaco a riposo.

    TEST

    Il test di Conconi può essere effettuato in laboratorio (su cicloergometro), su tapis roulant o cyclette, in alternativa anche su pista di atletica [1]. Quest’ultima opzione è la meno attendibile e infatti sta cadendo un po’ in disuso. Il test di Cooper va invece fatto per avere un’idea generale della resistenza fisica dell’atleta. Consiste nel correre per dodici minuti di fila, cercando di coprire la maggior distanza possibile [2]. Sui tapis roulant più moderni, si possono eseguire entrambi questi test, insieme a molti altri (foto a sinistra).

    Di seguito, i risultati ritenuti più o meno soddisfacenti (da molto bene a malissimo), espressi in metri, rapportati alla varie fasce di età (si parla ovviamente di uomini attivi e perfettamente sani). Ulteriori approfondimenti, compresi i valori validi per la popolazione femminile, li potete trovare qui.

    valutazioni

    Velocità: sprint sui 40 metri e test delle due linee.

    Indicativamente dei tempi ritenuti soddisfacenti per gli sprint sui 40 m sono:

    Uomini → mediocre: 5.20-5.40″; buono: 5.19-4.90″; ottimo: <4.90″.

    Donne → mediocre: 5.90-5.65″; buono: 5.64-5.35″; ottimo: <5.35.

    I valori si riferiscono ad atleti sani con un’età compresa fra 18-35 anni.

    40m

    Il secondo test consiste invece nel tracciare due linee parallele, distanti circa 40 cm (immagine riportata sotto) e nell’andare con i piedi “avanti e indietro” per il maggior numero di volte possibile nel tempo concesso (dieci secondi).

    40 cm
    Una singola ripetizione dell’esercizio (non ci sono spostamenti laterali)

    Si parte con entrambi i piedi dietro ad una linea (B) e si portano i piedi oltre la linea opposta (A) uno per volta, alla massima velocità possibile, poi alla stessa maniera si riportano i piedi dietro alla line di partenza (B), e così via, senza interruzioni, fino allo scadere del tempo (10″). Nella figura sopra, tutti i passaggi (1-5) corrispondono ad una singola ripetizione dell’esercizio.

    Mobilità articolare: sit and reach e test di mobilità delle spalle (sollevamento bracia con bacino retroverso e schiena appoggiata ad un muro).

    Il sit and reach test consiste nel ricercare la massima estensione della catena muscolare posteriore da seduti, inclinando il busto in avanti (figura sotto). Le punte delle dita devono cercar di toccare la porzione della tavola più distante possibile. Si salverà il risultato facendo un segno proprio sulla superficie della tavola posizionata poco sopra i piedi ed annotando la distanza raggiunta. A questo link potete trovare un video pratico del test.

    Invece nell’altro test, dopo un breve riscaldamento, l’atleta si posiziona di spalle ad un muro, con la schiena perfettamente aderente alla parete in ogni suo punto (zona lombare compresa).

    Cattura

    Successivamente deve sollevare gli arti superiori provando a toccare il muro alle proprie spalle, mantenendo ovviamente l’articolazione del gomito bloccata. Si misura con un metro (o righello) la distanza delle mani dalla parete.

    Con le suddette regole, la maggior parte delle persone non è in grado di arrivare a toccare la parete. Quando la mobilità richiesta in questa prova viene raggiunta, si passa ad esercizi più impegnativi, di cui magari parleremo in futuri articoli.

    Stabilità ginocchio: lateral and medial single leg hop series (video sotto). Con questo esercizio si valuta la stabilità dell’articolazione del ginocchio, una delle più soggette agli infortuni. Nel caso venissero notate delle problematiche (valgismo, varismo, scarso equilibrio, errato appoggio monopodalico), queste dovranno essere corrette, se necessario con la supervisione di un fisioterapista od un fisiatra.

    Conclusioni

    Quelli di cui abbiamo appena parlato sono i principali test che un preparatore atletico serio dovrebbe far eseguire ai propri atleti praticanti SdC. Ovviamente nulla vieta di sostituirne alcuni con delle varianti, ci sono anche vari fattori che entrano in gioco (disponibilità delle strutture, caratteristiche individuali dei fighters, infortuni pregressi, tipo di programmazione, tempo a disposizione, eccetera). I test vanno eseguiti all’inizio di ogni training camp e vanno poi ripetuti all’inizio del training camp successivo, confrontando i risultati.

    Senza numeri sono tutti atti di fede

    Detto ciò, non resta che salutarci ed augurare a tutti un buon allenamento!


    oc
    Bibliografia

    [1] Conconi F. et al. – Determination of the anaerobic threshold by a noninvasive field test in runners (1982)

    [2] Cooper H. K. et al. – A means of assessing maximal oxygen intake. Correlation between field and treadmill testing (1968)

    Landow L. – Ultimate conditioning for martial arts (Human Kinetics 1a Ediz., 2016)

    Riccaldi A. – The chronicles of Legionarius: la preparazione atletica di Alessio Sakara (2013)

    Bertuzzi R. – Energy System Contributions During Incremental Exercise Test (2013)

    Cravanzola E. – Allenarsi in base alla frequenza cardiaca (2016)

    Travis N. Triplett – Assessing Speed and Agility Related to Sport Performance (2012)

  • Hip thrust: una valida alterativa allo squat nella preparazione atletica?

    Hip thrust: una valida alterativa allo squat nella preparazione atletica?

    L’hip thrust è un’esercizio che interessa principalmente gli arti inferiori, tornato alla ribalta negli ultimi anni grazie ad alcuni coach e studiosi d’oltreoceano, come per esempio Bret Contreras.

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    Oltre alla mera ipertrofia, l’hip thrust può trovare il suo spazio anche all’interno di una preparazione atletica finalizzata al miglioramento delle capacità condizionali. In questo  (altro…)

  • I massaggi per il recupero fisico

    I massaggi per il recupero fisico

    I massaggi sono veramente utili per il recupero fisico? Scopriamolo insieme!

    Therapies Massage Handling Osteopathy Wellness

    Concetti basilari

    Se utilizzato nella maniera più opportuna, il massaggio può favorire recupero fisico e performance. Le tecniche manuali che si utilizzano nel massaggio sportivo sono lo (altro…)

  • Kettlebell Marathon: cos’è e come si allena

    Kettlebell Marathon: cos’è e come si allena

    Questa particolare ed estrema branca del Ghiri Sport altro non è che la specialità “di fondo” riguardante appunto le gare di sollevamento delle Ghirie o Kettlebell.

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    Un po’ di teoria

    Come già affrontato in precedenti articoli da me prodotti, l’uso del kettlebell è estremamente  (altro…)

  • Ritmo scapolo-omerale: definizione ed utilità in palestra

    Ritmo scapolo-omerale: definizione ed utilità in palestra

    Come da titolo, in questo articolo parleremo del ritmo scapolo-omerale. Un meccanismo forse sconosciuto ai più ma che riveste una certa importanza, anche in ambito pratico, se si sollevano pesi o si compiono sforzi con gli arti superiori. Buona lettura!

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    Cenni di fisiologia articolare

    La spalla è l’articolazione più mobile del corpo umano. Permette movimenti sui tre assi principali (asse trasversale, antero-posteriore, verticale).

    1. Asse trasversale (piano frontale): permette movimenti di flesso-estensione sul piano eseguiti in un piano sagittale (fig. 1.a)
    2. Asse antero-posteriore: è contenuto nel piano sagittale. Permette movimenti di abduzione degli arti superiori (l’arto superiore si allontana dal piano si simmetria del corpo) e di adduzione (l’arto superiore si avvicina al piano si simmetria del corpo) eseguiti in un piano frontale (fig. 2.b)
    3. Asse verticale: determinato dell’inserzione del piano sagittale con quello frontale. Permette movimenti di flessione ed estensione eseguiti sul piano orizzontale, tenendo il braccio in abduzione a 90° gradi.

    Altri movimenti della spalla e del braccio sono illustrati nella foto sotto

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    Ma ora veniamo a noi, il ritmo scapolo-omerale non è altro che il movimento contemporaneo di scapola ed omero. Durante l’elevazione della spalla, a seconda del grado di abduzione della scapola e dell’omero, lavoreranno più alcuni muscoli rispetto ad altri. Tutto ciò, ovviamente, è applicabile nello sport come in palestra. Alcuni gesti/esercizi interesseranno determinati distretti muscolari ed altri no.

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    Movimento combinato di scapola ed omero durante una abduzione

    Uno degli studi più quotati in fisiologia articolare [1] evidenzia come nei primi 80° di abduzione degli arti superiori, quindi con le braccia quasi parallele al suolo, il ritmo scapolo-omerale si concentri sull’omero, dando maggior lavoro al deltoide (rapporto scapola-omero di circa 1:3)*. Invece, dagli 80° ai 140°, inizia a “lavorare” di più la scapola, pertanto c’è una maggior attivazione degli elevatori scapolari (trapezio superiore), con un rapporto scapola-omero indicativamente di 1:2. Infine, oltre i 140 gradi aumenta sempre di più l’attivazione degli elevatori della scapola (trapezio superiore, muscolo elevatore della scapole, piccolo romboide e grande romboide), sottraendo così lavoro al deltoide (rapporto 1:1).

    *a seconda dei testi possiamo trovare delle cifre un po’ differenti ma comunque sempre vicine al range dei 70-90°.

    Ricapitolando…

    • 0-80° ⟶ rapporto scapola-omero di 1:3
    • 80-140° ⟶ rapporto scapola-omero di 1:2
    • 140-170° ⟶ rapporto scapola-omero di 1:1
    Applicazioni pratiche

    Per rendere più concrete tutte queste informazioni, ci basta pensare a quali esercizi prevedono una abduzione delle braccia (figura sopra). Gli esercizi più comuni che includono quel movimento sono le alzate laterali con manubri, le tirate al mento (o al petto) e le distensioni sopra la testa (military press).lateral.PNG

    Alzate laterali: consistono nell’impugnare un manubrio e, partendo dai fianchi, portarlo all’altezza della base del collo, anche se non è raro vedere della varianti che prevedono un range di movimento più ampio (oppure ridotto). Ragionando su quanto detto prima, possiamo arrivare a concludere che portare le braccia a parallele al suolo come in figura sia effettivamente la scelta più corretta a livello biomeccanico. Andando oltre i 90° di abduzione delle braccia, i deltoidi inizierebbero via via a lavorare meno, quindi se l’intento è quello di allenare i muscoli della spalla e non gli elevatori delle scapole, terminare la fase concentrica dell’alzata una volta raggiunti i 90° di abduzione è una cosa più che sensata.chin

    Tirate al mento/petto: questo esercizio per comodità si esegue quasi sempre con il bilanciere. Si parte con le braccia completamente distese, vicino alla vita, e si compie un piegamento degli arti superiori, portando il bilanciere al petto o in prossimità del mento. La versione dell’esercizio da preferire è quella che prevede la fine del sollevamento all’altezza del petto, perché il grado di abduzione degli arti superiori è sufficiente a garantire una marcata attività del deltoide, limitando l’intra-rotazione dell’omero (figura sotto) e quindi il rischio di impingement (che è statisticamente più alto nei soggetti che eseguono molto di frequente le tirate al mento) [2]. Questa problematica infatti si verifica oltre i 70-90° gradi di abduzione dell’omero [3], per questo motivo è consigliabile fermare l’alzata prima che il bilanciere raggiunga il mento, facendo arrivare i gomiti poco sotto l’altezza delle spalle.

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    Con omero intra-rotato (fig. sopra), il capo laterale del deltoide tende a prevalere su quello anteriore, l’esatto contrario avviene invece con l’extra-rotazione [4,5,6].

    Distensioni sopra la testa (lento avanti): consistono nel sollevamento di un carico sopra la testa (manubri, bilanciere, kettlebell). Da in piedi, o seduti su panca, partendo con il peso all’altezza del mento (gomito parallelo al corpo), si esegue una spinta verso l’alto, gli arti superiori si distendono e poi si piegano per tornare al punto di partenza.

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    L’omero compie tutto il suo percorso in una abduzione laterale. E’ da evidenziare inoltre l’intervento del tricipite in fase di spinta che ricordiamo essere l’estensore del gomito (ne avevamo già parlato qui). Pertanto, grazie al coinvolgimento di molti muscoli, questo è indubbiamente l’esercizio per le spalle in cui si può esprimere una maggior forza, sollevando più peso. In termini di ipertrofia, questo si traduce in un maggior stimolo meccanico, elemento base della crescita muscolare. E’ proprio per questo motivo che nelle distensioni sopra la testa il peso viene spinto molto in alto, facendo compiere all’omero una abduzione molto ampia, che inevitabilmente coinvolge molto anche gli elevatori della scapola. E’ bene sottolineare che il motore principale di questo gesto rimane sempre e comunque il deltoide, l’intervento di altri muscoli è secondario. Inoltre, se l’esecuzione è corretta questo esercizio ha un bassissimo rischio di impingement od infortunio, a patto che il soggetto che lo esegue sia perfettamente sano.

    Illustrazioni prese dal libro di Nick Evans – Bodybuilding Anatomy

    Conclusioni

    Benché nell’allenamento conti molto la soggettività, ci sono basi biomeccaniche e fisiologiche comuni a tutti che devono essere rispettate. Non solo per quanto concerne l’ipertrofia ma anche per la salute. Gli esercizi citati nell’articolo possono essere utili per l’incremento della forza e della massa muscolare, basta saperli eseguire correttamente ed alternare gli stimoli allenanti nella maniera più opportuna.

    Grazie per l’attenzione.


    oc
    Bibliografia

    Kapandji I. A. – Fisiologia articolare (1999)
    Boccia G. – Basi del movimento (Dispense universitarie SUISM, a.a. 2014/2015)
    1 Bagg S. D. et al. – A biomechanical analysis of scapular rotation during arm abduction in the scapular plane (1988)
    2 Kolber MJ et al. – Characteristics of shoulder impingement in the recreational weight-training population (2014)
    3 Schoenfeld BJ et al. – The upright row: implications for preventing subacromial impingement (2011)
    4 Botton C. E. et al. – Electromyographical analysis of the deltoid between different strength training exercises (2013)
    5 McAllister M. J. et al. – Effect of grip width on electromyographic activity during the upright row (2013)
    6 Reinold M. M. et al. – Electromyographic analysis of the supraspinatus and deltoid muscles during 3 common rehabilitation exercises (2007)

  • Assi e piani di movimento

    Assi e piani di movimento

    Gli assi ed i piani di movimento rappresentano le basi teoriche del movimento umano. Argomenti relativamente semplici che vanno tenuti a mente, soprattutto se si vuole parlare di argomenti nerd come la biomeccanica.

    Assi di movimento

    Cattura

    Piani di movimento

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    Piano frontale (o coronale): asse longitudinale e trasversale (anteriore – posteriore).

    Piano sagittale: asse sagittale e longitudinale (destra e sinistra).

    Piano trasverso (o orizzontale): asse sagittale e trasversale (superiore – inferiore).

    Queste nozioni, anche se un po’ noiose da tenere a mente, sono l’abc del movimento umano. Utili specialmente nella descrizione degli esercizi a corpo libero ed anche con i sovraccarichi.

    Grazie per l’attenzione.

     


    Bibliografia

    Boccia G. – Basi del movimento (Dispense universitarie SUISM, a.a. 2014/2015)
    Kapandji I. A. – Fisiologia articolare (1999)

  • Farmaci Beta-Bloccanti e Beta2-agonisti: azione, doping e rischi

    Farmaci Beta-Bloccanti e Beta2-agonisti: azione, doping e rischi

    Al contrario di quanto possono pensare i non addetti ai lavori, il doping non è solo mera ipertrofia o resistenza e in questo articolo ne avremo la conferma. Quindi prendetevi due minuti di tempo e leggetevi quanto segue.

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    Caratteristiche e funzioni

    I β-bloccanti, sono una classe di farmaci che agisce bloccando i recettori β-adrenergici. Possono bloccarli indistintamente tutti o solo alcuni. Invece, i β2 agonisti, detti anche agonisti selettivi, interagiscono con solamente con i recettori adrenergici di tipo β2.

    Ma ora occorre fare un passo indietro: volendo andare dritti al punto, quelli adrenergici sono dei particolari recettori situati su numerosi organi o tessuti del corpo umano. Grazie ad essi, ormoni come le catecolamine possono espletare lo loro funzioni fisiologiche su, appunto, tessuti od organi. I recettori possono essere di due tipi: dopaminergici (D1, D2, D3, D4, D5) o adrenergici (α1, α2, β1, β2, β3). Ora a noi interessano solo quest’ultimi.

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    A seconda del recettore col quale interagiscono i farmaci, essi possono portare a diversi effetti su svariati tessuti ed organi.

    I farmaci β-bloccanti e β2-agonisti vengono utilizzati principalmente per il trattamento di alcune patologie polmonari, come l’asma, cardiache e come antidepressivi. Come possiamo notare nella tabella riportata sopra, i farmaci che interagiscono con i recettori adrenergici β2 causano, fra le altre cose, un rilassamento dei bronchi (da qui la loro utilità per numerose patologie respiratorie).

    La continua ricerca nel creare sostanze selettive nei confronti dei recettori adrenergici β2 ha dato come risultato quello di ottenere dei farmaci maggiormente sicuri (minori effetti collaterali).

    A seconda della durata dell’effetto dei vari farmaci, i β2-agonisti possono suddividersi in tre categorie principali: ad azione rapida (fenoterolo, salbutamolo), ad azione lunga (bambuterolo, clenbuterolo) e ad azione ultralunga (indacaterolo).

    Effetti dopanti

    Gli antidepressivi beta-bloccanti, riducono la forza di contrazione a livello cardiaco, questo li rende utili in sport di precisione, dove è necessario muoversi poco e rimanere concentrati, come ad esempio il tiro con l’arco.

    L’utilizzo di farmaci β2-agonisti a dosaggi particolarmente elevati, che vanno quindi oltre il terapeutico, è associato ad un anabolismo dei tessuti e a un’incremento della forza. Basti pensare che il clenbuterolo è somministrato ad alcuni capi di bestiame in allevamenti al di fuori della Comunità Europea per far crescere gli animali più in fretta.

    Negli anni passati, i test nei quali gli atleti son risultati positivi ai β2-agonisti hanno raggiunto il 6% dei test positivi totali. Attualmente la percentuale è leggermente in calo.

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    Struttura chimica del clenbuterolo

    Anti-doping ed effetti collaterali

    Per i motivi riportati sopra, anche se inalati, i farmaci β-bloccanti e β2-agonisti sono vietati dalle norme anti-doping (WADA), fatta eccezione per un ristretto numero di essi che, a certi dosaggi, e con opportuna “dichiarazione di uso”, sono tollerati.

    I principali effetti collaterali riscontrati con l’abuso di questi farmaci sono:

    • Tremore
    • Crampi muscolari
    • Cefalea
    • Tachicardia
    • Iperglicemia
    • Disturbi del sonno
    • Stanchezza
    • Calo del desiderio sessuale
    • Impotenza (rara)
    • Nausea e vomito
    • Estremita di mani e piedi fredde (vasocostrizione periferica)

    Grazie per l’attenzione!

    Questo articolo è a scopo puramente divulgativo, quanto riportato sopra è da considerarsi libera informazione e non vuole invitare in alcun modo le persone ad assumere sostanze che ricordo essere dannose e illegali.

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    oc

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    Referenze

    Sacchi N. – Farmaci e doping nello sport (2014)

    Weineck J. – Biologia dello sport (2005)

    Sito WADA (www.wada-ama.org)