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  • Preparazione atletica per Lotta e Grappling: una panoramica generale

    Nel vasto mondo degli sport da combattimento e delle arti marziali, discipline come la lotta (wrestling), grappling (no-gi), il classico brazilian jiu jitsu (gi), il judo, ecc. rappresentano una categoria differente rispetto alle solite specialità fatte principalmente di percussioni (striking).

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    Non occorre di certo una perspicacia fuori dal comune per intuire che le capacità condizionali e le richieste energetiche a cui l’organismo va incontro durante una gara di grappling  non siano le medesime necessarie per competere nel pugilato piuttosto che nella kickboxing.

    In questo scritto tratteremo proprio di fisiologia sportiva applicata alla categoria di sport da combattimento (SdC) citata ad inizio articolo. Buona lettura!

    Introduzione

    Chiunque abbia mai calcato, anche solo a livello amatoriale, un tatami od una gabbia sa bene quanto sia duro ed energeticamente dispendioso allenarsi e magari anche gareggiare negli sport da combattimento. Le sottomissioni del grappling, dagli strangolamenti alle leve articolari, le mille proiezioni della lotta libera e greco-romana, le fasi di transizione, i passaggi di guardia.

    Proprio perché sono molto duri, occorre essere fisicamente ben preparati, oltre che tecnicamente anche fisicamente. Esistono cinture nere che in quanto a strength and conditioning sono poco più che cinture gialle e cinture gialle che dal punto di vista atletico sono cinture nere.

    Ecco, per quanto possibile, bisogna tentare di ottimizzare il tutto. Cinture nere nello sport e cinture nere nella preparazione atletica.

    Diventare eruditi circa il condizionamento fisico per gli SdC non è facile, soprattutto se non si è poliglotti e non si hanno basi di alcun tipo. Questo articolo può essere un buon punto di partenza.

    Sistemi energetici e capacità condizionali

    Come già accennato in precedenza, vi è una marcata differenza fra i livelli di capacità condizionali (forza, resistenza, velocità) e di utilizzo dei substrati energetici richiesti dal corpo di un lottatore, rispetto a quelli necessari ad uno striker per essere performante.

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    La tabella riportata sopra, presa dal libro “Ultimate Conditioning for Martial Arts“, mostra a grandi linee i tempi di lavoro (in competizioni ufficiali) di tre SdC legati da alcune similitudini.

    In tutti e tre è ovviamente richiesta una solida base di forza massimale, una buona velocità, potenza e resistenza. Inoltre, nel wrestling e grappling/bjj ricopre una certa importanza l’efficienza del sistema aerobico. Il quale ha il compito di smaltire e riconvertire i prodotti di scarto del metabolismo anaerobico lattacido. Per resistere invece all’accumulo di acido lattico è importante possedere una buona resistenza anaerobica lattacida e alattacida (potenza e capacità a/lattacida).

    Logicamente, dato che i sistemi energetici lavorano in contemporanea (fig. sotto), vi è una componente energetica aerobica anche in sport come il judo, anche se minore (raggiunge invece il suo apice in SdC come la boxe professionistica).

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    Le differenze inerenti l’utilizzo delle capacità condizionali negli SdC dipendono principalmente dalla velocità con cui una forza viene applicata. Con lo sviluppo di tensione, nel muscolo si verifica un accorciamento, questo accorciamento avviene in una determinata quantità di tempo, per cui, secondo la relazione fisica spazio/tempo si può riuscire a quantificare il tempo in cui questa contrazione avviene. Per sviluppare la massima forza esprimibile necessaria per un determinato movimento occorre tempo. Il tempo per raggiungere il picco di forza varia da persona a persona (leve, coordinazione inter e intramuscolare, fibre muscolari, capacità di reclutamento) e dal tipo di movimento.

    Normalmente il tempo necessario per raggiungere il valore del picco della forza (F) è poco superiore a 0,4 secondi. Se paragoniamo gli 0,4″ con il tempo necessario per sviluppare forza in alcuni sport, capiamo perché in alcuni di essi l’allenamento con alti sovraccarichi a basse velocità è un importante aspetto della preparazione atletica e in altri no.

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    Specialmente nelle discipline di velocità, il tempo disponibile per imprimere forza (spinta a terra) è brevissimo (tabella), ciò ci dà un’idea delle priorità della preparazione atletica per questi sport.

    Tanto per essere più chiari, in tutti gli esempi riportati sopra, potranno essere raggiunti livelli di forza più o meno alti ma mai massimali. Non è un caso che i lanciatori del giavellotto allenino molto meno la forza massimale (spostamento di alti sovraccarichi a basse velocità), rispetto a chi fa lancio del peso (il giavellotto è molto più leggero del peso, pertanto può essere espressa tramite il lancio di esso una minor Fmax).

    Allo stesso modo, il jab di un abile boxeur (colpo dritto e rapido) si muove con una velocità ben diversa rispetto ad una normale proiezione di un lottatore (hip toss, double leg, single leg…). Quindi a livello fisiologico, fisico e biomeccanico cosa succede? Se siete stati attenti l’avrete sicuramente capito. Il pugile non esprimerà mai e poi mai tutta la sua forza in quel colpo, è impossibile, i suoi segmenti corporei ed i relativi muscoli si muovono troppo velocemente, non c’è il tempo necessario per sviluppare grandi livelli di forza. Al contempo, il lottatore portando un takedown sarà un po’ più lento ma riuscirà ad imprimere molta più forza in quella tecnica.

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    Attorno a questi tediosi ma importanti concetti gira tutto il discorso sulle giuste capacità condizionali per gli sport da combattimento. Bisogna quindi fermarsi un attimo a riflettere per cercare di comprendere cosa serve per lo sport che si pratica.

    Andando al nocciolo della questione, un lottatore o grappler deve essere rapido per afferrare un arto dell’avversario oppure per fare un’entrata alle gambe, tuttavia per rendere efficace il proprio takedown deve obbligatoriamente imprimere una certa forza nel gesto atletico, specialmente se l’avversario o lo sparring partner è pesante ed oppone molta resistenza.

    Per questa ragione, a causa delle richieste di forza ed alle fasi statiche – basti pensare ad un fighter che prova disperatamente ad uscire da una brutta situazione come la monta od una sottomissione quasi completamente chiusa – ogni grappler e lottatore se vuole avere delle buone prestazioni deve necessariamente allenare ciò che segue:

    • Forza massimale
    • Forza resistente
    • Forza esplosiva/potenza
    • Velocità/rapidità
    • Resistenza (aerobica ed anaerobica)

    Ai lettori più nerd, facciamo notare come la differenza tra la forza di un jab (Fm, forza massimale raggiunta in determinate condizioni) e quella di un potente takedown (Fmm, il più elevato dei valori di forza massimale raggiunti nelle condizioni più favorevoli) è misurabile ed ha un nome: deficit di forza esplosiva (explosive strength deficit – ESD).

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    Sopra, il deficit di forza esplosiva.

    Per ulteriori approfondimenti vi consigliamo vivamente di leggere il seguente articolo: La curva di forza-velocita e la sua applicazione nello sport.

    Applicazioni pratiche

    Dopo tanta teoria passiamo a dare qualche indicazione su come mettere in pratica quanto detto finora.

    Mettiamo caso che un atleta di buon livello abbia un match importante e circa quattro mesi di tempo per allenarsi, dividiamo quindi il tempo totale a disposizione (macrociclo) in 3 mesocicli.

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    Sopra, le tre principali fasi temporali di una periodizzazione.

    Tenendo a mente quali sono le priorità di allenamento elencate poco fa, proviamo a mettere nero su bianco una successione dei mesocicli ed a seguirla.

    • Mesociclo n.1 (microcicli 1-2-3-4)
    • Mesociclo n.2 (microcicli 5-6-7-8)
    • Mesociclo n.3 (microcicli 9-10-11-12)
    • Mesociclo n.4 (microcicli 13-14-15-16)

    Come molti già sapranno la periodizzazione, a seconda della tipologia di lavoro svolto, è suddivisibile in tre macro-aree: periodo di preparazione generale (GPP) – Periodo specifico (PPS) – Periodo competitivo (PC) – Periodo transitorio (PT).

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    Generalmente la preparazione generale dura più di quella specifica (rapporto temporale di 2:1). Come facilmente intuibile dai nomi, il GPP consiste in lavori più aspecifici, dissimili da ciò che poi verrà fatto in gara (un lottatore sul tatami di gara non solleva bilancieri). Invece, la seguente PPS si pone come via di mezzo fra un lavoro aspecifico e la competizione vera e propria, durante il periodo di preparazione specifica vengono chiamati in causa gesti ed esercizi un po’ più simili a quelli dello sport in sé (stessa cosa per le tempistiche di lavoro).

    Quello del PC è il periodo dove si compete. Può essere rappresentato da un singolo match o da più incontri spalmati in una stessa giornata o in più giorni.

    Infine, abbiamo il periodo transitorio che è generalmente rappresentato da un paio di microcicli rigenerativi molto aspecifici, con una frequenza di allenamento più bassa e con poco volume e intensità.

    Per essere più chiari…

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    Molto indicativamente, una “tabella di marcia” potrebbe essere quella mostrata sopra, con un periodo di preparazione generale (settimana 1-10), una fase di preparazione specifica (sett. 11-15) ed il periodo competitivo (ultima settimana).

    Dopo un paio di settimane di adattamento anatomico con un volume di allenamento medio ed un’intensità medio-bassa (carichi non superiori al 50-60% 1RM), si inizia ad aumentare il lavoro di resistance training, sia per l’incremento della forza massimale che resistente. In questo periodo si può anche andare ad utilizzare con esercizi mono-articolari per sviluppare i muscoli più carenti (nel caso questi siano particolarmente deboli rispetto agli altri). Per i lavori di forza resistente (continui o a circuito) si possono utilizzare esercizi coi sovraccarichi, a corpo libero e con compagno.

    Al fine di costruire una solida base aerobica si ricorre alla corsa o alla bicicletta, non superando il 70-75% della frequenza cardiaca su lavori continui della durata di 30-60 minuti (capacità aerobica). Invece, riguardo alla potenza aerobica, si fanno corse alla soglia del VO2max per 3-4′ o interval training particolarmente intensi (HIIT). Nel grafico riportato sotto, è osservabile il miglioramento del massimo consumo di ossigeno e della gittata sistolica, entrambi ottenuti tramite un allenamento ad intervalli (15/15) ed uno di corsa prolungata per tempi modesti (4×4 min).

    Aerobic high-intensity intervals improve VO2max more than moderate training (Helgerud J. et al., 2007); grafico a cura del Dott. Paolo Evangelista.

    Fra la fine della GPP e l’inizio della fase più specifica possiamo sbizzarrirci (per modo di dire) con lavori esplosivi con kettlebell, metodo a contrasto, palle mediche (anche simulando i gesti di gara), balzi, eccetera. E sulla velocità è bene usare degli sprint su brevi distante (10-50 metri) e lavorare sulla capacità di reazione.

    Per ultima, ma non meno importante, la resistenza anaerobica. Si cerca di rendere l’organismo più tollerante all’accumulo di acido lattico, in modo da migliorare la tenuta atletica generale, ricorrendo a circuiti che possono mischiare esercizi a corpo libero o gesti da gara. I tempi di lavoro sono riportati poco più sotto.

    A grandi linee, quelli che seguono sono i metodi di lavoro.

    • Forza massimale: 3-6 sets x 3-7 ripetizioni (75-90% 1RM)
    • Forza resistente aerobica (capacità): 10-15′ di lavoro (rec. incompleto, 2-4′)
    • Forza resistente aerobica (potenza): 3-5′ di lavoro (rec. completo)
    • Forza resistente anaerobica (capacità lattacida): 90-120″ di lavoro (rec. incompleto, circa 1′)
    • Forza resistente an. (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro (recupero completo)
    • Forza resistente an. (capacità alattacida): 12-20″ di lavoro (rec. incompleto, circa 1′)
    • Forza resistente an. (potenza alattacida): 5-10″ di lavoro (rec. completo, 2-3′)
    • Forza esplosiva/power: 3-6 sets x 1-5 ripetizioni
    • Resistenza aerobica (capacità): 30-60′ di lavoro (65-75% FCmax)
    • Resistenza aerobica (potenza): 3-4′ di lavoro (85% Fcmax) ripetuti 3-4 volte (rec. 2-4′)
    • Velocità/rapidità: sprint di vario genere su brevi distanze (10-50 m) con rec. completo
    • Potenza resistente (capacità lattacida): 60-120″ di lavoro (rec. 60-90″)
    • Potenza resistente (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro (rec. 3-5′)
    • Potenza resistente (capacità alattacida): 12-20″ di lavoro (rec. 10-45″)
    • Potenza resistente (potenza alattacida): 5-12″ di lavoro (rec. 1-3′).

    Intensità: percentuale del carico sollevato rispetto al proprio massimale (% 1RM), percentuale della frequenza cardiaca massima (% FCmax).

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    Per ulteriori approfondimenti: Allenarsi in base alla frequenza cardiaca.

    Volume: serie x volume x kg sollevati (tonnellaggio), serie di corsa x metri corsi (chilometraggio totale).

    Densità: rapporto fra lavoro e recupero (work on/off).

    Per monitorare la frequenza cardiaca è vivamente consigliato l’utilizzo di un cardiofrequenzimetro.

    Gli esercizi da utilizzare, alcuni li abbiamo già accennati, bene o male sono quelli che tutti gli addetti ai lavori già conoscono: sollevamenti con bilanciere, trap bar e manubri, kettlebell, palle mediche, corsa, bici e/o cyclette, vogatore, balzi di vario genere, slitta, sprint su brevi distanze (anche con cambi di direzione), battle rope, esercizi a corpo libero e con partner, elastici, macchine isotoniche, gesti tecnici tipici dello sport praticato e così via.

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    Sopra, una camminata prolungata volta all’incremento della forza resistente di tipo aerobico (aerobic strength endurance).

    Con 2-3 sedute di allenamento (preparazione atletica) a settimana si possono ottenere dei bei risultati.

    Cosa manca? Di altro ovviamente c’è da allenare la coordinazione, equilibrio e propriocezione e fare il giusto stretching più eventuali sedute dedicate alle tecniche di recupero (massaggi, bagni freddi). La flessibilità (stretching) va allenata durante tutto il macrociclo; coordinazione, equilibrio e propriocezione trovano il loro collocamento principalmente durante la fase di preparazione fisica generale (GPP).

    Sia nella GPP che SSP è inoltre consigliabile allenare con moderazione il collo.

    Altre letture utili:

    La periodizzazione dell’allenamento: teoria e praticaTest atletici per sport da combattimentoMMA: l’allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson
    - La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitareAllenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)Allenarsi in base alla frequenza cardiaca
    -Come creare Transfer: proposta d’allenamento per gli sport da combattimentoMetodi di potenziamento per gli sport da combattimento
    -Il Ginocchio del Fighter? Teniamolo al Sicuro!
    - Allenamento del collo per gli sport da contatto: teoria e pratica
    - Ultimate Conditioning for Martial ArtsSport da combattimento ed allenamenti errati

    Ovviamente durante l’intera preparazione ci saranno moltissimi allenamenti “tradizionali” con il maestro ed i compagni, dove si andrà a lavorare sulla tecnica, lo sparring e su eventuali scelte tattiche e strategiche. Di ciò però non parliamo dato che non è compito del preparatore atletico occuparsi di queste cose. Va comunque specificato, perdonate la banalità, che è inutile massacrarsi di preparazione atletica se non si è sufficientemente bravi nel proprio sport. Sul tatami di gara non si va a squattare, saltare o ad eseguire circuiti, ma a combattere con un avversario. È follia pensare a una cintura blu di bjj che passa più tempo a sollevare pesi che a rollare con i compagni di allenamento!

    Conclusioni

    Gli sport da combattimento sono sport estremamente complessi, anche sotto al profilo dello strength and conditioning. Allenarsi tanto ma soprattutto bene, alternando gli stimoli allenanti, individualizzando il lavoro e periodizzando il tutto si può fare molto, elevando le performance sportive di chiunque. Dall’atleta più portato a quello più scarso.

    In futuro torneremo a parlare di questi argomenti, approfondendo alcuni concetti, anche in base all’apprezzamento che lettori, atleti e coach avranno nei riguardi di questo articolo.

    Grazie per l’attenzione.

    Buon allenamento!


    oc


    Bibliografia

    Landow L. – Ultimate Conditioning for Martial Arts (2016)
    Bompa T. e Buzzichelli C. – Periodizzazione dell’allenamento sportivo (2017)
    Joel Jamieson – Ultimate MMA Conditioning (2009)
    Jan Helgerud, Kjetill Høydal, Eivind Wang, Trine Karlsen, Pålr Berg, Marius Bjerkaas, Thomas Simonsen, Cecilies Helgesen, Ninal Hjorth, Ragnhild Bach, Jan Hoff – Aerobic high-intensity intervals improve VO2max more than moderate training. Med Sci Sports Exerc. 2007 Apr;39(4):665-71.

  • Ormomi tiroidei e metabolismo

    Ormomi tiroidei e metabolismo

    In dei precedenti articoli abbiamo approfondito aspetti di endocrinologia generale della tiroide, ora andremo ad approfondire il suo ruolo nel metabolismo umano. Buona lettura!

    tiroide

    Come già spiegato qui, la tiroide è (altro…)

  • Muscoli adduttori: anatomia e rinforzo  per la prevenzione infortuni

    Muscoli adduttori: anatomia e rinforzo per la prevenzione infortuni

    Alcuni muscoli del corpo umano se particolarmente deboli, possono aumentare il rischio di incappare in problematiche muscolo-scheletriche. In questa categoria rientrano i muscoli adduttori. Buona lettura!

    Cenni di anatomia

    Gli adduttori sono i muscoli, detto banalmente, dell’interno coscia. Si dividono in adduttore breve, adduttore lungo, grande adduttore, muscolo pettineo e gracile.

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    Origine → inserzione → azione (altro…)

  • Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Come periodizzare l’allenamento della forza negli sport da combattimento?

    Phil Daru, noto preparatore atletico d’oltreoceano specializzato negli sport da combattimento, propone una periodizzazione dell’allenamento divisa in 7 fasi, volta al costruire una solida coordinazione inter e intramuscolare, in modo da coprire tutti gli aspetti dell’adattamento dell’organismo all’allenamento e incremento forza.

    Nel seguente articolo proporremo quanto da lui consigliato con qualche piccola aggiunta.

    Buona lettura!

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    Fasi di allenamento
     
    Ecco le sette fasi:
    1. Adattamento anatomico: gettare la basi per lo sviluppo della forza, lavorare sulla mobilità articolare e sulla prevenzione infortuni.
    2. Ipertrofia: aumentare la sezione trasversale dei muscoli e la coordinazione intermuscolare tramite l’utilizzo di sovraccarichi (resistance training) nell’ordine del 70-80% 1RM.
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      A grandi linee, a seconda degli esercizi e dello stimolo allenante che si vuole dare, con carichi corrispondenti al 70-80% del massimale si può lavorare su ripetizioni che vanno da 4-5 a 10

       

    3. Forza massimale: si lavora con carichi submassimali (≥ 85% 1RM) al fine di incrementare la forza massimale e la coordinazione intramuscolare.
    4. Conversione: la capacità di “trasferire” o convertire gli stimoli ed i miglioramenti fisici ottenuti dalle precedenti tre fasi, in prestazioni migliori. Come? Utilizzando esercitazioni di potenza ed esercizi via via più simili al gesto sportivo vero e proprio (specificità).
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      Nella foto, il coach Graziano Sciuto

       

    5. Mantenimento: vi è un importante scarico, pertanto volume e intensità d’allenamento calano, in modo da garantire un buon recupero fisico.
    6. Cessazione: la fine del mesociclo si trasferisce nella fase successiva.
    7. Compensazione: dopo il miglioramento delle prestazioni atletiche, ha inizio di una fase di allenamento successiva (nuovo mesociclo).
    Altre indicazioni generali

    A seconda del soggetto, dello sport praticato, del livello (dilettante o professionista) e del suo eventuale calendario gare, quanto riportato sopra può essere intenso ed applicato in più modi e con tempistiche differenti.

    Per esempio, un lottatore di MMA potrebbe gettare le basi per la capacità aerobica nelle prime settimane, in parallelo all’incremento della forza massimale e resistente (dalla fase 1 alla fase 3). Per poi concentrarsi subito dopo (fase 4 e 5) sulla potenza aerobica, forza esplosiva e sulla resistenza lattacida ed alattacida specifica. Ed infine, fare un microciclo di scarico (meno volume e magari anche intensità) per recuperare quanto basta per arrivare in forma ad un incontro. Ovviamente, senza tralasciare gli allenamenti dedicati alla tecnica ed alla tattica con il proprio maestro e gli sparring partner, la mobilità articolare, eventuali sedute con il mental coach e così via.

    Quanto illustrato nelle righe sopra è un modo per spalmare le 7 fasi su un intero macrociclo. In alternativa, in sport più di rapidità, dove quindi non sono richiesti grandi livelli di forza massimale, queste 7 fasi possono essere racchiuse in un solo mesociclo. Per esempio nel primo mesociclo di preparazione fisica generale (GPP).

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    Esempio dell’alternanza del volume ed intensità durante 13 settimane di allenamento quando l’intensità raggiunge il suo picco massimo, vi è una proporzionalità inversa con la quantità di volume.

    Anche se non specificato da Phil Daru è bene suggerire di effettuare dei piccoli scarichi ogni tanto fra le prime fasi (ad esempio fra la fase 2 e la 3), in modo da scongiurare il sovrallenamento. Fenomeno purtroppo molto frequente nello sport professionistico.

    Conclusioni

    E’ compito di un buon preparatore atletico valutare i livelli di forza del proprio cliente/atleta e somministrargli i giusti stimoli allenanti, in modo da monitorare l’affaticamento e farlo arrivare al top della condizione nel periodo competitivo.

    Per ulteriori approfondimenti vi rimandiamo ai seguenti articoli:

     

    Grazie per l’attenzione.

    Buon allenamento!


    oc


    Bibliografia

    Daru P. – Periodization Programming for strength & performance! (2017)

    Cravanzola E. – La periodizzazione dell’allenamento: teoria e pratica (2016)

    Sciuto G. – Come creare transfer: proposta di allenamento per gli sport da combattimento (2018)

    Cravanzola E. – Test atletici per sport da combattimento (2017)

  • Il Ginocchio del Fighter? Teniamolo al Sicuro!

    Il Ginocchio del Fighter? Teniamolo al Sicuro!

    Salve ragazzi! Questo articolo è stato scritto allo scopo di dare un aiuto a tutti quei fighter che spesso si sono infortunati al ginocchio.

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    Cenni teorici

    Questo accade perché, come ben sappiamo, i lottatori o comunque i combattenti in genere ricevono innumerevoli sollecitazioni non molto salutari a livello delle articolazioni, sia in combattimento che in allenamento.

    Tutto ciò viene poi accompagnato da un riscaldamento che dimentica spesso il lavoro di mobilità articolare specifica per la lubrificazione e la protezione delle articolazioni, dalla mancanza di protocolli di lavoro specifici per il miglioramento della stabilizzazione delle stesse e soprattutto dalla mancanza di dialogo con esperti del settore nel caso di infortunio.

    Come fare allora a non farsi male, o quantomeno a diminuire il rischio di infortunarsi?

    La risposta che balza subito alla mente è:

    “RIPOSATI, METTI UN PO’ DI GHIACCIO, PER QUALCHE GIORNO PRENDI DEGLI ANTI-INFIAMMATORI E POTREMO RIPRENDERE AD ALLENARCI”

    E’ la risposta esatta? Assolutamente no!

    Per il semplice fatto che in questo modo si va ad agire solo sull’effetto dell’infortunio e non direttamente sulla causa, cioè la presenza di deficit a livello di stabilizzazione del ginocchio, ovvero dei muscoli che vi si inseriscono come il tensore della fascia lata, gruppo degli adduttori e degli abduttori.

    Applicazioni pratiche

    Per andare quindi ad agire direttamente sulla causa ho voluto scrivere un semplice quanto veloce protocollo allenante allo scopo di migliorare la stabilizzazione del ginocchio e renderlo meno vulnerabile alle sollecitazioni con cui ci confrontiamo giornalmente negli sport da combattimento.

    Si tratta di un semplice circuito della durata di circa 5-10 minuti composto da tre esercizi che mi sono stati insegnati ad un corso della Functional Training School e, come per ogni mio articolo, troverete naturalmente anche il motivo di ogni singolo esercizio inserito.

     

    MINI BAND SIDE WALK 5 passi dx + 5 passi sx
    
    MINI BAND SQUAT 10 rep
    
    RUBBERBAND LUNGE 5 + 5 rep
    
    Ripetere il mini circuito per 3 volte no stop.

     

    Andiamo per ordine:

    • MINI BAND SIDE WALK: in stazione eretta, posizionare la MINI BAND ad altezza caviglie. Da questa posizione effettuare dei piccoli passi laterali mantenendo le gambe totalmente distese. Durante l’esecuzione dell’esercizio sentirete il lavoro su tensore della fascia lata in primis e su adduttori e abduttori della gamba.

    MINI BAND SIDE WALK

    Perché questo esercizio? Fermiamoci un attimo a riflettere. Dove si inseriscono questi muscoli? Esatto! Si inseriscono proprio sulle zone laterale e mediale del ginocchio svolgendo una funzione stabilizzatrice.

    • MINI BAND SQUAT: in stazione eretta posizionare la mini band immediatamente sopra il ginocchio e posizionare i piedi nella larghezza adatta ad effettuare uno squat.

    MINI BAND SQUAT

    Da questa posizione effettuate un squat enfatizzando il lavoro di bacino per allungare il gluteo (avete presente quando andate al bagno e vi state sedendo? Bene dovete fare la stessa cosa, ovvero dovete andare alla ricerca del cesso con le chiappe), contemporaneamente portate le ginocchia verso l’esterno mentre la mini band opporrà resistenza a questo movimento.

    Con questo secondo esercizio si lavora sempre sugli stabilizzatori, enfatizzando il tutto con il lavoro di squat.

    • RUBBERBAND LUNGE: fissare la prima estremità della rubberband e far passare la seconda attorno ad un ginocchio, posizionarsi in modo tale da creare una leggera tensione con la BAND. Effettuare un passo indietro con la gamba libera, stabilizzarsi ed effettuare un affondo funzionale, spingere in avanti ed effettuare il secondo affondo, ritornando infine in posizione di partenza.

    RUBBERBAND LUNGE

    Effettuare lo stesso lavoro con l’altra gamba. Avendo lavorato a piedi pari nei due esercizi precedenti, con il terzo esercizio lavoreremo sulle stesse componenti ma lavorando prima su un solo ginocchio, poi sull’altro. 

    Consigli sul materiale

    Se non possiedi delle mini-band come quella rossa mostrata nella foto, puoi benissimo lavorare comunque con la rubberdand piegata in due (quella della seconda foto).

    MINIBAND

    RUBBERBAND PIEGATA IN DUE

    Esempio su cliente

    Lui è Josef Giuseppe, atleta thai boxer con cui ho il piacere di allenarmi sotto la guida del maestro Alfonso Cristina presso la palestra Fight 360 Team Catania – GYM del mitico Placido Maugeri.

    Da qualche tempo avvertiva dolori al ginocchio, senza sapere quale fosse la causa di ciò.

    Da vari esami fatti non si riscontrava nulla di anomalo, pertanto per continuare ad allenarsi applicava ciò che fanno tutti:
    – riposo
    – antinfiammatori
    – ghiaccio

    Ottenendo così solo una riduzione temporanea del dolore perché agiva solo sull’effetto e non direttamente sulla causa.

    Ma qual è la causa? E’ bastato fargli eseguire qualche ripetizione di squat per capirlo.
    Nella prima parte del video che vi mostro infatti si può notare che, sia in fase di discesa che di salita, il ginocchio dx (quello dolorante) “balla” letteralmente a destra e sinistra per mancanza di stabilità.. in più attua tutta una serie di compensi che di norma non dovrebbero esserci.

    Siamo andati semplicemente a lavorare quindi sulla stabilizzazione del ginocchio col mini circuito di cui abbiamo parlato prima.

    Nella seconda parte del video potete notare i miglioramenti che si sono ottenuti in sole 2 settimane di lavoro nonostante il fatto che non lo abbia seguito personalmente in ogni seduta e che quindi abbia continuato a lavorare in totale autonomia.

    Cosa sarebbe successo se oltre a ciò fosse stato seguito su ogni singolo movimento al fine migliorarlo sempre più?

    Cosa succederebbe se un semplice circuito del genere venisse inserito nel riscaldamento generale di un praticante di SdC? A voi la risposta.

    Conclusioni

    Questo è solo un esempio di circuito, di varianti se ne possono creare a bizzeffe, modificando opportunamente in base alla problematica. Tengo a precisare comunque che tale circuito o suoi simili non possono sostituire il parere e/o il trattamento di un medico, di un fisioterapista o di qualsiasi altro professionista, ma ha il solo scopo di aiutare atleti privi di lesioni al ginocchio di migliorare la stabilizzazione del ginocchio e quindi diminuire il rischio di infortuni.

     

    Fammi sapere se ti è piaciuto l’articolo, condividilo e commenta pure se hai qualche dubbio o perplessità. Grazie per l’attenzione.

    PER ASPERA AD ASTRA!

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    Referenze e approfondimenti

    Altri articoli sulla preparazione atletica → https://bit.ly/2Jy0JEa

     

  • Come creare Transfer: proposta d’allenamento per gli sport da combattimento

    Come creare Transfer: proposta d’allenamento per gli sport da combattimento

    Con questo articolo proverò a dare un circuito d’allenamento creato appositamente per creare Transfer dal gesto funzionale al gesto atletico in periodo pre-agonistico.

    Buona lettura!

    Sciuto

    Articolo scritto da Graziano Sciuto e rifinito da Enrico Cravanzola

    Cos’è il Transfer?

    Tradotto letteralmente significa “Trasferimento”, ovvero spostamento di qualcosa da una posizione A ad una posizione B.

    Riportando tale significato in ambito della preparazione atletica per sport da combattimento (SdC), ci dovrà essere un vero e proprio trasferimento delle capacità condizionali acquisite nel periodo preparatorio aspecifico, riuscendo ad applicarle nel gesto atletico specifico in fase agonistica.

    Tradotto con un esempio: se abbiamo un thai-boxer che riesce a spingere 120-130 kg di squat con bilanciere, ma poi la stessa forza applicata al bilanciere non riesce ad esprimerla al meglio in un qualsiasi gesto atletico come ad esempio il low kick, è evidente che c’è qualche problema.

    Pertanto sarà compito del preparatore saper creare dei protocolli d’allenamento atti a creare il giusto transfer al fine di non rendere vano il lavoro fatto durante il periodo preparatorio aspecifico.

    Passiamo alla pratica

    Qui di seguito voglio quindi mostrarvi una proposta d’allenamento a circuito per creare transfer nel gesto atletico specifico del pugno.

    Stavolta non mi limiterò a scrivere solo gli esercizi e le ripetizioni ma vi spiegherò anche il perché questa sequenza di esercizi.

    Esempio di routine di allenamento:

    Warm Up (riscaldamento)

    Salti con la corda corda & mobilità articolare

     

    Workout:

    3/5 Round

    5 rep Squat con bilanciere

    2′ Power Swing

    5 rep*lato Rubber Band Squat&Rotation

    5 rep*lato Medball Rotate&Boost

    2′ Boxe al Sacco

     

    Il protocollo d’allenamento presentato serve per creare transfer sull’efficienza ed efficacia del pugno.

     

    https://www.instagram.com/p/BfbQy5GFgl9/?taken-by=spartanreal

    Probabilmente ti starai chiedendo: Ma perché inserire gli squat se ci stiamo focalizzando sul pugno?

    La risposta è più semplice del previsto:

    Da dove arriva la vera potenza del pugno? Esatto, dalle gambe!!!

    Non per niente la funzione principale della catena estensoria dell’anca è appunto la propulsione. Non per niente negli arti inferiori abbiamo i muscoli più grossi e potenti del nostro organismo.

    Come nel gesto del pugno, la forza viene dalle gambe anche per la maggior parte dei gesti atletici, fermati un attimo a riflettere: un giocatore di basket che movimento fa quando si prepara a lanciare la palla? Ed un pallavolista? Un tennista? Un golfista invece?

    Un po’ di dati

    Quanto detto fino ad ora, ovviamente, è ben noto in letteratura scientifica. Come illustrato nella tabella riportata sotto, più un pugile è abile e più riesce a generare potenza nei suoi colpi tramite il movimento di gambe.

    boxing-mastery

    In percentuale, la rotazione del tronco e la spinta con la gamba posteriore generano un potenza molto simile (rispettivamente il 37 ed il 38% della potenza totale). L’estensione delle braccia è ciò che genera meno potenza negli atleti di alto livello (24%) e, al contrario, più potenza nei principianti (quasi il 38%).

    Tutto parte dalle gambe. Gli americani dicono “LEGS DRIVE MOVEMENT” ed è la sacrosanta verità.

    Spiegazione e indicazioni generali

    Quindi:

    • Inizio con lo Squat per lavorare sulla propulsione in modo aspecifico;

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      Back Squat con bilanciere
    • Segue il Power swing, per lavorare su propulsione, stabilizzazione del core e trasferimento dell’energia al kettlebell attraverso le braccia;

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      Power Swing con KettleBell
    • Terzo esercizio, si continua a lavorare per come si è fatto fin’ora, inserendo però anche le componenti rotazione e controllo dinamico del core, fondamentali nel lavoro di schivata e contrattacco, e la componente resistente e destabilizzante dell’elastico, utile al lavoro di ottimizzazione del pugno;

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      RubberBand Squat&Rotate
    • Med Ball Rotate&Boost, si lavora su reattività, pliometria e rotazione con il lancio dinamico della palla medica, cercando contestualmente di attenuare gli effetti negativi che nel lungo periodo può dare il ritorno elastico della rubber band dell’esercizio precedente;

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      MedBall Rotate&Boost
    • Ultimo esercizio, si lavora sul gesto atletico dello sport praticato (specificità)

    Avete notato che non ho inserito la distensione su panca piana? Sapete il perché?

    La panca piana in sé per sé è un esercizio che toglie molte energie ed affatica tutta la prestazione del cingolo scapolo-omerale e della catena trasversa, quindi inserendola nel circuito d’allenamento avrei ottenuto proprio l’opposto dell’effetto ricercato, braccia stanche e pugni lenti.

    Intanto questo è proprio quello che si vede ogni tanto in giro, panca piana al multipower “esplosiva” ed a gambe alzate per “isolare” il movimento e lavorare di più sul pettorale seguita da una sessione di shadow boxing con i pesetti da 2 kg.

     

    Buona riflessione e buon allenamento!

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    Referenze e approfondimenti

    Graziano S. – Le caratteristiche del fighter, parte 1 (2018)

    Graziano S. – Le caratteristiche del fighter, parte 2 (2018)

    Cravanzola E. – La periodizzazione dell’allenamento: teoria e pratica (2016)

    Cravanzola E. – La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitare (2016)

    Cravanzola E. – Metodi di potenziamento per gli sport da combattimento (2015)

    Cravanzola E. – Preparazione atletica per sport da combattimento: cinque consigli (2016)

    Cravanzola E. – Sport da combattimento e allenamenti errati (2015)

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    COFFEE

    Cenni di chimica e fisiologia sportiva

    La caffeina è una trimeltixantina, alcaloide naturale presente in alcune piante (caffè, cacao, matè, ecc.). Questa sostanza è una stimolante del sistema nervoso centrale (SNC) ed è largamente usata per contrastare stanchezza e sonnolenza. Essa agisce aumentando i livelli di adrenalina, noradrenalina e la frequenza cardiaca (fc). Le sue interazioni col SNC derivano dalla facilità con cui la caffeina, una volta assunta, attraversa la barriera emato-encefalica (BEE). Sui tessuti dell’organismo funziona da vasodilatatrice, eccetto su quello nervoso, dove risulta avere un effetto vasocostrittore.

    Coffein
    Formula chimica

    La sua digestione dentro al tratto gastrointestinale dura circa 45 minuti e, in condizioni normali, i suoi effetti possono rimanere stabile per 1 ora, per poi gradualmente scemare nell’arco di 3-4 ore. Questo però dipende molto da persona a persona (abitudini alimentari, assuefazione, ecc.). Ma riguardo all’assuefazione ne parleremo meglio più avanti.

    Nell’uso quotidiano, la caffeina stimola la concentrazione e l’attenzione delle persone, anche sedentarie, migliorando le funzioni cognitive [1]. Questo può essere molto utile anche negli sport di situazione (tattica) e non solo, se pensiamo all’incremento della capacità di reazione data sempre da questo stimolante [2].

    La sua assunzione, in acuto, aumenta i livelli di catecolamine plasmatiche: adrenalina e noradrenalina, le quali agiscono sul sistema di trasmissione adrenergico [20,21].

    La caffeina promuove il rilascio degli acidi grassi liberi nel sangue, i quali possono essere usati come combustibile, risparmiando in una certa misura il glicogeno muscolare.

    Oltre a quanto già detto, questo composto è utile per le attività di endurance (inibisce parzialmente il senso della fatica) [3,4,5,6] e, stimolando la lipolisi, favorisce il dimagrimento (riduce anche l’appetito). Per di più, attenua il dolore muscolare ad insorgenza ritardata (DOMS) [6].

    agujetas
    Dolore muscolare post allenamento ridotto dalla caffeina [6]

    La caffeina influenza anche l’EPOC (consumo di ossigeno post allenamento). Infatti si è visto che un dosaggio cronico di 6 mg di caffeina per kg di peso corporeo (circa 420 mg per un uomo di 70 kg), assunto prima dell’allenamento con i pesi, aumenta i livelli di EPOC e la spesa energetica del 15% [7].

    vo2
    Variazione del consumo di ossigeno (VO2) durante (destra) e post allenamento (sinistra) [7]

    Riguardo invece alla forza massimale e alla potenza, i dati sono contrastanti [8,9,10,11]. Volendo provare a dare un giudizio, generale sulla questione, possiamo affermare che, qualora vi siano dei benefici, questi non sono particolarmente rilevanti.

    Tuttavia, quelli elencati fino ad ora non sono che una piccola parte dei processi messi in atto da questo stimolante (figura sotto).

    Caffè
    Gli innumerevoli effetti della caffeina secondo Sökmen B. e colleghi [12]

    Per evitare l’assuefazione cronica, bisogna ricorrere a dei periodi di stop (wash out). Un rapporto di assunzione-scarico molto utilizzato, espresso in settimane, è di 3:1 o 4:1, con il periodo di massima ricezione (teorica) alla sostanza che si trova in corrispondenza della/e gara/e. Teniamo presente che sui “principianti” la caffeina inizia a manifestare i suoi effetti dopo circa 30 minuti, è importante ciclizzarla perché altrimenti, oltre a perdere di efficacia, verrebbero ritardate le sue tempistiche di azione.

    La caffeina viene normalmente espulsa tramite l’urina. Tra l’altro, essa possiede una funzione diuretica [13].

    Antagonismo con la creatina

    Più di 20 anni fa, un celebre studio di Vandenberghe e colleghi [14] notò, quasi per caso, un certo antagonismo fra la caffeina e la creatina. Lo studio tuttavia presentava grossi limiti (breve durata, un solo test per misurare la variazione di performance, un periodo di scarico troppo breve, un campione poco ampio, dosi di caffeina forse eccessive). Negli anni a seguire, sono state pubblicate una miriade di ricerche scientifiche che hanno smentito questo antagonismo [15,16,17,18,19]. Il fatto che molte di esse abbiano usato protocolli di assunzione-scarico differenti dallo studio di Vandenberghe citato ad inizio paragrafo, non esclude del tutto che fare un carico di creatina a pochi giorni da una competizione (20-25 grammi/dì per 4-5 giorni di fila), possa annullare gli effetti positivi della caffeina, o viceversa. Questo però solamente in acuto.

    Molte aziende producono e vendono integratori che contengono entrambe queste sostanze
    Doping?

    No, potete stare tranquille. Anche se assunta in capsule la caffeina, secondo il COI (Comitato Olimpico Internazionale) e la WADA (World Anti-Doping Agency), non è considerata una sostanza dopante. Lo era fino al 2007, poi le normative sono cambiate. Ne avevamo parlato qui un po’ di mesi fa.

    Dosaggio ed assunzione

    Prima di passare alle capsule di caffeina (generalmente da 200 mg), è consigliabile abituare piano piano il nostro corpo all’assunzione di questa sostanza in dosi minori (basta una tazzina di caffè), in modo da evitare possibili effetti collaterali (70-120mg di caffeina per ogni tazzina di caffè).  É consigliato non superare i 350-400mg al giorno di caffeina, anche se le persone completamente assuefatte possono reggere dosaggi superiori.

    Un piano di assunzione per “principianti” potrebbe essere il seguente:

    Week 1: un paio di caffè al giorno
    Week 2: una compressa da 200 mg pre-workout e 1-2 caffè nei giorni off
    Week 3: una compressa da 200 mg pre-workout e 1-2 caffè nei giorni off
    Week 4: una compressa da 200 mg pre-workout e 1-2 caffè nei giorni off
    Week 5: wash out (scarico completo)
    Effetti collaterali

    Le controindicazioni principali sono: nervosismo, febbre, diuresi, tachicardia e ipotensione. Comunque nulla di preoccupante, se si segue l’opportuna posologia e se non si hanno problemi cardiaci o renali.

    In ogni caso, è consigliabile consultare il proprio medico curante.

    Conclusioni

    La caffeina è una delle sostanze più studiate di sempre e anche delle più efficaci, non è un caso che in passato fosse considerata doping. Per un ampio numero di sportivi, questo composto è utile. Può servire ai culturisti, pur non essendo indispensabile, o essere molto importante per i maratoneti. Tutto dipende ovviamente dal contesto.

    Grazie per l’attenzione e buon allenamento!


    L’autore non risponde degli eventuali danni derivati dalle informazioni ivi contenute


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    Bibliografia

    Sacchi N. – Farmaci e doping nello sport (2014)

    Cravanzola E. – Sostanze eccitanti per il dimagrimento e la performance sportiva (2017)

    Temple J. L. et al. – The Safety of Ingested Caffeine: A Comprehensive Review (2017)

    Muñoz M. – Efecto de la cafeína sobre las agujetas (2013)

    [1] Wyatt J. K. et al. – Low-dose repeated caffeine administration for circadian-phase-dependent performance degradation during extended wakefulness (2004)

    [2] Santos et al. – Caffeine reduces reaction time and improves performance in simulated-contest of taekwondo (2014)

    [3] Bell G. D. et al. – Exercise endurance 1, 3, and 6 h after caffeine ingestion in caffeine users and nonusers (2002)

    [4] Doherty M. – Caffeine lowers perceptual response and increases power output during high-intensity cycling (2004)

    [5] Graham T. E. et al. – Performance and metabolic responses to a high caffeine dose during prolonged exercise (1991)

    [6] Hurley C. F. et al. – The effect of caffeine ingestion on delayed onset muscle soreness (2013)

    [7] Astorino A. T. et al. – Effect of acute caffeine ingestion on EPOC after intense resistance training (2011)

    [8] Bond V. et al. – Caffeine ingestion and isokinetic strength (1986)

    [9] Williams J. et al. – Caffeine, Maximal Power Output, and Fatigue (1988)

    [10] Astorino A. T. et al – Effects of caffeine ingestion on one repetition maximum muscular strength (2008)

    [11] Wiles J. et al. – The effects of caffeine ingestion on performance time, speed and power during a laboratory-based 1 km cycling time-trial (2006)

    [12] Sökmen B. et al – Caffeine use in sports: considerations for the athlete (2008)

    [13] Robertson M. D. et al. – Effects of Caffeine on Plasma Renin Activity, Catecholamines and Blood Pressure (1978)

    [14] Vandenberghe K. et al. – Caffeine counteracts the ergogenic action of muscle creatine loading (1996)

    [15] Doherty M. et al. – Caffeine is ergogenic after supplementation of oral creatine monohydrate (2002)

    [16] Spradley B. D. et al. – Ingesting a pre-workout supplement containing caffeine, B-vitamins, amino acids, creatine, and beta-alanine before exercise delays fatigue while improving reaction time and muscular endurance (2012)

    [17] Lee C. L. et al. – Effect of caffeine ingestion after creatine supplementation on intermittent high-intensity sprint performance (2011)

    [18] Vanakoski J. et al. – Creatine and caffeine in anaerobic and aerobic exercise: effects on physical performance and pharmacokinetic considerations (1998)

    [19] Fukuda D. H. – The possible combinatory effects of acute consumption of caffeine, creatine, and amino acids on the improvement of anaerobic running performance in humans (2010)

    [20] Anderson D. E. et al. – Effects of caffeine on the metabolic and catecholamine responses to exercise in 5 and 28 degrees C (1994)

    [21] Norager C. G. et al. – Metabolic effects of caffeine ingestion and physical work in 75-year old citizens. A randomized, double-blind, placebo-controlled, cross-over study (2006)