Tag: muay thai

  • Il vuoto con i pesetti: cosa dice la scienza?

    Il vuoto con i pesetti: cosa dice la scienza?

    Basta guardare la saga di Rocky o entrare in una qualsiasi palestra in cui si praticano sport da combattimento, per vedere i ragazzi praticare la “shadow boxe” o quello che più patriotticamente è conosciuto come “vuoto”, con dei pesetti in mano.

    Introduzione

    Andando a curiosare anche gli allenamenti degli atleti veri, quelli che riempiono i palazzetti, vendono milioni di pay-per-view e possono fregiarsi di cinture mondiali in vita, si può notare come anche loro, a volte siano soliti portare i colpi con dei piccoli sovraccarichi in mano, in quanto il vuoto con i pesi rientra nel vasto insieme dei gesti atletici specifici sovraccaricati. Questi piccoli manubri, solitamente pesano tra 0,5 e 2kg, ma capita di vedere anche carichi maggiori, ma qual è lo scopo di questa pratica? Cosa si spera di ottenere portando i colpi con dei pesi in mano? Il ragionamento che sta alla base è piuttosto semplice, se “mi abituo” a boxare con della zavorra in mano, una volta posati i pesetti ed indossati i guantoni, i miei colpi saranno velocissimi ed il pugno più potente, ma vediamo cosa dice la scienza a riguardo.

    Analisi del gesto

    Se nel nostro paese la preparazione fisica in generale, ma soprattutto negli sport da combattimento, è una tematica relativamente giovane, nell’Est Europa questo è un argomento già consolidato con studi scientifici ad avvalorare qualsiasi tesi. I primi di questi studi vennero effettuati in Russia su lanciatori del disco, del giavellotto e del martello, essi dimostrarono che gli allenamenti fatti utilizzando questi attrezzi specifici di peso superiore, non andavano a determinare nessun effettivo miglioramento sul gesto atletico specifico di gara. L’atleta migliorava la sua performance con l’attrezzo più pesante, ma poi, spesso, peggiorava la performance con l’attrezzo di gara. Quello che tutti questi studi avevano dimostrato era lo sviluppo di uno schema motorio del gesto atletico specifico dello sport di riferimento che risultava simile, ma non effettivamente uguale.1

    Tornando al nostro vuoto con i pesi, sono principalmente due le critiche che vengono mosse a questa pratica:

    • l’alterazione dello schema motorio del colpo, in quanto il vettore di forza del pesetto è verticale, poiché portato in basso dalla gravità, risultando quindi perpendicolare al vettore di forza del pugno che è orizzontale, l’applicazione del sovraccarico, quindi, non è ottimale;
    • la “frenata” del pugno, per non rischiare l’infortunio. Per salvaguardare le articolazioni di gomito e spalla, l’atleta si trova costretto ad arrestare il colpo prima della completa estensione dell’arto. Questo fenomeno è conosciuto come co-contrazione e consiste in una doppia attivazione simultanea del muscolo agonista e dell’antagonista, questa co-attivazione sembra essere una forma di prevenzione del corpo, in quanto la doppia attivazione rende l’articolazione più compressa e protetta.

    Andando ad analizzare nel dettaglio la prima delle due critiche che vengono mosse alla pratica del vuoto con i pesi, possiamo notare come, il sovraccarico, il pesetto in questo caso, determina più o meno volontariamente la modificazione degli angoli della traiettoria del pugno. Il peso forza l’arto a seguire una traiettoria rettilinea, ma direzionata verso il basso a causa delle forze gravitazionali che agiscono sull’arto sovraccaricato. Se mi trovo supino, con due manubri in mano, la forza di gravità spingerà questi gravi verso il basso ed io mi opporrò ad essa spingendo dalla parte opposta, sfruttando il sovraccarico in maniera funzionale. In orizzontale, il manubrio, sarà soggetto ad una forza che lo spinge in basso, e pertanto non rappresenterà un vero e proprio sovraccarico funzionale al mio gesto, poiché il vero sforzo sarà compiuto dalla spalla, al fine di tenere le braccia sollevate. La suddetta articolazione si troverà notevolmente stressata a causa della leva molto svantaggiosa che si viene a creare, rendendo l’esercizio non solo inutile, ma anche potenzialmente dannoso a causa degli stress articolari accentuati. Il rischio a cui si va incontro è quindi quello di una modificazione, più o meno sostanziale, di quello che è lo schema motorio del pugno.

    La seconda critica che viene mossa è, invece, la mancata estensione totale dell’arto al fine di salvaguardare le articolazioni da possibili infortuni. Questo fenomeno, come detto, è conosciuto come co-contrazione ed è una situazione neurologica dove sia l’agonista che l’antagonista si contraggono nello stesso momento, normalmente, invece, in un unico movimento articolare, un muscolo antagonista è inibito per consentire ad un muscolo agonista di funzionare fluentemente; questo processo è chiamato inibizione reciproca. In realtà, parlare di muscoli agonisti e antagonisti non è più sufficiente per spiegare un gesto muscolare, in quanto il corpo non attiva le catene muscolari su questo principio, ma le attiva a seconda delle proprie necessità del movimento che vuole compiere. Dai test kinesiologici effettuati sembra che le aree coinvolte nella co-attivazione siano il Cervelletto, l’Area Integrativa Comune e l’incapacità dell’emisfero sinistro nel mantenere la consequenzialità del gesto e dell’emisfero destro di mantenere un’armonia del movimento. La macchina umana, lavorando a ritmi sostenuti per velocizzare il movimento, mantiene parte delle fibre muscolari (sia agoniste che antagoniste) contratte, in questo modo il cervello pensa di essere più veloce nel compiere il gesto, ma in realtà la persona perde di velocità, in quanto il gesto è “frenato” dal muscolo opposto contratto e consuma più energia per mantenere l’ipertonicità di entrambi i muscoli. Un’altra circostanza in cui avviene questa co-contrazione è con atleti neofiti o quando si richiede ad un atleta esperto un movimento non ancora ben conosciuto e meccanizzato. Più si diventa esperti di un movimento e più il Sistema Nervoso capisce che sta lavorando in sicurezza ed attiva meno la co-contrazione, più l’apprendimento motorio diventa perfettamente sincronizzato in ogni passaggio e maggiore sarà la sensazione dell’atleta di essere nel “flow”, nella performance ottimale.2 Meno si è esperti e più il corpo fa fatica e si contrae, attivando anche muscoli non necessari. Il corpo umano preferisce rendere stabili le articolazioni, anche a costo di sprecare energie in movimenti non ottimizzati, piuttosto che rischiare di esporre le articolazioni a stimoli che si potrebbero rivelare eccessivi.

    Dopo aver visto le critiche che vengono mosse a questa pratica, non si vuole demonizzarla, ma semplicemente valutarne il fine per la quale la si pratica. Si crede che questo esercizio possa essere specifico per migliorare la rapidità e la potenza dei colpi, quando invece il vuoto con i pesetti permette di andare a lavorare sulla Forza Resistente Locale dei muscoli chiamati in causa per tenere alta la guardia come spalle e trapezi. Esiste una massima relativa alla preparazione fisica negli Sport da Combattimento che dice “la Forza in sala pesi e la Resistenza sul ring”, essa è valida anche in questo caso, la forza resistente delle spalle, infatti, può essere allenata in maniera più specifica che con i pesetti, ad esempio, con delle ripetute al sacco. Un’altra valida alternativa potrebbe essere quella di utilizzare nel vuoto e nelle ripetute al sacco dei guanti di una pezzatura maggiore rispetto a quelli di gara, il guantone essendo parte integrante del gesto atletico specifico non ne altera lo schema motorio, esso rappresenta un sovraccarico naturale, abitua a lavorare con le stesse dinamiche del match ufficiale, permettendo di non andare a modificare in negativo il timing caratteristico dei pugni.

    Finora si è visto qual è la reale utilità della pratica della boxe a vuoto con i pesetti, si è visto quali sono le alternative per migliorare la forza resistente locale, ma resta il quesito principale per il quale questi pesetti erano stati utilizzati, cioè rendere i colpi più rapidi e potenti. La Forza Esplosiva del colpo si può allenare, migliorando la Forza Massimale generale e trasformandola in Forza Specifica tramite l’impiego di esercizi SPE (Specialized Preparatory Exercises) come i lanci della palla medica. Questo attrezzo è tipico delle esercitazioni di tipo balistico, che non prevedono una fase di frenata del colpo, andando ad avere un “transfer” positivo nello schema motorio specifico del colpo.

    Conclusioni

    Per concludere, possiamo dire che il vuoto con i pesetti può essere una buona pratica per il miglioramento della forza resistenza locale, ma, a causa dell’alterazione dello schema motorio e l’alto rischio di infortuni, ci sono altre metodologie più specifiche ed adatte a tale scopo. L’apparente velocità acquistata quando si ritorna a fare vuoto senza pesetti non è un reale beneficio, ma solamente un’errata percezione neuromuscolare.

    Articolo di Christian Nicolino
    Laureato in Scienze e Tecniche Avanzate dello Sport
    Preparatore Fisico UIPASC

    Bibliografia

    1Utilizzare i pesetti per aumentare la velocità delle tecniche di pugno serve realmente al praticante di SDC?”; Alain Riccaldi; 3 Marzo 2014; projectinvictus.it
    2Co-attivazione muscolare e kinesiologia specializzata”; Silvano Schiochet; kinesiologiaspecializzata.it

  • Cardio per fighter in quarantena: guida pratica

    Cardio per fighter in quarantena: guida pratica

    Non avete a disposizione grandi mezzi ma volete ugualmente impegnare in maniera utile le vostre ore in quarantena? Ecco a voi qualche home workout da fare!

    N.B: le seguenti proposte di allenamento sono finalizzate all’incremento della capacità aerobica e della potenza aerobica. Altre capacità organico-muscolari e sistemi energetici non verranno trattati in questo articolo.

    Introduzione

    Gli allenamenti qui riportati possono considerarsi come dei validi sostituti alla classica corsetta (o pedalata) di un’oretta, o agli sforzi più intensi (vogatore, sacco, corsa veloce). In breve…

    Capacità aerobica = capacità dell’organismo di portare avanti sforzi che coinvolgono grosse masse muscolari per periodi di tempo più o meno lunghi (almeno 30 minuti) a intensità media o medio-alta (60-80% FC max), lavorando sulla gittata cardiaca.

    Potenza aerobica = capacità dell’organismo di portare avanti sforzi che coinvolgono grosse masse muscolari per periodi di tempo limitati (2-8 minuti), lavorando ad alta intensità (≥ 90% FC) e a VO2max.

    Aerobic capacity (tre esempi)

    AC – Home workout 1

    Shadow boxing (70-80% FC)1′
    Burpees (70-80% FC)1′
    Schivate e spostamenti, rec. attivo (60% FC)1′

    Un esercizio (vuoto) ad una buona intensità, seguito da un secondo a intensità analoga, più un terzo valevole come recupero attivo (intensità sensibilmente minore). Tutto è da eseguire di fila, il singolo giro (3′) è da ripetere per 10 volte, senza alcuna pausa fra un giro e l’altro (30 minuti di lavoro in totale). È consigliato l’utilizzo di un cardiofrequenzimetro al fine di monitorare il principale parametro allenante (la frequenza cardiaca sotto sforzo), in alternativa ci si può autoregolare “a sensazione”, con la scala degli RPE.

    AC – Home workout 2

    Jump rope (80% FC)1′
    Shadow boxing (70-80% FC)1′
    Burpees (70-80% FC)1′
    Schivate e spostamenti, rec. attivo (60% FC)1′

    Tre minuti di lavoro (1′ – 1′ – 1′) consecutivi a intensità medio-alta, seguiti da un minuto di recupero attivo, quindi di intensità più moderata (schivate e spostamenti). Come prima, le quattro “stazioni” sono da eseguire di fila e fra un giro e l’altro non c’è alcun recupero. In totale sono 10 giri (4′ x 10), quindi 40 minuti di lavoro.

    AC – Home workout 3

    Jump rope (80% FC)1′
    Shadow boxing (70-80% FC)1′
    Burpees (70-80% FC)1′
    Shadow boxing (70-80% FC)1′
    Schivate e spostamenti, rec. attivo (60% FC)1′

    Quattro minuti di lavoro (1′ – 1′ – 1′ – 1′) consecutivi a intensità medio-alta, seguiti da un minuto di recupero attivo, quindi di intensità più moderata (schivate e spostamenti). Le cinque “stazioni” sono da eseguire di fila e fra un giro e l’altro non c’è alcun recupero. In totale sono 10 giri (5′ x 10), quindi 50 minuti di lavoro.

    Aerobic power (tre esempi)

    AP – Home workout (Tabata) 1

    Burpees 8×20″ (rec. 10″) x 3-4 giri (3-4′)

    Un blocco consta di 8 serie da 20 secondi di lavoro ad alta intensità (≥ 90% FC), intervallate da 10 secondi di recupero (passivo). Si eseguono 3 o 4 blocchi, separati da un recupero, sempre passivo, di 3 o 4 minuti. È consigliabile rimanere entro i 20 minuti di lavoro netto (quindi recuperi esclusi).

    AP – Home workout 2

    Shadow boxing 3-4×3′ (rec. 3-4′), ≥ 85-90% FC

    Tre o quattro serie di vuoto ad alta intensità separate da un lungo recupero (passivo).

    AP – Home workout 3

    Shadow boxing (≥ 85-90% FC)1′
    Burpees (≥ 85-90% FC)1′
    Shadow boxing (≥ 85-90% FC)1′

    Quello riportato sopra è un singolo giro da ripetere 3 o 4 volte (3-4′ di recupero fra un giro e l’altro).

    E poi?

    Qualora voleste maggiori informazioni, o consulenze personalizzate, potete ricorrere al altri servizi qui descritti.

    Grazie per l’attenzione.


    Approfondimenti

    Articoli sulla preparazione atletica → qui

  • Il nuoto per i fighter: qualche appunto

    Il nuoto per i fighter: qualche appunto

    Ogni tanto si legge di atleti, magari anche famosi, che alternano le proprie sessioni tecniche (boxe/mma/muay thai/lotta) ad allenamenti in piscina. La cosa può funzionare? Discutiamone brevemente.

    gsp
    Principio di Archimede e articolazioni

    Chiunque abbia un minimo di memoria riguardo ciò che ha studiato al liceo si ricorderà della legge (o principio) di Archimede. Secondo quest’ultima, un corpo immerso parzialmente o completamente in un fluido, in questo caso l’acqua, riceve una spinta dal basso verso l’alto di intensità uguale a quella del fluido spostato.

    Immergersi in acqua non fa valere le solite regole della forza di gravità terrestre, questo rende il nuoto meno stressante per le articolazioni umane, da qui l’interesse che molti praticanti di sport di combattimento nutrono nei confronti dell’acquaticità.

    Nuoto o movimento in acqua?

    Va specificato che “allenarsi in acqua” non significa necessariamente mettersi a nuotare e fare vasche su vasche.

    Moltissimi atleti si limitano semplicemente a fare movimento in acqua con balzi, shadow boxing o a spostare oggetti (bilancieri di plastica, maniglie di gomma).

    Occorre sottolineare che la maggior parte delle persone, sportive e non, generalmente non ha una buona tecnica natatoria. Eventuali lezioni di nuoto toglierebbero tempo ed energie, anche mentali, ad altri allenamenti più utili e specifici.

    In acqua la propriocezione e l’esterocezione sono assolutamente alterate rispetto a quel che poi succederà sul ring, tatami o gabbia. Per questo sarebbe meglio relegare questi stimoli allenanti alla preparazione generale (GPP).

    Qui sotto un allenamento di power endurance fatto svolgere a Marvin Vettori (atleta UFC).

    Conclusioni

    In un protocollo di strength & conditioning molte cose possono funzionare, il nuoto ed il movimento in acqua non fanno eccezione, a patto che sia monitorata la frequenza cardiaca (parametro di fondamentale importanza) e che, come detto poco fa, i lavori acquatici rientrino nella fase di preparazione atletica generale.

    Ulteriori approfondimenti qui e qui.

    Grazie per l’attenzione.


    Approfondimenti

    Articoli sulla preparazione atletica → qui

  • La preparazione atletica e la sconfitta: Georges St-Pierre, Mike Tyson e l’esperienza quotidiana

    La preparazione atletica e la sconfitta: Georges St-Pierre, Mike Tyson e l’esperienza quotidiana

    Scrivo queste brevi riflessioni in una piovosa, e incredibilmente fredda, domenica di fine maggio, spero vi tornino utili. Buona lettura.

    Risultati immagini per george saint pierre
    George Saint-Pierre e Mike Tyson ultimi filosofi

    Di recente due “miei” atleti – curo la loro preparazione atletica – hanno combattuto nella muay thai (pro) e nel savate (light contact).

    Prima di dirvi i risultati (altro…)

  • Integrazione di caffeina per gli sport da combattimento e le arti marziali

    Integrazione di caffeina per gli sport da combattimento e le arti marziali

    Come già accennato in passato (qui), la caffeina per tutta una serie di motivi risulta essere utile agli sportivi, compresi i praticanti di sport da combattimento e arti marziali. Ora, cercheremo di soffermarci sui suoi benefici per i fighters.

    Buona lettura!

    mma-1315923_640

    Cos’è la caffeina?

    La caffeina è una trimeltixantina, alcaloide naturale presente in alcune piante (caffè, cacao, matè, ecc.). Questa sostanza è una stimolante del sistema nervoso centrale (SNC) ed è  (altro…)

  • Shock jump: la loro utilità nella preparazione atletica

    Shock jump: la loro utilità nella preparazione atletica

    Parlando di strength and conditioning per sport da combattimento qualcuno avrà magari sentito nominare gli “shock jump“. Ma qual è di preciso il loro ruolo? Scopriamolo insieme!

    shock jump

    Tecnica di base

    Quello riportato nella foto sopra è uno shock jump. Una caduta da un rialzo  (altro…)

  • Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Allenamento della forza negli sport da combattimento (periodizzazione)

    Come periodizzare l’allenamento della forza negli sport da combattimento?

    Phil Daru, noto preparatore atletico d’oltreoceano specializzato negli sport da combattimento, propone una periodizzazione dell’allenamento divisa in 7 fasi, volta al costruire una solida coordinazione inter e intramuscolare, in modo da coprire tutti gli aspetti dell’adattamento dell’organismo all’allenamento e incremento forza.

    Nel seguente articolo proporremo quanto da lui consigliato con qualche piccola aggiunta.

    Buona lettura!

    32074062_189284468459155_5330372057232310272_o

    Fasi di allenamento
     
    Ecco le sette fasi:
    1. Adattamento anatomico: gettare la basi per lo sviluppo della forza, lavorare sulla mobilità articolare e sulla prevenzione infortuni.
    2. Ipertrofia: aumentare la sezione trasversale dei muscoli e la coordinazione intermuscolare tramite l’utilizzo di sovraccarichi (resistance training) nell’ordine del 70-80% 1RM.
      1405420127167
      A grandi linee, a seconda degli esercizi e dello stimolo allenante che si vuole dare, con carichi corrispondenti al 70-80% del massimale si può lavorare su ripetizioni che vanno da 4-5 a 10

       

    3. Forza massimale: si lavora con carichi submassimali (≥ 85% 1RM) al fine di incrementare la forza massimale e la coordinazione intramuscolare.
    4. Conversione: la capacità di “trasferire” o convertire gli stimoli ed i miglioramenti fisici ottenuti dalle precedenti tre fasi, in prestazioni migliori. Come? Utilizzando esercitazioni di potenza ed esercizi via via più simili al gesto sportivo vero e proprio (specificità).
      31961244_189286121792323_2633113096192786432_o
      Nella foto, il coach Graziano Sciuto

       

    5. Mantenimento: vi è un importante scarico, pertanto volume e intensità d’allenamento calano, in modo da garantire un buon recupero fisico.
    6. Cessazione: la fine del mesociclo si trasferisce nella fase successiva.
    7. Compensazione: dopo il miglioramento delle prestazioni atletiche, ha inizio di una fase di allenamento successiva (nuovo mesociclo).
    Altre indicazioni generali

    A seconda del soggetto, dello sport praticato, del livello (dilettante o professionista) e del suo eventuale calendario gare, quanto riportato sopra può essere intenso ed applicato in più modi e con tempistiche differenti.

    Per esempio, un lottatore di MMA potrebbe gettare le basi per la capacità aerobica nelle prime settimane, in parallelo all’incremento della forza massimale e resistente (dalla fase 1 alla fase 3). Per poi concentrarsi subito dopo (fase 4 e 5) sulla potenza aerobica, forza esplosiva e sulla resistenza lattacida ed alattacida specifica. Ed infine, fare un microciclo di scarico (meno volume e magari anche intensità) per recuperare quanto basta per arrivare in forma ad un incontro. Ovviamente, senza tralasciare gli allenamenti dedicati alla tecnica ed alla tattica con il proprio maestro e gli sparring partner, la mobilità articolare, eventuali sedute con il mental coach e così via.

    Quanto illustrato nelle righe sopra è un modo per spalmare le 7 fasi su un intero macrociclo. In alternativa, in sport più di rapidità, dove quindi non sono richiesti grandi livelli di forza massimale, queste 7 fasi possono essere racchiuse in un solo mesociclo. Per esempio nel primo mesociclo di preparazione fisica generale (GPP).

    image00
    Esempio dell’alternanza del volume ed intensità durante 13 settimane di allenamento quando l’intensità raggiunge il suo picco massimo, vi è una proporzionalità inversa con la quantità di volume.

    Anche se non specificato da Phil Daru è bene suggerire di effettuare dei piccoli scarichi ogni tanto fra le prime fasi (ad esempio fra la fase 2 e la 3), in modo da scongiurare il sovrallenamento. Fenomeno purtroppo molto frequente nello sport professionistico.

    Conclusioni

    E’ compito di un buon preparatore atletico valutare i livelli di forza del proprio cliente/atleta e somministrargli i giusti stimoli allenanti, in modo da monitorare l’affaticamento e farlo arrivare al top della condizione nel periodo competitivo.

    Per ulteriori approfondimenti vi rimandiamo ai seguenti articoli:

     

    Grazie per l’attenzione.

    Buon allenamento!


    oc


    Bibliografia

    Daru P. – Periodization Programming for strength & performance! (2017)

    Cravanzola E. – La periodizzazione dell’allenamento: teoria e pratica (2016)

    Sciuto G. – Come creare transfer: proposta di allenamento per gli sport da combattimento (2018)

    Cravanzola E. – Test atletici per sport da combattimento (2017)

  • Il Ginocchio del Fighter? Teniamolo al Sicuro!

    Il Ginocchio del Fighter? Teniamolo al Sicuro!

    Salve ragazzi! Questo articolo è stato scritto allo scopo di dare un aiuto a tutti quei fighter che spesso si sono infortunati al ginocchio.

    arthrocalman-2384253_640

    Cenni teorici

    Questo accade perché, come ben sappiamo, i lottatori o comunque i combattenti in genere ricevono innumerevoli sollecitazioni non molto salutari a livello delle articolazioni, sia in combattimento che in allenamento.

    Tutto ciò viene poi accompagnato da un riscaldamento che dimentica spesso il lavoro di mobilità articolare specifica per la lubrificazione e la protezione delle articolazioni, dalla mancanza di protocolli di lavoro specifici per il miglioramento della stabilizzazione delle stesse e soprattutto dalla mancanza di dialogo con esperti del settore nel caso di infortunio.

    Come fare allora a non farsi male, o quantomeno a diminuire il rischio di infortunarsi?

    La risposta che balza subito alla mente è:

    “RIPOSATI, METTI UN PO’ DI GHIACCIO, PER QUALCHE GIORNO PRENDI DEGLI ANTI-INFIAMMATORI E POTREMO RIPRENDERE AD ALLENARCI”

    E’ la risposta esatta? Assolutamente no!

    Per il semplice fatto che in questo modo si va ad agire solo sull’effetto dell’infortunio e non direttamente sulla causa, cioè la presenza di deficit a livello di stabilizzazione del ginocchio, ovvero dei muscoli che vi si inseriscono come il tensore della fascia lata, gruppo degli adduttori e degli abduttori.

    Applicazioni pratiche

    Per andare quindi ad agire direttamente sulla causa ho voluto scrivere un semplice quanto veloce protocollo allenante allo scopo di migliorare la stabilizzazione del ginocchio e renderlo meno vulnerabile alle sollecitazioni con cui ci confrontiamo giornalmente negli sport da combattimento.

    Si tratta di un semplice circuito della durata di circa 5-10 minuti composto da tre esercizi che mi sono stati insegnati ad un corso della Functional Training School e, come per ogni mio articolo, troverete naturalmente anche il motivo di ogni singolo esercizio inserito.

     

    MINI BAND SIDE WALK 5 passi dx + 5 passi sx
    
    MINI BAND SQUAT 10 rep
    
    RUBBERBAND LUNGE 5 + 5 rep
    
    Ripetere il mini circuito per 3 volte no stop.

     

    Andiamo per ordine:

    • MINI BAND SIDE WALK: in stazione eretta, posizionare la MINI BAND ad altezza caviglie. Da questa posizione effettuare dei piccoli passi laterali mantenendo le gambe totalmente distese. Durante l’esecuzione dell’esercizio sentirete il lavoro su tensore della fascia lata in primis e su adduttori e abduttori della gamba.

    MINI BAND SIDE WALK

    Perché questo esercizio? Fermiamoci un attimo a riflettere. Dove si inseriscono questi muscoli? Esatto! Si inseriscono proprio sulle zone laterale e mediale del ginocchio svolgendo una funzione stabilizzatrice.

    • MINI BAND SQUAT: in stazione eretta posizionare la mini band immediatamente sopra il ginocchio e posizionare i piedi nella larghezza adatta ad effettuare uno squat.

    MINI BAND SQUAT

    Da questa posizione effettuate un squat enfatizzando il lavoro di bacino per allungare il gluteo (avete presente quando andate al bagno e vi state sedendo? Bene dovete fare la stessa cosa, ovvero dovete andare alla ricerca del cesso con le chiappe), contemporaneamente portate le ginocchia verso l’esterno mentre la mini band opporrà resistenza a questo movimento.

    Con questo secondo esercizio si lavora sempre sugli stabilizzatori, enfatizzando il tutto con il lavoro di squat.

    • RUBBERBAND LUNGE: fissare la prima estremità della rubberband e far passare la seconda attorno ad un ginocchio, posizionarsi in modo tale da creare una leggera tensione con la BAND. Effettuare un passo indietro con la gamba libera, stabilizzarsi ed effettuare un affondo funzionale, spingere in avanti ed effettuare il secondo affondo, ritornando infine in posizione di partenza.

    RUBBERBAND LUNGE

    Effettuare lo stesso lavoro con l’altra gamba. Avendo lavorato a piedi pari nei due esercizi precedenti, con il terzo esercizio lavoreremo sulle stesse componenti ma lavorando prima su un solo ginocchio, poi sull’altro. 

    Consigli sul materiale

    Se non possiedi delle mini-band come quella rossa mostrata nella foto, puoi benissimo lavorare comunque con la rubberdand piegata in due (quella della seconda foto).

    MINIBAND

    RUBBERBAND PIEGATA IN DUE

    Esempio su cliente

    Lui è Josef Giuseppe, atleta thai boxer con cui ho il piacere di allenarmi sotto la guida del maestro Alfonso Cristina presso la palestra Fight 360 Team Catania – GYM del mitico Placido Maugeri.

    Da qualche tempo avvertiva dolori al ginocchio, senza sapere quale fosse la causa di ciò.

    Da vari esami fatti non si riscontrava nulla di anomalo, pertanto per continuare ad allenarsi applicava ciò che fanno tutti:
    – riposo
    – antinfiammatori
    – ghiaccio

    Ottenendo così solo una riduzione temporanea del dolore perché agiva solo sull’effetto e non direttamente sulla causa.

    Ma qual è la causa? E’ bastato fargli eseguire qualche ripetizione di squat per capirlo.
    Nella prima parte del video che vi mostro infatti si può notare che, sia in fase di discesa che di salita, il ginocchio dx (quello dolorante) “balla” letteralmente a destra e sinistra per mancanza di stabilità.. in più attua tutta una serie di compensi che di norma non dovrebbero esserci.

    Siamo andati semplicemente a lavorare quindi sulla stabilizzazione del ginocchio col mini circuito di cui abbiamo parlato prima.

    Nella seconda parte del video potete notare i miglioramenti che si sono ottenuti in sole 2 settimane di lavoro nonostante il fatto che non lo abbia seguito personalmente in ogni seduta e che quindi abbia continuato a lavorare in totale autonomia.

    Cosa sarebbe successo se oltre a ciò fosse stato seguito su ogni singolo movimento al fine migliorarlo sempre più?

    Cosa succederebbe se un semplice circuito del genere venisse inserito nel riscaldamento generale di un praticante di SdC? A voi la risposta.

    Conclusioni

    Questo è solo un esempio di circuito, di varianti se ne possono creare a bizzeffe, modificando opportunamente in base alla problematica. Tengo a precisare comunque che tale circuito o suoi simili non possono sostituire il parere e/o il trattamento di un medico, di un fisioterapista o di qualsiasi altro professionista, ma ha il solo scopo di aiutare atleti privi di lesioni al ginocchio di migliorare la stabilizzazione del ginocchio e quindi diminuire il rischio di infortuni.

     

    Fammi sapere se ti è piaciuto l’articolo, condividilo e commenta pure se hai qualche dubbio o perplessità. Grazie per l’attenzione.

    PER ASPERA AD ASTRA!

    .

    27993828_164964340891168_156287397290984545_o

    .

    Referenze e approfondimenti

    Altri articoli sulla preparazione atletica → https://bit.ly/2Jy0JEa

     

  • Come creare Transfer: proposta d’allenamento per gli sport da combattimento

    Come creare Transfer: proposta d’allenamento per gli sport da combattimento

    Con questo articolo proverò a dare un circuito d’allenamento creato appositamente per creare Transfer dal gesto funzionale al gesto atletico in periodo pre-agonistico.

    Buona lettura!

    Sciuto

    Articolo scritto da Graziano Sciuto e rifinito da Enrico Cravanzola

    Cos’è il Transfer?

    Tradotto letteralmente significa “Trasferimento”, ovvero spostamento di qualcosa da una posizione A ad una posizione B.

    Riportando tale significato in ambito della preparazione atletica per sport da combattimento (SdC), ci dovrà essere un vero e proprio trasferimento delle capacità condizionali acquisite nel periodo preparatorio aspecifico, riuscendo ad applicarle nel gesto atletico specifico in fase agonistica.

    Tradotto con un esempio: se abbiamo un thai-boxer che riesce a spingere 120-130 kg di squat con bilanciere, ma poi la stessa forza applicata al bilanciere non riesce ad esprimerla al meglio in un qualsiasi gesto atletico come ad esempio il low kick, è evidente che c’è qualche problema.

    Pertanto sarà compito del preparatore saper creare dei protocolli d’allenamento atti a creare il giusto transfer al fine di non rendere vano il lavoro fatto durante il periodo preparatorio aspecifico.

    Passiamo alla pratica

    Qui di seguito voglio quindi mostrarvi una proposta d’allenamento a circuito per creare transfer nel gesto atletico specifico del pugno.

    Stavolta non mi limiterò a scrivere solo gli esercizi e le ripetizioni ma vi spiegherò anche il perché questa sequenza di esercizi.

    Esempio di routine di allenamento:

    Warm Up (riscaldamento)

    Salti con la corda corda & mobilità articolare

     

    Workout:

    3/5 Round

    5 rep Squat con bilanciere

    2′ Power Swing

    5 rep*lato Rubber Band Squat&Rotation

    5 rep*lato Medball Rotate&Boost

    2′ Boxe al Sacco

     

    Il protocollo d’allenamento presentato serve per creare transfer sull’efficienza ed efficacia del pugno.

     

    https://www.instagram.com/p/BfbQy5GFgl9/?taken-by=spartanreal

    Probabilmente ti starai chiedendo: Ma perché inserire gli squat se ci stiamo focalizzando sul pugno?

    La risposta è più semplice del previsto:

    Da dove arriva la vera potenza del pugno? Esatto, dalle gambe!!!

    Non per niente la funzione principale della catena estensoria dell’anca è appunto la propulsione. Non per niente negli arti inferiori abbiamo i muscoli più grossi e potenti del nostro organismo.

    Come nel gesto del pugno, la forza viene dalle gambe anche per la maggior parte dei gesti atletici, fermati un attimo a riflettere: un giocatore di basket che movimento fa quando si prepara a lanciare la palla? Ed un pallavolista? Un tennista? Un golfista invece?

    Un po’ di dati

    Quanto detto fino ad ora, ovviamente, è ben noto in letteratura scientifica. Come illustrato nella tabella riportata sotto, più un pugile è abile e più riesce a generare potenza nei suoi colpi tramite il movimento di gambe.

    boxing-mastery

    In percentuale, la rotazione del tronco e la spinta con la gamba posteriore generano un potenza molto simile (rispettivamente il 37 ed il 38% della potenza totale). L’estensione delle braccia è ciò che genera meno potenza negli atleti di alto livello (24%) e, al contrario, più potenza nei principianti (quasi il 38%).

    Tutto parte dalle gambe. Gli americani dicono “LEGS DRIVE MOVEMENT” ed è la sacrosanta verità.

    Spiegazione e indicazioni generali

    Quindi:

    • Inizio con lo Squat per lavorare sulla propulsione in modo aspecifico;

      32074062_189284468459155_5330372057232310272_o
      Back Squat con bilanciere
    • Segue il Power swing, per lavorare su propulsione, stabilizzazione del core e trasferimento dell’energia al kettlebell attraverso le braccia;

      31958726_189285295125739_4749751032102256640_o
      Power Swing con KettleBell
    • Terzo esercizio, si continua a lavorare per come si è fatto fin’ora, inserendo però anche le componenti rotazione e controllo dinamico del core, fondamentali nel lavoro di schivata e contrattacco, e la componente resistente e destabilizzante dell’elastico, utile al lavoro di ottimizzazione del pugno;

      31958839_189285715125697_5086781269052751872_o
      RubberBand Squat&Rotate
    • Med Ball Rotate&Boost, si lavora su reattività, pliometria e rotazione con il lancio dinamico della palla medica, cercando contestualmente di attenuare gli effetti negativi che nel lungo periodo può dare il ritorno elastico della rubber band dell’esercizio precedente;

      31961244_189286121792323_2633113096192786432_o
      MedBall Rotate&Boost
    • Ultimo esercizio, si lavora sul gesto atletico dello sport praticato (specificità)

    Avete notato che non ho inserito la distensione su panca piana? Sapete il perché?

    La panca piana in sé per sé è un esercizio che toglie molte energie ed affatica tutta la prestazione del cingolo scapolo-omerale e della catena trasversa, quindi inserendola nel circuito d’allenamento avrei ottenuto proprio l’opposto dell’effetto ricercato, braccia stanche e pugni lenti.

    Intanto questo è proprio quello che si vede ogni tanto in giro, panca piana al multipower “esplosiva” ed a gambe alzate per “isolare” il movimento e lavorare di più sul pettorale seguita da una sessione di shadow boxing con i pesetti da 2 kg.

     

    Buona riflessione e buon allenamento!

    .

    27993828_164964340891168_156287397290984545_o

    .

    L’articolo ti è piaciuto? Seguimi su Facebook!

    .
    Referenze e approfondimenti

    Graziano S. – Le caratteristiche del fighter, parte 1 (2018)

    Graziano S. – Le caratteristiche del fighter, parte 2 (2018)

    Cravanzola E. – La periodizzazione dell’allenamento: teoria e pratica (2016)

    Cravanzola E. – La forza nello sport e in palestra: consigli ed errori da evitare (2016)

    Cravanzola E. – Metodi di potenziamento per gli sport da combattimento (2015)

    Cravanzola E. – Preparazione atletica per sport da combattimento: cinque consigli (2016)

    Cravanzola E. – Sport da combattimento e allenamenti errati (2015)

  • Le Caratteristiche del Fighter (Parte 2)

    Le Caratteristiche del Fighter (Parte 2)

    Prima di parlare delle caratteristiche specifiche di un lottatore, è doveroso fare una premessa sulla definizione di “condizione fisica” (dal latino conditio = condizione per qualcosa; e physĭcus, derivazione di phŷsis = natura).

    mma-1575854_1280

    Tale definizione è utilizzata come riepilogativa di tutti i fattori fisici, tecnico – tattici, psichici, cognitivi e sociali che presenta l’atleta durante la prestazione. Questi fattori, si possono suddividere in capacità organico-muscolari (dette impropriamente anche “condizionali”) e capacità coordinativeInfine vi è una terza capacità che si pone a metà strada tra i due gruppi, ovvero la mobilità articolare (che non DEVE essere intesa come stretching), definibile come la capacità di eseguire i movimenti coordinati e con la massima escursione articolare possibile.

    Negli sport da combattimento in generale, non vi è una capacità che predomina in maniera assoluta rispetto alle altre come del caso di un maratoneta o di un pesista facendo così rientrare il combattente in quella categoria di atleti che presentano caratteristiche anatomo-fisiologiche in diversi rapporti tra loro. In linea generale tali capacità si possono suddividere:

    • Forza: definita come la capacità di vincere una resistenza tramite la contrazione muscolare; tale capacità nel tempo, è stata suddivisa in varie tipologie da molti studiosi del settore, per capirne le varie differenze nelle applicazioni pratiche. Secondo Verchoshanskij e Zatsiorsky, esistono quattro differenti tipologie di forza:
    • F. Massimale: la massima forza che il sistema neuromuscolare è in grado di esprimere come contrazione volontaria;
    • F. Esplosiva: è la capacità di sviluppare alti gradienti di forza in tempi brevi;
    • F. Esplosiva Elastica: è una forza di tipo reattivo, ovvero che la muscolatura immagazzina ogni qual volta subisce, prima di contrarsi, uno stiramento;
    • F. Resistente: è la capacità del muscolo di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata.

    Nello specifico degli sport da combattimento, allenare e varie tipologie di forza è fondamentale per generare un potenza sufficiente a sferrare colpi e/o atterrare l’avversario allo scopo di finalizzare il match;

    • Resistenza: è la capacità psicofisica dell’atleta di opporsi all’affaticamento. La resistenza psichica comprende la capacità dell’atleta di riuscire a resistere il più a lungo possibile a uno stimolo che lo indurrebbe a interrompere lo sforzo. La resistenza fisica, invece, si riferisce alla capacità dell’intero organismo, o dei suoi singoli sistemi parziali, di resistere alla fatica. Nel caso del lottatore, è importante allenare le varie componenti della resistenza (aerobica, anaerobica, specifica, aspecifica, ecc.) in quanto permette all’atleta di sostenere lo sforzo prolungato (come nel pugilato che, a livello professionistico, ogni incontro contiene ben 12 round da tre minuti l’uno), ma soprattutto gli permette di mantenere la lucidità mentale sotto sforzo, in modo da poter realizzare le varie tecniche, portare colpi decisivi e potenti anche nelle fasi finali dell’incontro;
    • Rapidità: con questa capacità si intende la capacità di raggiungere, in determinate condizioni, la massima velocità di reazione e di movimento possibili, sulla base di processi cognitivi, di sforzi massimi di volontà e della funzionalità del sistema neuro – muscolare (Grosser, 1991). Pertanto la rapidità rappresenta un insieme di capacità, straordinariamente varie e complesse, che si manifesta in modi completamente differenti nei vari sport.

    Lottatori, pugili, karateka, judoka, thai boxer, kick boxer, si caratterizzano tutti per un’elevata espressione alla rapidità, ma da molti punti di vista si differenziano per quanto riguarda la rapidità specifica del loro sport;

    • Potenza: si ottiene dal prodotto della forza applicata per la velocità di contrazione del muscolo in oggetto. Essendo la velocità una capacità di natura congenita e poco soggetta e miglioramenti, l’espressione e l’applicazione della potenza dipende soprattutto dalla forza applicata.

    A primo impatto verrebbe da pensare che, per avere la massima potenza, si dovrebbe applicare la massima forza possibile ma ciò non è così come scoperto da A. V. Hill.

    Senza entrare nel dettaglio, più una fibra muscolare si accorcia velocemente, meno forza può generare ai suoi capi e viceversa, in sostanza non si può avere tutto!

    Pertanto per ottenere la massima potenza esprimibile da una catena cinetica si ottiene con una mediazione dei valori di forza e velocità. Nel caso specifico negli sport da combattimento, la potenza è fondamentale per sferrare colpi decisi, veloci e potenti in grado di colpire l’avversario e metterlo in difficoltà;

    • Timing: questa capacità, nonostante sia molto importante per saper attuare le tecniche al momento e nel modo giusto (sia che siano tecniche di percussione che di sottomissione), spesso viene trascurata e lasciata all’esperienza dell’atleta se non, peggio ancora, addirittura al caso, quando invece è un fattore da dover allenare anche in sessioni d’allenamento specifiche e a mente lucida e riposata. Saper attuare le tecniche giuste al momento giusto è un fattore che, spesso, risolve situazioni difficoltose e/o intricate decisive per la finalizzazione del match;
    • Agilità: anche se presenta una componente prevalentemente coordinativa, l’agilità è una delle qualità motorie di più difficile definizione, in quanto deriva dall’integrazione di diverse capacità, come equilibrio, coordinazione, velocità, riflessi, forza e resistenza. Pertanto l’agilità si potrebbe definire come la fusione delle capacità motorie, esaltate ai massimi livelli, tale per cui si può effettuare un qualsiasi movimento in modo efficiente ed efficace; ne consegue che l’agilità è una componente essenziale per un combattente poiché più è agile, più si potrà muovere coordinatamente in velocità ed in economia di energie;
    • Flessibilità: detta anche mobilità articolare, è la capacità di un soggetto di muovere una o più articolazioni con la massima escursione articolare possibile, senza alcun limite e senza dolore. Nei lottatori la mobilità articolare è fondamentale per la realizzazione e l’impostazione delle tecniche (si pensi ad esempio ad un Thai boxer o ad un Kickboxer che, se non avessero un’ottima mobilità articolare dell’articolazione coxo-femorale, non potrebbero sferrare calci al viso in modo efficace ed efficiente), oltre che per evitare infortuni dovuti a stiramenti e/o strappi;
    • Conoscenza: con questo fattore, non si intende solo la mera conoscenza delle tecniche di attacco e difesa del combattimento, quanto i vari i stili e atteggiamenti che vengono applicati durante la lotta, saper capire come si muove l’avversario in modo da poterlo anticipare e sopraffare, saper individuare le strategie applicate e prontamente saper applicare una tattica adeguata. Quindi la conoscenza è composta da tutto il bagaglio esperienziale del fighter che gli permetterà di trovarsi raramente impreparato alle situazioni;
    • Reazione: è la capacità di reagire agli attacchi, dote spesso molto sottovalutata e tralasciata come il timing, ma anch’essa assolutamente necessaria per ogni fighter. Un pugile che sa reagire immediatamente agli attacchi dell’avversario sa anche fermarli e/o anticiparli, un lottatore che riesce e piazzare una contromossa mentre subisce un tentativo di finalizzazione sarà meno vulnerabile e più combattivo;
    • Tecnica: ed infine ma non per importanza, la capacità tecnica di saper portare in modo corretto i colpi rende un combattente tale. Ma se padroneggia solo questo fattore peccando nelle altre capacità elencate, sarebbe un lottatore incompleto e facilmente battibile.

    Con questa seconda parte abbiamo provato a dare un’infarinatura su quelle che sono le capacità che un guerriero del ring deve possedere. Tutto ciò non può essere creato senza una preparazione atletica realizzata su misura al fighter.

    Per dubbi ed eventuali domande non esitate a chiedere.

    Per aspera ad astra.

    .
    27993828_164964340891168_156287397290984545_o
    .
    L’articolo ti è piaciuto? Seguimi su Facebook!
    .
    Referenze e approfondimenti

    Articoli sulla preparazione atletica → clicca qui.