Tag: integratori

  • Traumatologia e sport (3/3): tendinopatie, terapie e prevenzione degli infortuni

    Traumatologia e sport (3/3): tendinopatie, terapie e prevenzione degli infortuni

    Quella che segue è la terza ed ultima parte della breve serie di articoli sulla traumatologia sportiva. La prima parte è recuperabile qui e la seconda a questo link.

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    Tendinopatie

    Le tendinopatie sono patologie di tipo degenerativo che, talvolta, possono prevedere un processo infiammatorio nelle fasi iniziali (prime settimane). Le evidenze scientifiche hanno stabilito che la loro eziologia è multifattoriale (D. Factor e coll.).

    Possiamo distinguere principalmente quattro tipologie di tendinopatie: tendinosi, tendinite/rottura parziale, paratenonite e paratenonite con tendinosi.

    • La tendinosi è una degenerazione intra-tendinea (patologia cronica), dovuta generalmente all’invecchiamento ed a micro-traumi. Non è necessariamente sintomatica.
    • La tendinite è invece una degenerazione sintomatica del tendine che consiste parziali rotture ed una successiva risposta infiammatoria riparatoria.
    • Paratenonite, infiammazione dello stato esterno del tendine (il “peritenonio” è una membrana elastica che riveste i tendini che non hanno guaina tendinea e che permette lo scorrimento del tendine).
    • Infine, la paratenonite con tendinosi è una patologia che può associarsi con aspetti di degenerazione intra-tendinea.
     
    Trattamenti per gli infortuni

    Veniamo ora ai principali protocolli con cui vengono trattati gli infortuni sportivi (terapie di recupero).

    Protocollo R.I.C.E.

    Rest: mettere a riposo la parte del corpo infortunata; cercare di non farla lavorare (eventuale uso di stampelle).

    Ice: applicare ghiaccio per le successiva 4 ore ma non in maniera continuativa (20-30 minuti di ghiaccio per ogni ora).

    Compression: effettuare un bendaggio (elastico) per controllare il gonfiore.

    Elevation: mantenere la parte interessata al di sopra del livello del cuore.

    Protocollo P.R.I.C.E.

    Protection: proteggere la persona infortunata, fermare il gioco (ad esempio una partita di rugby), portare l’atleta in una zona sicura.

    Rest: mettere a riposo la parte del corpo infortunata; cercare di non farla lavorare (eventuale uso di stampelle).

    Ice: applicare ghiaccio per le successiva 4 ore ma non in maniera continuativa (20-30 minuti di ghiaccio per ogni ora).

    Compression: effettuare un bendaggio (elastico) per controllare il gonfiore.

    Elevation: mantenere la parte interessata al di sopra del livello del cuore.

    Protocollo P.O.L.I.C.E.

    Protection: proteggere la persona infortunata, fermare il gioco e portare l’atleta in una zona sicura.

    OL (optimal loading): significa sostituire al più presto possibile il riposo (dannoso se troppo duraturo) con la mobilizzazione, assicurando il carico adeguato nelle varie fasi del trattamento della lesione per una efficace riabilitazione.

    Ice: applicare ghiaccio per le successiva 4 ore ma non in maniera continuativa (20-30 minuti di ghiaccio per ogni ora).

    Compression: effettuare un bendaggio (elastico) per controllare il gonfiore.

    Elevation: mantenere la parte interessata al di sopra del livello del cuore.

    Protocollo M.E.A.T.

    Movement: il movimento controllato degli arti interessati può stimolare il flusso sanguigno, ridurre la formazione delle fibre collagene impropriamente allineate (tessuto cicatriziale) e quindi migliorare effettivamente il recupero.

    Exercise: il concetto di esercizio qui è strettamente legato al movimento precedentemente già descritto. Attraverso una controllata ed opportuna prescrizione di esercizi si avranno le potenzialità per migliorare il recupero.

    Analgesics: analgesici naturali per controllare il dolore e non FANS (anti-infiammatori non steroidei), visto che questi ultimi rischierebbero di inibire il processo di guarigione.

    Treatment: trattamenti fisioterapici di vario tipo che vanno ad incrementare il flusso sanguigno e quindi a favorire il processo di guarigione.

    Prevenzione infortuni

    Mentiremmo se dicessimo che esiste un modo unico ed infallibile per evitare di infortunarsi, purtroppo. Le patologie che possono colpire muscoli e articolazioni sono innumerevoli e spesso sono scollegate dalla pratica, più o meno intensa, di attività fisica.

    Fattori come, per esempio, l’invecchiamento e la predisposizione genetica sfuggono al nostro controllo. Tuttavia, con la giusta dose di esercizio fisico è possibile rinforzare il tessuto muscolare e, in secondo luogo, le strutture articolari, diminuendo il rischio di farsi male.

    La prevenzione infortuni può dipendere da fattori che derivanti dalla persona in questione, da altri che non dipendono da essa e da altri fattori ancora, inerenti le attrezzature e l’ambiente esterno.

    I primi sono lo stile di vita, l’alimentazione, la preparazione fisica, tecnica e psicologica, il sonno, la prudenza. Quelli della categoria successiva, come già accennato qualche riga più su, sono fattori ereditari, pertanto non modificabili. Possiamo citare la struttura scheletrica, le inserzioni muscolari, la predisposizione dei muscoli a crescere (ipertrofia) e quella delle articolazioni ad essere danneggiate da determinati stimoli (danni) meccanici. Nell’ultima categoria, quella delle attrezzatura e dell’ambiente, rientrano la manutenzione e l’idoneità del terreno di gioco, le condizioni climatiche e microclimatiche delle strutture indoor, l’utilizzo di un abbigliamento idoneo (tessuti traspiranti, adeguatamente elasticizzati), di eventuali protezioni, e così via.

    La ricetta base per la prevenzione infortuni è l’allenamento fisico. Senza entrare troppo nel dettaglio, possiamo dare delle indicazioni generali sul da farsi:

    1. Effettuare un buon riscaldamento prima di ogni allenamento;
    2. Lavorare sulla mobilità articolare (se serve anche in sedute separate);
    3. Possedere una buona tecnica esecutiva per tutti gli esercizi;
    4. Dare all’organismo degli stimoli allenanti graduali (ad esempio, crescita lenta ma costante dei carichi di lavoro, intesi come volume, intensità e densità);
    5. Evitare di stressare la medesima articolazione con troppi esercizi “pesanti”;
    6. Avere un sonno regolare;
    7. Eventuale uso di integratori alimentari.
    Conclusioni

    Non vi sono segreti né particolari strategie per prevenire gli infortuni, se non allenarsi con la testa, e all’occorrenza essere seguiti da qualche professionista delle Scienze Motorie o della riabilitazione.

    Approfondimenti:
    - Articolazioni: le basi da conoscere
    - Genetica e predisposizione agli infortuni
    - Allenamento della propriocezione per la prevenzione degli infortuni
    - Glucosamina: un integratore controverso
    - Perché fatichiamo? Per imparare a supercompensarci!
    - Sonno e rischio infortuni
    - La periodizzazione dell'allenamento: teoria e pratica
    - Colonna vertebrale: osteologia e patologie principali

    Grazie per l’attenzione e buon allenamento!


    oc
    Bibliografia

    Parodi G. – Medicina dello Sport (Dispense SUISM, a.a. 2016/2017)
    Factor D. et al. – Current concepts of rotator cuff tendinopathy (2014)

  • Genetica e predisposizione agli infortuni

    Genetica e predisposizione agli infortuni

    Oltre alla miriade di cose in cui interviene la genetica, nel bene e nel male, essa è in grado di influenzare anche la struttura legamentosa e tendinea del corpo, aumentando o diminuendo così la predisposizione agli infortuni.

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    Cenni di fisiologia articolare

    Prima di passare a piatto caldo, è necessario partire dalle basi. Le ossa dello scheletro (lunghe, corte, irregolari, piatte) si uniscono tra di loro attraverso articolazioni, o per continuità o per contiguità.

    Le articolazioni continue prendono il nome di sinartrosi dove la continuità è caratterizzata dalla interposizione di un tessuto cartilagineo fibroso (sono la maggioranza delle articolazioni). Quelle per contiguità invece, prendono il nome di diartrosi, o giunture sinoviali, e sono formate da due capi articolari, una capsula articolare ed una cavità articolare. I capi articolari sono rivestiti da uno strato di cartilagine (più frequentemente ialina che fibrosa), di spessore variabile da 0,2 a 0,5 mm, che conferisce quella caratteristica d superficie liscia. La capsula articolare, lassa oppure tesa, è strutturata all’interno con due strati di membrana sinoviale e all’esterno con una membrana fibrosa. Nella membrana sinoviale prendono posto anche strutture nervose e vasi sanguigni. La cavità articolare infine, è uno spazio a forma di fessura contenente il liquido sinoviale che, oltre ad avere la capacità di lubrificare l’articolazione, nutre la cartilagine articolare.

    Le articolazioni si compongono inoltre di: legamenti (di rinforzo, conduzione ed arresto), borse e guaine articolari, dischi e menischi articolari, labbra articolari.

    Le articolazioni sono soggette ad usura a causa della degenerazione cartilaginea che si verifica per una non appropriata non capillarizzazione che, nel tempo, favorisce la perdita di plasticità propria della cartilagini, producendo patologie artrosiche degenerative.

    Ulteriori approfondimenti:
    - Il tessuto osseo
    - Articolazioni: le basi da conoscere
    - L'abc della genetica
    - Traumatologia e sport (1/3): infortuni, tessuti, entità delle lesioni e statistiche
    Cosa c’entra la genetica?

    Come sottolineato da Collins M. e Raeligh S., gli sforzi eccessivi che portano a lesioni dei tessuti molli del sistema muscolo-scheletrico, derivanti da lavori usuranti o attività fisica, sono influenzate dalla genetica individuale. In special modo quelle al tendine d’Achille (caviglia), alla cuffia dei rotatori (spalla) ed ai legamenti crociati (ginocchia). Le varianti di sequenza all’interno dei geni che codificano le diverse proteine ​​di matrice extracellulare dei tendini e/o dei legamenti sono state associate a specifici infortuni di specifiche zone dei tessuti. Per esempio le varianti della sequenza del gene della Tenascina-C (TNC), COL5A1 ed Metalloproteinasi di matrice 3 (MMP3) sono state collegate alle tendinopatie del tendine d’Achille. Entrando un po’ più nel dettaglio, le varianti della sequenza del gene della Tenascina-C sono state associate sia alle tendinopatie che alle rotture del tendine d’Achille. mentre le varianti del COL5A1 e COL1A1, geni che forniscono le istruzioni genetiche per realizzare le componenti del collagene di tipo I e V, sono state correlate ad infortuni al legamento crociato posteriore.

    Tuttavia, gli stessi ricercatori specificano che è difficile capire in che misura questi fattori genetici possano influenzare gli infortuni, aggiungendo che in futuro potranno essere fatti dei programmi riabilitativi personalizzati proprio sulla base di queste informazioni legate ai geni [1].

    Una meta-analisi del 2015, quindi alto impatto statistico, ha raccolto i dati provenienti da studi pubblicati in letteratura scientifica fra il 1984 ed il 2014 (trent’anni precisi). I ricercatori – Longo U. G. et al. – hanno confermato tutto ciò che avevano dedotto Collins e Raeligh nel 2009, aggiungendo che, oltre alla genetica, contano ovviamente diversi altri fattori, in primis lo stile di vita [2].

    Più di un decennio fa, September A. V. e coll. in una review avevano parlato del ruolo della genetica negli infortuni. Dicendo però che mentre per le problematiche al crociato posteriore e al tendine d’Achille vi sono delle sequenze genomiche “incriminate”, per il crociato anteriore e la cuffia dei rotatori no. Per queste ultime due sono necessari più studi e più dati [3,4].

    Conclusioni

    Come già accennato, molte cose devono ancora essere scoperte, al giorno d’oggi sappiamo che la salute di alcuni tendini e legamenti è fortemente influenzata dalla genetica, quindi dai caratteri ereditari non modificabili. Sta alla scienza scoprire quali altri lo sono e come può essere individualizzato un programma di allenamento e di riabilitazione, in modo minimizzare il rischio infortuni e recuperare l’efficienza articolare al meglio possibile.

    Ma accantonando un attimo tutte queste nozioni teoriche, essere attivi fisicamente è il miglior modo per preservare una buona salute articolare, in modo da prevenire l’osteoporosi ed evitare posture errate. Per quanto riguarda invece gli sportivi, un buon riscaldamento e una corretta esecuzione tecnica degli esercizi (con i sovraccarichi ed a corpo libero) rimangono le cose migliori da fare per evitare infortuni, le uniche, visto che di integratori con una reale efficacia non ce ne sono (la glucosamina non fa eccezione).

    Grazie per l’attenzione.


    oc
    Bibliografia

    Weineck J. – Biologia dello sport (Calzetti Mariucci, 2013)
    Pruna R. et al. – Influence of Genetics on Sports Injuries (2017)
    September A. V. et al. – Application of genomics in the prevention, treatment and management of Achilles tendinopathy and anterior cruciate ligament ruptures (2012)
    1 Collins M. et al. – Genetic risk factors for musculoskeletal soft tissue injuries (2009)
    2 Longo U. G. et al. – Unravelling the genetic susceptibility to develop ligament and tendon injuries (2015)
    3 September A. V. et al. – Tendon and ligament injuries: the genetic component (2007)
    4 Orth T. et al. – Current concepts on the genetic factors in rotator cuff pathology and future implication for sports physical therapists (2017)

  • Integrazione di caffeina per gli sport da combattimento e le arti marziali

    Integrazione di caffeina per gli sport da combattimento e le arti marziali

    Come già accennato in passato (qui), la caffeina per tutta una serie di motivi risulta essere utile agli sportivi, compresi i praticanti di sport da combattimento e arti marziali. Ora, cercheremo di soffermarci sui suoi benefici per i fighters.

    Buona lettura!

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    Cos’è la caffeina?

    La caffeina è una trimeltixantina, alcaloide naturale presente in alcune piante (caffè, cacao, matè, ecc.). Questa sostanza è una stimolante del sistema nervoso centrale (SNC) ed è  (altro…)

  • Prevenzione osteoporosi: attività fisica, alimentazione e bufale

    Prevenzione osteoporosi: attività fisica, alimentazione e bufale

    Osteoporosi, problematica che riguarda milioni di persone. Vediamo più nel dettaglio di cosa si tratta e come allenamento e dieta possono influire, positivamente o negativamente, su di essa.

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    Che cos’è l’osteoporosi?

    L’osteoporosi è una condizione che porta lo scheletro umano ad essere meno efficiente a causa di una perdita di massa ossea, che porta ad una scarsa

    (altro…)
  • Il Ginocchio del Fighter? Teniamolo al Sicuro!

    Il Ginocchio del Fighter? Teniamolo al Sicuro!

    Salve ragazzi! Questo articolo è stato scritto allo scopo di dare un aiuto a tutti quei fighter che spesso si sono infortunati al ginocchio.

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    Cenni teorici

    Questo accade perché, come ben sappiamo, i lottatori o comunque i combattenti in genere ricevono innumerevoli sollecitazioni non molto salutari a livello delle articolazioni, sia in combattimento che in allenamento.

    Tutto ciò viene poi accompagnato da un riscaldamento che dimentica spesso il lavoro di mobilità articolare specifica per la lubrificazione e la protezione delle articolazioni, dalla mancanza di protocolli di lavoro specifici per il miglioramento della stabilizzazione delle stesse e soprattutto dalla mancanza di dialogo con esperti del settore nel caso di infortunio.

    Come fare allora a non farsi male, o quantomeno a diminuire il rischio di infortunarsi?

    La risposta che balza subito alla mente è:

    “RIPOSATI, METTI UN PO’ DI GHIACCIO, PER QUALCHE GIORNO PRENDI DEGLI ANTI-INFIAMMATORI E POTREMO RIPRENDERE AD ALLENARCI”

    E’ la risposta esatta? Assolutamente no!

    Per il semplice fatto che in questo modo si va ad agire solo sull’effetto dell’infortunio e non direttamente sulla causa, cioè la presenza di deficit a livello di stabilizzazione del ginocchio, ovvero dei muscoli che vi si inseriscono come il tensore della fascia lata, gruppo degli adduttori e degli abduttori.

    Applicazioni pratiche

    Per andare quindi ad agire direttamente sulla causa ho voluto scrivere un semplice quanto veloce protocollo allenante allo scopo di migliorare la stabilizzazione del ginocchio e renderlo meno vulnerabile alle sollecitazioni con cui ci confrontiamo giornalmente negli sport da combattimento.

    Si tratta di un semplice circuito della durata di circa 5-10 minuti composto da tre esercizi che mi sono stati insegnati ad un corso della Functional Training School e, come per ogni mio articolo, troverete naturalmente anche il motivo di ogni singolo esercizio inserito.

     

    MINI BAND SIDE WALK 5 passi dx + 5 passi sx
    
    MINI BAND SQUAT 10 rep
    
    RUBBERBAND LUNGE 5 + 5 rep
    
    Ripetere il mini circuito per 3 volte no stop.

     

    Andiamo per ordine:

    • MINI BAND SIDE WALK: in stazione eretta, posizionare la MINI BAND ad altezza caviglie. Da questa posizione effettuare dei piccoli passi laterali mantenendo le gambe totalmente distese. Durante l’esecuzione dell’esercizio sentirete il lavoro su tensore della fascia lata in primis e su adduttori e abduttori della gamba.

    MINI BAND SIDE WALK

    Perché questo esercizio? Fermiamoci un attimo a riflettere. Dove si inseriscono questi muscoli? Esatto! Si inseriscono proprio sulle zone laterale e mediale del ginocchio svolgendo una funzione stabilizzatrice.

    • MINI BAND SQUAT: in stazione eretta posizionare la mini band immediatamente sopra il ginocchio e posizionare i piedi nella larghezza adatta ad effettuare uno squat.

    MINI BAND SQUAT

    Da questa posizione effettuate un squat enfatizzando il lavoro di bacino per allungare il gluteo (avete presente quando andate al bagno e vi state sedendo? Bene dovete fare la stessa cosa, ovvero dovete andare alla ricerca del cesso con le chiappe), contemporaneamente portate le ginocchia verso l’esterno mentre la mini band opporrà resistenza a questo movimento.

    Con questo secondo esercizio si lavora sempre sugli stabilizzatori, enfatizzando il tutto con il lavoro di squat.

    • RUBBERBAND LUNGE: fissare la prima estremità della rubberband e far passare la seconda attorno ad un ginocchio, posizionarsi in modo tale da creare una leggera tensione con la BAND. Effettuare un passo indietro con la gamba libera, stabilizzarsi ed effettuare un affondo funzionale, spingere in avanti ed effettuare il secondo affondo, ritornando infine in posizione di partenza.

    RUBBERBAND LUNGE

    Effettuare lo stesso lavoro con l’altra gamba. Avendo lavorato a piedi pari nei due esercizi precedenti, con il terzo esercizio lavoreremo sulle stesse componenti ma lavorando prima su un solo ginocchio, poi sull’altro. 

    Consigli sul materiale

    Se non possiedi delle mini-band come quella rossa mostrata nella foto, puoi benissimo lavorare comunque con la rubberdand piegata in due (quella della seconda foto).

    MINIBAND

    RUBBERBAND PIEGATA IN DUE

    Esempio su cliente

    Lui è Josef Giuseppe, atleta thai boxer con cui ho il piacere di allenarmi sotto la guida del maestro Alfonso Cristina presso la palestra Fight 360 Team Catania – GYM del mitico Placido Maugeri.

    Da qualche tempo avvertiva dolori al ginocchio, senza sapere quale fosse la causa di ciò.

    Da vari esami fatti non si riscontrava nulla di anomalo, pertanto per continuare ad allenarsi applicava ciò che fanno tutti:
    – riposo
    – antinfiammatori
    – ghiaccio

    Ottenendo così solo una riduzione temporanea del dolore perché agiva solo sull’effetto e non direttamente sulla causa.

    Ma qual è la causa? E’ bastato fargli eseguire qualche ripetizione di squat per capirlo.
    Nella prima parte del video che vi mostro infatti si può notare che, sia in fase di discesa che di salita, il ginocchio dx (quello dolorante) “balla” letteralmente a destra e sinistra per mancanza di stabilità.. in più attua tutta una serie di compensi che di norma non dovrebbero esserci.

    Siamo andati semplicemente a lavorare quindi sulla stabilizzazione del ginocchio col mini circuito di cui abbiamo parlato prima.

    Nella seconda parte del video potete notare i miglioramenti che si sono ottenuti in sole 2 settimane di lavoro nonostante il fatto che non lo abbia seguito personalmente in ogni seduta e che quindi abbia continuato a lavorare in totale autonomia.

    Cosa sarebbe successo se oltre a ciò fosse stato seguito su ogni singolo movimento al fine migliorarlo sempre più?

    Cosa succederebbe se un semplice circuito del genere venisse inserito nel riscaldamento generale di un praticante di SdC? A voi la risposta.

    Conclusioni

    Questo è solo un esempio di circuito, di varianti se ne possono creare a bizzeffe, modificando opportunamente in base alla problematica. Tengo a precisare comunque che tale circuito o suoi simili non possono sostituire il parere e/o il trattamento di un medico, di un fisioterapista o di qualsiasi altro professionista, ma ha il solo scopo di aiutare atleti privi di lesioni al ginocchio di migliorare la stabilizzazione del ginocchio e quindi diminuire il rischio di infortuni.

     

    Fammi sapere se ti è piaciuto l’articolo, condividilo e commenta pure se hai qualche dubbio o perplessità. Grazie per l’attenzione.

    PER ASPERA AD ASTRA!

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    Referenze e approfondimenti

    Altri articoli sulla preparazione atletica → https://bit.ly/2Jy0JEa

     

  • DOMS: cosa sono e tecniche per ridurli

    DOMS: cosa sono e tecniche per ridurli

    Sicuramente vi sarà capitato almeno una volta di provare dolore ai muscoli dopo qualche sforzo fisico. Bene, quel dolore non è altro che del DOMS, ovvero: indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata. Scopriamo insieme di cosa si tratta!

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    Cenni di fisiologia

    In passato si ipotizzava che i DOMS (delayed onset muscle soreness) derivassero dall’accumulo di acido lattico, negli anni a venire è però stato dimostrato che l’acido lattico e gli scarti metabolici non c’entravano, almeno non sui dolori ad insorgenza ritardata. Si tratta infatti, secondo le teorie più accreditate, di micro-lacerazioni a livello muscolare derivanti soprattutto da contrazioni eccentriche [1,2,3].

    DOMS1

    Certi studiosi suggeriscono che alcuni radicali liberi (ROS) possano concorrere nella formazione dei DOMS [4], altri che interferiscano fattori metabolici e neurologici [5,6]. Ma date le scarse prove, quella del danno muscolare rimane comunque la teoria più attendibile.

    L’indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata fa perdere forza alla contrazione muscolare. Secondo Warren e colleghi [7] questo è imputabile a tre macro-fattori: il danno al tessuto muscolare, una disfunzione nell’ambito del processo di accoppiamento eccitazione-contrazione ed una perdita delle proteine contrattili (il tutto è illustrato nella figura a sinistra).

    Post allenamento
    • I DOMS insorgono a 8-12h dal termine dell’allenamento
    • Si acutizzano a 24-48h dal termine dell’allenamento
    • Diminuiscono a 48-72h dal termine dell’allenamento
    • Scompaiono a 72-120 ore dal termine dell’allenamento

    Le cifre riportate sopra, ovviamente, sono molto indicative.

    Se i DOMS sono particolarmente lievi, non è necessario rimandare gli allenamenti, un buon riscaldamento può far cessare l’indolenzimento.

    DOMS2
    Risposta tardiva all’esercizio fisico di diversi indici fisiologici (la densità di colore della barra corrisponde all’intensità della risposta nel tempo indicato) [8]
    Tecniche per ridurli

    Alcuni modi per ridurre i DOMS sono i seguenti:

    • Iniziare un nuovo programma/scheda di allenamento con un’intensità moderata, alzandola piano piano nel corso delle settimane
    • Eseguire immersioni in acqua fredda (temperatura di 8-15° C per 11-15 minuti di bagno). Maggiori informazioni le trovate in questo articolo.
    • Stretching
    • Assunzione di una buona quota giornaliera di proteine
    • Prendere della caffeina tramite caffè o compresse. Si è vista infatti una correlazione fra il calo del dolore muscolare e l’assunzione di questa sostanza eccitante [9].
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    Caffeina e riduzione dei DOMS (Hurley C. F. et al., 2013)
    Conclusioni

    L’indolenzimento muscolare, acuto e ad insorgenza ritardata, è un evento assolutamente fisiologico. Tenere “a bada” i DOMS non è di fondamentale importanza per chi si allena in palestra, magari con schede full-body, 2-3 volte a settimana o per chi pratica sport a livello dilettantistico con una frequenza moderata. Tuttavia, per gli sportivi professionisti, o per gli agonisti che puntano a competere ad alti livelli, tenere a bada i DOMS è spesso di aiuto per limitare i dolori e non sfociare nell’overtraining.

    Grazie per l’attenzione.


    oc
    Bibliografia

    Wilmore H. J., Costill L. D. – Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport (Calzetti Mariucci, 2005)
    1 Stone M. H. et al. – A hypothetical model for strength training (1981)
    2 Schwane J. A. et al. – Delayed-onset muscular soreness and plasma CPK and LDH activities after downhill running (1983)
    3 Schwane J. A. et al. – Is Lactic Acid Related to Delayed-Onset Muscle Soreness? (1983)
    4 Close G. L. et al. – Eccentric exercise, isokinetic muscle torque and delayed onset muscle soreness: the role of reactive oxygen species (2004)
    5 Malm C. et al. – Leukocytes, cytokines, growth factors and hormones in human skeletal muscle and blood after uphill or downhill running (2004)
    6 Ayles S. et al. – Vibration-induced afferent activity augments delayed onset muscle allodynia (2011)
    7 Warren G. L. et al. – Excitation-contraction uncoupling: major role in contraction-induced muscle injury (2001)
    8 Evans W. J. et al. – The metabolic effects of exercise-induced muscle damage (1991)
    9 Hurley C. F. et al. – The effect of caffeine ingestion on delayed onset muscle soreness (2013)

  • MMA: l’allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson

    MMA: l’allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson

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    Per chi é del settore, Greg Jackson non ha bisogno di presentazioni, tuttavia ci tengo ugualmente a spendere due parole su di lui, nel caso qualcuno non lo conoscesse. G. J. é un coach di arti marziali miste, specializzato nella lotta libera, che allena (altro…)

  • Il taglio del peso negli sport da combattimento: linee guida

    Il taglio del peso negli sport da combattimento: linee guida

    Da sempre, a tutti i livelli, negli sport da combattimento (e non solo) quello del peso è un aspetto assai importante. Un fighter più pesante potrà far più male, colpire più forte, oppure ad un atleta starà stretta una categoria di peso e allora dovrà applicare determinate strategie alimentari per dimagrire o magari, se professionista, arrivare al weigh-in col peso più opportuno, anche se al limite. 

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    (altro…)

  • Dieta e integrazione per i fighters: linee guida

    Dieta e integrazione per i fighters: linee guida

    Per quanto riguarda il benessere psicofisico e la performance, la nutrizione gioca un ruolo cruciale, sul quale va prestata molta attenzione, sia per gli sportivi che per i soggetti sedentari. In più, se pensiamo alla presenza delle categorie di peso per alcune attività sportive (pugilato, pesistica, lotta greco-romana ecc.) nutrirci assume ancora più importanza.

    Muhammad-Ali

    Il mondo della nutrizione è tanto vasto quando complicato, questo articolo non intende formare dei nutrizionisti sportivi ma semplicemente fornire delle linee guida, dei consigli, utili per i praticanti dei principali sport da combattimento, arti marziali e perché no, anche sport ibridi (tipo le MMA).

    Ma bando alle ciance: quali sono le priorità alimentari? (altro…)