La genetica, nel settore sportivo citata soprattutto quando si parla di crescita muscolare, è quel «ramo delle biologia che si occupa del materiale ereditario, cioè della sua struttura, del suo modo di funzionare, delle modalità della sua trasmissione, sia da una cellula alle sue discendenti (se si tratta di cellule dello stesso organismo si parla di g. somatica) sia da una generazione all’altra di organismi pluricellulari, e della sua storia evolutiva» (Vocabolario Treccani).
Acidi nucleici, DNA e RNA
Gli acidi nucleici sono polimeri specializzati (altro…)
«Lo sport dà alla vita un maggiore equilibrio psicofisico e l’arricchisce di serenità e coraggio», Gabriella Dorio.
Introduzione
Quello del benessere psichico non è un argomento semplice da trattare, ha molteplici aspetti ed un’infinità di concause, sia in senso negativo che positivo. Dai rapporti sociali del singolo individuo, all’ambiente in cui questo cresce (e che in qualche modo lo plasma), dai fattori genetici al condizionamento delle sue scelte derivante appunto dall’ambiente che lo circonda.
Come da titolo, quanto segue ha come obiettivo quello di sviscerare il complicato rapporto tra l’attività fisica e la salute psichica, parlando di ormoni, studi scientifici ma anche di psicologia.
Concetti chiave
Benefici sociali, contrasto di comportamenti “rischiosi” e miglioramento della qualità della vita.
Se fossimo molto sintetici, potremmo riassumere tutto il contenuto di questo articolo con la precedente riga. Perché sì, è a quanto scritto lì che può portare lo sport, o più in generale l’esercizio fisico. Infatti, esso è in grado di spingere le persone di ogni estrazione sociale ad integrarsi, scampando all’isolamento sociale ed evitando di cadere in brutti vizi, quali il consumo (o abuso) di alcolici, fumo e droghe di vario genere, con tutto ciò che ne consegue per la salute. Per esempio fumo e sedentarietà sono fra le principali cause di decessi nel mondo (la seconda, in base alle fonti, oscilla fra il secondo e quarto posto per numero globale di decessi).
Impegnare il proprio tempo libero, coltivare una passione e magari darsi un vero e proprio obiettivo sportivo, indipendentemente dalla fattibilità di quest’ultimo, può fornire alle persone una certa serenità. Ha parlato bene di ciò lo psicologo statunitense Jonathan Haidt nel bellissimo libro “Felicità: un’ipotesi” (The Happiness Hypothesis) ma l’ha fatto ancora meglio Fëdor Dostoevsky in “Memorie dal sottosuolo“. Egli affermava infatti ciò che segue: «Le rispettabilissime formiche cominciano dal formicaio e finiscono sicuramente con il formicaio. E questo fa un grande onore alla loro costanza e positività. Ma l’uomo, essere leggero e deplorevole, e forse simile al giocatore di scacchi, ama solo il perseguimento dello scopo, non lo scopo».
Quello che molti indicano come “scopo” è inoltre il quinto dei sei fattori individuati dalla psicologa e ricercatrice Carol D. Ryff nella sua “Psychological Well-Being Scales” (fig. sotto) per valutare il benessere psichico di una persona [1].
«Chi ha passioni, lavori, progetti, percorsi, che lo portano a prefiggersi un obiettivo X ed avvicinarcisi progressivamente è felice, soddisfatto, appagato e il tutto si riflette a 360° in tutti gli aspetti della vita. Viceversa, scarse o assenti relazioni sociali, la sensazione di non aver nessuno che tenga te, non avere nessuno a cui si tiene, lo stallo e l’assenza di cambiamento e progresso, la mancanza di obiettivi, mancanza di prospettiva di crescita, vedere le proprie aspettative incompiute… sono tra le cose più correlate (oltre ovviamente ai fattori genetici fondamentali) alla depressione, la scarsa autostima, l’infelicità» (Domenico Aversano).
Tornando a noi, salvo rari casi, il movimento è sinonimo di maggior qualità della vita, grazie ad uno spiccato benessere psichico e fisico che è in grado di dare a chi ne fa uso. Non a caso l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce la salute come «uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’assenza di malattia di infermità».
Cenni di fisiologia
Gli effetti fisiologici derivanti dall’esercizio fisico che garantiscono un certo benessere sono i più disparati. Citandone alcuni: aumento del flusso ematico cerebrale, rilascio di endorfine (responsabili della nostra felicità, insieme all’ossitocina, dopamina e serotonina) e variazioni dei neurotrasmettitori mono-amminici [2]. Senza contare che un miglioramento estetico (meno massa grassa e più massa magra), unito a quello delle prestazioni fisiche, può influire significativamente sull’autostima.
Le endorfine vengono rilasciate anche quando ci nutriamo e quando amiamo (fig. sotto).
Jonathan Haidt – The Happiness Hypothesis: Finding Modern Truth in Ancient Wisdom (2006)
Nel grafico riportato sopra, il tratto di linea compreso fra quelli indicati come punti di pericolo (danger points) corrisponde al repentino calo della dopamina a cui si va incontro dopo alcune settimane di quello che alcuni psicologi definiscono “amore appassionato”. Spesso, in concomitanza con questo abbassamento, la relazione fra due persone termina, dato il calo di interesse reciproco. Senza dilungarci troppo, il cervello vede come una minaccia per l’omeostasi questi elevatissimi livelli di dopamina (quasi fosse una droga), pertanto ne inibisce la produzione. Di conseguenza, vi è una tangibile variazione dell’umore e del benessere psichico.
Tornando a noi, come asserivano già più di 20 anni fa alcuni ricercatori, l’esercizio fisico sufficientemente intenso e duraturo è in grado di aumentare i livelli circolanti di β-endorfine [3], un particolare tipo di endorfine che rientra, assieme a quelle alfa, gamma e delta, nel raggruppamento delle endorfine ipofisarie, in quanto prodotte dall’adenoipofisi, cioè dalla parte anteriore dell’ipofisi (ghiandola già ampiamente descritta qui).
«Una revisione completa della relazione tra esercizio e umore ha concluso che gli effetti antidepressivi e ansiolitici sono stati chiaramente dimostrati» [4,5].
Effetti di 20 minuti di esercizio fisico nei ratti; DA = Dopamina, NA = Noradrenalina, 5-HT = serotonina (Meeusen R. et al., 1994) [6].
Per certi corridori, l’attività fisica può avere essere paragonata a una dipendenza da sostanze stupefacenti (come evidenziato qui).
Ansia, emozioni, autostima e depressione
Diversi studi mostrano effetti positivi dell’esercizio fisico su ansia, emozioni, umore, percezione di sé ed autostima, anche sugli adolescenti [7,8].
Tuttavia, i livelli sinaptici di dopamina non sembrano cambiare significativamente dopo alcuni minuti di corsa lenta (8,7 km/h) [9] e qui torniamo al discorso del precedente paragrafo, dove abbiamo sottolineato l’importanza di un allenamento duraturo ma soprattutto di buon intensità. Dunn A. L. e colleghi nel 2005 sono riusciti a dimostrare una notevole riduzione dei sintomi depressivi (depressioni definite di gravità lieve e moderata) su persone che regolarmente praticavano attività fisica. Allo stesso tempo, le cavie che nello studio in questione si erano allenate di meno non avevano avuto dei significativi benefici psicofisici. Anzi, la loro situazione clinica era rimasta simile a quella del gruppo placebo, quindi a coloro che non avevano ricevuto delle vere cure [10].
I tre fattori primari che influenzano i livelli cronici di felicità (Lyubomirsky S. et al., 2005)
Il movimento, per quanto salutare, non si è comunque dimostrato più efficace delle classiche terapie farmacologiche e psicologiche [11].
Risposte neurofisiologiche a vari protocolli di allenamento (Basso J. C. et al., 2017), la tabella dà un’idea della vastità e complessità dell’argomento.
Infine, una recente meta-analisi pubblicata sul JAMA Psychiatry ha analizzato i dati provenienti da 33 trial clinici (un totale di quasi 2000 pazienti), constatando come l’allenamento coi pesi (resistance training) abbia una buona efficacia nel ridurre i sintomi depressivi tra le persone adulte [12].
Conclusioni
Come già accennato, l’allenamento non è da intendere come una terapia sostitutiva per curare ogni tipo di patologia che ha a che fare con la psiche, specie se si tratta di depressione, ma come un valido alleato nella lotta quotidiana ai mostri che abbiamo in testa.
Oltre che sulla riduzione dei sintomi bisognerebbe focalizzarsi su quella che è la causa che genera il malessere. Ma per questo genere di cose è meglio rivolgersi ad una figura medica, non di certo sperare di trovare in un semplice articolo divulgativo la panacea di tutti mali.
Grazie per l’attenzione!
Le informazioni ivi contenute sono puramente a scopo divulgativo. Quanto riportato nell’articolo non intende in alcun modo sostituirsi al parere di un medico. L’articolista non si prende alcuna responsabilità, qualunque cosa accada.
[1] Ryff D. C. – Psychological Well-Being in Adult Life (1995)
[2] Meeusen R. et al. – Exercise and brain neurotransmission (1995)
[3] Goldfarb A. H. et al. – β-Endorphin Response to Exercise (1997)
[4] Young N. S. – How to increase serotonin in the human brain without drugs (2007)
[5] Salmon P. – Effects of physical exercise on anxiety, depression, and sensitivity to stress: a unifying theory (2001)
[6] Meeusen R. et al. – The effects of exercise on neurotransmission in rat striatum, a microdialysis study (1994)
[7] Wipfli B. M. et al. – The anxiolytic effects of exercise: a meta-analysis of randomized trials and dose-responseanalysis (2008)
[8] Calfas K. J. et al. – Effects of Physical Activity on Psychological Variables in Adolescents (1994)
[9] Wang G. J. et al. – PET studies of the effects of aerobic exercise on human striatal dopamine release (2000)
[10] Dunn A. L. et al. – Exercise treatment for depression: efficacy and dose response (2005)
[11] Cooney G. M. et al. – Exercise for depression (2013)
[12] Gordo B. R. et al. – Association of Efficacy of Resistance Exercise Training With Depressive Symptoms: Meta-analysis and Meta-regression Analysis of Randomized Clinical Trials (2017)
Alcuni muscoli del corpo umano se particolarmente deboli, possono aumentare il rischio di incappare in problematiche muscolo-scheletriche. In questa categoria rientrano i muscoli adduttori. Buona lettura!
Cenni di anatomia
Gli adduttori sono i muscoli, detto banalmente, dell’interno coscia. Si dividono in adduttore breve, adduttore lungo, grande adduttore, muscolo pettineo e gracile.
Come periodizzare l’allenamento della forza negli sport da combattimento?
Phil Daru, noto preparatore atletico d’oltreoceano specializzato negli sport da combattimento, propone una periodizzazione dell’allenamento divisa in 7 fasi, volta al costruire una solida coordinazione inter e intramuscolare, in modo da coprire tutti gli aspetti dell’adattamento dell’organismo all’allenamento e incremento forza.
Nel seguente articolo proporremo quanto da lui consigliato con qualche piccola aggiunta.
Buona lettura!
Fasi di allenamento
Ecco le sette fasi:
Adattamento anatomico: gettare la basi per lo sviluppo della forza, lavorare sulla mobilità articolare e sulla prevenzione infortuni.
Ipertrofia: aumentare la sezione trasversale dei muscoli e la coordinazione intermuscolare tramite l’utilizzo di sovraccarichi (resistance training) nell’ordine del 70-80% 1RM.
A grandi linee, a seconda degli esercizi e dello stimolo allenante che si vuole dare, con carichi corrispondenti al 70-80% del massimale si può lavorare su ripetizioni che vanno da 4-5 a 10
Forza massimale: si lavora con carichi submassimali (≥ 85% 1RM) al fine di incrementare la forza massimale e la coordinazione intramuscolare.
Conversione: la capacità di “trasferire” o convertire gli stimoli ed i miglioramenti fisici ottenuti dalle precedenti tre fasi, in prestazioni migliori. Come? Utilizzando esercitazioni di potenza ed esercizi via via più simili al gesto sportivo vero e proprio (specificità).
Nella foto, il coach Graziano Sciuto
Mantenimento: vi è un importante scarico, pertanto volume e intensità d’allenamento calano, in modo da garantire un buon recupero fisico.
Cessazione: la fine del mesociclo si trasferisce nella fase successiva.
Compensazione: dopo il miglioramento delle prestazioni atletiche, ha inizio di una fase di allenamento successiva (nuovo mesociclo).
Altre indicazioni generali
A seconda del soggetto, dello sport praticato, del livello (dilettante o professionista) e del suo eventuale calendario gare, quanto riportato sopra può essere intenso ed applicato in più modi e con tempistiche differenti.
Per esempio, un lottatore di MMA potrebbe gettare le basi per la capacità aerobica nelle prime settimane, in parallelo all’incremento della forza massimale e resistente (dalla fase 1 alla fase 3). Per poi concentrarsi subito dopo (fase 4 e 5) sulla potenza aerobica, forza esplosiva e sulla resistenza lattacida ed alattacidaspecifica. Ed infine, fare un microciclo di scarico (meno volume e magari anche intensità) per recuperare quanto basta per arrivare in forma ad un incontro. Ovviamente, senza tralasciare gli allenamenti dedicati alla tecnica ed alla tattica con il proprio maestro e gli sparring partner, la mobilità articolare, eventuali sedute con il mental coach e così via.
Quanto illustrato nelle righe sopra è un modo per spalmare le 7 fasi su un intero macrociclo. In alternativa, in sport più di rapidità, dove quindi non sono richiesti grandi livelli di forza massimale, queste 7 fasi possono essere racchiuse in un solo mesociclo. Per esempio nel primo mesociclo di preparazione fisica generale (GPP).
Esempio dell’alternanza del volume ed intensità durante 13 settimane di allenamento quando l’intensità raggiunge il suo picco massimo, vi è una proporzionalità inversa con la quantità di volume.
Anche se non specificato da Phil Daru è bene suggerire di effettuare dei piccoli scarichi ogni tanto fra le prime fasi (ad esempio fra la fase 2 e la 3), in modo da scongiurare il sovrallenamento. Fenomeno purtroppo molto frequente nello sport professionistico.
Conclusioni
E’ compito di un buon preparatore atletico valutare i livelli di forza del proprio cliente/atleta e somministrargli i giusti stimoli allenanti, in modo da monitorare l’affaticamento e farlo arrivare al top della condizione nel periodo competitivo.
Per ulteriori approfondimenti vi rimandiamo ai seguenti articoli:
Salve ragazzi! Questo articolo è stato scritto allo scopo di dare un aiuto a tutti quei fighter che spesso si sono infortunati al ginocchio.
Cenni teorici
Questo accade perché, come ben sappiamo, i lottatori o comunque i combattenti in genere ricevono innumerevoli sollecitazioni non molto salutari a livello delle articolazioni, sia in combattimento che in allenamento.
Tutto ciò viene poi accompagnato da un riscaldamento che dimentica spesso il lavoro di mobilità articolare specifica per la lubrificazione e la protezione delle articolazioni, dalla mancanza di protocolli di lavoro specifici per il miglioramento della stabilizzazione delle stesse e soprattutto dalla mancanza di dialogo con esperti del settore nel caso di infortunio.
Come fare allora a non farsi male, o quantomeno a diminuire il rischio di infortunarsi?
La risposta che balza subito alla mente è:
“RIPOSATI, METTI UN PO’ DI GHIACCIO, PER QUALCHE GIORNO PRENDI DEGLI ANTI-INFIAMMATORI E POTREMO RIPRENDERE AD ALLENARCI”
E’ la risposta esatta? Assolutamente no!
Per il semplice fatto che in questo modo si va ad agire solo sull’effetto dell’infortunio e non direttamente sulla causa, cioè la presenza di deficit a livello di stabilizzazione del ginocchio, ovvero dei muscoli che vi si inseriscono come il tensore della fascia lata, gruppo degli adduttori e degli abduttori.
Applicazioni pratiche
Per andare quindi ad agire direttamente sulla causa ho voluto scrivere un semplice quanto veloce protocollo allenante allo scopo di migliorare la stabilizzazione del ginocchio e renderlo meno vulnerabile alle sollecitazioni con cui ci confrontiamo giornalmente negli sport da combattimento.
Si tratta di un semplice circuito della durata di circa 5-10 minuti composto da tre esercizi che mi sono stati insegnati ad un corso della Functional Training School e, come per ogni mio articolo, troverete naturalmente anche il motivo di ogni singolo esercizio inserito.
MINI BAND SIDE WALK 5 passi dx + 5 passi sx
MINI BAND SQUAT 10 rep
RUBBERBAND LUNGE 5 + 5 rep
Ripetere il mini circuito per 3 volte no stop.
Andiamo per ordine:
MINI BAND SIDE WALK: in stazione eretta, posizionare la MINI BAND ad altezza caviglie. Da questa posizione effettuare dei piccoli passi laterali mantenendo le gambe totalmente distese. Durante l’esecuzione dell’esercizio sentirete il lavoro su tensore della fascia lata in primis e su adduttori e abduttori della gamba.
MINI BAND SIDE WALK
Perché questo esercizio? Fermiamoci un attimo a riflettere. Dove si inseriscono questi muscoli? Esatto! Si inseriscono proprio sulle zone laterale e mediale del ginocchio svolgendo una funzione stabilizzatrice.
MINI BAND SQUAT: in stazione eretta posizionare la mini band immediatamente sopra il ginocchio e posizionare i piedi nella larghezza adatta ad effettuare uno squat.
MINI BAND SQUAT
Da questa posizione effettuate un squat enfatizzando il lavoro di bacino per allungare il gluteo (avete presente quando andate al bagno e vi state sedendo? Bene dovete fare la stessa cosa, ovvero dovete andare alla ricerca del cesso con le chiappe), contemporaneamente portate le ginocchia verso l’esterno mentre la mini band opporrà resistenza a questo movimento.
Con questo secondo esercizio si lavora sempre sugli stabilizzatori, enfatizzando il tutto con il lavoro di squat.
RUBBERBAND LUNGE: fissare la prima estremità della rubberband e far passare la seconda attorno ad un ginocchio, posizionarsi in modo tale da creare una leggera tensione con la BAND. Effettuare un passo indietro con la gamba libera, stabilizzarsi ed effettuare un affondo funzionale, spingere in avanti ed effettuare il secondo affondo, ritornando infine in posizione di partenza.
RUBBERBAND LUNGE
Effettuare lo stesso lavoro con l’altra gamba. Avendo lavorato a piedi pari nei due esercizi precedenti, con il terzo esercizio lavoreremo sulle stesse componenti ma lavorando prima su un solo ginocchio, poi sull’altro.
Consigli sul materiale
Se non possiedi delle mini-band come quella rossa mostrata nella foto, puoi benissimo lavorare comunque con la rubberdand piegata in due (quella della seconda foto).
MINIBAND
RUBBERBAND PIEGATA IN DUE
Esempio su cliente
Lui è Josef Giuseppe, atleta thai boxer con cui ho il piacere di allenarmi sotto la guida del maestro Alfonso Cristina presso la palestra Fight 360 Team Catania – GYM del mitico Placido Maugeri.
Da qualche tempo avvertiva dolori al ginocchio, senza sapere quale fosse la causa di ciò.
Da vari esami fatti non si riscontrava nulla di anomalo, pertanto per continuare ad allenarsi applicava ciò che fanno tutti:
– riposo
– antinfiammatori
– ghiaccio
Ottenendo così solo una riduzione temporanea del dolore perché agiva solo sull’effetto e non direttamente sulla causa.
Ma qual è la causa? E’ bastato fargli eseguire qualche ripetizione di squat per capirlo.
Nella prima parte del video che vi mostro infatti si può notare che, sia in fase di discesa che di salita, il ginocchio dx (quello dolorante) “balla” letteralmente a destra e sinistra per mancanza di stabilità.. in più attua tutta una serie di compensi che di norma non dovrebbero esserci.
Siamo andati semplicemente a lavorare quindi sulla stabilizzazione del ginocchio col mini circuito di cui abbiamo parlato prima.
Nella seconda parte del video potete notare i miglioramenti che si sono ottenuti in sole 2 settimane di lavoro nonostante il fatto che non lo abbia seguito personalmente in ogni seduta e che quindi abbia continuato a lavorare in totale autonomia.
Cosa sarebbe successo se oltre a ciò fosse stato seguito su ogni singolo movimento al fine migliorarlo sempre più?
Cosa succederebbe se un semplice circuito del genere venisse inserito nel riscaldamento generale di un praticante di SdC? A voi la risposta.
Conclusioni
Questo è solo un esempio di circuito, di varianti se ne possono creare a bizzeffe, modificando opportunamente in base alla problematica. Tengo a precisare comunque che tale circuito o suoi simili non possono sostituire il parere e/o il trattamento di un medico, di un fisioterapista o di qualsiasi altro professionista, ma ha il solo scopo di aiutare atleti privi di lesioni al ginocchio di migliorare la stabilizzazione del ginocchio e quindi diminuire il rischio di infortuni.
Fammi sapere se ti è piaciuto l’articolo, condividilo e commenta pure se hai qualche dubbio o perplessità. Grazie per l’attenzione.
Avevamo parlato dell’acido in passato (qui e qui), non contenti torniamo ed approfondiamo la questione. Buona lettura!
L’acido lattico è un composto chimico che viene prodotto dai muscoli durante la degradazione anaerobica del glucosio. Si forma a causa della fermentazione dell’acido piruvico in presenza dell’enzima latticodeidrogenasi (LDH).
Concentrazioni minime di acido lattico si formano (altro…)
Con questo articolo proverò a dare un circuito d’allenamento creato appositamente per creare Transfer dal gesto funzionale al gesto atletico in periodo pre-agonistico.
Buona lettura!
Articolo scritto da Graziano Sciuto e rifinito da Enrico Cravanzola
Cos’è il Transfer?
Tradotto letteralmente significa “Trasferimento”, ovvero spostamento di qualcosa da una posizione A ad una posizione B.
Riportando tale significato in ambito della preparazione atletica per sport da combattimento (SdC), ci dovrà essere un vero e proprio trasferimento delle capacità condizionali acquisite nel periodo preparatorio aspecifico, riuscendo ad applicarle nel gesto atletico specifico in fase agonistica.
Tradotto con un esempio: se abbiamo un thai-boxer che riesce a spingere 120-130 kg di squat con bilanciere, ma poi la stessa forza applicata al bilanciere non riesce ad esprimerla al meglio in un qualsiasi gesto atletico come ad esempio il low kick, è evidente che c’è qualche problema.
Pertanto sarà compito del preparatore saper creare dei protocolli d’allenamento atti a creare il giusto transfer al fine di non rendere vano il lavoro fatto durante il periodo preparatorio aspecifico.
Passiamo alla pratica
Qui di seguito voglio quindi mostrarvi una proposta d’allenamento a circuito per creare transfer nel gesto atletico specifico del pugno.
Stavolta non mi limiterò a scrivere solo gli esercizi e le ripetizioni ma vi spiegherò anche il perché questa sequenza di esercizi.
Esempio di routine di allenamento:
Warm Up (riscaldamento)
Salti con la corda corda & mobilità articolare
Workout:
3/5 Round
5 rep Squat con bilanciere
2′ Power Swing
5 rep*lato Rubber Band Squat&Rotation
5 rep*lato Medball Rotate&Boost
2′ Boxe al Sacco
Il protocollo d’allenamento presentato serve per creare transfer sull’efficienza ed efficacia del pugno.
Probabilmente ti starai chiedendo: Ma perché inserire gli squat se ci stiamo focalizzando sul pugno?
La risposta è più semplice del previsto:
Da dove arriva la vera potenza del pugno? Esatto, dalle gambe!!!
Non per niente la funzione principale della catena estensoria dell’anca è appunto la propulsione. Non per niente negli arti inferiori abbiamo i muscoli più grossi e potenti del nostro organismo.
Come nel gesto del pugno, la forza viene dalle gambe anche per la maggior parte dei gesti atletici, fermati un attimo a riflettere: un giocatore di basket che movimento fa quando si prepara a lanciare la palla? Ed un pallavolista? Un tennista? Un golfista invece?
Un po’ di dati
Quanto detto fino ad ora, ovviamente, è ben noto in letteratura scientifica. Come illustrato nella tabella riportata sotto, più un pugile è abile e più riesce a generare potenza nei suoi colpi tramite il movimento di gambe.
In percentuale, la rotazione del tronco e la spinta con la gamba posteriore generano un potenza molto simile (rispettivamente il 37 ed il 38% della potenza totale). L’estensione delle braccia è ciò che genera meno potenza negli atleti di alto livello (24%) e, al contrario, più potenza nei principianti (quasi il 38%).
Tutto parte dalle gambe. Gli americani dicono “LEGS DRIVE MOVEMENT” ed è la sacrosanta verità.
Spiegazione e indicazioni generali
Quindi:
Inizio con lo Squat per lavorare sulla propulsione in modo aspecifico;
Back Squat con bilanciere
Segue il Power swing, per lavorare su propulsione, stabilizzazione del core e trasferimento dell’energia al kettlebell attraverso le braccia;
Power Swing con KettleBell
Terzo esercizio, si continua a lavorare per come si è fatto fin’ora, inserendo però anche le componenti rotazione e controllo dinamico del core, fondamentali nel lavoro di schivata e contrattacco, e la componente resistente e destabilizzante dell’elastico, utile al lavoro di ottimizzazione del pugno;
RubberBand Squat&Rotate
Med Ball Rotate&Boost, si lavora su reattività, pliometria e rotazione con il lancio dinamico della palla medica, cercando contestualmente di attenuare gli effetti negativi che nel lungo periodo può dare il ritorno elastico della rubber band dell’esercizio precedente;
MedBall Rotate&Boost
Ultimo esercizio, si lavora sul gesto atletico dello sport praticato (specificità)
Avete notato che non ho inserito la distensione su panca piana? Sapete il perché?
La panca piana in sé per sé è un esercizio che toglie molte energie ed affatica tutta la prestazione del cingolo scapolo-omerale e della catena trasversa, quindi inserendola nel circuito d’allenamento avrei ottenuto proprio l’opposto dell’effetto ricercato, braccia stanche e pugni lenti.
Intanto questo è proprio quello che si vede ogni tanto in giro, panca piana al multipower “esplosiva” ed a gambe alzate per “isolare” il movimento e lavorare di più sul pettorale seguita da una sessione di shadow boxing con i pesetti da 2 kg.
In passato avevamo ampiamente parlato del sonno e dei suoi effetti sulla salute e sulla performance sportiva. Ora, andremo ad approfondire anche la questione infortuni. Buona lettura!
Per trattare questo argomento prenderemo in esame uno studio di Milewski M. D. e colleghi [1] risalente al 2014. (altro…)
Un termine che non cade mai in disuso è indubbiamente quello che avete appena letto nel titolo di questo articolo, il deallenamento.
Il deallenamento è stato trattato ed approfondito in un episodio del nostro Podcast ascoltabile (e scaricabile) gratuitamente al seguente link.
Cos’è?
Per deallenamento (detraining) si intende la perdita, più o meno marcata, di tutti quegli adattamenti fisiologici che l’organismo aveva avuto tramite l’allenamento fisico. Da quelli (altro…)
La creatina è indubbiamente uno degli integratori più diffusi ed utilizzati nell’ambiente della palestra. In questo articolo, dal titolo sicuramente provocativo, cercheremo di parlare di tutto ciò che riguarda questo composto (fisiologia, materiale scientifico, rapporto con altri integratori, dosaggio, eccetera). Buona lettura!
Cenni di chimica e fisiologia
La creatinaè un composto ergogenico che nel nostro corpo si trova per un 40% in forma libera, per un 50% in forma fosforilata e per il restante 10% è contenuta nel fegato, ove è sintetizzata da due aminoacidi ed un coenzima, reni e cervello. Il nostro organismo ne produce circa 1 grammo al giorno. La creatina viene utilizzata principalmente per la sintesi dell’ATP (adenosintrifosfato) del sistema anaerobico alattacido.
E’ presente nel cibo (manzo, latte, tonno ecc.) ma in quantità assai ridotte che mai e poi mai potrebbero sostituire una supplementazione esterna.
La maggior parte degli studi attualmente presenti in letteratura scientifica associa l’assunzione di creatina, cronica e non, a miglioramenti della performance anaerobica (forza e potenza) [1,2,3,4]. Anche l’ipertrofia muscolare è influenzata positivamente da questo composto [5,6].
Effetti della creatina su sforzi brevi (grafico di sinistra, ≤ 30″) e sforzi un po’ più duraturi (grafico a sinistra, 30-150″). Oltre i 150″ di sforzo continuo, i miglioramenti sono meno netti. Legenda: AE = arm ergometry; BE = cicloergometro (cyclette); IK = forza isocinetica di torsione; IM = forza isometrica; IT = forza isotonica; JP = salto; RN = sprint (corsa); SK = pattinaggio veloce; SW = nuoto; KY = kayaking. Branch J. D. (2003) [21].
Come per la questione EPO di cui avevamo già parlato qui, su un certo numero di soggetti la creatina non ha alcun effetto (soggetti “non-responder”), i quali rappresentano indicativamente il 20-30% della popolazione [7]. Uno studio del 2004 sostiene che i soggetti “responder” tendano ad avere dei livelli di creatina intramuscolare abbastanza bassi e per questa ragione, una volta assunta la creatina con gli integratori, i livelli di quest’ultima cambino significativamente (in positivo). I ricercatori del medesimo studio, ritengono inoltre che i “responder” abbiano mediamente più massa magra e fibre muscolari rapide (tipo II) [8].
Oltre a quanto già detto, come riportano molti autori, la creatina accelera la supercompensazione del glicogeno se assunta in concomitanza con dei carboidrati, i quali a loro volta danno una mano nello stoccaggio della creatina nei muscoli [22,23,24].
Durante il primo mese di assunzione si ha sempre un aumento di peso (circa 1-2 kg) derivante dalla forte ritenzione idrica che causa questo composto, ciò in sport con classi di peso può essere un problema. Il corpo si libera di questa acqua intracellulare 2-3 settimane dopo lo stop della assunzione di creatina. Uno scarico, o stop definitivo, può aver senso solo ed esclusivamente per un discorso di peso, utilità per il proprio sport, costi (la creatina non la regalano) e feedback dell’atleta, dato che essa non dà assuefazione.
Presunto antagonismo con la caffeina
Più di 20 anni fa, un celebre studio di Vandenberghe e colleghi [9] notò, quasi per caso, un certo antagonismo fra la creatina e la caffeina. Lo studio tuttavia presentava grossi limiti (breve durata, un solo test per misurare la variazione di performance, un periodo di scarico troppo breve, un campione poco ampio, dosi di caffeina forse eccessive). Negli anni a seguire, sono state pubblicate una miriade di ricerche scientifiche che hanno smentito questo antagonismo [10,11,12,13,14]. Il fatto che molte di esse abbiano usato protocolli di assunzione-scarico differenti dallo studio di Vandenberghe citato ad inizio paragrafo, non esclude del tutto che fare un carico di creatina a pochi giorni da una competizione (20-25 grammi/dì per 4-5 giorni di fila), possa annullare gli effetti positivi della caffeina, o viceversa. Questo però solamente in acuto.
Campi di utilizzo
Bodybuilding e fitness, powerlifting, weightlifting, atletica leggera (nonostante l’aumento di peso scaturito dalla sostanza). E’ inoltre utilizzata nelle pratiche di taglio del peso, infatti, dopo la disidratazione, abbinata a molta acqua, aiuta a richiamare liquidi a livello intracellulare.
Tipologie
Esistono vari tipi di creatina, dalla classica monoidrato alla etil estere o alcalina. Dietro a tutte queste suddivisioni, purtroppo, c’è molto marketing. La più conveniente in termini di costi-benefici è la monoidrato (creatina combinata con una molecola di acqua). Le altre forme, quasi tutte più costose di quest’ultima, non apportano chissà che effetti superiori, anzi, teoricamente la creatina etil estere (CEE) è anche peggiore della monoidrato. Perché? Perché è stato visto che si degrada subito, convertendosi quasi immediatamente in creatinina (suo primario prodotto metabolico), risultando quindi inefficace per l’incremento delle prestazioni e della massa muscolare [15,16]. “L’integrazione con creatina etil estere ha mostrato un grande aumento nel siero (sanguigno, NdR) dei livelli di creatinina senza aumentare in modo significativo i livelli di creatina totale nei muscoli. Questo può voler dire che una larga porzione di creatina etil estere è stata degradata all’interno del tratto gastrointestinale dopo l’ingestione. Inoltre sembra che l’assorbimento di creatina etil estere da parte dei muscoli non è abbastanza imponente da aumentare i livelli di creatina nei muscoli stessi senza prima una significativa degradazione di creatina in creatinina” [17].
Da sinistra a destra: livelli sierici di creatina, creatinina e contenuto di creatina nei muscoli. PLA = placebo; CRT = creatina monoidrato; CEE: creatina etil estere (Spilane M. et al, 2009)
Discorso simile per la creatina alcalina, la quale teoricamente dovrebbe migliorare l’assorbimento della creatina grazie ad una riduzione della conversione in creatinina, la cosa però è stata smentita da uno studio di qualche anno fa [18]. O la citrato, che ha dimostrato buoni risultati ma non è mai stata confrontata con la monoidrato.
Per di più, una recentissima review di Andres S. e colleghi, oltre ad aver ribadito la sicurezza della monoidrato, ha sconsigliato la creatina orotata e gluconato perché apparentemente poco sicure per la salute [25].
In definitiva, marketing a parte, la monoidrato sembra a tutti gli effetti essere la migliore forma di creatina attualmente in commercio (e costa anche meno…).
Effetti collaterali
I problemi che si potrebbero manifestare con l’uso, e abuso, di creatina sono principalmente due: disturbi gastrointestinali e diarrea.
Nonostante in passato sia stato fatto un po’ di terrorismo psicologico sulla questione creatina-danni renali. La scienza ha smentito questi ipotetici problemi ai reni derivanti dall’assunzione di creatina in soggetti sani [19].
Dosaggio
Se ne consiglia un’assunzione di 3-5 g/dì. Quella del carico iniziale di creatina (20-25 grammi nei primi giorni) è una teoria ormai superata, in quanto nel cronico un dosaggio più contenuto ma costante dà i medesimi risultati di uno, almeno inizialmente, più spinto [20]. Tuttavia, l’assunzione di 20-25 g/dì può avere senso in acuto. Se ad esempio al week-end c’è una gara, un atleta potrebbe ricorrere al carico di creatina (diviso in singole dosi di 5 grammi l’una) a partire dal lunedì della stessa settimana.
Esempio pratico
Lunedì: 20-25 g
Martedì: 20-25 g
Mercoledì: 20-25 g
Giovedì: 20-25 g
Venerdì: 20-25 g
Sabato: 5 g
Domenica: gara
Può essere presa in vari momenti della giornata (in compresse o polvere), appena svegli, in concomitanza o 30 minuti dopo un pasto, 90 minuti prima di un allenamento o poco dopo.
Conclusioni
Che dire, siamo davanti ad uno degli integratori alimentari più studiati e più efficaci in assoluto. E’ consigliabile provarla almeno negli sport di forza, potenza e anaerobici (alta intensità e breve durata). Meno indicata per gli sport più aerobici come il nuoto o le corse di lunga durata (maratona), tenendo anche conto del problema legato al leggero aumento del peso.
Ovviamente prima bisogna guardare alle priorità alimentari e concentrarsi sull’allenamento, la creatina non ha nulla di miracoloso, tuttavia può essere un valido alleato per molti.
1 Buford T. W. et al. – International Society of Sports Nutrition position stand: creatine supplementation and exercise (2007)
2 Gualano B. et al. – In sickness and in health: the widespread application of creatine supplementation (2012)
3 Kreider R. B. – Effects of creatine supplementation on performance and training adaptations (2003)
4 Preen D. et al. – Effect of creatine loading on long-term sprint exercise performance and metabolism (2001)
5 Stone M. H. et al. – Effects of in-season (5 weeks) creatine and pyruvate supplementation on anaerobic performance and body composition in American football players (1999)
6 Jones A. L. et al. – Oral creatine supplementation improves multiple sprint performance in elite ice-hockey players (1999)
7 Greenhaff L. P. – The nutritional biochemistry of creatine (1997)
8 Syrotuik D. G. et al. – Acute creatine monohydrate supplementation: a descriptive physiological profile of responders vs. nonresponders (2004)
9 Vandenberghe K. et al. – Caffeine counteracts the ergogenic action of muscle creatine loading (1996)
10 Doherty M. et al. – Caffeine is ergogenic after supplementation of oral creatine monohydrate (2002)
11 Spradley B. D. et al. – Ingesting a pre-workout supplement containing caffeine, B-vitamins, amino acids, creatine, and beta-alanine before exercise delays fatigue while improving reaction time and muscular endurance (2012)
12 Lee C. L. et al. – Effect of caffeine ingestion after creatine supplementation on intermittent high-intensity sprint performance (2011)
13 Vanakoski J. et al. – Creatine and caffeine in anaerobic and aerobic exercise: effects on physical performance and pharmacokinetic considerations (1998)
14 Fukuda D. H. – The possible combinatory effects of acute consumption of caffeine, creatine, and amino acids on the improvement of anaerobic running performance in humans (2010)
15 Chanutin A. – The fate of creatine when administered to man (1926)
16 Schantz E. et al. – Creatine ethyl ester (1955)
17 Spillane M. et al. – The effects of creatine ethyl ester supplementation combined with heavy resistance training on body composition, muscle performance, and serum and muscle creatine levels (2009)
18 Jagim A. R. et al. – A buffered form of creatine does not promote greater changes in muscle creatine content, body composition, or training adaptations than creatine monohydrate (2012)
19 Pline K. et al. – The effect of creatine intake on renal function (2005)
20 N. Wilder et al. – The Effects of Low-Dose Creatine Supplementation Versus Creatine Loading in Collegiate Football Players (2001)
21 Branch J. D. – Effect of Creatine Supplementation on Body Composition and Performance: A Meta-analysis (2003)
22 Green et al. – Creatine ingestion augments muscle creatine uptake and glycogen synthesis during carbohydrate feeding in man (1996)
23 Nelson A. G. et al. – Muscle glycogen supercompensation is enhanced by prior creatine supplementation (2001)
24 Derave W. et al. – Combined creatine and protein supplementation in conjunction with resistance training promotes muscle GLUT-4 content and glucose tolerance in humans (1985)
25 Andres S. et al. – Creatine and creatine forms intended for sports nutrition (2017)