Quando l’URSS esisteva ancora, decenni or sono, da questa ampia regione giungevano a noi testi inerenti la preparazione atletica applicata ai più svariati sport, soprattutto olimpici.
Per divenire a noi fruibili, spesso questi libri tecnici subivano i seguenti passaggi: venivano tradotti dal russo al tedesco, dal tedesco all’inglese e dall’inglese all’italiano.
Salvo qualche ristampa più o meno recente, molti di essi ora sono pezzi da collezione ammantati di un certo fascino storico, che conferisce loro un valore economico non alla portata di tutti.
The resistance & endurance training paradox
C’era un libro in particolare, dal valore stimato di alcune migliaia di dollari, che parlava di un interessante paradosso che legava, e lega tuttora, l’allenamento con i pesi e quello di resistenza. Stiamo parlando del rarissimo “The Soviet Training & Recovery Methods for Competitive Athletes“.
Copertina del libro
All’interno di esso, l’autore Ben Tabachnik parlava del paradosso citato poco fa (the resistance & endurance training paradox); in cosa consiste(va) questo paradosso?
L’allenatore russo aveva notato come stimoli allenanti molto differenti, per esempio una corsa medio-lunga ed un allenamento con i pesi piuttosto voluminoso, stressassero in maniera analoga il sistema nervoso centrale (SNC).
Alain Riccaldi, biologo e preparatore atletico italiano, riporta i seguenti valori espressi nel libro in questione:
Fase iniziale di adattamento → volume alto per la forza (8-12 reps, 60-70% 1RM), situazione analoga per l’endurance (60-120′, 60-70% FCmax).
Fase volume → volume medio per la forza (4-6 reps, 75-85% 1RM), stessa cosa per la resistenza (15-30′, 80-90% FCmax).
Fase di intensificazione → volume basso per la forza (1-3 reps, 85-100% 1RM) ed esercitazioni molto intense anche per la resistenza (tolleranza lattacida, 85-90% FCmax).
Queste bizzarre similitudini fra sforzi che, almeno apparentemente, sono agli antipodi, fanno sì che l’organismo umano possa tollerare e adattarsi a stimoli molto differenti fra loro, un po’ come avviene nel concurrent training.
Questo paradosso in qualche modo spiega come sia possibile per un atleta prepararsi a competizioni come quelle del CrossFit, o per un fighter seguire un protocollo di strength and conditioning in vista di un match.
Come sempre, inquadrare per bene l’atleta, lo sport in questione e periodizzare per bene il programma di allenamento è la miglior cosa per ottimizzare le prestazioni, scongiurando sovrallenamento e infortuni.
Osteoporosi, problematica che riguarda milioni di persone. Vediamo più nel dettaglio di cosa si tratta e come allenamento e dieta possono influire, positivamente o negativamente, su di essa.
Che cos’è l’osteoporosi?
L’osteoporosi è una condizione che porta lo scheletro umano ad essere meno efficiente a causa di una perdita di massa ossea, che porta ad una scarsa
«Lo sport dà alla vita un maggiore equilibrio psicofisico e l’arricchisce di serenità e coraggio», Gabriella Dorio.
Introduzione
Quello del benessere psichico non è un argomento semplice da trattare, ha molteplici aspetti ed un’infinità di concause, sia in senso negativo che positivo. Dai rapporti sociali del singolo individuo, all’ambiente in cui questo cresce (e che in qualche modo lo plasma), dai fattori genetici al condizionamento delle sue scelte derivante appunto dall’ambiente che lo circonda.
Come da titolo, quanto segue ha come obiettivo quello di sviscerare il complicato rapporto tra l’attività fisica e la salute psichica, parlando di ormoni, studi scientifici ma anche di psicologia.
Concetti chiave
Benefici sociali, contrasto di comportamenti “rischiosi” e miglioramento della qualità della vita.
Se fossimo molto sintetici, potremmo riassumere tutto il contenuto di questo articolo con la precedente riga. Perché sì, è a quanto scritto lì che può portare lo sport, o più in generale l’esercizio fisico. Infatti, esso è in grado di spingere le persone di ogni estrazione sociale ad integrarsi, scampando all’isolamento sociale ed evitando di cadere in brutti vizi, quali il consumo (o abuso) di alcolici, fumo e droghe di vario genere, con tutto ciò che ne consegue per la salute. Per esempio fumo e sedentarietà sono fra le principali cause di decessi nel mondo (la seconda, in base alle fonti, oscilla fra il secondo e quarto posto per numero globale di decessi).
Impegnare il proprio tempo libero, coltivare una passione e magari darsi un vero e proprio obiettivo sportivo, indipendentemente dalla fattibilità di quest’ultimo, può fornire alle persone una certa serenità. Ha parlato bene di ciò lo psicologo statunitense Jonathan Haidt nel bellissimo libro “Felicità: un’ipotesi” (The Happiness Hypothesis) ma l’ha fatto ancora meglio Fëdor Dostoevsky in “Memorie dal sottosuolo“. Egli affermava infatti ciò che segue: «Le rispettabilissime formiche cominciano dal formicaio e finiscono sicuramente con il formicaio. E questo fa un grande onore alla loro costanza e positività. Ma l’uomo, essere leggero e deplorevole, e forse simile al giocatore di scacchi, ama solo il perseguimento dello scopo, non lo scopo».
Quello che molti indicano come “scopo” è inoltre il quinto dei sei fattori individuati dalla psicologa e ricercatrice Carol D. Ryff nella sua “Psychological Well-Being Scales” (fig. sotto) per valutare il benessere psichico di una persona [1].
«Chi ha passioni, lavori, progetti, percorsi, che lo portano a prefiggersi un obiettivo X ed avvicinarcisi progressivamente è felice, soddisfatto, appagato e il tutto si riflette a 360° in tutti gli aspetti della vita. Viceversa, scarse o assenti relazioni sociali, la sensazione di non aver nessuno che tenga te, non avere nessuno a cui si tiene, lo stallo e l’assenza di cambiamento e progresso, la mancanza di obiettivi, mancanza di prospettiva di crescita, vedere le proprie aspettative incompiute… sono tra le cose più correlate (oltre ovviamente ai fattori genetici fondamentali) alla depressione, la scarsa autostima, l’infelicità» (Domenico Aversano).
Tornando a noi, salvo rari casi, il movimento è sinonimo di maggior qualità della vita, grazie ad uno spiccato benessere psichico e fisico che è in grado di dare a chi ne fa uso. Non a caso l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce la salute come «uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’assenza di malattia di infermità».
Cenni di fisiologia
Gli effetti fisiologici derivanti dall’esercizio fisico che garantiscono un certo benessere sono i più disparati. Citandone alcuni: aumento del flusso ematico cerebrale, rilascio di endorfine (responsabili della nostra felicità, insieme all’ossitocina, dopamina e serotonina) e variazioni dei neurotrasmettitori mono-amminici [2]. Senza contare che un miglioramento estetico (meno massa grassa e più massa magra), unito a quello delle prestazioni fisiche, può influire significativamente sull’autostima.
Le endorfine vengono rilasciate anche quando ci nutriamo e quando amiamo (fig. sotto).
Jonathan Haidt – The Happiness Hypothesis: Finding Modern Truth in Ancient Wisdom (2006)
Nel grafico riportato sopra, il tratto di linea compreso fra quelli indicati come punti di pericolo (danger points) corrisponde al repentino calo della dopamina a cui si va incontro dopo alcune settimane di quello che alcuni psicologi definiscono “amore appassionato”. Spesso, in concomitanza con questo abbassamento, la relazione fra due persone termina, dato il calo di interesse reciproco. Senza dilungarci troppo, il cervello vede come una minaccia per l’omeostasi questi elevatissimi livelli di dopamina (quasi fosse una droga), pertanto ne inibisce la produzione. Di conseguenza, vi è una tangibile variazione dell’umore e del benessere psichico.
Tornando a noi, come asserivano già più di 20 anni fa alcuni ricercatori, l’esercizio fisico sufficientemente intenso e duraturo è in grado di aumentare i livelli circolanti di β-endorfine [3], un particolare tipo di endorfine che rientra, assieme a quelle alfa, gamma e delta, nel raggruppamento delle endorfine ipofisarie, in quanto prodotte dall’adenoipofisi, cioè dalla parte anteriore dell’ipofisi (ghiandola già ampiamente descritta qui).
«Una revisione completa della relazione tra esercizio e umore ha concluso che gli effetti antidepressivi e ansiolitici sono stati chiaramente dimostrati» [4,5].
Effetti di 20 minuti di esercizio fisico nei ratti; DA = Dopamina, NA = Noradrenalina, 5-HT = serotonina (Meeusen R. et al., 1994) [6].
Per certi corridori, l’attività fisica può avere essere paragonata a una dipendenza da sostanze stupefacenti (come evidenziato qui).
Ansia, emozioni, autostima e depressione
Diversi studi mostrano effetti positivi dell’esercizio fisico su ansia, emozioni, umore, percezione di sé ed autostima, anche sugli adolescenti [7,8].
Tuttavia, i livelli sinaptici di dopamina non sembrano cambiare significativamente dopo alcuni minuti di corsa lenta (8,7 km/h) [9] e qui torniamo al discorso del precedente paragrafo, dove abbiamo sottolineato l’importanza di un allenamento duraturo ma soprattutto di buon intensità. Dunn A. L. e colleghi nel 2005 sono riusciti a dimostrare una notevole riduzione dei sintomi depressivi (depressioni definite di gravità lieve e moderata) su persone che regolarmente praticavano attività fisica. Allo stesso tempo, le cavie che nello studio in questione si erano allenate di meno non avevano avuto dei significativi benefici psicofisici. Anzi, la loro situazione clinica era rimasta simile a quella del gruppo placebo, quindi a coloro che non avevano ricevuto delle vere cure [10].
I tre fattori primari che influenzano i livelli cronici di felicità (Lyubomirsky S. et al., 2005)
Il movimento, per quanto salutare, non si è comunque dimostrato più efficace delle classiche terapie farmacologiche e psicologiche [11].
Risposte neurofisiologiche a vari protocolli di allenamento (Basso J. C. et al., 2017), la tabella dà un’idea della vastità e complessità dell’argomento.
Infine, una recente meta-analisi pubblicata sul JAMA Psychiatry ha analizzato i dati provenienti da 33 trial clinici (un totale di quasi 2000 pazienti), constatando come l’allenamento coi pesi (resistance training) abbia una buona efficacia nel ridurre i sintomi depressivi tra le persone adulte [12].
Conclusioni
Come già accennato, l’allenamento non è da intendere come una terapia sostitutiva per curare ogni tipo di patologia che ha a che fare con la psiche, specie se si tratta di depressione, ma come un valido alleato nella lotta quotidiana ai mostri che abbiamo in testa.
Oltre che sulla riduzione dei sintomi bisognerebbe focalizzarsi su quella che è la causa che genera il malessere. Ma per questo genere di cose è meglio rivolgersi ad una figura medica, non di certo sperare di trovare in un semplice articolo divulgativo la panacea di tutti mali.
Grazie per l’attenzione!
Le informazioni ivi contenute sono puramente a scopo divulgativo. Quanto riportato nell’articolo non intende in alcun modo sostituirsi al parere di un medico. L’articolista non si prende alcuna responsabilità, qualunque cosa accada.
[1] Ryff D. C. – Psychological Well-Being in Adult Life (1995)
[2] Meeusen R. et al. – Exercise and brain neurotransmission (1995)
[3] Goldfarb A. H. et al. – β-Endorphin Response to Exercise (1997)
[4] Young N. S. – How to increase serotonin in the human brain without drugs (2007)
[5] Salmon P. – Effects of physical exercise on anxiety, depression, and sensitivity to stress: a unifying theory (2001)
[6] Meeusen R. et al. – The effects of exercise on neurotransmission in rat striatum, a microdialysis study (1994)
[7] Wipfli B. M. et al. – The anxiolytic effects of exercise: a meta-analysis of randomized trials and dose-responseanalysis (2008)
[8] Calfas K. J. et al. – Effects of Physical Activity on Psychological Variables in Adolescents (1994)
[9] Wang G. J. et al. – PET studies of the effects of aerobic exercise on human striatal dopamine release (2000)
[10] Dunn A. L. et al. – Exercise treatment for depression: efficacy and dose response (2005)
[11] Cooney G. M. et al. – Exercise for depression (2013)
[12] Gordo B. R. et al. – Association of Efficacy of Resistance Exercise Training With Depressive Symptoms: Meta-analysis and Meta-regression Analysis of Randomized Clinical Trials (2017)
Per chi é del settore, Greg Jackson non ha bisogno di presentazioni, tuttavia ci tengo ugualmente a spendere due parole su di lui, nel caso qualcuno non lo conoscesse. G. J. é un coach di arti marziali miste, specializzato nella lotta libera, che allena (altro…)
«Il bambino non è un adulto in miniatura e la sua mentalità non soltanto quantitativamente, ma anche qualitativamente si differenzia da quella dell’adulto: per questa ragione, un bambino non è soltanto più piccolo ma anche diverso» (Claparèd, 1937).
Una mia vecchia tesi fatta per il corso FIPE riadattata ad articolo, buona lettura.
Perché in alcuni sport serve allenare molto la forza e in altri meno? Qual è l’influenza della forza sulla velocità? Per lo sport “x” devo allenare più una capacità o l’altra?
In questo articolo, partendo dalla famosa curva di Hill, cercheremo di arrivare alla risposta più logica a queste domande.
Una forza si manifesta come un’interazione fra almeno due corpi che altera il loro stato di moto, cioè la loro velocità. La forza muscolare
The HICT, high intensity continuous training, is a training method used for increase the aerobic strength endurance in sports. This method is widely used for combat sports conditioning (boxing, MMA, wrestling…). The objective of high intensity continuous training is improve the resistance to the efforts trough the rise of mitochondrial number in fast twitch muscle fibers (IIa). The IIa type is only muscle fibers which may have this mitochondrial increase for their physiological characteristics.
Is necessary utilize not specific exercises for monitoring the principal parameter: heart rate (bpm). The indicate exercises or machines are spinbike, sled dragging, versaclimber. Is very important not exceed the anaerobic threshold (around 155-165 bpm) for obtain the right effects. For some authors, the problem of this training is the decrement of FTa rapid contraction and dimension, therefore is important combine the HICT with plyometrics workouts [1,2].
Example of training
Versaclimber: 15-20′ of continuous work (with the hearth rate under the anaerobic threshold);
Rest (5-8 minutes);
Sandbag Box Step Ups: 15-20′ of continuous work (with the hearth rate under the anaerobic threshold).
To notice, in the video of the versaclimber, the heart rate monitor, an essential tool for a correct work.
Good work.
This article is written by an Italian guy, I apologize for any possible spelling errors. Any correction is welcome.
Riccaldi A. – Strength endurance: la forza resistente per il grappler – Parte 2 (2012) Lochner E. – HICT: un metodo innovativo per le MMA (2016) Wêineck J. – Biologia dello sport (Calzetti Mariucci, 2013) Cravanzola E. – Allenarsi in base alla frequenza cardiaca (2016) 1 Andersen et al. – Myosin heavy chain isoforms in single fibres from m.vastus lateralis of sprinters: influence of training (1994) 2 Malisoux et al. – Calcium sensitivity of human single muscle fibers following plyometric training (2007)
Dopo un paio di articoli introduttivi, si passa ora ad un piatto caldo: gli ormoni androgeni. Buona lettura!
Gli ormoni androgeni sono una classe di ormoni deputati alla formazione e al mantenimento delle caratteristiche sessuali maschili. Si distinguono dagli steroidi anabolizzanti per il semplice fatto di interferire con l’accrescimento di più organi e tessuti, questo perché gli steroidi anabolizzanti sono sostanze sintetiche, simili agli ormoni androgeni, in grado di mimarne gli effetti ma con la differenza di essere coinvolti solamente nello sviluppo del tessuto muscolare (anabolismo delle proteine contrattili). Tutti gli ormoni appartenenti a questo raggruppamento sono prodotti a partire dal colesterolo.
L’androgeno per eccellenza é il testosterone, a partire dall’età puberale la sua produzione (endogena) schizza alle stelle, per poi stabilizzarsi intorno ai 5-7 mg/dì. In seguito, superati i 35 anni circa la sua produzione lentamente cala.
Maturazione di un soggetto maschile col passare del tempo, da evidenziare é l’enorme picco ormonale che si raggiunge in concomitanza dell’adolescenza
I principali ormoni androgeni sono sei: deidroepiandrosterone (DHEA), androstenedione, androstenediolo, androsterone, diidrotestosterone (DHT) e testosterone. Sono fortemente legati l’uno all’altro, basti pensare all’androstenediolo prodotto dal DHEA o dal DHT, metabolita del testosterone.
Ora, descriveró brevemente i primi cinque per soffermarmi poi sul più importante, il testosterone.
Deidroepiandrosterone (DHEA): viene prodotto dalle ghiandole surrenali ed è il principale ormone maschile presente nelle donne, precursore tral’altro degli estrogeni e associato ad un ipotetico incremento dell’IGF-1 e ad una riduzione del catabolismo indotto dal cortisolo.
Androstenedione: é prodotto dai testicoli, ghiandole surrenali e ovaie. Viene convertito metabolicamente in testosterone.
Androstenediolo: prodotto dal deidroepiandrosterone, l’organismo lo converte in testosterone.
Androsterone: il fegato lo produce metabolozzando il testosterone, ha una debole attività androgena.
Diidrotestosterone (DHT): é un metabolita del testosterone, per azione dell’enzima 5α-reduttasi viene prodotto soprattutto nei testicoli e nella prostata. É molto attivo grazie alla sua affinità con il recettore degli androgeni.
Testosterone: é il più importante ormone maschile e viene prodotto nei testicoli dalle cellule di Leyding. Da esso, tramite l’enzima aromatasi vengono prodotti gli estrogeni, grazie a un’azione aromatizzante, la quale produce un anello aromatico (particolare costruzione molecolare). Questo ormone regola l’intero apparato riproduttore maschile e aiuta nello sviluppo delle caratteristiche maschili secondarie (crescita della barba, timbro vocale, sviluppo della muscolatura ecc.).
Buona parte del testosterone presente nel nostro corpo é inattivo perché legato a due particolari proteine di trasporto: l’albumina (60%) e la SHGB (sex hormone-binding globulin, 38%). Solo la forma libera del testosterone, 2% circa, é attiva. Ed è anche per questo motivo che gli studi scientifici che mostrano un aumento del solo testosterone totale, misurato in nanogrammi (ng), hanno una valenza relativa. Quello che più interessa a noi è la forma libera!
L’azione degli androgeni prodotti dal corpo deriva dalla loro conversione proprio in testosterone e dall’azione del DHT, suo derivato. Inoltre, gli androgeni favoriscono il dimagrimento, limitando lo stoccaggio di grasso negli adipociti e attivando la lipolisi (producendo recettori β-adrenergici sulle cellule del grasso, ove interviene l’adrenalina). Tutti gli ormoni androgeni vengono metabolizzati dal fegato ed eliminati dai reni. Questi ormoni sono in grado di attraversare le membrane cellulari (sostanze lipofile). Gli androgeni agiscono legandosi ai propri recettori presenti nelle cellule dei vari tessuti. Dopo aver “legato” il recettore, grazie ad una complicata serie di reazioni biochimiche, si arriva a produrre nuove proteine. Il tessuto muscolare, specialmente quello delle spalle (deltoidi) é ricco di recettori androgeni che, una volta attivati, stimolano la sintesi di nuove proteine contrattili (ipertrofia miofibrillare), incrementando la massa muscolare e la forza della persona in questione.
Rintracciabilità del testosterone
Il testosterone raramente viene utilizzato nei pressi delle competizioni, periodo in cui é più probabile ricevere visite dall’anti-doping. Puó essere infatti trovato nelle analisi delle urine anche per molti mesi. Di seguito vi elenco alcune sue forme modificate sinteticamente, con la relativa rintracciabilità.
Testosterone in sospensione: in questa particolare forma, il testosterone è sospeso in acqua, quindi dopo l’iniezione entra rapidamente in circolo e viene metabolizzato in pochissimo tempo. Questa forma, attiva per circa 24 ore, deve essere iniettata giornalmente se si vogliono mantenere stabili i livelli di testosterone. I dosaggi medi utilizzati dagli sportivi sono compresi tra i 25 e i 100 mg/dì. Questa forma in sospensione ha il vantaggio di essere rintracciabile per pochi giorni.
Testosterone decanoato: in questa forma il testosterone viene rilasciato assai lentamente, é attivo per circa 20 giorni e rintracciabile nelle urine per oltre 3 mesi.
Testosterone cicloesilpropionato: questa esterificazione rilascia il testosterone in una decina di giorni o poco più ed è rintracciabile per 3 mesi circa.
Testosterone propionato: questo tipo di testosterone viene rilasciato abbastanza rapidamente, é attivo per 2-3 giorni ed è rintracciabile per 3 settimane circa. Gli atleti mediamente ne assumono 50-100 mg ogni 2 giorni.
Testosterone fenilpropionato: il testosterone in questa forma ha un’attività di circa 5 giorni.
Testosterone eptilato: forma di testosterone attiva per 20 giorni.
Testosterone enantato: la forma enantata é probabilmente la più utilizzata nello sport, é attiva per circa 15 giorni ed é rintracciabile dai test anti-doping per 3 mesi. Gli atleti ne possono assumere dai 100 ai 2000 mg a settimana.
Testosterone cipionato: é attivo per 15-16 giorni e rintracciabile per 3 mesi.
Testosterone undecanoato iniettabile: é attivo per 30 giorni e viene trovato nelle urine fino a 4 mesi dalla sua assunzione.
Ma come funzionano le analisi?
C’è un parametro per valutare se un atleta, almeno sulla carta, è dopato o no, si tratta del rapporto fra testosterone ed epitestosterone nelle urine (T/E ratio). L’epitestosterone è uno steroide antiandrogeno endogeno, epimero del testosterone.
In una persona normale il rapporto fra questi due dovrebbe essere all’incirca di 1:1. Per il Comitato Olimpico Internazionale è tollerato un rapporto fino a 4:1 e per la Commissione Atletica del Nevada, la più importante fra le commissioni atletiche, addirittura di 6:1, oltre queste soglie gli atleti sono considerati dopati a causa dei livelli di testosterone troppo elevati.
Rappresentazione della concentrazione di testosterone in due diversi campioni (A e B) rilevata tramite la gascomatografia-spettrometria di massa (gc/ms). Il campione A (sinistra) è negativo visto il quoziente T/E di 1,65:1. Il campione B invece è palesemente positivo (14,5:1).
Controllo degli estrogeni e del cortisolo
Gli estrogeni sono gli ormoni sessuali femminili, sono endogenamente prodotti a partire dal testosterone, attraverso l’azione dell’enzima aromatasi. L’estrogeno più importante è l’estradiolo, il quale interferisce con la regolazione e produzione del testosterone attraverso un intricato meccanismo di “feed-back negativo”. É bene sottolineare che una concentrazione troppo elevata di estradiolo, derivante da un incremento dei livelli di testosterone scaturito dall’assunzione di farmaci, ostacoli la naturale produzione del testosterone stesso.
Una eccessiva produzione di estrogeni puó portare a ginecomastia, ritenzione idrica, insulinoresistenza, accumulo di adipe. Per sviare a questi problemi vengono utilizzati dei farmaci detti appunto antiestrogeni. Gli antagonisti degli estrogeni sono utilizzati in abbinamento a cicli di steroidi anabolizzanti per contenere questi effetti indesiderati. Pertanto sono considerati anch’essi doping. I principali farmaci utilizzati come antiestrogeni sono il Nolvadex (tamoxifen citrate) e il Clomid (clomiphene citrate) ma la lista di farmaci é veramente molto ampia, essi sono suddivisi in due categorie: SERM (modulatori selettivi dei recettori di estrogeni) ed in AI (inibitori aromatasi). “Il Clomid ha maggiore potere sull’asse ormonale di quanto non lo abbia il Nolvadex. Tuttavia, il Tamoxifen ha un maggior potere anti-estrogeno e garantisce migliore prevenzione di effetti colletareli come ginecomastia da rebound” [13].
Va specificato che, almeno in questo caso, non vale il ragionamento “minor dosaggio uguale minor danno”, infatti anche dosi sotto fisiologiche di ormoni estrogeni portano a problemi di salute e performance.
Gli antiestrogeni solitamente sono utilizzati dopo la fine di un ciclo di steroidi, nella celebre PCT (Post Cycle Therapy). Ad esempio in un ciclo della durata totale di 10 settimane, sarà seguito da una PCT di 4-6 settimane, nella quale si assumerà del Nolvadex. Generalmente il dosaggio di quest’ultimo é il seguente: 20-30 mg/dì. Alle volte però, i culturisti, invece che limitarsi a scegliere un farmaco fra il Nolvadex ed il Clomid, li assumono entrambi, ovviamente a dosi inferiori (spesso dimezzate).
Dopo la fine di un ciclo di steroidi e dopo la PCT, per assicurarsi che l’asse ormonale torni ad essere efficiente, come lo era prima di iniziare a doparsi, ci si prende un periodo di pausa. Generalmente questa pausa dura tante settimane, quante sono state quelle dei due cicli (steroidi + PCT). Come per esempio riportano quelli di chemicalbuilding.com, se il ciclo di steroidi è durato 10 settimane e la PCT 4, il periodo di pausa avrà una durata totale di 14 settimane (10+4).
Oltre agli estrogeni, chi si dopa deve tener conto del cortisolo, l’ormone dello stress. Infatti, una delle reazioni fisiologiche del nostro corpo alle dosi esogene di steroidi, è proprio l’innalzamento dei livelli di questo ormone, che tra l’altro è l’antagonista proprio del testosterone. Oltre a effetti come il nervosismo, il cortisolo è responsabile del catabolismo dei tessuti. Quest’ultimo va assolutamente limitato, perché altrimenti rischierebbe di mandare in fumo buona parte dei risultati ottenuti. Per mantenere dei livelli di cortisolo relativamente bassi, si possono assumere sostanze (legali) come la vitamina C e antiossidanti, ad esempio, il magnesio, lo zinco, la vitamina D e la vitamina E.
Chiaramente l’assunzione di farmaci antiestrogeni é più o meno importante, a seconda che i farmaci anabolizzanti/androgeni siano o meno aromatizzati.
Effetti di un trattamento di 10 giorni di anastrazolo, un farmaco antiestrogeno, alla dose di 0,5 e 1 mg/giorno sui livelli di estrogeni (estradiolo) e testosterone. Come evidenziano i grafici, l’effetto del farmaco sull’estradiolo (A) e sul testosterone (B) è inversamente proporzionale (meno estrogeni e più anabolismo) [8].
Benefici del testosterone
Cambiamenti apprezzabili, soprattutto per gli sportivi, sono l’aumento della massa eritrocitaria (ciò può aumentare la capacità di trasporto di ossigeno nel sangue, maggior vascolarità e pienezza muscolare), incremento della forza, della massa muscolare ed il miglioramento della trasmissione neuromuscolare, i tempi di reazione sono quindi ridotti [1,2]. Riguardo al primo aumento occorre tuttavia fare una precisazione: la cosa é positiva ma fino a un certo punto. “Avere troppi globuli rossi per periodi di tempo prolungati incrementa il volume ematico al punto tale da rallentare la circolazione. Ciò incrementa la probabilità di coaguli di sangue e perciò incrementa anche la possibilità di ictus e infarti. Per prevenire tale circostanza, in casi in cui il problema potrebbe persistere nonostante l’utilizzo di alte dosi di Omega-3, o nel caso in cui gli esami del sangue avessero mostrato alterazioni significative, l’utilizzo di 100mg/die di Cardio Aspirina sono consigliati. Gli AAS* che più incidono in questo senso sono il Boldenone, Oxymetholone e Trenbolone” [3]. Il testosterone favorosce la crescita tessutale non solo a livello muscolare ma anche osseo (mineralizzazione). Inoltre, attenua dolori articolari favorendo il recupero dagli infortuni.
Oltre che negli sport estetici (bodybuilding), il testosterone e molti altri AAS possono venire utilizzati in sport di forza rapida, dati i miglioramenti nella velocità di movimento [9,10]. Inoltre, queste sostanze possono avere risvolti interessanti anche per gli atleti praticanti discipline di resistenza, ricollegandoci alla questione EPO (precedentemente citata) e all’ottimizzazione delle capacità di recupero [11].
*steroidi androgeni anabolizzanti
Effetti di 16 settimane, 113 giorni per la precisione, di trattamento col testosterone su giovani uomini in salute. E’ facile notare come gli effetti positivi siano direttamente proporzionali al dosaggio. Vanno evidenziati i peggioramenti riscontrati con dosaggi particolarmente bassi (25 mg a settimana), segno che probabilmente sono sufficienti unicamente a sopprimere la produzione endogena di testosterone (l’organismo non riesce ad usufruire della bassa dose esogena assunta) [6]. Come sopra, ma questa volta le settimane sono 10 e ci sono 4 gruppi di “cavie”, due che non si allenano (uno che assume testosterone enantato e uno solo placebo) e due che si allenano (sempre con un gruppo placebo e uno no). Entrambi i gruppi di “dopati” assumevano ben 600 mg/week. Entrambi i gruppi hanno avuto significativi aumenti in forza e massa muscolare, i quali ovviamente sono stati massimizzati nel gruppo che si è anche allenato con i pesi. Per quanto riguarda i gruppi placebo ci son stati sia miglioramenti che peggioramenti, eccetto per quanto riguarda la forza nelle “cavie” allenate (aspetto nervoso) [7].
Vantaggi cronici?
Spesso capita di sentire gente proporre squalifiche a vita per atleti dopati, invece che di uno o due anni, questo anche perché le sostanze dopanti, AAS in primis, sembrerebbero dare considerevoli vantaggi organico-muscolari anche molti anni dopo aver smesso di assumerli.
Quando una persona normale smette di allenarsi, la dimensione delle fibre muscolari cala ma il numero dei myonuclei, nuclei delle cellule muscolari, resta quasi completamente invariato. Non è ancora stato chiarito definitivamente per quanto questo numero resti invariato, si crede lo resti per parecchi anni. Gli allenamenti che causano danno meccanico ai muscoli, in primis quelli con i sovraccarichi, stimolano lo sviluppo di nuovi myonuclei per differenziazione delle cellule satelliti.
Gli AAS riescono a stimolare la proliferazione e la differenziazione delle cellule satelliti, con conseguente aumento a dismisura dei myonuclei (quantità inimmaginabili per le persone non dopate).
Come mostra lo schema, grazie all’allenamento le cellule satelliti “donano” nuovi myonuclei alla fibra muscolare, la quale cresce (ipertrofia). Una volta abbandonato per parecchio tempo l’allenamento, la fibra muscolare diventa più piccola (atrofia) ma mantiene un buon numero di myonuclei che, una volta ripresi gli allenamenti, aiuteranno la fibra ad ipertrofizzarsi in tempi relativamente brevi.
Infatti, come mostrato in questo studio [12], atleti che per anni smettono di utilizzare steroidi anabolizzanti risultano avere un numero di myonuclei per ogni singola fibra muscolare piuttosto elevato, paragonabile a quello degli sportivi sotto ciclo e molto superiore a quello dei soggetti rimasti sempre “puliti”.
Attenzione peró, non é tutto oro ció che luccica! Benché basse dosi di AAS minimizzino gli effetti collaterali, il pericolo é sempre dietro l’angolo. I principali effetti indesiderati derivanti dalla loro assunzione sono:
Acne
Ginecomastia
Atrofia testicolare
Cardiomiopatia
Dolore al sito di iniezione [4]
Virilizzazione nelle donne
Ipertrofia del clitoride
Atrofia mammaria
Irregolarità mestruali
Alopecia androgenetica
Modificazione del tono della voce [5]
Aumento dell’aggressività
Depressione [14]
Arresto cardiaco
Ai singoli l’ardua sentenza
Non voglio intraprendere discorsi etici o prender parte alla guerra natural vs dopati, i mezzi di informazione ci sono e voi che passate al lato oscuro della forza sapete a cosa andate incontro, nel bene e nel male.
…
Questo articolo é a scopo puramente divulgativo, quanto riportato sopra é da considerarsi libera informazione e non vuole invitare in alcun modo le persone ad assumere sostanze che ricordo essere dannose e illegali.
1 Coviello A. et al. – Effects of Graded Doses of Testosterone on Erythropoiesis in Healthy Young and Older Men (2008) 2 Blanco et al. – Neuroscience (1997) 3 Bodybuilding HIT – Steroidi anabolizzanti, guida all’uso educativo (2014) 4 Bolding et al. – Addiction (2002) 5 Jones E. – Androgenic effects of oral contraceptives: implications for patient compliance (1995) 6 Bhasin S. et al. – Testosterone dose-response relationship in healthy young men (2001) 7 Bhasin S. et al. – The effects of supraphysiologic doses of testosterone on muscle size and strength in normal men (1996) 8 Mauras N. et al. – Estrogen suppression in males: metabolic effects (2000) 9 BoscoC. et al. – Zum Verhältnis von Muskelkraft und Testosteron aus der Sicht des Trainings (1997) 10 Bosco C. et al. – Relationships between field fitness test and basal serum testosterone and cortisol levels in soccer players (1996) 11 Kern J. – Das Dopingproblem (2002) 12 Eriksson A. et al. – Skeletal muscle morphology in power-lifters with and without anabolic steroids (2005) 13 Costantini M. – PCT (Post Cycle Therapy) – Come, Quando e Perché (2017) 14 Gideon Nave et al. – Single-Dose Testosterone Administration Impairs Cognitive Reflection in Men (2017) Sacchi N. – Doping e farmaci nello sport (Nonsolofitness, 2014) Lanfranco F. et al. – Hormone Use and Abuse by Athletes (2012) Aversano D. – Steroidi crescita e memoria muscolare: vantaggi perenni? (2016) Gundersen K. et al. – Muscle memory and a new cellular model for muscle atrophy and hypertrophy (2016) Sinha-Hikim I. et al – Testosterone-induced increase in muscle size in healthy young men is associated with muscle fiber hypertrophy (2002)
Se per caso foste capitati qui saltando la prima parte, vi consiglio caldamente di recuperarla, in modo da non perdervi alcun passaggio: Farmaci dopanti – Introduzione (1/2).
L’assunzione di farmaci dopanti è consentita in particolari casi patologici, a fini curativi. Ovviamente è obbligatoria l’autorizzazione e supervisione medica. Fino a poco tempo fa ad esmpio, la cura sostitutiva del testosterone per i soggetti con problemi ormonali (TRT) era utilizzata e tollerata anche per gli sportivi. Tuttavia, da qualche tempo è stata vietata dalla commissione atletica del Nevada e successivamente anche dalle altre commissioni atletiche. Questo ha portato a dei cali fisici non indifferenti da parte di alcuni atleti.
La lista ufficiale delle sostanze considerate dopanti, e quindi vietate, è redatta dalla WADA (World Anti-Doping Agency), durante l’anno i suoi membri si riuniscono per tre volte, discutendo su nuovi studi e valutando quali sostanze potrebbero essere aggiunte o rivalutate. Ogni eventuale modifica a questa lista entra ufficialmente in vigore a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo.
Sempre la WADA è responsabile del codice anti-doping, in vigore dal 1° gennaio 2004. Quest’ultimo si pone l’obiettivo di armonizzare e regolamentare la battaglia al doping a livello internazionale.
Sostanze proibite sempre e proibite unicamente vicino alle gare
La lista della WADA si divide in tre grosse categorie: una riguardante le sostanze proibite sempre, indipendentemente da quando vengono assunte, l’altra quelle vietate solo nei pressi di una o più competizioni e l’ultima quelle proibite solo in particolari sport.
Sostanze proibite sempre: appartengono a questa categoria tutte quelle sostanze in grado di apportare modifiche alla composizione corporea interagendo con i tessuti, di migliorare il trasporto di ossigeno (EPO) e di agire sul sistema endocrino. Inoltre, sono inclusi in questo raggruppamento i famosi “agenti mascheranti”, cioè sostanze in grado di celare, nascondere, la presenza di altre più importanti, come i cannabinoidi tipo la marijuana. Quest’ultima, benché non apporti reali benefici alla performance, è vietata dalla WADA perché molto invasiva a livello di analisi, può infatti coprire diverse sostanze dopanti.
Sostanze vietate solo nei pressi di una competizione: fanno parte di questo gruppo tutte quelle sostanze che non apportano benefici sul lungo periodo ma solamente in acuto. Sono incluse anche le droghe a scopo “ricreativo”, non invasive a livello di analisi e quindi non in grado di mascherare altre sostanze. Queste ultime saranno punibili a livello penale ma non dalla WADA, non porteranno quindi a delle sanzioni sportive.
Sostanze proibite in sport particolari: ne sono un esempio gli alcolici per le gare automobilistiche od i betabloccanti per il golf.
Di seguito, le categorie appartenenti alla lista completa della WADA
S.1 Agenti anabolizzanti (AAS e SAA)
S2. Ormoni peptidici, fattori di crescita e sostanze correlate
S3. Beta-2 agonisti
S4. Antagonisti e modulatori ormonali
S5. Diuretici ed altri agenti mascheranti
M1. Metodi atti a potenziare il trasporto di ossigeno
M2. Manipolazione chimica e fisica
M3. Doping genetico
S6. Stimolanti
S7. Narcotici
S8. Cannabinoidi
S9. Glucocorticosteroidi
Alcune sostanze sono considerate doping in base alla quantità. Ad esempio, l’efedrina e la metilefedrina sono proibite solo quando la loro concentrazione nelle urine è superiore ai 10 microgrammi per millilitro. Invece, altre sostanze ancora come la caffeina o la sinefrina sono considerate sotto osservazione, incluse in un programma di monitoraggio del 2011, quindi tollerate.
Non fraintendete, la somministrazione di testosterone o di sostanze che ne provochino l’aumento, a meno che non si tratti di terapie curative, è assolutamente vietata. Tuttavia, c’è un parametro per valutare se un atleta, almeno sulla carta, è dopato o no, si tratta del rapporto fra testosterone ed epitestosterone (T/E ratio). L’epitestosterone è uno steroide antiandrogeno endogeno, epimero del testosterone.
In una persona normale il rapporto fra questi due dovrebbe essere all’incirca di 1:1. Per il Comitato Olimpico Internazionale è tollerato un rapporto fino a 4:1 e per la Commissione Atletica del Nevada, la più importante fra le commissioni atletiche, addirittura di 6:1, oltre queste soglie gli atleti sono considerati dopati a causa dei livelli di testosterone troppo elevati.
Nell’immagine qui sopra, potete osservare la rappresentazione della concentrazione di testosterone in due diversi campioni (A e B) rilevata tramite la gascromatografia-spettrometria di massa delle urine, gc/ms. Il campione A (grafico a sinistra) è negativo, visto il quoziente T/E di 1,65 a 1. Il campione B invece, è positivo (quoziente di 14,5:1).
Curiosità: sondaggio e doping italico
Quello che segue è il risultato di un sondaggio anonimo effettuato su 198 atleti olimpici statunitensi fra il 1995 e 1997. Ci mostra come arrivati a certi livelli gli atleti siano disposti a far di tutto pur di vincere, una buona fetta di loro anche passare a miglior vita…
Quello sotto invece, è un grafico a torta rappresentante il numero di atleti trovati positivi ai test anti-doping effettuati nel 2014 (report della WADA). A grande sorpresa potete osservare l’italia al secondo posto, poco dietro alla russia (nazione che tral’altro ha molti più atleti rispetto alla nostra penisola). Ma quindi gli italiani sono (quasi) i più dopati al Mondo? No, onestamente non credo. Forse potremmo essere nella Top 10-15 ma neanche sul podio. Senza voler scatenare guerre fra Paesi, voglio semplicemente sottolineare come oltre al doparsi conti anche il saper ciclicizzare ed eludere i controlli. In questo noi italiani siamo fra i peggiori.
Pochi soldi → farmaci di scarsa qualità → autosomministrazione senza la supervisione di personale qualificato → fallimento dei test.
N.B: anche queste ultime righe sono puramente a scopo informativo, in questa serie di articoli che ho intenzione di scrivere riguardo al doping, per ovvi motivi, non parleró di strategie per aggirare eventuali controlli anti-doping.
Non basta allenarsi tanto, bisogna anche farlo nel modo giusto. A seconda dello sport da combattimento praticato avranno la priorità alcuni determinati esercizi piuttosto che altri. Benchè alcune discipline abbiano dei tratti in comune (tecniche, sistemi energetici coinvolti, ecc.), la preparazione atletica di un pugile non sarà identica a quella di un lottatore di MMA, un judoka, kickboxer e così via.