Tag: Preparazione atletica

  • Kettlebell Marathon: cos’è e come si allena

    Kettlebell Marathon: cos’è e come si allena

    Questa particolare ed estrema branca del Ghiri Sport altro non è che la specialità “di fondo” riguardante appunto le gare di sollevamento delle Ghirie o Kettlebell.

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    Un po’ di teoria

    Come già affrontato in precedenti articoli da me prodotti, l’uso del kettlebell è estremamente  (altro…)

  • Kettlebell Training: utile per dimagrire?

    Kettlebell Training: utile per dimagrire?

    In questo secondo articolo parleremo di KB-Training for “weight-loss“.

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    Come ben si sa, lo scopo principale dell’utente medio che si appresta ad iscriversi in palestra è quello di perder peso. Colloquio conoscitivo, pagamento della retta, colloquio con l’istruttore di sala, ed ecco il solito schema di allenamento 3 volte a settimana “Lun: Petto e braccia ; Merc: Dorso e Addome; Ven: Gambe e spalle; Sab: Cardio a digiuno”. Senza voler screditare nessuno di quelli che usa questo approccio, il risultato sarà che il cliente si annoia a fare esercizi “privi di emozione” (chiunque entra per la prima volta il palestra fa la panca solo col bilanciere vuoto e altra roba simile, sudando più nel riscaldamento sul tapis che durante l’esecuzione della routine vera e propria), non vede i risultati sperati nei tempi sperati (se ragionevoli) e dunque tenderà via via ad allontanarsi dalla palestra passando prima da mille corsi collettivi di poca utilità reale se non quella sociale.

    Dopo questa soporifera premessa finalmente arriviamo al sodo : cosa fare dunque? Come possono i KB evitare ciò, facendo sopraggiungere i risultati in tempi più ristretti? Fermo restando che quando si parla di dimagrire l’80% lo fa la dieta, noi con la giusta attività possiamo aiutare questo processo. Le ghirye se usate a dovere quindi con esercizi e modalità per cui sono nate, coinvolgono una moltitudine di capacità fisiche: Produzione energetica; Forza (non in senso stretto) e resistenza ad essa; Coordinazione+propriocezione+controllo posturale.

    Bene, potrete dire “ma io queste cose posso allenarle anche senza kettlebell”. GIUSTO, MA DIFFICILMENTE NELLA STESSA SESSIONE.

    Il primo fattore a favore delle ghirye è che si adattano al movimento di qualunque parte del corpo: puoi alzarla, sollevarla, lanciarla, farla girare… insomma può compiere sola o “insieme al tuo corpo” qualunque movimento. Questo implica una grossa componente di multiplanarietà nel training e quindi una forte stimolazione nervosa (coordinazione+propriocezione+controllo posturale).

    Il secondo vantaggio è invece il coinvolgimento di catene cinetiche, core, sistemi energetici e sollecitazione della mobilità delle principali articolazioni. In soldoni: dispendio calorico alto, potenziamento muscolare funzionale ed esteso e miglioramento condizione articolare.

    Ma tutto questo come? Anche semplicemente facendo oscillare un KB per diverso tempo. Tutto parte dall’oscillazione dell’attrezzo, dallo SWING. Questo esercizio che si va poi a legare al 90% di tutte le skills dei movimenti da eseguire col Kettlebell, è il pilastro di tutto ciò che abbiamo elencato in questo articolo.

    Questo è un argomento molto vasto, da trattare con tecnici specializzati che vi seguano passo dopo passo nella spiegazione tecnica e nella programmazione dei vostri allenamenti. Voglio comunque invitarvi ad iniziare allenarvi in stile KB training:

    5 Round For time:
    - 10 push up
    - 20 swing (altezza ombelico)
    - 10 sit up
    - 20 swing (altezza petto)
    - 10 Lunges per gamba
    - 20 swing (altezza poco superiore alla fronte)
    1' di recupero

    Questo è solo un piccolo esempio, di come può incontrarsi l’applicazione del kettlebell ad alcuni esercizi a corpo libero e dare vita ad una dinamica sessione accostabile ad una miriade di scopi fra cui quello dimagrante, grazie appunto all’elevato dispendio calorico causato dai movimenti con questa “palla di cannone” dotata di maniglie.

     

    Grazie per l’attenzione.


    OC 1
    Bibliografia

    Civalleri M. – Kettlebell’s heavyrobics (Olympian’s News, 2012)

  • Progressione per i piegamenti su un braccio e le trazioni

    Progressione per i piegamenti su un braccio e le trazioni

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    Volete approcciarvi agli esercizi base del corpo libero ma non siete abbastanza forti? Questo allora potrebbe essere l’articolo che fa per voi!

    Quando diventerete sufficientemente forti nella  (altro…)

  • MMA: l’allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson

    MMA: l’allenamento in vista di un match secondo Greg Jackson

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    Per chi é del settore, Greg Jackson non ha bisogno di presentazioni, tuttavia ci tengo ugualmente a spendere due parole su di lui, nel caso qualcuno non lo conoscesse. G. J. é un coach di arti marziali miste, specializzato nella lotta libera, che allena (altro…)

  • Squat vs Leg Press: qual è il migliore per la preparazione atletica?

    Squat vs Leg Press: qual è il migliore per la preparazione atletica?

    Lo squat e la pressa per le gambe (o leg press) sono due esercizi di spinta degli arti inferiori, entrambi ben noti per essere utilizzati al fine di incrementare la forza, la massa muscolare, di rafforzare legamenti e tendini (scopi riabilitativi), eccetera.

    Anche nello strength and conditioning, o preparazione atletica, entrambi gli esercizi sono parecchio usati. Sia per lavori di forza massimale e resistente (contrazioni muscolari non particolarmente rapide) che per esercitazioni esplosive (tempo di contrazione piuttosto breve). In questo articolo ci soffermeremo proprio sulla preparazione atletica, confrontando questi due grandi esercizi, mettendo sul tavolo un recentissimo studio [1] che ha osservato differenti influenze sui salti, derivanti dall’allenamento dello squat e della leg press.

    Dettagli dello studio

    Gruppi di studio: dopo dei test iniziali atti a stimare i loro carichi massimali (1RM), le cavie sono state inserite in maniera del tutto casuale in tre distinti gruppi. Un gruppo di soggetti che si allenava solo con lo squat (SQ), un gruppo che si allenava solamente con la leg press (LP) e un gruppo che svolgeva un allenamento misto, alternando lo squat alla pressa (SQ-LP).

    Numero partecipanti: 26

    Sesso: tutti maschi

    Età media: 22

    Altezza media: 175,4 cm

    Massa corporea media: 80.7 kg

    Altre caratteristiche dei soggetti: tutti privi di problemi di natura muscoloscheletrica, tutti assolutamente “natural” (nessuno era sotto steroidi o altre sostanze illecite) e nei 6 mesi antecedenti a questo studio nessun partecipante aveva seguito protocolli di allenamento con i sovraccarichi.

    Durata dello studio: 10 settimane

    Programma di allenamento: un semplice ma efficace 6×8-12*,  con un recupero fra le serie di 90-120 secondi. Tutto ciò è stato eseguito per due sedute settimanali

    È bene sottolineare che il volume di allenamento totale di ogni singolo gruppo era praticamente il medesimo.

    *serie x ripetizioni

    Risultati

    Tralasciando le modifiche ottenute sulla composizione corporea che, almeno in questo articolo, non ci interessa trattare, e che dipendono molto anche dal regime alimentare seguito.

    Si sono visti dei concreti miglioramenti nei tempi di contrazione muscolare e nell’altezza raggiunta nel salto verso l’alto (vertical jump) soprattutto nel gruppo che eseguiva lo squat (SQ), seguito poi dal gruppo combinato (SQ-LP) e da quello della pressa (LP).

    Da sinistra a destra: le prime tre colonne riguardano il gruppo che ha allenato solamente lo squat (SQ), quelle centrali il gruppo misto (SQ-LP) e le ultime tre a destra il gruppo della pressa (LP).
    Conclusioni

    Senza voler tirarla troppo per le lunghe, dato che i risultati sono sotto gli occhi di tutti, il maggior transfert ottenuto tramite lo squat è probabilmente collegabile al maggior rom (range di movimento) rispetto alla leg press (più lavoro muscolare) ed al maggior impegno neuromuscolare nello squattare. Inoltre, la quasi totale esclusione dei muscoli stabilizzatori nella leg press, non coinvolti negli esercizi guidati alle macchine, rende l’esercizio probabilmente troppo dissimile dai salti verticali, diminuendone il transfert effettivo. Ciò tuttavia non toglie che anche la pressa porti a dei miglioramenti prestativi sui salti verticali. Ergo, benché uno schema motorio come quello dell’accosciata eseguito a pesi liberi sia preferibile, questo non vieta di utilizzare, in certi casi, la pressa e/o di alternare i due esercizi.

    Grazie per l’attenzione.


    oc
    Bibliografia

    Cravanzola E. – La forza in palestra e nello sport: consigli ed errori da evitare (2016)
    1 Rossi F., Schoenfeld B. et al. – Strength, body composition, and functional outcomes in the squat versus leg press exercise (2016)

  • Acido lattico e lattato: qual è la differenza?

    Acido lattico e lattato: qual è la differenza?

    E’ capitato a qualunque sportivo di parlare o sentir parlare almeno una volta di acido lattico e magari anche di lattato. Spesso confusi, questi due non sono in realtà la stessa cosa e adesso vedremo brevemente il perché.

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    L’acido lattico è un composto chimico che viene prodotto dai muscoli durante la  degradazione anaerobica del glucosio.

    Durante sforzi muscolari di una certa intensità, superata un certa quantità di tempo (mediamente 9-12 secondi), nei muscoli interessati inizia ad accumularsi più acido lattico del dovuto: l’organismo non è più in grado di smaltirlo come dovrebbe.

    Quando l’acido lattico, dal muscolo viene spostato nel torrente ematico, prende il nome di lattato, dato che la sua struttura chimica viene modificata (perde uno ione H+).

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    Dopo sforzi fisici ripetuti, grafico qui sotto, è possibile effettuare dei prelievi di sangue dalla punta delle dita o dalle vene delle braccia per scoprire qual è la soglia del lattato.

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    Relazione tra intensità di esercizio (vel. di corsa) e accumulo di lattato. I campioni di sangue sono stati prelevati dopo che il corridore aveva corso per 5 minuti a ciuscuna delle velocità riportare sull’asse delle ascisse (LT = soglia del lattato).

    Mettendo su grafico i risultati, chiameremo soglia del lattato il punto oltre il quale l’accumulo di lattato ematico schizza alle stelle, superando di gran lunga i livelli tenuti a riposo. La LT, nelle persone sedentarie, corrisponde a circa il 55-60% del VO2max, negli atleti agonisti praticanti sport di resistenza anche 70-80%.

    Fino a un po’ di anni fa la soglia del lattato era, a detta di molti, corrispondente a 4 mmoli/L ma questa cifra, rimessa in discussione negli ultimi anni, in reltà altro non è che una media ottenuta da vecchie indagini effettuate su larga scala. Possono esserci soggetti con una LT di 3 come di 5 o 6 mmoli litro di lattato ematico.

    Quindi ricordate bene, il lattato e l’acido lattico NON sono la stessa cosa!

    Grazie per l’attenzione!


    oc
    Bibliografia

    Willmore H. J., Costill L. D. – Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport (Calzetti Mariucci, 2005)

    Cravanzola E. – Energia e sport (2016)

  • Allenamento del collo per gli sport da contatto: teoria e pratica

    Allenamento del collo per gli sport da contatto: teoria e pratica

    Durante la pratica di sport da contatto come quelli da combattimento, il rugby, hockey o il football, la parte superiore della colonna vertebrale e gli annessi muscoli sono messi sotto grande stress, proprio per questo motivo, un corretto rinforzo muscolare non può essere che un bene per la salute degli atleti. Un rinforzo di muscoli come lo scaleno anteriore, splenio ecc. può aiutare ad esempio i pugili nel resistere maggiormente agli impatti dei pugni subiti.
    I traumi cranici negli sport da contatto non sono  (altro…)

  • La curva di forza-velocità e la sua applicazione nello sport

    La curva di forza-velocità e la sua applicazione nello sport

    Perché in alcuni sport serve allenare molto la forza e in altri meno? Qual è l’influenza della forza sulla velocità? Per lo sport “x” devo allenare più una capacità o l’altra?

    In questo articolo, partendo dalla famosa curva di Hill, cercheremo di arrivare alla risposta più logica a queste domande.

    Una forza si manifesta come un’interazione fra almeno due corpi che altera il loro stato di moto, cioè la loro velocità. La forza muscolare

    (altro…)

  • Sonno, ritmi circadiani e attività fisica

    Sonno, ritmi circadiani e attività fisica

    Dormire, l’attività preferita di quasi tutti gli esseri viventi, fornisce miglioramenti per quanto riguarda gli sport di prestazione?

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    Dormire 1-2 ore in più o in meno può avere influenze significative sullo svolgimento di determinati esercizi o su di una gara di un qualche sport? E i ritmi circadiani sono utili a qualcosa? Questo articolo cerca di rispondere a queste domande!

    Il sonno è un processo fisiologico al quale noi dedichiamo circa 1/3 della nostra vita. Esso risulta indispensabile per l’economia biologica e mentale e per le stesse funzioni vitali. In termini sportivi, è utile soprattutto per garantire un corretto recupero del sistema nervoso, il quale ha tempistiche diverse rispetto a quello muscolare.

    Riguardo soprattutto a quest’ultimo punto, che poi è quello che più ci interessa, uno studio di qualche anno fa [1] ha dimostrato come un sonno lungo e regolare possa apportare degli incrementi prestazionali. I soggetti presi in esame erano dei giocatori di basket del college, sui quali era stato riscontrato un leggero miglioramento della velocità, una maggior precisione sui tiri a canestro, un maggior vigore ed una minor percezione della fatica (questo con un’estensione del sonno fino a 10 ore). Ciò ovviamente può essere applicato a qualunque atleta di un qualsiasi sport, o anche a semplici sedentari che svolgono lavori stressanti.

    Cosa rappresentano invece i famosi ritmi circadiani? In cronobiologia e in cronopsicologia, un ritmo circadiano è un ritmo caratterizzato da un periodo di circa 24 ore. […] I ritmi circadiani dipendono da un sistema circadiano endogeno, una sorta di complesso “orologio interno” all’organismo che si mantiene sincronizzato con il ciclo naturale del giorno e della notte mediante stimoli naturali come la luce solare e la temperatura ambientale, e anche stimoli di natura sociale (per esempio il pranzo in famiglia sempre alla stessa ora). In assenza di questi stimoli sincronizzatori (per esempio in esperimenti condotti dentro grotte o in appartamenti costruiti apposta) i ritmi continuano ad essere presenti, ma il loro periodo può assestarsi su valori diversi… [2].

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    Ritmi circadiani teorici

    In base alle ore di luce ed alle stagioni i nostri livelli ormonali non sono sempre stabili.

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    Variazioni giornaliere dei livelli di testosterone negli uomini con una vita “regolare” a seconda dell’età [3]

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    Grafici rappresentati ulteriori variazioni ormonali in uomini e donne. Da notare il picco notturno del GH e quello mattutino di testosterone e cortisolo (immagine presa da qui)

    “L’assenza della luce stimola la ghiandola pineale a secernere la melatonina, quest’ultima è una sostanza che agisce sull’ipotalamo ed ha la funzione di regolare il ciclo sonno-veglia. Senza luce o stimoli esterni che ci indichino il passare del tempo, il nostro orologio biologico verrebbe settato sulle 36h e non più sulle 24h. […] Per esempio perché abbiamo il picco del GH alle 2.00 di notte? Perché ormai abbiamo smesso di cenare da un po’, il corpo è entrato nel digiuno notturno ed ha bisogno di stabilizzare la glicemia. Il GH stimola il metabolismo lipidico per risparmiare gli zuccheri nel sangue e limitare la gluconeogenesi. […] Insomma i ritmi circadiani esistono semplicemente perché sono utili, sono stati tarati dall’evoluzione umana esattamente per servire ai nostri bisogni fisiologici” [4].

    I ritmi circadiani si adattano al nostro stile di vita, alle nostre abitudini, non viceversa. Chi sta sveglio in pena notte i vari picchi ormonali li avrà ugualmente ma in orari molto diversi da chi ha orari più “tradizionali”.

    Per quanto concerne l’attività fisica, il punto quindi è capire quanto questi contino e decidere se può essere utile modificare gli orari dei propri allenamenti in base ad essi o meno. Per sport di prestazione è scientificamente provato che con un certo stile di vita, sfruttando i ritmi circadiani si possono ottenere dei discreti miglioramenti sulla performance [5,6,7,8]. Tuttavia, ciò non vale indistintamente per tutti gli atleti, anche se di alto livello, alcuni di essi infatti, anche con analoghi orari di allenamento e sonno, in determinate fasce orarie si sentono più o meno energici (diversi cronotipi). Tutto questo per variazioni fisiologiche difficilmente controllabili, inclusa la temperatura corporea [9,10,11,12].

    Considerazioni finali

    Teniamo a mente una cosa: possono allenarsi in base ai ritmi circadiani soprattutto gli atleti d’élite, gente che con lo sport ci vive e può allenarsi indistintamente 2-3 volte al giorno agli orari che preferisce, non dovendo far lavori tradizionali. Non vorrei lasciarvi con un “consiglio della nonna” ma ciò che è più sensato fare non è altro che provare ad allenarsi in fasce orarie differenti e vedere in quali di queste ci si trova a proprio agio ed in quali meno. Anche con una vita regolare (8 h di sonno regolari ed una routine quotidiana non particolarmente caotica), ogni persona ha dei ritmi circadiani simili ma non necessariamente identici! Traete voi le vostre conclusioni.

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    Le ore di sonno abbondati ed i ritmi circadiani favorevoli consentiranno a Dana White di risvegliarsi talmente carico da picchiare Iron Mike Tyson?

    Grazie per l’attenzione.


    oc
    Bibliografia

    Migliaccio et al. – Finali notturne alle Olimpiadi: possibili influenze dei ritmi circadiani sulla perfomance? Studio pilota per Rio 2016. Da Strength & Conditioning Anno V, n.16 aprile-giugno (2016)
    Watson N. F. et al. – Transcriptional Signatures of Sleep Duration Discordance in Monozygotic Twins (2017)
    1 Cheri et al. – The Effects of Sleep Extension on the Athletic Performance of Collegiate Basketball Players (2011)
    2 Ritmo circadiano – Wikipedia
    3 Bremner WJ et al. – Loss of circadian rhythmicity in blood testosterone levels with aging in normal men (1983)
    4 Biasci B. – Ritmi circadiani: comprenderli per non esserne schiavi (2016)
    5 Thun E. at al. – Sleep, circadian rhythms, and athletic performance (2015)
    6 Update, Review: Time of Day Effect on Athletic Performance (1999)
    7 Samuels C. – Sleep, recovery, and performance: the new frontier in high-performance athletics (2008)
    8 Silva A. et al. – Sleep quality evaluation, chronotype, sleepiness and anxiety of Paralympic Brazilian athletes: Beijing 2008 Paralympic Games (2010)
    9 Machado FS. et al. – The time of day differently influences fatigue and locomotor activity: is body temperature a key factor? (2015)
    10 Rae DE. et al. – Factors to consider when assessing diurnal variation in sports performance: the influence of chronotype and habitual training time-of-day (2015)
    11 Horne JA. et al. – A self-assessment questionnaire to determine morningness-eveningness in human circadian rhythms (1976)
    12 Roepke S.E. et al. – Differential impact of chronotype on weekday and weekend sleep timing and duration (2010)

  • La preparazione atletica nella boxe: esempio pratico

    La preparazione atletica nella boxe: esempio pratico

    Nel seguente articolo, Dario Morello, pugile professionista, nonché Strength and Conditioning coach, ci illustra una sua routine di allenamento. Buona lettura!

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    Per anni negli SDC ma in particolare nel mondo della boxe “old school”, i tecnici della disciplina hanno sempre screditato l’uso di esercizi con sovraccarico in quanto, a loro avviso, causa perdita di velocità di esecuzione specifica (colpi\azioni di gara).
    Dopo un’incerta fase intermedia in cui spesso il pugile si  (altro…)