Tag: ossa

  • Gomito: anatomia e biomeccanica di base

    Gomito: anatomia e biomeccanica di base

    Altro appuntamento con i nostri articoli inerenti le articolazioni umane. Quanto segue può interessare chiunque pratichi sport, o lavori, che coinvolgono molto gli arti superiori. Buona lettura!

    Cenni anatomici

    Il gomito è un’enartrosi, quindi una articolazione che gode di un’ottima mobilità, composta da innumerevoli ossa. La foto riportata qui sotto può dare una mano a farsi un’idea della sua complessità.

    Il gomito è composto dall’unione di tre differenti articolazioni: omero-ulnare, omero-radiale e radio-ulnare. Volendo sintetizzare il tutto:

    • omero-ulnare = estremità distale dell’omero + estremità prossimale dell’ulna;
    • omero-radiale = estremità distale dell’omero + estremità prossimale del radio;
    • radio-ulnare = estremità prossimale del radio + estremità prossimale dell’ulna.

    Sulla porzione medio-distale dell’omero (la parte centrale e “bassa” vicino al gomito) vi sono i punti di inserzione prossimale del muscolo brachiale e del capo mediale del tricipite brachiale. Al “fondo” dell’omero, medialmente, abbiamo la troclea e l’epicondilo mediale, e lateralmente un capitello omerale e l’epicondilo laterale (l’epicondilo mediale dell’omero è detto anche epitroclea). Dalla troclea si diramano poi due piccole sporgenze: il labbro mediale ed il labbro laterale (figura sotto).

    Il già citato epicondilo mediale – che sporge medialmente dalla troclea – fa da punto d’inserzione prossimale per il legamento collaterale ulnare del gomito e per molti dei muscoli pronatori dell’avambraccio e flessori del polso. L’epicondilo laterale invece, funge da punto d’inserzione prossimale per il legamento collaterale mediale del gomito e per la maggior parte dei muscoli supinatori dell’avambraccio ed estensori del polso.

    Sotto, un’illustrazione del gomito destro visto anteriormente (sinistra) e posteriormente (destra).

    Riguardo l’ulna, bisogna sapere che è dotata dell’oleocrano, ossia una estremità arrotondata che conferisce al gomito la sua visibile “punta”. Inoltre, la superficie ruvida posteriore dell’oleocrano accoglie l’inserzione del tricipite brachiale. Sempre lì in loco vi è la cresta del supinatore, la quale delinea il punto di inserzione del legamento collaterale radiale e del muscolo supinatore. Come non citare anche la tuberosi dell’ulna, la quale accoglie l’inserzione del muscolo brachiale (da non confondere con il bicipite brachiale).

    Visione anteriore del radio ed ulna (braccio destro)
    Visione posteriore del radio ed ulna (braccio destro)

    Passando infine al radio, questo rappresenta una parte relativamente piccola del gomito ma una grossa parte dell’articolazione del polso. L’estremità prossimale del radio, poco sotto la testa dello stesso – vicino al gomito -, presenta il collo del radio e la tuberosità radiale. In corrispondenza di quest’ultima, detta anche tuberosità bicipitale, si inserisce sull’osso il bicipite brachiale.

    Visione laterale dell’epifisi prossimale dell’ulna (braccio destro)

    Seppur in maniera diversa, sia l’articolazione omero-ulnare che omero-radiale stabilizzano e mettono in sicurezza l’articolazione del gomito. La prima dà stabilità attraverso lo stretto contatto tra la troclea e l’incisura trocleare, mentre la seconda stabilizza grazie al supporto della testa del radio contro il capitello omerale, insieme alle sue connessioni capsulo-legamentose.

    Cenni biomeccanici

    Il gomito ha funzione di pronazione-supinazione e di flesso-estensione, quest’ultima si ha interagendo con articolazioni minori come quella omero-ulnare e omero-radiale. Alcuni testi osservando il rapporto del gomito col braccio e l’avambraccio, definiscono il primo un compasso. Per farci un’idea della pronazione e supinazione basti pensare all’intra e all’extra-rotazione dell’avambraccio. Questo semplice movimento è molto caro agli sportivi che lo eseguono ogni volta in cui devono eseguire curl per i bicipiti o decidere quale presa utilizzare per le trazioni alla sbarra, lo stacco da terra, e così via. Potremmo tradurre il movimento come un: da in piedi e rilassato “giro” il palmo della mano verso avanti (supinazione) e poi, il contrario, verso dietro (pronazione).

    Il movimento di flessione del gomito consiste nell’avvicinamento dell’avambraccio al braccio propriamente detto (quest’ultimo è la porzione di arto compresa fra il gomito e la spalla). Ne è un lampante esempio il curl per bicipiti, esercizio dove il braccio si flette, quasi a fare arrivare la mano alla spalla. Allo stesso modo, potremmo parlare di estensione citando il push down ai cavi; nell’estensione del gomito l’avambraccio si allontana dal braccio. I muscoli che fanno da motori della flessione sono il brachiale anteriore, brachioradiale e bicipite brachiale. Riguardo all’estensione, sono invece il tricipite brachiale e l’anconeo.

    Sopra, la fisiologica flessione (avambraccio che va verso l’alto) ed estensione (avambraccio che va verso il basso) del gomito. Solitamente, quando questa articolazione è in salute, il range di movimento consentito parte da una leggera iperestensione (-5°) per arrivare fino a 145° di flessione. In rosa è evidenziato l’arco funzionale di movimento di 100 gradi totali (da 30° a 130°).

    Per ulteriori approfondimenti, vi rimandiamo ai libri consigliati a fondo pagina.

    Grazie per l’attenzione.

    Bibliografia

    A. I. Kapandji – Anatomia funzionale (Monduzzi, 2020)
    S. B. Brotzman e R. C. Manske – La riabilitazione in ortopedia (Edra Masson, 2014)
    Neumann A. D. – Chinesiologia del sistema muscolo scheletrico. Fondamenti per la riabilitazione (Piccin-Nuova Libraria, 2019)
    Evangelista P. – DCSS. Power mechanics for power lifters (Sandro Ciccarelli Editore, ediz. 2015)
    D. Carli, S. Di Giacomo, G. Porcellini – Preparazione atletica e riabilitazione. Fondamenti del movimento umano. Scienza e traumatologia dello sport, principi di trattamento riabilitativo (Edizioni Medico-Scientifiche, 2013)

  • Gli infortuni nel pugilato e nelle MMA

    Gli infortuni nel pugilato e nelle MMA

    Quanto è probabile infortunarsi negli sport da combattimento professionistici? Sono più pericolose le arti marziali miste o la boxe? Statisticamente quali sono gli infortuni più probabili?

    Discutiamone!

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    Cos’è un infortunio?

    Un infortunio, in senso medico-sportivo, è un evento che si verifica quando l’atleta è impegnato nell’attività sportiva e subisce un qualsiasi danno alla propria struttura corporea. Per essere un vero e proprio infortunio, questo danno dev’essere tale da influire, negativamente, sulla frequenza o intensità di allenamento (o di partecipazione all’attività sportiva). (altro…)

  • Genetica e predisposizione agli infortuni

    Genetica e predisposizione agli infortuni

    Oltre alla miriade di cose in cui interviene la genetica, nel bene e nel male, essa è in grado di influenzare anche la struttura legamentosa e tendinea del corpo, aumentando o diminuendo così la predisposizione agli infortuni.

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    Cenni di fisiologia articolare

    Prima di passare a piatto caldo, è necessario partire dalle basi. Le ossa dello scheletro (lunghe, corte, irregolari, piatte) si uniscono tra di loro attraverso articolazioni, o per continuità o per contiguità.

    Le articolazioni continue prendono il nome di sinartrosi dove la continuità è caratterizzata dalla interposizione di un tessuto cartilagineo fibroso (sono la maggioranza delle articolazioni). Quelle per contiguità invece, prendono il nome di diartrosi, o giunture sinoviali, e sono formate da due capi articolari, una capsula articolare ed una cavità articolare. I capi articolari sono rivestiti da uno strato di cartilagine (più frequentemente ialina che fibrosa), di spessore variabile da 0,2 a 0,5 mm, che conferisce quella caratteristica d superficie liscia. La capsula articolare, lassa oppure tesa, è strutturata all’interno con due strati di membrana sinoviale e all’esterno con una membrana fibrosa. Nella membrana sinoviale prendono posto anche strutture nervose e vasi sanguigni. La cavità articolare infine, è uno spazio a forma di fessura contenente il liquido sinoviale che, oltre ad avere la capacità di lubrificare l’articolazione, nutre la cartilagine articolare.

    Le articolazioni si compongono inoltre di: legamenti (di rinforzo, conduzione ed arresto), borse e guaine articolari, dischi e menischi articolari, labbra articolari.

    Le articolazioni sono soggette ad usura a causa della degenerazione cartilaginea che si verifica per una non appropriata non capillarizzazione che, nel tempo, favorisce la perdita di plasticità propria della cartilagini, producendo patologie artrosiche degenerative.

    Ulteriori approfondimenti:
    - Il tessuto osseo
    - Articolazioni: le basi da conoscere
    - L'abc della genetica
    - Traumatologia e sport (1/3): infortuni, tessuti, entità delle lesioni e statistiche
    Cosa c’entra la genetica?

    Come sottolineato da Collins M. e Raeligh S., gli sforzi eccessivi che portano a lesioni dei tessuti molli del sistema muscolo-scheletrico, derivanti da lavori usuranti o attività fisica, sono influenzate dalla genetica individuale. In special modo quelle al tendine d’Achille (caviglia), alla cuffia dei rotatori (spalla) ed ai legamenti crociati (ginocchia). Le varianti di sequenza all’interno dei geni che codificano le diverse proteine ​​di matrice extracellulare dei tendini e/o dei legamenti sono state associate a specifici infortuni di specifiche zone dei tessuti. Per esempio le varianti della sequenza del gene della Tenascina-C (TNC), COL5A1 ed Metalloproteinasi di matrice 3 (MMP3) sono state collegate alle tendinopatie del tendine d’Achille. Entrando un po’ più nel dettaglio, le varianti della sequenza del gene della Tenascina-C sono state associate sia alle tendinopatie che alle rotture del tendine d’Achille. mentre le varianti del COL5A1 e COL1A1, geni che forniscono le istruzioni genetiche per realizzare le componenti del collagene di tipo I e V, sono state correlate ad infortuni al legamento crociato posteriore.

    Tuttavia, gli stessi ricercatori specificano che è difficile capire in che misura questi fattori genetici possano influenzare gli infortuni, aggiungendo che in futuro potranno essere fatti dei programmi riabilitativi personalizzati proprio sulla base di queste informazioni legate ai geni [1].

    Una meta-analisi del 2015, quindi alto impatto statistico, ha raccolto i dati provenienti da studi pubblicati in letteratura scientifica fra il 1984 ed il 2014 (trent’anni precisi). I ricercatori – Longo U. G. et al. – hanno confermato tutto ciò che avevano dedotto Collins e Raeligh nel 2009, aggiungendo che, oltre alla genetica, contano ovviamente diversi altri fattori, in primis lo stile di vita [2].

    Più di un decennio fa, September A. V. e coll. in una review avevano parlato del ruolo della genetica negli infortuni. Dicendo però che mentre per le problematiche al crociato posteriore e al tendine d’Achille vi sono delle sequenze genomiche “incriminate”, per il crociato anteriore e la cuffia dei rotatori no. Per queste ultime due sono necessari più studi e più dati [3,4].

    Conclusioni

    Come già accennato, molte cose devono ancora essere scoperte, al giorno d’oggi sappiamo che la salute di alcuni tendini e legamenti è fortemente influenzata dalla genetica, quindi dai caratteri ereditari non modificabili. Sta alla scienza scoprire quali altri lo sono e come può essere individualizzato un programma di allenamento e di riabilitazione, in modo minimizzare il rischio infortuni e recuperare l’efficienza articolare al meglio possibile.

    Ma accantonando un attimo tutte queste nozioni teoriche, essere attivi fisicamente è il miglior modo per preservare una buona salute articolare, in modo da prevenire l’osteoporosi ed evitare posture errate. Per quanto riguarda invece gli sportivi, un buon riscaldamento e una corretta esecuzione tecnica degli esercizi (con i sovraccarichi ed a corpo libero) rimangono le cose migliori da fare per evitare infortuni, le uniche, visto che di integratori con una reale efficacia non ce ne sono (la glucosamina non fa eccezione).

    Grazie per l’attenzione.


    oc
    Bibliografia

    Weineck J. – Biologia dello sport (Calzetti Mariucci, 2013)
    Pruna R. et al. – Influence of Genetics on Sports Injuries (2017)
    September A. V. et al. – Application of genomics in the prevention, treatment and management of Achilles tendinopathy and anterior cruciate ligament ruptures (2012)
    1 Collins M. et al. – Genetic risk factors for musculoskeletal soft tissue injuries (2009)
    2 Longo U. G. et al. – Unravelling the genetic susceptibility to develop ligament and tendon injuries (2015)
    3 September A. V. et al. – Tendon and ligament injuries: the genetic component (2007)
    4 Orth T. et al. – Current concepts on the genetic factors in rotator cuff pathology and future implication for sports physical therapists (2017)

  • Prevenzione osteoporosi: attività fisica, alimentazione e bufale

    Prevenzione osteoporosi: attività fisica, alimentazione e bufale

    Osteoporosi, problematica che riguarda milioni di persone. Vediamo più nel dettaglio di cosa si tratta e come allenamento e dieta possono influire, positivamente o negativamente, su di essa.

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    Che cos’è l’osteoporosi?

    L’osteoporosi è una condizione che porta lo scheletro umano ad essere meno efficiente a causa di una perdita di massa ossea, che porta ad una scarsa

    (altro…)
  • Articolazioni: le basi da conoscere

    Articolazioni: le basi da conoscere

    Tutte le ossa dello scheletro si uniscono tra di loro attraverso articolazioni, o per continuità o per contiguità.

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    Le articolazioni continue prendono il nome di sinartrosi dove la continuità è caratterizzata dalla interposizione di un tessuto cartilagineo fibroso (sono la maggioranza delle articolazioni). Quelle per contiguità invece (altro…)

  • I movimenti dell’omero (video)

    I movimenti dell’omero (video)

    Per evitare che vada perso, consiglio caldamente a tutti di visionare questo interessantissimo video creato da Domenico Aversano (Skeptical Dragoon) che mostra con semplicità, attraverso degli esempi pratici, tutti i movimenti dell’omero sui vari piani di movimento. Buona visione!

    Per approfondimenti sui piani di movimento, ritmo scapolo-omerale ed ossa vi rimandiamo ai soliti articoli:

    Grazie per l’attenzione.

  • Il tessuto osseo

    Il tessuto osseo

    Il tessuto osseo è da considerarsi un tessuto assolutamente vivo. Infatti, all’interno dello stesso avvengono, oltre ai normali processi di crescita, tutta una serie di altri processi tipici della materia vivente, assunzione di materiale come fonte di nutrimento e rimozione dei prodotti di rifiuto.

    Radius and Ulna Bones

    Il tessuto osseo è costituito prevalentemente da cellule ossee chiamate osteociti, da fibre di collagene, sostanze cementate e sali minerali. I sali più importanti sono: il fosfato di calcio, il carbonato di calcio ed il fosfato di magnesio. Un osso privo o con contenuti insufficienti di questi elementi renderebbe vulnerabile lo stesso (es. rachitismo). Il processo di calcificazione delle ossa, la loro crescita e il loro rinnovamento, avvengono attraverso l’incessante opera degli osteoblasti, particolari cellule in grado di produrre matrice ossea e di depositarla.

    collagene

    La matrice ossea prodotta dagli osteoblasti presenta dei filamenti lunghi, composti da fibre sottili impregnate di collagene, dove si vanno a depositare i sali di calcio provenienti dal sangue. Dopo questa fase, detta calcificazione, le cellule ritirano parte dei loro prolungamenti e si trasformano in vere e proprie cellule ossee, osteociti, il cui compito è quello di verificare che vi sia assoluto bilanciamento negli scambi di sali tra sangue rosso. La calcificazione è dunque un processo costante nel tempo, regolato dall’attività di osteociti e osteoblasti, la cui azione è inversamente proporzionale negli anni (nell’arco di una vita intera si riesce a rinnovare completamente le cellule dell’intera struttura ossea dell’uomo). L’ossificazione (processo tramite cui il tessuto mesenchimale è trasformato in tessuto osseo) puó essere distinta in:

    • ossificazione diretta, attraverso la trasformazione delle cellule mesenchimali in osteoblasti e successivamente in osteociti;
    • ossificazione condrale, per il processo di trasformazione della cartilagine in osso da parte delle cellule dette condroclasti. Questo processo si suddivide a sua volta in ossificazione encondrale (l’ossificazione avviene all’interno della struttura cartilaginea epifasaria) e ossidificazione pericondrale (l’ossificazione ha origine nella struttura pericondrale diafisaria).

    L’impalcatura ossea dell’uomo è costituita, in età adulta, da circa 208 ossa unite fra loro dalle articolazioni. Sulle ossa vi sono le inserzioni dei muscoli e insieme costituiscono l’apparato locomotore. Lo scheletro, oltre a partecipare passivamente al movimento, ha funzioni di protezione di alcuni organi; tali funzioni sono effettuate tramite strutture rinforzati e costituenti le cavità del corpo umano (cavità toracica, cranio ecc.). Dalle ossa, l’organismo preleva parte del calcio necessario per le sue funzioni.

    ossa
    Suddivisione numerica delle ossa

    Le ossa possono essere:

    • ossa lunghe
    • ossa corte
    • ossa irregolari
    • ossa piatte (o pneumatiche).

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    Nelle ossa lunghe, si classificano le due parti terminali con il nome di epifisi mentre la parte centrale viene detta diafisi.

    Epifisi e diafisi sono divise da una struttura cartilaginea chiamata, appunto, cartilagine di coniugazione (o metafisaria). Questo tipo di cartilagine comincia ad esaurirsi tra i 16 ed i 18 anni, a livello dell’omero. L’ultima a sparire e quella del radio tra i 21 e i 25 anni.

    La sezione di un osso puó presentarsi come struttura di tipo omogeneo oppure a trabecole (unità di organizzazione del tessuto osseo spugnoso) intersecanti con delimitazione degli spazi. La struttura trabecolare (o spugnosa) è presente maggiormente nei nuclei centrali delle ossa brevi e in quelle epifisarie delle ossa lunghe ed ha la funzione di razionalizzare i carichi di pressione a cui l’osso è sottoposto. Tutte le ossa a loro volta sono rivestite esternamente da una particolare membrana, detta periostio, alla quale si collegano parecchi sensori nervosi e vasi capillari che nutrono l’osso attraverso i forami nutritivi (canali nutrizi). Le ossa lunghe contenenti midollo osseo presentano, all’interno della loro cavità diafisaria, una membrana di protezione detta endostio.

    Il midollo osseo si divide nel seguente modo:

    • rosso: la cui funzione è quella di produrre globuli rossi, piastrine e globuli bianchi;
    • giallo: derivante da una trasformazione quello rosso, riempie quasi tutte le cavità delle ossa lunghe nell’uomo adulto;
    • gelatinoso: costituito dalla trasformazione dei tessuti adiposi del midollo giallo ed è fortemente rappresentativo negli anziani e nelle persone debilitate.

    Grazie per l’attenzione!



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    Bibliografia

    Weineck J. – Biologia dello sport (2013)

    Bortolin M. – Anatomia (Dispense Universitarie SUISM)

    Urso A. – Le basi dell’allenamento sportivo (2012)

  • Glucosamina:  un integratore controverso

    Glucosamina: un integratore controverso

    Glucosamina, un integratore consigliato da molti “addetti ai lavori”, compreso il mio ortopedico, per ridurre i dolori articolari ed accelerare la ricrescita delle cartilagini. Ma è un composto veramente così utile? Scopriamolo insieme!

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    Cenni di fisiologia e letteratura scientifica

    La glucosamina (C6H13NO5) è un amminosaccaride, nonché uno dei principali precursori della sintesi delle proteine glicosilate e dei lipidi. Viene sintetizzata dal nostro corpo (precursore dei glicosaminoglicani) ed è utilizzata principalmente per salvaguardare, o ripristinare, l’integrità articolare.

    I glicosaminoglicani sono uno dei componenti principali del tessuto cartilagineo, per questo si ritiene che la glucosamina

    (altro…)

  • Allenamento della propriocezione per la prevenzione degli infortuni

    Allenamento della propriocezione per la prevenzione degli infortuni

    volleyball-ankle-guards-airex-padL’allenamento propriocettivo, molto in voga negli ultimi anni, come ormai assodato in letteratura scientifica, è un ottimo mezzo per migliorare la percezione ed il controllo motorio, l’equilibrio e prevenire gli infortuni. In questo articolo ci concentreremo proprio su quest’ultimo punto.

    Da definizione, la propriocezione altro non è che la capacità di percepire e riconoscere i segmenti corporei nello spazio ed il grado di  (altro…)

  • Colonna vertebrale: osteologia e patologie principali

    Colonna vertebrale: osteologia e patologie principali

    La colonna vertebrale è una complessa struttura osteofibrocartilaginosa, molto resistente e fondamentale per il movimento umano. Nelle prossime righe parleremo della sua osteologia e delle principali patologie che la riguardano. Ricordiamo tuttavia, che quella che segue è libera informazione, per delle consulenze bisogna rivolgersi alle opportune figure mediche di competenza.

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    Colonna vertebrale: quello che c’è da sapere

    Questa complessa struttura osteofibrocartilaginosa è molto estesa, va dal capo al coccige. Ha una lunghezza media di 70 cm per gli uomini e di 60 cm per le donne. La colonna vertebrale consta di cinque regioni, le quali hanno un numero variabile di vertebre (ossa che costituiscono appunto la colonna), che in totale è di 33. Le regioni sono le seguenti:

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    • Regione cervicale: consta di sette vertebre (C1,2,3,4,5,6,7), le prime due, più famose, sono l’atlas (C1) e l’axis (C2). La regione cervicale regge la testa e permette al collo una grande escursione articolare.
    • Regione dorsale (o toracica): è formata da dodici vertebre (T1-12), è la regione più ampia di tutta la colonna vertebrale, inoltre, unendosi alle costole forma la cassa toracica. Questo tratto possiede una rigidità elevata per evitare movimenti, specialmente flessioni, troppo bruschi e pericolosi.
    • Regione lombare: composta da cinque vertebre (L1-5), la sua struttura è particolarmente robusta e mobile.
    • Regione sacrale: consiste in un unico osso composto dalla fusione di cinque vertebre.
    • Regione coccigea: osso formato dalla fusione di quattro-cinque vertebre.

    Alcune delle principale funzioni della colonna vertebrale sono le seguenti: supporto e protezione del sistema nervoso centrale e periferico, sostegno strutturale, stabilità e protezione degli organi interni.

    disco_intervertebrale

    Le vertebre sono connesse mediante un disco fibrocartilaginoso, forte ed elastico, il quale fa da ammortizzatore e permette un certo movimento. Questo disco è chiamato disco intervertebrale.

    Prima di passare alle patologie ci sono un alcune piccole cose da far notare riguardo alle innumerevoli “curvature” della colonna vertebrale.

    lordosi

    Se osservata lateralmente, saltano all’occhio le due convessità posteriori, dette cifosi e le due convessità anteriori: le lordosi. Rientrano nel primo gruppo la zona toracica e sacrale, sono invece delle lordosi la zona cervicale e quella lombare. Questa alternanza di curve, fa sì che la colonna vertebrale sia piuttosto mobile e resistente, garantendo l’equilibrio in posizione eretta. Le lordosi permettono gradi di movimento molto maggiori rispetto alle cifosi, specialmente la regione lombare, la quale ha una curvatura un po’ più marcata. Nella figura a sinistra, si può osservare come un curvatura eccessiva (iperlordosi, ipercifosi) anche di una sola regione, alteri inevitabilmente anche gli altri tratti della colonna (linea gialla). Queste curve, oltre ad influenzare postura e movimento, interferiscono nello sviluppo muscolare. Ma questo di questo ne parleremo meglio nelle prossime righe.

    Principali patologie

    Senza tirarla troppo per le lunghe, le principali patologie della colonna vertebrale sono tre: scoliosi, cifosi e lordosi.

    Scoliosi: è una deviazione della colonna vertebrale (laterale e di rotazione) che interessa sia la regione dorsale che quella lombare, anche se spesso è più evidente nella prima. Esistono più tipi di scoliosi, i quali si possono classificare nel seguente modo:

    • Scoliosi congenita, derivante da anomalie vertebrali presenti alla nascita.
    • Scoliosi idiopatica (o dell’adolescenza), non è ancora stata individuata la causa, si sa solo che è spesso ereditaria e che colpisce soprattutto il sesso femminile. A seconda dell’età in cui si manifesta può essere a sua volta sub-classificata nel seguente modo: infantile (dalla nascita fino ai 3 anni di età), giovanile (dai 4 ai 9 anni) e adolescenziale (dai 10 anni fino al termine della maturazione scheletrica) o adulta.
    • Scoliosi neuromuscolare, si sviluppa come sintomo secondario di altre patologie (paralisi cerebrale, atrofia muscolare o traumi fisici).

    spine[1]

    Cifosi: la normale cifosi è la curvatura fisiologica della regione dorsale. Quando però l’angolo della cifosi supera i 45° si parla di ipercifosi (figura sotto).

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    A sinistra la colonna vertebrale di una persona affetta da ipercifosi (angolo di 45°) e, a destra, una colonna con una cifosi fisiologica.

    La cifosi, se accentuata, può suddividersi nella seguente maniera:

    • Cifosi posturale, è la più diffusa ed è attribuita alle posture sbagliate assunte durante la vita quotidiana. Raramente provoca dolore o causa particolari problemi.
    • Cifosi di Scheuermann, la causa è sconosciuta, questa forma di cifosi può causare dolore, specialmente nell’apice della curva. Se non trattata correttamente, con l’attività fisica può anche peggiorare.
    • Cifosi congenita, alla nascita la colonna vertebrale presenta dei problemi strutturali e quindi, mano a mano che il bambino si sviluppa, si forma una cifosi sempre più accentuata.

    Lordosi: è la curvatura fisiologica della colonna vertebrale all’altezza della regione cervicale e lombare. Quando la lordosi tende ad appiattirsi si parla di ipolordosi, al contrario, quando la curvatura aumenta si parla di iperlordosi. Siamo davanti ad una iperlordosi quando l’angolo di curvatura è superiore ai 40-50° (una lordosi normale ha un angolo di 35°). Tra l’altro, chi ha molto a che fare con alcune discipline sportive può arrivare a soffrire proprio di quest’ultima patologia, per esempio i pesisti.

    obesita-dolore-lombare

    Abituarsi ad assumere posture errate e squilibri muscolari possono portare alle due patologie precedentemente citate (ad esempio addome e glutei deboli), specialmente nel genere femminile. Una lordosi cervicale non fisiologica modifica il centro di gravità del cranio e porta ad un sovraccarico muscolare e articolare, tutto ciò causa problemi meccanico-cervicali.

    Nella foto sopra, a sinistra una postura corretta, con delle curve assolutamente fisiologiche e a destra un soggetto affetto da ipercifosi ed iperlordosi.

    Tuttavia, anche una scarsa lordosi può portare a problematiche di vario genere. Ad esempio, una recente revisione sistematica/meta-analisi [1], molto nota in letteratura scientifica, ha messo a confronto tredici studi sui dolori alla bassa schiena e la postura, analizzando quasi 2000 pazienti (796 pazienti con dolori lombari e 927 sani). Per farla breve, i pazienti sani avevano tutti una maggior lordosi e fra quelli patologici, con la schiena più “piatta”, c’era un’elevata percentuale di soggetti affetti da ernie del disco e degenerazioni discali. Per maggiori informazioni potrebbe essere utile la lettura di quest’altro articolo.

    Influenza sullo sviluppo muscolare

    Una colonna vertebrale affetta da patologie, come è facilmente intuibile, può compromettere un buono sviluppo della muscolatura del tronco.

    Per esempio, un soggetto con una cifosi dorsale particolarmente accentuata e spalle anteposte (o chiuse) può avere difficoltà a lavorare con i pettorali e, per i movimenti di spinta, utilizzerà soprattutto i deltoidi. Oppure una persona con una zona lombare piatta (ipolordosi), avrà per forza di cose uno sviluppo dei glutei molto limitato.

    Grazie per l’attenzione.


    oc
    Bibliografia

    Dispense Universidad de Almería (Ciencia de la actividad fisica y del deporte)
    Segina M., Pansini L. – Lordosi lombare e mal di schiena: qual è la verità? (2017)
    1 Chun S. W. et al. – The relationships between low back pain and lumbar lordosis: a systematic review and meta-analysis (2017)