
Volete approcciarvi agli esercizi base del corpo libero ma non siete abbastanza forti? Questo allora potrebbe essere l’articolo che fa per voi!
Quando diventerete sufficientemente forti nella (altro…)


Volete approcciarvi agli esercizi base del corpo libero ma non siete abbastanza forti? Questo allora potrebbe essere l’articolo che fa per voi!
Quando diventerete sufficientemente forti nella (altro…)

Negli ultimi anni, il calisthenics, un po’ come il CrossFit, ha avuto un enorme boom in quanto a popolarità. Vuoi per la presenza di alcune skills di forte impatto visivo, vuoi per la possibilità di allenarsi quasi a costo zero (altro…)


I macronutrienti, insieme alle calorie, rappresentano l’abc dell’alimentazione. In questo articolo verranno approfonditi l’indispensabile (giusto per non essere o rimanere troppo ignoranti), per saperne di più vi rimandiamo a letture più specifiche che potete trovare al fondo di questo articolo, nelle referenze.
I macronutrienti sono molecole biologiche, indispensabili per vivere, le quali apportano energia (calorie). Sono tre: carboidrati, proteine e grassi.
I carboidrati, o glucidi, sono la fonte energetica per eccellenza (soprattutto per le attività intense) e forniscono all’organismo circa 4,1 kcal/g. Vengono stoccati come riserva, sotto forma di glicogeno, nei muscoli e nel fegato. Nei muscoli il quantitativo totale glicogeno muscolare si aggira sui 250-400 grammi e nel fegato sui 100 (glicogeno epatico). Durante l’attività fisica intervengono quasi esclusivamente le scorte muscolari, a digiuno quelle epatiche. La quota basale di glucidi da introdurre, secondo i testi più quotati, varia dai 150 ai 180 g/dì nelle persone sedentarie o comunque poco attive di un peso medio (70 kg).
A differenza delle credenze da palestrati che vedono necessario mangiare ogni 3-4 ore per “mantenere la massa muscolare”, durante il digiuno il fegato rilascia circa 8 g/h di glicogeno, questo va a stimolare l’ormone insulina, antagonista del cortisolo, inibendo il catabolismo muscolare.

Le proteine, o protidi, apportano mediamente* 4,1 kcal/g (come i carboidrati), formano prodotti di scarto (ammoniaca che diventa poi urea) e non possono essere stoccate come riserva nel nostro organismo. La struttura di questo macronutriente è composta da catene di aminoacidi, quest’ultimi in totale sono 20 di cui il nostro corpo ne sintetizza 11, gli altri 9 devono essere obbligatoriamente assunti da fonti esterne (cibo e/o integratori). I protidi in eccesso vengono principalmente ossidati, oppure convertiti in glucosio (se mancano glucidi) e, assai piú raramente, in grassi.

La loro funzione é principalmente plastica (di costruzione), non energetica. Solo un grande eccesso di macronutrienti, in seguito ad un ingorgo metabolico, potrebbe spingere le proteine in eccesso a convertirsi in trigliceridi, per questa ragione le proteine sono il macronutriente che porta piú difficilmente ad ingrassare. Ai sedentari si consiglia di assumerne 0.9 g per ogni kg di peso corporeo, per gli atleti da 1.5 a 2.5 g/kg. Più proteine non necessariamente sono sinonimo di più muscolo, anzi, nella maggior parte dei casi non è così. Enormi introiti proteici in soggetti natural, che quindi non hanno la sintesi proteica accelerata da sostanze dopanti, spesso risultano essere semi-inutili.
Le proteine provenienti da frutta e verdura non hanno quasi mai uno spettro aminoacidico completo (non dispongono di tutti gli aminoacidi essenziali) ma non è il caso di farsi troppe paranoie al riguardo, con una dieta bilanciata, alternando le fonti tutto è ok. “…in un pasto non è necessario avere contemporaneamente tutti i 9 aminoacidi essenziali, nel flusso ematico è facilissimo che siano presenti, soltanto una volta che saranno esauriti anche il sangue il nostro organismo dovrà catabolizzare i propri tessuti per ricavarli” [1]. In parole povere, i vegetariani (o vegani) non devono per forza cercare di assumere tutti gli aminoacidi essenziali (EAA) in un solo pasto, è sufficiente assumerli anche in due pasti separati. Infine, riguardo alla questione reni, gli studi e le meta-analisi più quotati non hanno mai trovato correlazione tra eccessi proteici e danni renali in soggetti sani. Assumere poche proteine per non far lavorare tanto i reni é come respirare lentamente per non affaticare i polmoni (questa tuttavia non vuole essere una scusa valida per giustificare inutili eccessi).

I grassi, o lipidi, sono il macronutriente più calorico in assoluto (9.3 kcal/g), vengono utilizzati soprattutto come riserva energetica, il corpo li stocca negli adipociti (cellule adipose). Sono la fonte energetica primaria per le attività poco intense (stare in piedi, camminare, correre lentamente ecc.).

Come per gli aminoacidi delle proteine, esistono anche degli acidi grassi essenziali (EFA) che il nostro corpo non può autosintetizzare, fra i principali ricordiamo l’acido α-linoleico, linoleico e quello arachidonico. I lipidi alimentari si articolano in “grassi” (solidi e a prevalente composizione in acidi grassi saturi) ed “oli” (liquidi e a prevalente composizione di acidi grassi insaturi). Questi ultimi sono largamente preferibili ai primi perché più facilmente digeribili e perché più ricchi di fosfolipidi (che favoriscono la sintesi di HDL cioè il colesterolo buono che contrasta l’LDL responsabile di tante malattie anche del cuore). Attualmente le linee guida internazionali suggeriscono una assunzione giornaliera di 0.9 g/kg di grassi (indipendentemente dalla pratica sportiva o meno) ed una quota basale di 25-30 g/dì (quantitativi inferiori scombussolerebbero il quadro ormonale).

In base all’introito calorico giornaliero e all’abbinamento dei macronutrienti la composizione corporea subirà delle variazioni (grafico sotto).

Grazie per l’attenzione.
Neri M. e coll. – Alimentazione, fitness e salute. Per il wellness, il dimagrimento, la prestazione, la massa muscolare (Elika, 2013)
1 Biasci A. – Project Nutrition (Project Editions, 2015)

Da sempre, sportivi e non, sono alla ricerca di supplementi, possibilmente economici, che li rendano più muscolosi, più forti, più veloci e così via. Come da titolo, l’integratore legale che in questo articolo viene messo sotto la nostra lente di ingrandimento è il 20-Hydroxyecdysone, meglio conosciuto come β-Ecdisterone, un ormone di origine animale che sembrerebbe in grado di stimolare la sintesi proteica e la mobilitazione del tessuto adiposo quasi quanto dei veri e propri farmaci anabolizzanti. Tutto ciò con effetti collaterali praticamente inesistenti.
Ma quanto c’è di marketing in tutto questo? Nelle prossime righe cercheremo di tracciare il confine tra marketing e realtà.
Il β-Ecdisterone è un ormone prodotto a livello endogeno da alcuni insetti invertebrati, utile principalmente a controllare la muta di quest’ultimi. È inoltre un fitosterolo (molecola di sterolo distribuita in alcune piante) prodotto ad esempio dalla maca (Lepidium meyenii) o dalla suma (Hebanthe eriantha) e può essere ottenuto anche per sintesi organica, a partire dal colesterolo.

Il β-Ecdisterone venne analizzato per la prima volta nel 1976, da dei ricercatori sovietici [1]. Inizialmente questi ricercatori gli attribuirono una marcata attività anabolica in seguito all’aumento della sintesi proteica. Una dozzina di anni dopo, il potere anabolico di questo ormone venne addirittura considerato superiore a quello del metandrostenolone, conosciuto a livello farmaceutico come Dianabol [2], sempre nel medesimo studio venne riscontrato anche un leggero incremento della resistenza fisica.
Negli anni successivi, studi che, come quelli precedenti, erano stati effettuati sui topi da laboratorio, confermarono un buon potere anabolico e lipolitico di questo ormone, specialmente se abbinato a diete iperproteiche [3,4]. Si è inoltre visto come questo ormone possa ridurre i livelli di glucosio nel sangue, senza però influire su quelli insulinici [5].
Peccato però che questi grandi effetti anabolizzanti e lipolitici siano stati riscontrati soprattutto in vitro e su animali, assai raramente sulle persone. Mancano infatti prove certe della sua reale efficacia sugli esseri umani [6].
Continuando a spulciare la letteratura scientifica, in tempi un po’ più recenti, uno studio del 2006 aveva concluso che con una supplementazione di 200 mg giornalieri di questo ormone, non c’erano effetti significativi sull’uomo [7], mentre uno studio recentissimo [8] ha nuovamente evidenziato un forte potere anabolico di questo ormone, comparabile addirittura a quello del Trenbolone, ritenendo che sarebbe opportuno vietarne la libera vendita. Secondo i ricercatoti in questione l’effetto anabolizzante, citando testualmente “is mediated by estrogen receptor (ER) binding“. Ma aspettate un secondo ad ordinare il β-Ecdisterone su qualche sito di integratori, perché devo darvi una brutta notizia… quest’ultimo studio non ha utilizzato come cavie delle persone, ma sempre i soliti animali ed effetti in vitro.

Per concludere va anche citato uno studio tedesco del 2008, dal quale emersero dei benefici di questo integratore sul trattamento dell’osteoporosi [10]. Tuttavia, mancano altri riscontri, il materiale attualmente presente in letteratura scientifica è troppo poco per passare a delle conclusioni certe, senza contare che lo studio in questione era stato condotto sui topi.
Secondo i dati disponibili al giorno d’oggi, l’assunzione di β-Ecdisterone non sembrerebbe avere alcun effetto indesiderato.
Questo ormone è acquistabile separatamente oppure abbinato ad un mix di aminoacidi, creatina ed altre sostanze (questi barattoloni generalmente vengono chiamati “Testo Booster” o “Mass Gainer”). Se lo si vuole testare, il consiglio è ovviamente quello di acquistarlo separatamente. Al riguardo, il dosaggio consigliato dalle aziende che lo commerciano è di 50-90 mg/dì, tuttavia si ipotizza che per ottenere effetti rilevanti il dosaggio debba essere piú alto: 5 mg per kg di peso corporeo (al giorno) [9]. Quindi un persona con un peso nella media, 70 kg per esempio, dovrebbe prenderne 350 mg/dì per sperare di ottenere gli effetti desiderati.
Accantonando un attimo i dati scientifici, nell’ambiente del bodybuilding un dosaggio molto in voga è quello di 3-4 grammi/dí, una quantità di β-Ecdisterone molto superiore a quelle studiate e consigliate. Comunque, negli anni non si è verificato nessun caso ufficiale di “malore da β-Ecdisterone” o intossicazione, ergo, all’atto pratico, anche questi dosaggi più hardcore sembrerebbero sicuri.
Ne vale veramente la pena? Questa è la domanda da porsi, perchè indubbiamente il β-Ecdisterone ha un forte potere anabolico e lipolitico, il problema è: su chi? Perchè è noto a tutti che ció che funziona per alcuni animaletti da laboratorio non sempre sia valido anche per l’essere umano.
Gli studi incentrati su questa sostanza non sono molti e quelli che prendono in esame gli effetti sull’uomo, sono ancora meno. La ricerca scientifica su questo ormone è quindi solo agli inizi, restiamo in attesa e in futuro potremo scoprirne delle belle (o forse no?). In ogni caso il β-Ecdisterone è un ormone senza dubbio interessante, quindi il consiglio è quello di tenerlo d’occhio ma, allo stesso tempo, di rimanere con i piedi per terra, senza farsi fregare dal marketing ben orchestrato.
1 Syrov V. N. et al. – Anabolic activity of phytoecdysone-ecdysterone isolated from Rhaponticum carthamoides (1976)
2 Chermynkh N. S. et al. – The action of methandrostenolone and ecdysterone on the physical endurance of animals and on protein metabolism in the skeletal muscles (1988)
3 Slama K. et l. – Insect hormones in vertebrates: anabolic effects of 20-hydroxyecdysone in Japanese quail (1996)
4 Simakin S. Yu. et al. – The combined use of ecdisten and the product ‘Bodrost’ during training in cyclical types of sports (1998)
5 Chen Q. et al. – Effect of ecdysterone on glucose metabolism in Vitro (2005)
6 Lafont R., Dinan L. – Practical uses for ecdysteroids in mammals including humans: an update (2003)
7 Wilborn C. et al. – Effect of Methoxyisoflavone, Ecdysterone, ans Sulfo-Polysaccharide Supplementation on Training Adaptation in Resistance-Trained Males (2006)
8 Parr M. K. et al. – Ecdysteroids: A novel class of anabolic agents? (2015)
9 Bizec et al. – Ecdysteroids: one potential new anabolic family in breeding animals (2002)
10 Gao L. et al. – Beta-ecdysterone induces osteogenic differentiation in mouse mesenchymal stem cells and relieves osteoporosis (2008)
Wikipedia – 20-Hydroxyecdysone

In alcuni vecchi articoli avevo già accennato l’argomento ma senza mai dilungarmi a sufficienza, oggi invece entrerò un po’ più nel dettaglio.

Il nostro corpo è composto da tessuti, per la precisione da cinque diversi tipi di tessuti, uno di questi è quello muscolare.
I tessuti muscolari sono costituiti da (altro…)


The HICT, high intensity continuous training, is a training method used for increase the aerobic strength endurance in sports. This method is widely used for combat sports conditioning (boxing, MMA, wrestling…). The objective of high intensity continuous training is improve the resistance to the efforts trough the rise of mitochondrial number in fast twitch muscle fibers (IIa). The IIa type is only muscle fibers which may have this mitochondrial increase for their physiological characteristics.
Is necessary utilize not specific exercises for monitoring the principal parameter: heart rate (bpm). The indicate exercises or machines are spinbike, sled dragging, versaclimber. Is very important not exceed the anaerobic threshold (around 155-165 bpm) for obtain the right effects. For some authors, the problem of this training is the decrement of FTa rapid contraction and dimension, therefore is important combine the HICT with plyometrics workouts [1,2].
To notice, in the video of the versaclimber, the heart rate monitor, an essential tool for a correct work.
Good work.
This article is written by an Italian guy, I apologize for any possible spelling errors. Any correction is welcome.
Riccaldi A. – Strength endurance: la forza resistente per il grappler – Parte 2 (2012)
Lochner E. – HICT: un metodo innovativo per le MMA (2016)
Wêineck J. – Biologia dello sport (Calzetti Mariucci, 2013)
Cravanzola E. – Allenarsi in base alla frequenza cardiaca (2016)
1 Andersen et al. – Myosin heavy chain isoforms in single fibres from m.vastus lateralis of sprinters: influence of training (1994)
2 Malisoux et al. – Calcium sensitivity of human single muscle fibers following plyometric training (2007)


Dopo un paio di articoli introduttivi, si passa ora ad un piatto caldo: gli ormoni androgeni. Buona lettura!
Gli ormoni androgeni sono una classe di ormoni deputati alla formazione e al mantenimento delle caratteristiche sessuali maschili. Si distinguono dagli steroidi anabolizzanti per il semplice fatto di interferire con l’accrescimento di più organi e tessuti, questo perché gli steroidi anabolizzanti sono sostanze sintetiche, simili agli ormoni androgeni, in grado di mimarne gli effetti ma con la differenza di essere coinvolti solamente nello sviluppo del tessuto muscolare (anabolismo delle proteine contrattili). Tutti gli ormoni appartenenti a questo raggruppamento sono prodotti a partire dal colesterolo.
L’androgeno per eccellenza é il testosterone, a partire dall’età puberale la sua produzione (endogena) schizza alle stelle, per poi stabilizzarsi intorno ai 5-7 mg/dì. In seguito, superati i 35 anni circa la sua produzione lentamente cala.

I principali ormoni androgeni sono sei: deidroepiandrosterone (DHEA), androstenedione, androstenediolo, androsterone, diidrotestosterone (DHT) e testosterone. Sono fortemente legati l’uno all’altro, basti pensare all’androstenediolo prodotto dal DHEA o dal DHT, metabolita del testosterone.
Ora, descriveró brevemente i primi cinque per soffermarmi poi sul più importante, il testosterone.
Buona parte del testosterone presente nel nostro corpo é inattivo perché legato a due particolari proteine di trasporto: l’albumina (60%) e la SHGB (sex hormone-binding globulin, 38%). Solo la forma libera del testosterone, 2% circa, é attiva. Ed è anche per questo motivo che gli studi scientifici che mostrano un aumento del solo testosterone totale, misurato in nanogrammi (ng), hanno una valenza relativa. Quello che più interessa a noi è la forma libera!
L’azione degli androgeni prodotti dal corpo deriva dalla loro conversione proprio in testosterone e dall’azione del DHT, suo derivato. Inoltre, gli androgeni favoriscono il dimagrimento, limitando lo stoccaggio di grasso negli adipociti e attivando la lipolisi (producendo recettori β-adrenergici sulle cellule del grasso, ove interviene l’adrenalina). Tutti gli ormoni androgeni vengono metabolizzati dal fegato ed eliminati dai reni. Questi ormoni sono in grado di attraversare le membrane cellulari (sostanze lipofile). Gli androgeni agiscono legandosi ai propri recettori presenti nelle cellule dei vari tessuti. Dopo aver “legato” il recettore, grazie ad una complicata serie di reazioni biochimiche, si arriva a produrre nuove proteine. Il tessuto muscolare, specialmente quello delle spalle (deltoidi) é ricco di recettori androgeni che, una volta attivati, stimolano la sintesi di nuove proteine contrattili (ipertrofia miofibrillare), incrementando la massa muscolare e la forza della persona in questione.
Il testosterone raramente viene utilizzato nei pressi delle competizioni, periodo in cui é più probabile ricevere visite dall’anti-doping. Puó essere infatti trovato nelle analisi delle urine anche per molti mesi. Di seguito vi elenco alcune sue forme modificate sinteticamente, con la relativa rintracciabilità.
C’è un parametro per valutare se un atleta, almeno sulla carta, è dopato o no, si tratta del rapporto fra testosterone ed epitestosterone nelle urine (T/E ratio). L’epitestosterone è uno steroide antiandrogeno endogeno, epimero del testosterone.
In una persona normale il rapporto fra questi due dovrebbe essere all’incirca di 1:1. Per il Comitato Olimpico Internazionale è tollerato un rapporto fino a 4:1 e per la Commissione Atletica del Nevada, la più importante fra le commissioni atletiche, addirittura di 6:1, oltre queste soglie gli atleti sono considerati dopati a causa dei livelli di testosterone troppo elevati.
Testosterone : Epitestosterone (T/E) COI → 4:1 Comm. Atl. Nevada → 6:1

Gli estrogeni sono gli ormoni sessuali femminili, sono endogenamente prodotti a partire dal testosterone, attraverso l’azione dell’enzima aromatasi. L’estrogeno più importante è l’estradiolo, il quale interferisce con la regolazione e produzione del testosterone attraverso un intricato meccanismo di “feed-back negativo”. É bene sottolineare che una concentrazione troppo elevata di estradiolo, derivante da un incremento dei livelli di testosterone scaturito dall’assunzione di farmaci, ostacoli la naturale produzione del testosterone stesso.
Una eccessiva produzione di estrogeni puó portare a ginecomastia, ritenzione idrica, insulinoresistenza, accumulo di adipe. Per sviare a questi problemi vengono utilizzati dei farmaci detti appunto antiestrogeni. Gli antagonisti degli estrogeni sono utilizzati in abbinamento a cicli di steroidi anabolizzanti per contenere questi effetti indesiderati. Pertanto sono considerati anch’essi doping. I principali farmaci utilizzati come antiestrogeni sono il Nolvadex (tamoxifen citrate) e il Clomid (clomiphene citrate) ma la lista di farmaci é veramente molto ampia, essi sono suddivisi in due categorie: SERM (modulatori selettivi dei recettori di estrogeni) ed in AI (inibitori aromatasi). “Il Clomid ha maggiore potere sull’asse ormonale di quanto non lo abbia il Nolvadex. Tuttavia, il Tamoxifen ha un maggior potere anti-estrogeno e garantisce migliore prevenzione di effetti colletareli come ginecomastia da rebound” [13].
Va specificato che, almeno in questo caso, non vale il ragionamento “minor dosaggio uguale minor danno”, infatti anche dosi sotto fisiologiche di ormoni estrogeni portano a problemi di salute e performance.
Gli antiestrogeni solitamente sono utilizzati dopo la fine di un ciclo di steroidi, nella celebre PCT (Post Cycle Therapy). Ad esempio in un ciclo della durata totale di 10 settimane, sarà seguito da una PCT di 4-6 settimane, nella quale si assumerà del Nolvadex. Generalmente il dosaggio di quest’ultimo é il seguente: 20-30 mg/dì. Alle volte però, i culturisti, invece che limitarsi a scegliere un farmaco fra il Nolvadex ed il Clomid, li assumono entrambi, ovviamente a dosi inferiori (spesso dimezzate).
Dopo la fine di un ciclo di steroidi e dopo la PCT, per assicurarsi che l’asse ormonale torni ad essere efficiente, come lo era prima di iniziare a doparsi, ci si prende un periodo di pausa. Generalmente questa pausa dura tante settimane, quante sono state quelle dei due cicli (steroidi + PCT). Come per esempio riportano quelli di chemicalbuilding.com, se il ciclo di steroidi è durato 10 settimane e la PCT 4, il periodo di pausa avrà una durata totale di 14 settimane (10+4).
Oltre agli estrogeni, chi si dopa deve tener conto del cortisolo, l’ormone dello stress. Infatti, una delle reazioni fisiologiche del nostro corpo alle dosi esogene di steroidi, è proprio l’innalzamento dei livelli di questo ormone, che tra l’altro è l’antagonista proprio del testosterone. Oltre a effetti come il nervosismo, il cortisolo è responsabile del catabolismo dei tessuti. Quest’ultimo va assolutamente limitato, perché altrimenti rischierebbe di mandare in fumo buona parte dei risultati ottenuti. Per mantenere dei livelli di cortisolo relativamente bassi, si possono assumere sostanze (legali) come la vitamina C e antiossidanti, ad esempio, il magnesio, lo zinco, la vitamina D e la vitamina E.
Chiaramente l’assunzione di farmaci antiestrogeni é più o meno importante, a seconda che i farmaci anabolizzanti/androgeni siano o meno aromatizzati.

Cambiamenti apprezzabili, soprattutto per gli sportivi, sono l’aumento della massa eritrocitaria (ciò può aumentare la capacità di trasporto di ossigeno nel sangue, maggior vascolarità e pienezza muscolare), incremento della forza, della massa muscolare ed il miglioramento della trasmissione neuromuscolare, i tempi di reazione sono quindi ridotti [1,2]. Riguardo al primo aumento occorre tuttavia fare una precisazione: la cosa é positiva ma fino a un certo punto. “Avere troppi globuli rossi per periodi di tempo prolungati incrementa il volume ematico al punto tale da rallentare la circolazione. Ciò incrementa la probabilità di coaguli di sangue e perciò incrementa anche la possibilità di ictus e infarti. Per prevenire tale circostanza, in casi in cui il problema potrebbe persistere nonostante l’utilizzo di alte dosi di Omega-3, o nel caso in cui gli esami del sangue avessero mostrato alterazioni significative, l’utilizzo di 100mg/die di Cardio Aspirina sono consigliati. Gli AAS* che più incidono in questo senso sono il Boldenone, Oxymetholone e Trenbolone” [3]. Il testosterone favorosce la crescita tessutale non solo a livello muscolare ma anche osseo (mineralizzazione). Inoltre, attenua dolori articolari favorendo il recupero dagli infortuni.
Oltre che negli sport estetici (bodybuilding), il testosterone e molti altri AAS possono venire utilizzati in sport di forza rapida, dati i miglioramenti nella velocità di movimento [9,10]. Inoltre, queste sostanze possono avere risvolti interessanti anche per gli atleti praticanti discipline di resistenza, ricollegandoci alla questione EPO (precedentemente citata) e all’ottimizzazione delle capacità di recupero [11].
*steroidi androgeni anabolizzanti


Spesso capita di sentire gente proporre squalifiche a vita per atleti dopati, invece che di uno o due anni, questo anche perché le sostanze dopanti, AAS in primis, sembrerebbero dare considerevoli vantaggi organico-muscolari anche molti anni dopo aver smesso di assumerli.
Quando una persona normale smette di allenarsi, la dimensione delle fibre muscolari cala ma il numero dei myonuclei, nuclei delle cellule muscolari, resta quasi completamente invariato. Non è ancora stato chiarito definitivamente per quanto questo numero resti invariato, si crede lo resti per parecchi anni. Gli allenamenti che causano danno meccanico ai muscoli, in primis quelli con i sovraccarichi, stimolano lo sviluppo di nuovi myonuclei per differenziazione delle cellule satelliti.
Gli AAS riescono a stimolare la proliferazione e la differenziazione delle cellule satelliti, con conseguente aumento a dismisura dei myonuclei (quantità inimmaginabili per le persone non dopate).

Infatti, come mostrato in questo studio [12], atleti che per anni smettono di utilizzare steroidi anabolizzanti risultano avere un numero di myonuclei per ogni singola fibra muscolare piuttosto elevato, paragonabile a quello degli sportivi sotto ciclo e molto superiore a quello dei soggetti rimasti sempre “puliti”.
Per ulteriori approfondimenti clicca qui.
Attenzione peró, non é tutto oro ció che luccica! Benché basse dosi di AAS minimizzino gli effetti collaterali, il pericolo é sempre dietro l’angolo. I principali effetti indesiderati derivanti dalla loro assunzione sono:
Non voglio intraprendere discorsi etici o prender parte alla guerra natural vs dopati, i mezzi di informazione ci sono e voi che passate al lato oscuro della forza sapete a cosa andate incontro, nel bene e nel male.
…
Questo articolo é a scopo puramente divulgativo, quanto riportato sopra é da considerarsi libera informazione e non vuole invitare in alcun modo le persone ad assumere sostanze che ricordo essere dannose e illegali.
1 Coviello A. et al. – Effects of Graded Doses of Testosterone on Erythropoiesis in Healthy Young and Older Men (2008)
2 Blanco et al. – Neuroscience (1997)
3 Bodybuilding HIT – Steroidi anabolizzanti, guida all’uso educativo (2014)
4 Bolding et al. – Addiction (2002)
5 Jones E. – Androgenic effects of oral contraceptives: implications for patient compliance (1995)
6 Bhasin S. et al. – Testosterone dose-response relationship in healthy young men (2001)
7 Bhasin S. et al. – The effects of supraphysiologic doses of testosterone on muscle size and strength in normal men (1996)
8 Mauras N. et al. – Estrogen suppression in males: metabolic effects (2000)
9 BoscoC. et al. – Zum Verhältnis von Muskelkraft und Testosteron aus der Sicht des Trainings (1997)
10 Bosco C. et al. – Relationships between field fitness test and basal serum testosterone and cortisol levels in soccer players (1996)
11 Kern J. – Das Dopingproblem (2002)
12 Eriksson A. et al. – Skeletal muscle morphology in power-lifters with and without anabolic steroids (2005)
13 Costantini M. – PCT (Post Cycle Therapy) – Come, Quando e Perché (2017)
14 Gideon Nave et al. – Single-Dose Testosterone Administration Impairs Cognitive Reflection in Men (2017)
Sacchi N. – Doping e farmaci nello sport (Nonsolofitness, 2014)
Lanfranco F. et al. – Hormone Use and Abuse by Athletes (2012)
Aversano D. – Steroidi crescita e memoria muscolare: vantaggi perenni? (2016)
Gundersen K. et al. – Muscle memory and a new cellular model for muscle atrophy and hypertrophy (2016)
Sinha-Hikim I. et al – Testosterone-induced increase in muscle size in healthy young men is associated with muscle fiber hypertrophy (2002)

Dormire, l’attività preferita di quasi tutti gli esseri viventi, fornisce miglioramenti per quanto riguarda gli sport di prestazione?

Dormire 1-2 ore in più o in meno può avere influenze significative sullo svolgimento di determinati esercizi o su di una gara di un qualche sport? E i ritmi circadiani sono utili a qualcosa? Questo articolo cerca di rispondere a queste domande!
Il sonno è un processo fisiologico al quale noi dedichiamo circa 1/3 della nostra vita. Esso risulta indispensabile per l’economia biologica e mentale e per le stesse funzioni vitali. In termini sportivi, è utile soprattutto per garantire un corretto recupero del sistema nervoso, il quale ha tempistiche diverse rispetto a quello muscolare.
Riguardo soprattutto a quest’ultimo punto, che poi è quello che più ci interessa, uno studio di qualche anno fa [1] ha dimostrato come un sonno lungo e regolare possa apportare degli incrementi prestazionali. I soggetti presi in esame erano dei giocatori di basket del college, sui quali era stato riscontrato un leggero miglioramento della velocità, una maggior precisione sui tiri a canestro, un maggior vigore ed una minor percezione della fatica (questo con un’estensione del sonno fino a 10 ore). Ciò ovviamente può essere applicato a qualunque atleta di un qualsiasi sport, o anche a semplici sedentari che svolgono lavori stressanti.
Cosa rappresentano invece i famosi ritmi circadiani? In cronobiologia e in cronopsicologia, un ritmo circadiano è un ritmo caratterizzato da un periodo di circa 24 ore. […] I ritmi circadiani dipendono da un sistema circadiano endogeno, una sorta di complesso “orologio interno” all’organismo che si mantiene sincronizzato con il ciclo naturale del giorno e della notte mediante stimoli naturali come la luce solare e la temperatura ambientale, e anche stimoli di natura sociale (per esempio il pranzo in famiglia sempre alla stessa ora). In assenza di questi stimoli sincronizzatori (per esempio in esperimenti condotti dentro grotte o in appartamenti costruiti apposta) i ritmi continuano ad essere presenti, ma il loro periodo può assestarsi su valori diversi… [2].

In base alle ore di luce ed alle stagioni i nostri livelli ormonali non sono sempre stabili.


“L’assenza della luce stimola la ghiandola pineale a secernere la melatonina, quest’ultima è una sostanza che agisce sull’ipotalamo ed ha la funzione di regolare il ciclo sonno-veglia. Senza luce o stimoli esterni che ci indichino il passare del tempo, il nostro orologio biologico verrebbe settato sulle 36h e non più sulle 24h. […] Per esempio perché abbiamo il picco del GH alle 2.00 di notte? Perché ormai abbiamo smesso di cenare da un po’, il corpo è entrato nel digiuno notturno ed ha bisogno di stabilizzare la glicemia. Il GH stimola il metabolismo lipidico per risparmiare gli zuccheri nel sangue e limitare la gluconeogenesi. […] Insomma i ritmi circadiani esistono semplicemente perché sono utili, sono stati tarati dall’evoluzione umana esattamente per servire ai nostri bisogni fisiologici” [4].
I ritmi circadiani si adattano al nostro stile di vita, alle nostre abitudini, non viceversa. Chi sta sveglio in pena notte i vari picchi ormonali li avrà ugualmente ma in orari molto diversi da chi ha orari più “tradizionali”.
Per quanto concerne l’attività fisica, il punto quindi è capire quanto questi contino e decidere se può essere utile modificare gli orari dei propri allenamenti in base ad essi o meno. Per sport di prestazione è scientificamente provato che con un certo stile di vita, sfruttando i ritmi circadiani si possono ottenere dei discreti miglioramenti sulla performance [5,6,7,8]. Tuttavia, ciò non vale indistintamente per tutti gli atleti, anche se di alto livello, alcuni di essi infatti, anche con analoghi orari di allenamento e sonno, in determinate fasce orarie si sentono più o meno energici (diversi cronotipi). Tutto questo per variazioni fisiologiche difficilmente controllabili, inclusa la temperatura corporea [9,10,11,12].
Teniamo a mente una cosa: possono allenarsi in base ai ritmi circadiani soprattutto gli atleti d’élite, gente che con lo sport ci vive e può allenarsi indistintamente 2-3 volte al giorno agli orari che preferisce, non dovendo far lavori tradizionali. Non vorrei lasciarvi con un “consiglio della nonna” ma ciò che è più sensato fare non è altro che provare ad allenarsi in fasce orarie differenti e vedere in quali di queste ci si trova a proprio agio ed in quali meno. Anche con una vita regolare (8 h di sonno regolari ed una routine quotidiana non particolarmente caotica), ogni persona ha dei ritmi circadiani simili ma non necessariamente identici! Traete voi le vostre conclusioni.

Grazie per l’attenzione.
Migliaccio et al. – Finali notturne alle Olimpiadi: possibili influenze dei ritmi circadiani sulla perfomance? Studio pilota per Rio 2016. Da Strength & Conditioning Anno V, n.16 aprile-giugno (2016)
Watson N. F. et al. – Transcriptional Signatures of Sleep Duration Discordance in Monozygotic Twins (2017)
1 Cheri et al. – The Effects of Sleep Extension on the Athletic Performance of Collegiate Basketball Players (2011)
2 Ritmo circadiano – Wikipedia
3 Bremner WJ et al. – Loss of circadian rhythmicity in blood testosterone levels with aging in normal men (1983)
4 Biasci B. – Ritmi circadiani: comprenderli per non esserne schiavi (2016)
5 Thun E. at al. – Sleep, circadian rhythms, and athletic performance (2015)
6 Update, Review: Time of Day Effect on Athletic Performance (1999)
7 Samuels C. – Sleep, recovery, and performance: the new frontier in high-performance athletics (2008)
8 Silva A. et al. – Sleep quality evaluation, chronotype, sleepiness and anxiety of Paralympic Brazilian athletes: Beijing 2008 Paralympic Games (2010)
9 Machado FS. et al. – The time of day differently influences fatigue and locomotor activity: is body temperature a key factor? (2015)
10 Rae DE. et al. – Factors to consider when assessing diurnal variation in sports performance: the influence of chronotype and habitual training time-of-day (2015)
11 Horne JA. et al. – A self-assessment questionnaire to determine morningness-eveningness in human circadian rhythms (1976)
12 Roepke S.E. et al. – Differential impact of chronotype on weekday and weekend sleep timing and duration (2010)

Se per caso foste capitati qui saltando la prima parte, vi consiglio caldamente di recuperarla, in modo da non perdervi alcun passaggio: Farmaci dopanti – Introduzione (1/2).
L’assunzione di farmaci dopanti è consentita in particolari casi patologici, a fini curativi. Ovviamente è obbligatoria l’autorizzazione e supervisione medica. Fino a poco tempo fa ad esmpio, la cura sostitutiva del testosterone per i soggetti con problemi ormonali (TRT) era utilizzata e tollerata anche per gli sportivi. Tuttavia, da qualche tempo è stata vietata dalla commissione atletica del Nevada e successivamente anche dalle altre commissioni atletiche. Questo ha portato a dei cali fisici non indifferenti da parte di alcuni atleti.

La lista ufficiale delle sostanze considerate dopanti, e quindi vietate, è redatta dalla WADA (World Anti-Doping Agency), durante l’anno i suoi membri si riuniscono per tre volte, discutendo su nuovi studi e valutando quali sostanze potrebbero essere aggiunte o rivalutate. Ogni eventuale modifica a questa lista entra ufficialmente in vigore a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo.
Sempre la WADA è responsabile del codice anti-doping, in vigore dal 1° gennaio 2004. Quest’ultimo si pone l’obiettivo di armonizzare e regolamentare la battaglia al doping a livello internazionale.
La lista della WADA si divide in tre grosse categorie: una riguardante le sostanze proibite sempre, indipendentemente da quando vengono assunte, l’altra quelle vietate solo nei pressi di una o più competizioni e l’ultima quelle proibite solo in particolari sport.
Sostanze proibite sempre: appartengono a questa categoria tutte quelle sostanze in grado di apportare modifiche alla composizione corporea interagendo con i tessuti, di migliorare il trasporto di ossigeno (EPO) e di agire sul sistema endocrino. Inoltre, sono inclusi in questo raggruppamento i famosi “agenti mascheranti”, cioè sostanze in grado di celare, nascondere, la presenza di altre più importanti, come i cannabinoidi tipo la marijuana. Quest’ultima, benché non apporti reali benefici alla performance, è vietata dalla WADA perché molto invasiva a livello di analisi, può infatti coprire diverse sostanze dopanti.
Sostanze vietate solo nei pressi di una competizione: fanno parte di questo gruppo tutte quelle sostanze che non apportano benefici sul lungo periodo ma solamente in acuto. Sono incluse anche le droghe a scopo “ricreativo”, non invasive a livello di analisi e quindi non in grado di mascherare altre sostanze. Queste ultime saranno punibili a livello penale ma non dalla WADA, non porteranno quindi a delle sanzioni sportive.
Sostanze proibite in sport particolari: ne sono un esempio gli alcolici per le gare automobilistiche od i betabloccanti per il golf.
Di seguito, le categorie appartenenti alla lista completa della WADA
Alcune sostanze sono considerate doping in base alla quantità. Ad esempio, l’efedrina e la metilefedrina sono proibite solo quando la loro concentrazione nelle urine è superiore ai 10 microgrammi per millilitro. Invece, altre sostanze ancora come la caffeina o la sinefrina sono considerate sotto osservazione, incluse in un programma di monitoraggio del 2011, quindi tollerate.
Per ulteriori informazioni e aggiornamenti: www.wada-ama.org
Non fraintendete, la somministrazione di testosterone o di sostanze che ne provochino l’aumento, a meno che non si tratti di terapie curative, è assolutamente vietata. Tuttavia, c’è un parametro per valutare se un atleta, almeno sulla carta, è dopato o no, si tratta del rapporto fra testosterone ed epitestosterone (T/E ratio). L’epitestosterone è uno steroide antiandrogeno endogeno, epimero del testosterone.
In una persona normale il rapporto fra questi due dovrebbe essere all’incirca di 1:1. Per il Comitato Olimpico Internazionale è tollerato un rapporto fino a 4:1 e per la Commissione Atletica del Nevada, la più importante fra le commissioni atletiche, addirittura di 6:1, oltre queste soglie gli atleti sono considerati dopati a causa dei livelli di testosterone troppo elevati.
Testosterone : Epitestosterone (T/E) COI → 4:1 Comm. Atl. Nevada → 6:1

Nell’immagine qui sopra, potete osservare la rappresentazione della concentrazione di testosterone in due diversi campioni (A e B) rilevata tramite la gascromatografia-spettrometria di massa delle urine, gc/ms.
Il campione A (grafico a sinistra) è negativo, visto il quoziente T/E di 1,65 a 1.
Il campione B invece, è positivo (quoziente di 14,5:1).
Quello che segue è il risultato di un sondaggio anonimo effettuato su 198 atleti olimpici statunitensi fra il 1995 e 1997. Ci mostra come arrivati a certi livelli gli atleti siano disposti a far di tutto pur di vincere, una buona fetta di loro anche passare a miglior vita…

Quello sotto invece, è un grafico a torta rappresentante il numero di atleti trovati positivi ai test anti-doping effettuati nel 2014 (report della WADA). A grande sorpresa potete osservare l’italia al secondo posto, poco dietro alla russia (nazione che tral’altro ha molti più atleti rispetto alla nostra penisola). Ma quindi gli italiani sono (quasi) i più dopati al Mondo? No, onestamente non credo. Forse potremmo essere nella Top 10-15 ma neanche sul podio. Senza voler scatenare guerre fra Paesi, voglio semplicemente sottolineare come oltre al doparsi conti anche il saper ciclicizzare ed eludere i controlli. In questo noi italiani siamo fra i peggiori.

Pochi soldi → farmaci di scarsa qualità → autosomministrazione senza la supervisione di personale qualificato → fallimento dei test.
N.B: anche queste ultime righe sono puramente a scopo informativo, in questa serie di articoli che ho intenzione di scrivere riguardo al doping, per ovvi motivi, non parleró di strategie per aggirare eventuali controlli anti-doping.
Grazie per l’attenzione.
Sacchi N. – Farmaci e doping nello sport (Nonsolofitness, 2014)
Lanfranco F. – Il doping ormonale (Slides IUSM, a.a. 2014-2015)
Bamberger and Yaeger – Sport illustrated (1997)