Vuoi diventare più forte nella trazioni ma non hai idea di come fare? Questo articolo potrebbe fare al caso tuo. Buona lettura!
Introduzione
Non molto tempo fa ho caricato sui social un video inerente un mio test massimale di weighted pull up (trazioni prone zavorrate). Quindi mi sono detto, perché non approfittarne e parlare del mio umile percorso nel mondo delle trazioni?
Iniziai ad interessarmi a questi esercizi di tirata diversi anni fa, quando praticavo sport fortemente aerobici e non avevo la forza per eseguire con una tecnica decente nemmeno un sollevamento alla sbarra.
Un primo approccio ragionato
Resomi conto del mio deficit generale di forza mi intestardì e decisi di dedicare alle trazioni il tempo che meritavano. Iniziai a lavorare sulle trazioni prone (pull up) eccentriche. Portavo il mento poco sopra la sbarra aiutandomi con un salto più che con le braccia e successivamente mi “lasciavo cadere” – braccia che si distendono e corpo che scende verso il basso -, concludendo poi la seduta dedicandomi a alle trazioni supine (chin up).
Una seduta del me dell’epoca poteva essere grossomodo questa (serie x reps):
Pull up (eccentriche 3″)
4-5×8-10
Chin up
3×4
Le trazioni supine, notoriamente più semplici, le eseguivo intere, senza salti o trucchi per facilitare la cosa. In certi periodi l’intera sessione di allenamento era effettivamente solo quella riportata sopra, altre volte invece vi erano anche altri esercizi per il petto, bicipiti, eccetera.
Ricordo di essere andato avanti così per non più di 3 mesi, per poi passare ad un’altra routine di cui avevo già parlato in un altro articolo: Trazioni – Un programma da fare (se siete scarsi) #TCback. Ossia l’accumulo di un discreto volume di lavoro (numero di ripetizioni totali) in un tempo ristretto. Per darvi un’idea del da farsi, vi riporto qui sotto la prima delle 6 settimane di lavoro (due allenamenti a settimana).
A) Pull up
5×2 (1′ rest)
B) Pull up
6×2 (1′ rest)
Per ulteriori informazioni vi rimando all’articolo citato poc’anzi.
Dopo qualche mese passai finalmente ad eseguire alcune trazioni prone di fila ed i programmi iniziarono ad essere più simili a ciò che riporterò ora qui sotto…
Pull up
4×7
Chin up
3×8
Rematore bilanciere
4×10
La svolta
Mi sono allenato con schemi sulla falsariga di quello mostrato nella tabella precedente per un paio d’anni, ottenendo dei miglioramenti che mi hanno portato ad avere un massimale di 10 pull up eseguiti di fila. Ma a un certo punto ho avuto la sensazione di stallare un po’ troppo, non riuscendo quindi più a progredire. Ho optato allora per un programma di allenamento che avevo trovato online qualche anno addietro (onestamente non ricordo dove).
Pull up
1xmax reps
Pull up
4×50% max
Rematore con manubrio
4×8
Dopo il riscaldamento si tenta subito un massimale di trazioni (una serie a cedimento), dopodiché si passa a fare quattro serie di trazioni con un numero di ripetizioni pari alla metà delle ripetizioni effettuate durante quell’1xmax reps. Successivamente ci si concede un esercizio complementare che può essere un rematore come una lat machine, un pulley e così via. Facendo un esempio ancor più concreto, una seduta di allenamento potrebbe essere la seguente: 1×12 pull up (max reps), seguiti da 4×6 pull up e 4×8 di rematore.
Alternando la preparazione atletica al mio sport (le MMA) non ho potuto ripetere sedute come questa per più di una volta a settimana, ma nonostante il volume di allenamento non eccessivo sono comunque riuscito ad ottenere dei miglioramenti tangibili. Dopo 8 settimane di allenamento sono arrivato ad eseguire 15 trazioni pulite, cosa quasi impensabile se penso che qualche tempo prima facevo fatica a chiudere una singola ripetizione.
Forza massimale (aumentare l’1RM)
Dopo il buon risultato ottenuto sul numero di trazioni eseguite di fila, mi sono deciso ad iniziare a zavorrarle tramite una apposita cintura. Perché va bene mettersi alla prova sulla forza resistente, ma è bene misurarsi anche in altri modi. In breve, per 6 settimane mi sono allenato eseguendo alcune serie di trazioni zavorrate, seguite da due esercizi più incentrati sull’ipertrofia.
Weighted pull up (15 kg)
3×5
Weighted pull up (20 kg)
3×3
Rematore con manubrio
4×8
Pull down ai cavi
4×15
Come già accennato, ho seguito questo schema per 6 settimane consecutive (una sola seduta settimanale) e subito dopo ho tentato un nuovo record personale. Dopo un buon riscaldamento ho eseguito tre trazioni alla sbarra. La prima con 30 kg, la seconda con 32.5 e la terza con 36. Purtroppo quest’ultimo tentativo non è andato a buon fine (il mio mento non ha superato la sbarra). In ogni caso, posso dirmi molto soddisfatto della prova.
Conclusioni
Quel che ho fatto non è stato nulla di bizzarro o geniale. La forza è una capacità condizionale ma i singoli esercizi sono delle skills. Vuoi diventare forte nelle trazioni? Allenati facendole. Vuoi diventare forte nelle distensioni su panca piana? Allenati facendole! Va specificato che è importante non cadere nell’erroneo ragionamentoforza = ipertrofia, dato che l’allenamento della forza massimale (poche ripetizioni ad alti carichi) può generare un certo sviluppo muscolare ma in ottica bodybuilding & fitness vi sono delle vie più ottimali per crescere.
Nel vasto mondo degli sport da combattimento e delle arti marziali, discipline come la lotta (wrestling), grappling (no-gi), il classico brazilian jiu jitsu (gi), il judo, ecc. rappresentano una categoria differente rispetto alle solite specialità fatte principalmente di percussioni (striking).
Non occorre di certo una perspicacia fuori dal comune per intuire che le capacità condizionali e le richieste energetiche a cui l’organismo va incontro durante una gara di grappling non siano le medesime necessarie per competere nel pugilato piuttosto che nella kickboxing.
In questo scritto tratteremo proprio di fisiologia sportiva applicata alla categoria di sport da combattimento (SdC) citata ad inizio articolo. Buona lettura!
Introduzione
Chiunque abbia mai calcato, anche solo a livello amatoriale, un tatami od una gabbia sa bene quanto sia duro ed energeticamente dispendioso allenarsi e magari anche gareggiare negli sport da combattimento. Le sottomissioni del grappling, dagli strangolamenti alle leve articolari, le mille proiezioni della lotta libera e greco-romana, le fasi di transizione, i passaggi di guardia.
Proprio perché sono molto duri, occorre essere fisicamente ben preparati, oltre che tecnicamente anche fisicamente. Esistono cinture nere che in quanto a strength and conditioning sono poco più che cinture gialle e cinture gialle che dal punto di vista atletico sono cinture nere.
Ecco, per quanto possibile, bisogna tentare di ottimizzare il tutto. Cinture nere nello sport e cinture nere nella preparazione atletica.
Diventare eruditi circa il condizionamento fisico per gli SdC non è facile, soprattutto se non si è poliglotti e non si hanno basi di alcun tipo. Questo articolo può essere un buon punto di partenza.
Sistemi energetici e capacità condizionali
Come già accennato in precedenza, vi è una marcata differenza fra i livelli di capacità condizionali (forza, resistenza, velocità) e di utilizzo dei substrati energetici richiesti dal corpo di un lottatore, rispetto a quelli necessari ad uno striker per essere performante.
La tabella riportata sopra, presa dal libro “Ultimate Conditioning for Martial Arts“, mostra a grandi linee i tempi di lavoro (in competizioni ufficiali) di tre SdC legati da alcune similitudini.
In tutti e tre è ovviamente richiesta una solida base di forza massimale, una buona velocità, potenza e resistenza. Inoltre, nel wrestling e grappling/bjj ricopre una certa importanza l’efficienza del sistema aerobico. Il quale ha il compito di smaltire e riconvertire i prodotti di scarto del metabolismo anaerobico lattacido. Per resistere invece all’accumulo di acido lattico è importante possedere una buona resistenza anaerobica lattacida e alattacida (potenza e capacità a/lattacida).
Logicamente, dato che i sistemi energetici lavorano in contemporanea (fig. sotto), vi è una componente energetica aerobica anche in sport come il judo, anche se minore (raggiunge invece il suo apice in SdC come la boxe professionistica).
Le differenze inerenti l’utilizzo delle capacità condizionali negli SdC dipendono principalmente dalla velocità con cui una forza viene applicata. Con lo sviluppo di tensione, nel muscolo si verifica un accorciamento, questo accorciamento avviene in una determinata quantità di tempo, per cui, secondo la relazione fisica spazio/tempo si può riuscire a quantificare il tempo in cui questa contrazione avviene. Per sviluppare la massima forza esprimibile necessaria per un determinato movimento occorre tempo. Il tempo per raggiungere il picco di forza varia da persona a persona (leve, coordinazione inter e intramuscolare, fibre muscolari, capacità di reclutamento) e dal tipo di movimento.
Normalmente il tempo necessario per raggiungere il valore del picco della forza (F) è poco superiore a 0,4 secondi. Se paragoniamo gli 0,4″ con il tempo necessario per sviluppare forza in alcuni sport, capiamo perché in alcuni di essi l’allenamento con alti sovraccarichi a basse velocità è un importante aspetto della preparazione atletica e in altri no.
Specialmente nelle discipline di velocità, il tempo disponibile per imprimere forza (spinta a terra) è brevissimo (tabella), ciò ci dà un’idea delle priorità della preparazione atletica per questi sport.
Tanto per essere più chiari, in tutti gli esempi riportati sopra, potranno essere raggiunti livelli di forza più o meno alti ma mai massimali. Non è un caso che i lanciatori del giavellotto allenino molto meno la forza massimale (spostamento di alti sovraccarichi a basse velocità), rispetto a chi fa lancio del peso (il giavellotto è molto più leggero del peso, pertanto può essere espressa tramite il lancio di esso una minor Fmax).
Allo stesso modo, il jab di un abile boxeur (colpo dritto e rapido) si muove con una velocità ben diversa rispetto ad una normale proiezione di un lottatore (hip toss, double leg, single leg…). Quindi a livello fisiologico, fisico e biomeccanico cosa succede? Se siete stati attenti l’avrete sicuramente capito. Il pugile non esprimerà mai e poi mai tutta la sua forza in quel colpo, è impossibile, i suoi segmenti corporei ed i relativi muscoli si muovono troppo velocemente, non c’è il tempo necessario per sviluppare grandi livelli di forza. Al contempo, il lottatore portando un takedown sarà un po’ più lento ma riuscirà ad imprimere molta più forza in quella tecnica.
Attorno a questi tediosi ma importanti concetti gira tutto il discorso sulle giuste capacità condizionali per gli sport da combattimento. Bisogna quindi fermarsi un attimo a riflettere per cercare di comprendere cosa serve per lo sport che si pratica.
Andando al nocciolo della questione, un lottatore o grappler deve essere rapido per afferrare un arto dell’avversario oppure per fare un’entrata alle gambe, tuttavia per rendere efficace il proprio takedown deve obbligatoriamente imprimere una certa forza nel gesto atletico, specialmente se l’avversario o lo sparring partner è pesante ed oppone molta resistenza.
Per questa ragione, a causa delle richieste di forza ed alle fasi statiche – basti pensare ad un fighter che prova disperatamente ad uscire da una brutta situazione come la monta od una sottomissione quasi completamente chiusa – ogni grappler e lottatore se vuole avere delle buone prestazioni deve necessariamente allenare ciò che segue:
Forza massimale
Forza resistente
Forza esplosiva/potenza
Velocità/rapidità
Resistenza (aerobica ed anaerobica)
Ai lettori più nerd, facciamo notare come la differenza tra la forza di un jab (Fm, forza massimale raggiunta in determinate condizioni) e quella di un potente takedown (Fmm, il più elevato dei valori di forza massimale raggiunti nelle condizioni più favorevoli) è misurabile ed ha un nome: deficit di forza esplosiva (explosive strength deficit – ESD).
Dopo tanta teoria passiamo a dare qualche indicazione su come mettere in pratica quanto detto finora.
Mettiamo caso che un atleta di buon livello abbia un match importante e circa quattro mesi di tempo per allenarsi, dividiamo quindi il tempo totale a disposizione (macrociclo) in 3 mesocicli.
Sopra, le tre principali fasi temporali di una periodizzazione.
Tenendo a mente quali sono le priorità di allenamento elencate poco fa, proviamo a mettere nero su bianco una successione dei mesocicli ed a seguirla.
Mesociclo n.1 (microcicli 1-2-3-4)
Mesociclo n.2 (microcicli 5-6-7-8)
Mesociclo n.3 (microcicli 9-10-11-12)
Mesociclo n.4 (microcicli 13-14-15-16)
Come molti già sapranno la periodizzazione, a seconda della tipologia di lavoro svolto, è suddivisibile in tre macro-aree: periodo di preparazione generale (GPP) – Periodo specifico (PPS) – Periodo competitivo (PC) – Periodo transitorio (PT).
Generalmente la preparazione generale dura più di quella specifica (rapporto temporale di 2:1). Come facilmente intuibile dai nomi, il GPP consiste in lavori più aspecifici, dissimili da ciò che poi verrà fatto in gara (un lottatore sul tatami di gara non solleva bilancieri). Invece, la seguente PPS si pone come via di mezzo fra un lavoro aspecifico e la competizione vera e propria, durante il periodo di preparazione specifica vengono chiamati in causa gesti ed esercizi un po’ più simili a quelli dello sport in sé (stessa cosa per le tempistiche di lavoro).
Quello del PC è il periodo dove si compete. Può essere rappresentato da un singolo match o da più incontri spalmati in una stessa giornata o in più giorni.
Infine, abbiamo il periodo transitorio che è generalmente rappresentato da un paio di microcicli rigenerativi molto aspecifici, con una frequenza di allenamento più bassa e con poco volume e intensità.
Per essere più chiari…
Molto indicativamente, una “tabella di marcia” potrebbe essere quella mostrata sopra, con un periodo di preparazione generale (settimana 1-10), una fase di preparazione specifica (sett. 11-15) ed il periodo competitivo (ultima settimana).
Dopo un paio di settimane di adattamento anatomico con un volume di allenamento medio ed un’intensità medio-bassa (carichi non superiori al 50-60% 1RM), si inizia ad aumentare il lavoro di resistance training, sia per l’incremento della forza massimale che resistente. In questo periodo si può anche andare ad utilizzare con esercizi mono-articolari per sviluppare i muscoli più carenti (nel caso questi siano particolarmente deboli rispetto agli altri). Per i lavori di forza resistente (continui o a circuito) si possono utilizzare esercizi coi sovraccarichi, a corpo libero e con compagno.
Al fine di costruire una solida base aerobica si ricorre alla corsa o alla bicicletta, non superando il 70-75% della frequenza cardiaca su lavori continui della durata di 30-60 minuti (capacità aerobica). Invece, riguardo alla potenza aerobica, si fanno corse alla soglia del VO2max per 3-4′ o interval training particolarmente intensi (HIIT). Nel grafico riportato sotto, è osservabile il miglioramento del massimo consumo di ossigeno e della gittata sistolica, entrambi ottenuti tramite un allenamento ad intervalli (15/15) ed uno di corsa prolungata per tempi modesti (4×4 min).
Aerobic high-intensity intervals improve VO2max more than moderate training (Helgerud J. et al., 2007); grafico a cura del Dott. Paolo Evangelista.
Fra la fine della GPP e l’inizio della fase più specifica possiamo sbizzarrirci (per modo di dire) con lavori esplosivi con kettlebell, metodo a contrasto, palle mediche (anche simulando i gesti di gara), balzi, eccetera. E sulla velocità è bene usare degli sprint su brevi distante (10-50 metri) e lavorare sulla capacità di reazione.
Per ultima, ma non meno importante, la resistenza anaerobica. Si cerca di rendere l’organismo più tollerante all’accumulo di acido lattico, in modo da migliorare la tenuta atletica generale, ricorrendo a circuiti che possono mischiare esercizi a corpo libero o gesti da gara. I tempi di lavoro sono riportati poco più sotto.
A grandi linee, quelli che seguono sono i metodi di lavoro.
Forza massimale: 3-6 sets x 3-7 ripetizioni (75-90% 1RM)
Forza resistente aerobica (capacità): 10-15′ di lavoro (rec. incompleto, 2-4′)
Forza resistente aerobica (potenza): 3-5′ di lavoro (rec. completo)
Forza resistente anaerobica (capacitàlattacida): 90-120″ di lavoro (rec. incompleto, circa 1′)
Forza resistente an. (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro (recupero completo)
Forza resistente an. (capacità alattacida): 12-20″ di lavoro (rec. incompleto, circa 1′)
Forza resistente an. (potenza alattacida): 5-10″ di lavoro (rec. completo, 2-3′)
Forza esplosiva/power: 3-6 sets x 1-5 ripetizioni
Resistenza aerobica (capacità): 30-60′ di lavoro (65-75% FCmax)
Resistenza aerobica (potenza): 3-4′ di lavoro (85% Fcmax) ripetuti 3-4 volte (rec. 2-4′)
Velocità/rapidità: sprint di vario genere su brevi distanze (10-50 m) con rec. completo
Potenza resistente (capacità lattacida): 60-120″ di lavoro (rec. 60-90″)
Potenza resistente (potenza lattacida): 40-90″ di lavoro (rec. 3-5′)
Potenza resistente (capacità alattacida): 12-20″ di lavoro (rec. 10-45″)
Potenza resistente (potenza alattacida): 5-12″ di lavoro (rec. 1-3′).
Intensità: percentuale del carico sollevato rispetto al proprio massimale (% 1RM), percentuale della frequenza cardiaca massima (% FCmax).
Volume: serie x volume x kg sollevati (tonnellaggio), serie di corsa x metri corsi (chilometraggio totale).
Densità: rapporto fra lavoro e recupero (work on/off).
Per monitorare la frequenza cardiaca è vivamente consigliato l’utilizzo di un cardiofrequenzimetro.
Gli esercizi da utilizzare, alcuni li abbiamo già accennati, bene o male sono quelli che tutti gli addetti ai lavori già conoscono: sollevamenti con bilanciere, trap bar e manubri, kettlebell, palle mediche, corsa, bici e/o cyclette, vogatore, balzi di vario genere, slitta, sprint su brevi distanze (anche con cambi di direzione), battle rope, esercizi a corpo libero e con partner, elastici, macchine isotoniche, gesti tecnici tipici dello sport praticato e così via.
Sopra, una camminata prolungata volta all’incremento della forza resistente di tipo aerobico (aerobic strength endurance).
Con 2-3 sedute di allenamento (preparazione atletica) a settimana si possono ottenere dei bei risultati.
Cosa manca? Di altro ovviamente c’è da allenare la coordinazione, equilibrio e propriocezione e fare il giusto stretching più eventuali sedute dedicate alle tecniche di recupero (massaggi, bagni freddi). La flessibilità (stretching) va allenata durante tutto il macrociclo; coordinazione, equilibrio e propriocezione trovano il loro collocamento principalmente durante la fase di preparazione fisica generale (GPP).
Sia nella GPP che SSP è inoltre consigliabile allenare con moderazione il collo.
Ovviamente durante l’intera preparazione ci saranno moltissimi allenamenti “tradizionali” con il maestro ed i compagni, dove si andrà a lavorare sulla tecnica, lo sparring e su eventuali scelte tattiche e strategiche. Di ciò però non parliamo dato che non è compito del preparatore atletico occuparsi di queste cose. Va comunque specificato, perdonate la banalità, che è inutile massacrarsi di preparazione atletica se non si è sufficientemente bravi nel proprio sport. Sul tatami di gara non si va a squattare, saltare o ad eseguire circuiti, ma a combattere con un avversario. È follia pensare a una cintura blu di bjj che passa più tempo a sollevare pesi che a rollare con i compagni di allenamento!
Conclusioni
Gli sport da combattimento sono sport estremamente complessi, anche sotto al profilo dello strength and conditioning. Allenarsi tanto ma soprattutto bene, alternando gli stimoli allenanti, individualizzando il lavoro e periodizzando il tutto si può fare molto, elevando le performance sportive di chiunque. Dall’atleta più portato a quello più scarso.
In futuro torneremo a parlare di questi argomenti, approfondendo alcuni concetti, anche in base all’apprezzamento che lettori, atleti e coach avranno nei riguardi di questo articolo.
Landow L. – Ultimate Conditioning for Martial Arts (2016) Bompa T. e Buzzichelli C. –Periodizzazione dell’allenamento sportivo (2017) Joel Jamieson – Ultimate MMA Conditioning (2009) Jan Helgerud, Kjetill Høydal, Eivind Wang, Trine Karlsen, Pålr Berg, Marius Bjerkaas, Thomas Simonsen, Cecilies Helgesen, Ninal Hjorth, Ragnhild Bach, Jan Hoff – Aerobic high-intensity intervals improve VO2max more than moderate training. Med Sci Sports Exerc. 2007 Apr;39(4):665-71.