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  • La scienza del mal di schiena – Low back pain (LBP) e informazioni utili

    La scienza del mal di schiena – Low back pain (LBP) e informazioni utili

    Il mal di schiena, patologia estremamente comune, è qualcosa di parecchio studiato in letteratura scientifica. Vediamo cosa dicono i più recenti studi.

    Buona lettura!

    Introduzione

    Con la celebre dicitura “low back pain” (LBP) si intende la lombalgia comune, quella che colpisce la bassa schiena delle persone. Questa patologia consiste in un dolore persistente, spesso accompagnato da limitazioni funzionali più eventuali strascichi psicologici.

    Ogni anno il low back pain colpisce molti adulti in età lavorativa1, basti pensare che negli USA è il disturbo muscolo-scheletrico più comune riscontrato negli accessi al pronto soccorso2 e nel 1998 è stato stimato i costi sanitari legati ad esso siano stati di circa 90 miliardi di dollari2. Secondo l’OMS, circa l’80% delle persone soffre almeno una volta nella vita di mal di schiena3.

    Come vedremo più avanti, ci sono prove abbastanza solide circa l’utilità del movimento e di un corretto stile di vita per la prevenzione del mal di schiena.

    Basi di anatomia e fisiologia articolare

    Come già spiegato in passato, la colonna vertebrale è una complessa ed estesa struttura osteofibrocartilaginosa. va dal capo al coccige. Ha una lunghezza media di 70 cm per gli uomini e di 60 cm per le donne, consta di cinque regioni le quali hanno un numero variabile di vertebre (solitamente 33).

    • Regione cervicale: consta di sette vertebre (C1,2,3,4,5,6,7), le prime due, più famose, sono l’atlas (C1) e l’axis (C2). La regione cervicale regge la testa e permette al collo una grande escursione articolare.
    • Regione dorsale(o toracica): è formata da dodici vertebre (T1-12), è la regione più ampia di tutta la colonna vertebrale, inoltre, unendosi alle costole forma la cassa toracica. Questo tratto possiede una rigidità elevata per evitare movimenti, specialmente flessioni, troppo bruschi e pericolosi.
    • Regione lombare: composta da cinque vertebre (L1-5), la sua struttura è particolarmente robusta e mobile.
    • Regione sacrale: consiste in un unico osso composto dalla fusione di cinque vertebre.
    • Regione coccigea: osso formato dalla fusione di quattro-cinque vertebre.

    Le principale funzioni della colonna vertebrale sono le seguenti: sostegno strutturale, supporto e protezione del sistema nervoso centrale e periferico, stabilità e protezione degli organi interni; le vertebre sono connesse mediante un disco fibrocartilaginoso, forte ed elastico, il quale fa da ammortizzatore e permette un certo movimento. Questo disco è chiamato disco intervertebrale.

    Prima di concludere il paragrafo è d’obbligo focalizzarsi un attimo sulle “curvature” della colonna. Se osservata lateralmente, saltano all’occhio le due convessità posteriori, dette cifosi e le due convessità anteriori: le lordosi. Rientrano nel primo gruppo la zona toracica e sacrale, sono invece delle lordosi la zona cervicale e quella lombare.

    Questa alternanza di curve, fa sì che la colonna vertebrale sia piuttosto mobile e resistente, garantendo l’equilibrio in posizione eretta. Le lordosi permettono gradi di movimento molto maggiori rispetto alle cifosi, specialmente la regione lombare, la quale ha una curvatura un po’ più marcata. Nella figura sopra, si può osservare come un curvatura eccessiva (iperlordosi, ipercifosi) anche di una sola regione, alteri inevitabilmente anche gli altri tratti della colonna (linea gialla).

    Mal di schiena: tassonomia

    Esistono due macrocategorie di mal di schiena: quello aspecifico (non-specific low back pain) e quello specifico (specific low back pain)5. L’aspecifico non è attribuito ad una precisa e dimostrabile causa patologica23, discorso diverso per quello specifico che a seconda della causa a cui è riconducibile (e dei sintomi) può rientrare nella sfera di competenze di diversi specialisti19.

    Nonostante le raccomandazioni delle linee guida, non è possibile identificare una causa patoanatomica specifica del dolore nella maggior parte dei pazienti e solitamente si ricerca una causa strutturale del LBP e la si studia utilizzando la diagnostica per immagini. […] Fortunatamente, la maggior parte dei fattori di rischio del LBP sono modificabili.

    Zaina F. et al, 2020

    È inoltre nota a livello internazionale un’altra classificazione basata sulla permanenza temporale del dolore6. Se il dolore ha una durata inferiore alle 4 settimane il mal di schiena viene allora definito come acuto (solitamente in questo breve periodo si agisce sui sintomi), quando invece la presenza del dolore perdura (4-12 settimane) – con un’aggravarsi della situazione fra stress, disturbi del sonno, problemi motori, ecc. – si ha un mal di schiena subcronico. Superate la 12 settimane si può parlare a tutti gli effetti di mal di schiena cronico.

    Popolazione, guarigione e aspetti psicologici

    Stando a una revisione sistematica di Hoy D. e colleghi4 la prevalenza dei sintomi tipici del low back pain (LBP) presenta un picco tra i 40  e i 69 anni. Sono inoltre più colpite dal LBP le donne rispetto agli uomini e la patologia è più comune nelle nazioni economicamente più ricche (ciò ovviamente non significa che nel secondo e terzo mondo sia assente)7,8.

    Sopra, la prevalenza media del LBP in base alle varie fasce d’età, con un confronto fra i sessi (Hoy D. et al, 2012). Come concludono gli stessi ricercatori nello studio citato poc’anzi: «Con l’invecchiamento della popolazione, è probabile che il numero globale di individui con lombalgia aumenti notevolmente nei prossimi decenni».

    Il LBP, disordine muscolo scheletrico, speso ha una “guarigione spontanea” (nel giro di al massimo 6 settimane il dolore scompare)9. In concreto, una nota meta-analisi del 2017 ha osservato una guarigione spontanea su oltre il 65% dei pazienti colpiti da ernie lombari20, percentuale grossomodo confermata da un altro lavoro pubblicato nel 2020 su BMC Musculoskeletal Disorders21. I casi di guarigione spontanea sul lungo periodo, com’è ovvio che sia, fanno mettere un po’ in discussione un certa visione della sala operatoria come unica via per la guarigione di un paziente.

    La chirurgia può essere presa in considerazione per i pazienti con sintomi gravi che non presentano una regressione (dell’ernia lombare, ndr) dopo 4 mesi dall’esordio (dei sintomi) e consigliamo vivamente un intervento chirurgico per coloro che non presentano una regressione dopo 10 mesi e mezzo.

    Yi Wang et al., 2020

    Tuttavia, non va ignorata quella minoranza di persone – minoranza nemmeno troppo piccola – che non si riprende con un trattamento conservativo. Altri studi hanno osservato casi di recidività dove su tre pazienti guariti, uno tornava a soffrire di mal di schiena, anche in maniera lieve, palesando quindi una guarigione incompleta10. Nella maggior parte dei casi, la lombalgia si cronicizza su persone con una vita sregolata24,25,26 (problemi psicologici, stress, carenza di sonno): «Disturbi del sonno e grande stress, ad esempio, possono causare iperattivazione delle cellule gliali e quindi un’infiammazione di basso grado, che porta a sensibilizzazione centrale e a del dolore diffuso»25.

    Nei paesi a basso e medio reddito, il mal di schiena è associato a un’elevata comorbilità per la salute mentale29. Le comorbilità devono essere prese in maggiore considerazione nella pratica clinica, poiché la loro presenza porta a un maggiore utilizzo delle risorse sanitarie30. Nei paesi a basso e medio reddito, il mal di schiena è associato a un’elevata comorbilità per la salute mentale29. Le comorbilità devono essere prese in maggiore considerazione nella pratica clinica, poiché la loro presenza porta a un maggiore utilizzo delle risorse sanitarie30.

    Zaina F. et al, 2020

    Va sottolineato che il LBP, definibile come lombalgia comune e disordine muscolo scheletrico, non è una lombosciatalgia. Si parla infatti di lombosciatalgia quando il dolore dalla zona lombare si estende a un arto inferiore. Stando a quanto riportato dall’European Journal of Pain28, una grossa parte – quasi il 40% – dei casi di mal di schiena cronici e disabilitanti (follow-up di 14 mesi) sono correlati alla comparsa di dolore in altre parti del corpo.

    Un ultimo dato interessante è l’apparente inutilità del trattamento manipolativo e farmacologico sul dolore provocato dalla lombalgia acuta22 (grafico sotto).

    E naturalmente non vanno sottovalutati gli aspetti psicologici del mal di schiena: «Mirare ai fattori psicologici associati al LBP, non solo ai fattori fisici, può aiutare a migliorare la gestione dei pazienti con LBP»11.

    Sopra, due differenti tipi di approccio al dolore (Chris J. Main et al., 2002).

    «Effects of confrontation or avoidance of pain on outcome of episode of low back pain: fear of movement and re-injury can determine how some people recover from back pain while others develop chronic pain and disability»12.

    Inoltre, i recenti limiti applicati agli spostamenti della vita quotidiana per far fronte alla pandemia da COVID-19, sembrano aver influito negativamente sulla salute della schiena di una parte della popolazione adulta. Forse per l’aumento della sedentarietà e dello stress generale13.

    Cause e fattori di rischio

    Solitamente, problemi meccanici e lesioni ai tessuti molli sono la causa della lombalgia. Queste lesioni possono includere danni ai dischi intervertebrali, compressione delle radici nervose e movimento improprio delle articolazioni spinali.

    John Peloza, MD – Causes of Lower Back Pain (2017)

    Da qualche anno a questa parte, studi scientifici evidenziano come i fenomeni degenerativi della colonna vertebrale rilevabili tramite RM (risonanza magnetica) e TAC siano piuttosto frequenti non solo nei soggetti che soffrono di mal di schiena ma anche in altre persone completamente asintomatiche. Una review pubblicata sull’American Journal of Neuroradiology14 (tabella sotto) ha messo in luce un fatto interessante: molte delle degenerazioni della colonna vertebrale riscontrate nei classici esami medici sono parte di un fisiologico processo di invecchiamento del corpo umano non necessariamente associato alla comparsa di dolori.

    Come inequivocabilmente mostrato dai numeri, anche i più giovani hanno degenerazioni discali, protrusioni, degenerazioni delle faccette articolari, ecc.

    L’eziologia multifattoriale della lombalgia comune fa’ sì che, purtroppo, non sempre le cause siano facilmente inquadrabili, specialmente quando si parla di lombalgia aspecifica. L’insieme di cofattori colpevoli del non-specific LBP sono i seguenti:

    • Fattori genetici;
    • Sesso;
    • Età;
    • Forma fisica (peso, altezza, massa magra e grassa);
    • Sedentarietà;
    • Cattive abitudini (fumo, alcol);
    • Depressione, malessere generale;
    • Lavori usuranti;
    • Diagnosi e trattamenti errati;
    • Atteggiamenti psicologici sbagliati nei confronti del dolore15,16,27.

    Dati alla mano, pare che la fattori genetici individuali giochino un ruolo cruciale sulla predisposizione o meno al mal di schiena24. Un recente ed ampio studio genetico27 ha notato come molti pazienti sintomatici abbiano una naturale predisposizione a palesare dei problemi anatomico-strutturali (come problemi ai dischi intervertebrali e antropometrici) e psicologici nei confronti del dolore (percezione ed elaborazione dello stesso). I processi degenerativi delle strutture della colonna vertebrale (vertebre, dischi, anelli fibrosi, faccette articolari, muscoli paraspinali, ecc.) avanzano in parallelo, rendendo difficile capire quali fattori o combinazioni di fattori possano avere più o meno a che fare col dolore23.

    Vi è inoltre il mal di schiena tipico della gravidanza che in letteratura scientifica viene così abbreviato: LBPP (low back pain and pelvic pain)17.

    La maggior parte delle donne incinte soffrono di lombalgia, nonostante i fisiologici adattamenti strutturali al sovraccarico dato dal feto17,18. Inoltre: «LBPP during a previous pregnancy, body mass index, a history of hypermobility, and amenorrhea are factors influencing the risk of developing LBPP during pregnancy» da Ingrid M. Mogren et al. (2005).

    Prevenzione

    In campo medico esistono tre differenti livelli di prevenzione: quella primaria, secondaria e terziaria. La prevenzione primaria è quella mirata all’utilizzo di comportamenti (e abitudini) finalizzati a prevenire a monte delle patologie (non fumare, praticare attività fisica, eccetera). La prevenzione seconda invece, si riferisce alla diagnosi precoce (tipica dello screening) che permette di intervenire tempestivamente, agendo su una malattia e tamponandone gli effetti negativi (solitamente è così per la mammografia). Infine, la prevenzione terziaria riguarda più che altro gli effetti a lungo termine di una malattia (come la gestione di una disabilità) e i casi di recidività.

    La letteratura scientifica pullula di paper inerenti la prevenzione del mal di schiena. Tre importanti revisioni sistematiche con meta-analisi, rispettivamente di Steffens et al.36, Huang R. et al.37, Shiri R. et al.38, hanno fatto notare come l’esercizio fisico possa essere un ottimo strumento se il fine è quello di prevenire il mal di schiena (anche abbinato a un’educazione sul problema36,37). Gli esercizi presi in esame da questi tre lavori andavano a rinforzare il retto addominale, i muscoli obliqui, gli erettori spinali, attività aerobica, yoga, esercizi di coordinazione, stretching e in alcuni casi anche gambe e parte superiore del corpo (upper body), con una frequenza delle sedute che andava da 1 a 7 volte a settimana e un tempo di lavoro che andava da 5 ai 90 minuti. Come già accennato, in alcuni casi si è dimostrata utile l’aggiunta di lezioni teoriche volte a dare un’infarinatura generale sull’anatomia e biomeccanica della bassa schiena, sulle evidenze scientifiche inerenti il LBP e sulla tecnica esecutiva dei movimenti di sollevamento. Lo studio di Shiri R. e colleghi pubblicato sull’American Journal of Epidemiology38, sempre in un’ottica di prevenzione del mal di schiena, nelle sue conclusioni consiglia 2-3 allenamenti settimanali dedicati al rinforzo muscolare, all’esercizio aerobico ed allo stretching. Altro dato interessante: interventi passivi come l’utilizzo di solette plantari o di cinture per il sostegno della schiena (back belt) si sono dimostrate inefficaci.

    «In diversi studi […] viene dimostrato che nei pazienti che soffrono di LBP il meccanismo di attivazione muscolare anticipatorio della cintura miofasciale è alterato durante un movimento. La stabilità spinale è strettamente correlata all’insorgere di lombalgia: non basta, quindi, una colonna vertebrale sana per evitare problematiche di mal di schiena, ma sono necessari anche muscoli efficienti e una buona capacità di controllo. Una corretta sinergia dei tre sistemi descritti nel modello ideato da Punjabi (fig. sotto, ndr) assicura un’efficace stabilizzazione della colonna vertebrale. Per svolgere gli esercizi in modo efficace è fondamentale abbinarli ad una corretta respirazione, controllando la sua frequenza, la sua coordinazione col movimento e la sua qualità»39.

    Sopra, la relazione tra i tre sottosistemi – attivo, passivo e neurale – che contribuiscono alla stabilità della spina dorsale, elemento fondamentale per la salute della bassa schiena (da Panjabi M., 1992).

    Come giustamente fatto notare dal Dott. Giroldo39, un documento finanziato dal Ministero della Salute (Percorsi diagnostico terapeutici per l’assistenza ai pazienti con il mal di schiena) spiega con un linguaggio alla portata di tutti quelli che sono dei semplici consigli per contrastare il LBP: evitare di stare seduti nella stessa posizione oltre 20-30 minuti, guidare l’automobile con un supporto lombare, piegarsi mantenendo le curve fisiologiche del rachide e svolgere quotidianamente dell’attività fisica.

    Riabilitazione

    Mentre il mal di schiena acuto ha tendenzialmente una prognosi positiva, il mal di schiena cronico spesso è, appunto, persistente e con ridotte possibilità di recupero totale, anche se vi è la possibilità di migliorare la qualità della vita ed attenuare l’intensità del dolore23. Le linee guida raccomandano l’autogestione del dolore, terapie fisiche, psicologiche e pongono poca enfasi sul trattamento farmacologico e chirurgico31. Un paper apparso sul Journal of the American Medical Association32 nell’agosto 2020 ha evidenziato la scarsa efficacia delle tecniche manipolative e di mobilizzazione – tipiche dell’osteopatia – applicate su adulti di età compresa fra i 18 ed i 45 anni affetti da LBP cronico di intensità media e moderata. Sotto un interessante scambio di commenti fra il Dott. Evangelista ed il ricercatore Franco Impellizzeri.

    Viviamo su un’isola circondata da un mare di ignoranza. Più cresce l’isola della nostra conoscenza, più si allunga la costa della nostra ignoranza diceva il fisico statunitense John A. Wheeler, paradossalmente sembra che all’aumentare del numero di pubblicazioni scientifiche aumentino i dubbi di chi questi argomenti li studia da anni. Chiusa la parentesi, il famigerato approccio biopsicosociale citato dal Professor Impellizzeri cozza con quello biomedico, che vedrebbe come causa (o cause) di una patologia variabili puramente biologiche da correggere con terapie mirate, prescritte da un medico/fisioterapista/fisiatra/chinesiologo e così via. Si tratta quindi un approccio, quello biopsicosociale, multidimensionale che può vantare una visione d’insieme che quello biomedico non possiede: «Il modello biopsicosociale è una strategia di approccio alla persona, che attribuisce il risultato della malattia, così come della salute, all’interazione intricata e variabile di fattori biologici (genetici, biochimici, ecc.), fattori psicologici (umore, personalità, comportamento, ecc.) e fattori sociali (culturali, familiari, socioeconomici , ecc.)»33,34.

    Alcuni studi avevano dimostrato che la terapia manipolativa e l’educazione al dolore avevano diminuito il dolore e la disabilità. Tuttavia, la maggior parte di essi ha mostrato un debole effetto del trattamento, con soli miglioramenti nell’immediato o a breve termine, principalmente nella terapia manipolativa.

    Vier C. et al., 2018

    Sotto, le fasi di un trattamento risultato efficace unicamente in acuto35.

    Salvo Di Grazia, medico e divulgatore scientifico, in un suo post datato ottobre 2018 aveva fatto un riassunto delle evidenze all’epoca disponibili sulla “cura” del mal di schiena e ne era emerso uno scenario pressoché identico a quello attuale. Molti trattamenti inefficaci ed altri discretamente efficaci sul breve termine ma inutili sul medio e lungo periodo – agopuntura, osteopatia, ultrasuoni, massaggi, tachipirina, laser, farmaci antinfiammatori, stimolazione elettrica nervosa transcutanea, massaggi… -, fatta eccezione per l’attività fisica.

    Passando all’atto pratico, dopo aver visto che il mal di schiena cronico ed aspecifico difficilmente può guarire del tutto e che moltissime terapie sono praticamente inutili sul lungo periodo, occorre chiedersi quale tipo di attività fisica possa praticare oppure no una persona. Sottolineando che in questa sede non è possibile analizzare caso per caso e che la “terapia motoria” andrebbe somministrata in maniera differente da paziente a paziente… A grandi linee, è consigliabile educare piano piano al movimento e ad un corretto stile di vita chi è affetto da lombalgia, senza fare terrorismo e cercando di rendere la persona pronta a reggere psicologicamente una probabile lunghissima convivenza col dolore. Cercando di capire, sempre riguardo all’aspetto mentale, se può esserci qualcosa che non va nella sua vita quotidiana; ricordiamo per il LBP è vivamente consigliato un approccio biopsicosociale e di conseguenza l’intervento di più d’una figura professionale.

    Si è visto come lo yoga, se correttamente dosato, possa dare dei benefici sul lungo periodo40 e una review pubblicata su Pain and Therapy41, ha messo in luce anche l’efficacia del pilates, degli esercizi McKenzie (con qualche controversia dovuta alla non uniformità dei dati), corsa in acqua (altezza spalle) alla soglia aerobica individuale ed esercizi di stabilizzazione mirati a migliorare il controllo neuromuscolare e la forza del core, ossia la parte centrale del corpo (immagine sotto).

    Sopra, degli esercizi dimostratisi efficaci per ridurre la disabilità da cLBP (cronic low back pain) ed il dolore ad esso associato. Nello studio in questione42, la routine era la seguente: 3 allenamenti a settimana, di una durata di circa 60 minuti l’uno, per 6 settimane totali (altre informazioni utili qui sotto).

    Dopo aver tentato di curare due gruppi di pazienti dalla lombalgia cronica – uno con gli esercizi di stabilizzazione e l’altro con dello yoga – i ricercatori sono arrivati alle seguenti conclusioni: «I nostri risultati indicano che lo yoga e la ginnastica di stabilizzazione hanno aspetti superiori a ogni altro in termini di dolore, disabilità, prestazioni e qualità della vita correlata alla salute».

    Infine, come specificato da J. V. Pergolizzi Jr. e coll. (2020), è bene ricordare che l’esercizio fisico è una terapia efficace per i casi di lombalgia, a patto che questa sia un minimo duratura (almeno 6-12 settimane), questa affermazione, oltre che col low back pain cronico, si sposa piuttosto bene anche con dei casi di LBP subcronico.

    Sopra, trovate alcuni esercizi alla portata di tutti utili sia per la prevenzione che la riabilitazione (video del Dott. Roncari, pubblicato per Project Invictus).

    Conclusioni

    Cosa portarsi a casa da questo articolo? Il mal di schiena di schiena generico, di per sé un qualcosa di aspecifico, può colpire una platea di persone piuttosto eterogenea. Data l’eziologia multifattoriale, molto ancora dev’essere indagato ma pur non esistendo una “cura definitiva”, i singoli individui possono fare molto per prevenirlo e per combatterne la disabilità a lungo termine. La direzione in cui sta andando la società moderna pare essere sempre più lontana dalla cura fisica e psichica delle persone, sarebbe bene che tutti, nel loro piccolo, lavorassero per cercare di invertirla.

    Quanto rimane, è un destino di cui solo la conclusione è fatale. All’infuori di questa unica fatalità della morte, tutto – gioia o fortuna – è libertà, e rimane un mondo, di cui l’uomo è il solo padrone.

    Albert Camus, Il mito di Sisifo (1942)

    Grazie per l’attenzione!


    Bibliografia

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    31 Nadine E Foster, Johannes R Anema, Dan Cherkin, Roger Chou, Steven P Cohen, Douglas P Gross, Paulo H Ferreira, Julie M Fritz, Bart W Koes, Wilco Peul, Judith A Turner, Chris G Maher, Lancet Low Back Pain Series Working Group – Prevention and treatment of low back pain: evidence, challenges, and promising directions. Lancet. 2018 Jun 9;391(10137):2368-2383

    32 James S. Thomas, Brian C. Clark, David W. Russ, Christopher R. France, Robert Ploutz-Snyder, Daniel M. Corcos – Effect of Spinal Manipulative and Mobilization Therapies in Young Adults With Mild to Moderate Chronic Low Back Pain. JAMA Netw Open. 2020 Aug; 3(8)

    33 Modello biopsicosociale – Wikipedia (link)

    34 Santrock, J. W. – A Topical Approach to Human Life-span Development (3a ediz., 2007)

    35 Clécio Vier, Marcelo Anderson Bracht, Marcos Lisboa Neves, Maíra Junkes-Cunha, Adair Roberto Soares Santos – Effects of spinal manipulation and pain education on pain in patients with chronic low back pain: a protocol of randomized sham-controlled trial. Integr Med Res. 2018 Sep;7(3):271-278

    36 Daniel Steffens, Chris G Maher, Leani S M Pereira, Matthew L Stevens, Vinicius C Oliveira, Meredith Chapple, Luci F Teixeira-Salmela, Mark J Hancock – Prevention of Low Back Pain: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA Intern Med. 2016 Feb;176(2):199-208

    37 Rongzhong Huang, Jie Ning, Vivienne H Chuter, Jeffrey Bruce Taylor, Demoulin Christophe, Zengdong Meng, Yu Xu, Lihong Jiang – Exercise alone and exercise combined with education both prevent episodes of low back pain and related absenteeism: systematic review and network meta-analysis of randomised controlled trials (RCTs) aimed at preventing back pain. Br J Sports Med. 2020 Jul;54(13):766-770

    38 Rahman Shiri, David Coggon, Kobra Falah-Hassani – Exercise for the Prevention of Low Back Pain: Systematic Review and Meta-Analysis of Controlled Trials. Am J Epidemiol. 2018 May 1;187(5):1093-1101

    39 Giroldo Andrea – Il ruolo dell’attività fisica nella prevenzione del mal di schiena aspecifico. Tesi di Laurea, Corso di Studi in Scienze delle Attività Motorie e Sportive, L-22 (SUISM, a.a. 2017/2018)

    40 L Susan Wieland, Nicole Skoetz, Karen Pilkington, Ramaprabhu Vempati, Christopher R D’Adamo, Brian M Berman – Yoga treatment for chronic non-specific low back pain. Cochrane Database Syst Rev. 2017 Jan 12;1(1):CD010671

    41 Joseph V Pergolizzi Jr, Jo Ann LeQuang – Rehabilitation for Low Back Pain: A Narrative Review for Managing Pain and Improving Function in Acute and Chronic Conditions. Pain Ther. 2020 Jun;9(1):83-96

    42 A Demirel, M Oz, Y A Ozel, H Cetin, O Ulger – Stabilization exercise versus yoga exercise in non-specific low back pain: Pain, disability, quality of life, performance: a randomized controlled trial. Complement Ther Clin Pract. 2019 May;35:102-108

    Dardanello Davide – Chinesiologia (Dispense Universitarie SUISM, a.a. 2017/2018)

    Spine Center – Hip-Spine Syndrome: relazione anca-rachide lombare nel LBP (link)

  • Farmaci Beta-Bloccanti e Beta2-agonisti: azione, doping e rischi

    Farmaci Beta-Bloccanti e Beta2-agonisti: azione, doping e rischi

    Al contrario di quanto possono pensare i non addetti ai lavori, il doping non è solo mera ipertrofia o resistenza e in questo articolo ne avremo la conferma. Quindi prendetevi due minuti di tempo e leggetevi quanto segue.

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    Caratteristiche e funzioni

    I β-bloccanti, sono una classe di farmaci che agisce bloccando i recettori β-adrenergici. Possono bloccarli indistintamente tutti o solo alcuni. Invece, i β2 agonisti, detti anche agonisti selettivi, interagiscono con solamente con i recettori adrenergici di tipo β2.

    Ma ora occorre fare un passo indietro: volendo andare dritti al punto, quelli adrenergici sono dei particolari recettori situati su numerosi organi o tessuti del corpo umano. Grazie ad essi, ormoni come le catecolamine possono espletare lo loro funzioni fisiologiche su, appunto, tessuti od organi. I recettori possono essere di due tipi: dopaminergici (D1, D2, D3, D4, D5) o adrenergici (α1, α2, β1, β2, β3). Ora a noi interessano solo quest’ultimi.

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    A seconda del recettore col quale interagiscono i farmaci, essi possono portare a diversi effetti su svariati tessuti ed organi.

    I farmaci β-bloccanti e β2-agonisti vengono utilizzati principalmente per il trattamento di alcune patologie polmonari, come l’asma, cardiache e come antidepressivi. Come possiamo notare nella tabella riportata sopra, i farmaci che interagiscono con i recettori adrenergici β2 causano, fra le altre cose, un rilassamento dei bronchi (da qui la loro utilità per numerose patologie respiratorie).

    La continua ricerca nel creare sostanze selettive nei confronti dei recettori adrenergici β2 ha dato come risultato quello di ottenere dei farmaci maggiormente sicuri (minori effetti collaterali).

    A seconda della durata dell’effetto dei vari farmaci, i β2-agonisti possono suddividersi in tre categorie principali: ad azione rapida (fenoterolo, salbutamolo), ad azione lunga (bambuterolo, clenbuterolo) e ad azione ultralunga (indacaterolo).

    Effetti dopanti

    Gli antidepressivi beta-bloccanti, riducono la forza di contrazione a livello cardiaco, questo li rende utili in sport di precisione, dove è necessario muoversi poco e rimanere concentrati, come ad esempio il tiro con l’arco.

    L’utilizzo di farmaci β2-agonisti a dosaggi particolarmente elevati, che vanno quindi oltre il terapeutico, è associato ad un anabolismo dei tessuti e a un’incremento della forza. Basti pensare che il clenbuterolo è somministrato ad alcuni capi di bestiame in allevamenti al di fuori della Comunità Europea per far crescere gli animali più in fretta.

    Negli anni passati, i test nei quali gli atleti son risultati positivi ai β2-agonisti hanno raggiunto il 6% dei test positivi totali. Attualmente la percentuale è leggermente in calo.

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    Struttura chimica del clenbuterolo

    Anti-doping ed effetti collaterali

    Per i motivi riportati sopra, anche se inalati, i farmaci β-bloccanti e β2-agonisti sono vietati dalle norme anti-doping (WADA), fatta eccezione per un ristretto numero di essi che, a certi dosaggi, e con opportuna “dichiarazione di uso”, sono tollerati.

    I principali effetti collaterali riscontrati con l’abuso di questi farmaci sono:

    • Tremore
    • Crampi muscolari
    • Cefalea
    • Tachicardia
    • Iperglicemia
    • Disturbi del sonno
    • Stanchezza
    • Calo del desiderio sessuale
    • Impotenza (rara)
    • Nausea e vomito
    • Estremita di mani e piedi fredde (vasocostrizione periferica)

    Grazie per l’attenzione!

    Questo articolo è a scopo puramente divulgativo, quanto riportato sopra è da considerarsi libera informazione e non vuole invitare in alcun modo le persone ad assumere sostanze che ricordo essere dannose e illegali.

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    Referenze

    Sacchi N. – Farmaci e doping nello sport (2014)

    Weineck J. – Biologia dello sport (2005)

    Sito WADA (www.wada-ama.org)

  • Sostanze eccitanti per il dimagrimento e la performance sportiva

    Sostanze eccitanti per il dimagrimento e la performance sportiva

    Le sostanze definite eccitanti, o stimolanti, sono sostanze in grado di simulare l’azione del sistema nervoso simpatico. Questo gruppo di sostanze è assai vasto, gli stimolanti possono infatti avere effetti molto diversi fra loro, hanno in comune però la capacità di aumentare la permanenza in circolo di catecolamine, neurotrasmettitori che rivestono un importante ruolo nel controllo delle funzioni vegetative, motorie e psichiche, data la loro interazione con il sistema nervoso simpatico.

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    Le catecolamine derivano dalla  (altro…)

  • Estrogeni: cosa sono e relazione con gli steroidi

    Estrogeni: cosa sono e relazione con gli steroidi

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    Gli estrogeni sono gli ormoni sessuali femminili, sono endogenamente prodotti a partire dal testosterone, attraverso l’azione dell’enzima aromatasi*. Sono proibiti dalla WADA (World Anti-Doping Agency) sia lontano che nei pressi di una competizione, e nella lista della sostanze proibite occupano il “capitolo” S4: Antagonisti e modulatori degli ormoni.

    *sono prodotti dall’organismo sia nella donna che nell’uomo (nel secondo, a meno che non vi siano squilibri ormonali, in quantità assai minori).

    Come gli androgeni per l’uomo, nella donna gli estrogeni sono responsabili (altro…)

  • I glucocorticoidi: utilizzo nello sport ed effetti collaterali

    I glucocorticoidi: utilizzo nello sport ed effetti collaterali

    Cortisol-3D-balls.pngI glucocorticoidi sono una classe di ormoni di natura steroidea prodotti dalle ghiandole surrenali. La secrezione di glucocorticoidi è stimolata dall’ormone adrenocorticotropo (ACTH) adenoipofisario, la cui secrezione è a sua volta stimolata dall’ormone di rilascio della corticotropina (CRH) ipotalamico. Rientrano ad esempio in questa classe di ormoni il cortisolo, cotisone, corticosterone e così via. I glucocorticoidi hanno varie funzioni, dall’azione sul metabolismo dei carboidrati, alla catabolizzazione degli altri macronutrienti e al controllo delle risposte infiammatorie ed immunitarie (per questo motivo alcuni farmaci glucocorticoidi vengono definiti FAS, farmaci antinfiammatori steroidei). Questi ormoni stimolano quindi la gluconeogenesi e la lipolisi, sono considerati iperglicemizzanti ma allo stesso tempo catabolici, anche se lo stimolo alla produzione di insulina annulla, almeno parzialmente, l’effetto lipolitico.

    Tuttavia, il catabolismo non riguarda solo la massa muscolare ma anche i tessuti linfatici e connettivi, con successiva demineralizzazione delle ossa e possibili manifestazioni di osteoporosi. Livelli più o meno alti di ormoni glucocorticoidi possono modulare la produzione di altri ormoni (insulina, gh, testosterone, paratormone ecc.).

    In più, i glucocorticoidi agiscono inibendo l’attivazione di altri geni, in particolare NFkB, proteina responsabile dell’attivazione di numerosi mediatori dell’infiammazione. L’inibizione dell’attività della fosfolipasi A2 comporta una diminuzione della produzione di prostaglandine e di leucotrieni, fattori determinanti l’instaurazione di un processo infiammatorio.

    Tuttora rappresentano circa il 5% dei casi di positività ai test antidoping. L’uso dei glucocorticoidi normalmente è vietato, eccetto per specifiche cure mediche.

    Attualmente, per lo sport, vengono assunti col fine di aumentare le disponibilità energetiche, ritardare l’insorgenza dell’affaticamento muscolare e combattere le infiammazioni, alleviando quindi il dolore in caso di infortunio. Anche se non si vuole fare di tutta l’erba un fascio, è opportuno constatare che ci sia un abuso di questi farmaci negli sport di endurance, specialmente nel ciclismo.

    A seconda della durata della loro azione possono dividersi in tre categorie:

    • glucocorticoidi a breve durata d’azione (es. cortisone e idrocortisone)
    • glucocorticoidi a intermedia durata d’azione (es. prednisone, prednisolone, parametasone)
    • glucocorticoidi a lunga durata d’azione (es. desametasone, betametasone ecc.)

    Gli effetti collaterali, soprattutto se si esagera con le dosi sono molteplici, insieme a quelli già accennati i principali sono:

    • infiammazioni allo stomaco
    • osteoporosi ed osteonecrosi
    • diabete mellito
    • ridotta sintesi collagene
    • insonnia
    • stanchezza
    • ritenzione idrica e aumento di peso
    • rallentamento metabolico
    • ridotta produzione di androgeni
    • scarsa cicatrizzazione delle ferite.
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    Il lottatore Evangelista Santos dopo aver ricevuto una ginocchiata saltata. La frattura cranica, molto probabilmente, è stata facilitata dall’osteoporosi derivante dall’abuso di glucocorticoidi.

    Modificando però la struttura molecolare del cortisolo è possibile ottenere farmaci maggiormente efficaci, con un minor numero di effetti collaterali e più difficilmente rintracciabili dai test antidoping (viene cambiata l’affinità con i recettori glucocorticoidi e mineracorticoidi).

    Questo articolo é a scopo puramente divulgativo, quanto riportato sopra é da considerarsi libera informazione e non vuole invitare in alcun modo le persone ad assumere sostanze che ricordo essere dannose e illegali.


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    Bibliografia

    Sacchi N. – Doping e farmaci nello sport (Nonsolofitness, 2014)
    Glucocorticoide – Wikipedia
    Cravanzola E. – Energia e sport (2016)

  • EPO: dalla fisiologia al suo utilizzo nello sport

    EPO: dalla fisiologia al suo utilizzo nello sport

    Tanti, troppi parlando di doping si mettono in bocca la parola EPO ma pochi in realtà sanno di cosa si tratti. Buona lettura!

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    L’acronimo EPO non é altro che l’abbreviazione della parola eritropoietina, un ormone glicoproteico prodotto naturalmente dai reni, dal fegato ed in misura molto minore dal cervello. La sua funzione principale é la regolazione dell’eritropoiesi, cioé la produzione dei globuli rossi da parte del midollo osseo.

    L’esistenza di  (altro…)

  • Steroidi e indice terapeutico

    Steroidi e indice terapeutico

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    In medicina si utilizza un valore di comparazione, per definire il grado di efficacia di un farmaco sui vari tessuti del corpo umano. Questo valore si chiama indice di comparazione (IT) e, per quanto riguarda gli steroidi, assume una particolare importanza in quanto ci permette di valutare il potere anabolico di una determinata sostanza e il suo potere androgeno.
    Gli effetti del primo tipo riguardano il tessuto muscolare, quelli del secondo le caratteristiche maschili secondarie (es. prostata). I due effetti sono comunque collegati, in fondo anche l’accrescimento muscolare è un effetto androgeno, tuttavia questo indice terapeutico ci permette di valutare con una discreta precisione l’azione di una sostanza su un tessuto od organo piuttosto che su un altro.

    L’indice terapeutico anabolizzante/androgeno (A:A), detto anche anabolic to androgenic ratio, ha come valore di riferimento il rapporto 100:100 del testosterone puro. Ovviamente gli atleti dopati ricercano maggiormente gli effetti del primo tipo (anabolizzanti), anche perchè ai secondi (androgeni) sono associati la maggior parte degli effetti collaterali tipici degli steroidi.

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    Indice terapeutico di alcuni dei principali tipi di steroidi

    Nella figura a sinistra, si possono osservare alcune delle principali sostanze dopanti presenti sul mercato ed il relativo indice terapeutico (anabolizzante : androgeno). Sostanze come lo stanozololo sono diffusissime proprio per il rapporto A:A nettamente a favore dell’anabolismo (10 a 1 in questo caso).

    Tuttavia, l’IT presenta dei limiti. Infatti, non è sempre possibile calcolarlo con assoluta precisione e, per di più, non tiene conto degli effetti collaterali (sides) riscontrabili nel lungo periodo. A questo poi c’è anche da aggiungere la risposta soggettiva a dosi farmacologiche dopanti, le quali vanno ben oltre la soglia terapeutica. Perché, a seconda della genetica recettoriale, con ad esempio 400 mg/settimana di testosterone enantato, certi soggetti potranno riscontrare bassissimi effetti collaterali, mentre altri potranno averne di elevati. E’ proprio per questi motivi che, in ambito doping, non esiste la dose sicura, ci sono di mezzo troppe variabili individuali.

    Per ulteriori informazioni sulla questione steroidi, vi rimando ad altri articoli presenti su questo sito.

    Questo articolo è a scopo puramente divulgativo, quanto riportato sopra è da considerarsi libera informazione e non vuole invitare in alcun modo le persone ad assumere sostanze che ricordo essere dannose e illegali.


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    Bibliografia

    Sacchi N. – Farmaci e doping nello sport (Nonsolofitness, 2014)
    What is Anabolic:Androgenic Ratio? (prohormonedb.com)
    Cravanzola E. – Ormoni androgeni: fisiologia di base, benefici ed effetti collaterali (2016)

  • Beta-Ecdisterone: un integratore legale simile agli steroidi?

    Beta-Ecdisterone: un integratore legale simile agli steroidi?

    wp-1480691214006.jpgDa sempre, sportivi e non, sono alla ricerca di supplementi, possibilmente economici, che li rendano più muscolosi, più forti, più veloci e così via. Come da titolo, l’integratore legale che in questo articolo viene messo sotto la nostra lente di ingrandimento è il  20-Hydroxyecdysone, meglio conosciuto come β-Ecdisterone, un ormone di origine animale che sembrerebbe in grado di stimolare la sintesi proteica e la mobilitazione del tessuto adiposo quasi quanto dei veri e propri farmaci anabolizzanti. Tutto ciò con effetti collaterali praticamente inesistenti.

    Ma quanto c’è di marketing in tutto questo? Nelle prossime righe cercheremo di tracciare il confine tra marketing e realtà.

    Presentazione

    Il β-Ecdisterone è un ormone prodotto a livello endogeno da alcuni insetti invertebrati, utile principalmente a controllare la muta di quest’ultimi. È inoltre un fitosterolo (molecola di sterolo distribuita in alcune piante) prodotto ad esempio dalla maca (Lepidium meyenii) o dalla suma (Hebanthe eriantha) e può essere ottenuto anche per sintesi organica, a partire dal colesterolo.

    Struttura chimica
    Cenni storici e letteratura scientifica

    Il β-Ecdisterone venne analizzato per la prima volta nel 1976, da dei ricercatori sovietici [1]. Inizialmente questi ricercatori gli attribuirono una marcata attività anabolica in seguito all’aumento della sintesi proteica. Una dozzina di anni dopo, il potere anabolico di questo ormone venne addirittura considerato superiore a quello del metandrostenolone,  conosciuto a livello farmaceutico come Dianabol [2], sempre nel medesimo studio venne riscontrato anche un leggero incremento della resistenza fisica.

    Negli anni successivi, studi che, come quelli precedenti, erano stati effettuati sui topi da laboratorio, confermarono un buon potere anabolico e lipolitico di questo ormone, specialmente se abbinato a diete iperproteiche [3,4]. Si è inoltre visto come questo ormone possa ridurre i livelli di glucosio nel sangue, senza però influire su quelli insulinici [5].

    Peccato però che questi grandi effetti anabolizzanti e lipolitici siano stati riscontrati soprattutto in vitro e su animali, assai raramente sulle persone. Mancano infatti prove certe della sua reale efficacia sugli esseri umani [6].

    Continuando a spulciare la letteratura scientifica, in tempi un po’ più recenti, uno studio del 2006 aveva concluso che con una supplementazione di 200 mg giornalieri di questo ormone, non c’erano effetti significativi sull’uomo [7], mentre uno studio recentissimo [8] ha nuovamente evidenziato un forte potere anabolico di questo ormone, comparabile addirittura a quello del Trenbolone, ritenendo che sarebbe opportuno vietarne la libera vendita. Secondo i ricercatoti in questione l’effetto anabolizzante, citando testualmente “is mediated by estrogen receptor (ER) binding“. Ma aspettate un secondo ad ordinare il β-Ecdisterone su qualche sito di integratori, perché devo darvi una brutta notizia… quest’ultimo studio non ha utilizzato come cavie delle persone, ma sempre i soliti animali ed effetti in vitro.

    Risultati ipertrofici riscontrati sui topi, l’ultima colonna a destra è quella del β-Ecdisterone [8]

    Per concludere va anche citato uno studio tedesco del 2008, dal quale emersero dei benefici di questo integratore sul trattamento dell’osteoporosi [10]. Tuttavia, mancano altri riscontri, il materiale attualmente presente in letteratura scientifica è troppo poco per passare a delle conclusioni certe, senza contare che lo studio in questione era stato condotto sui topi.

    Effetti collaterali

    Secondo i dati disponibili al giorno d’oggi, l’assunzione di β-Ecdisterone non sembrerebbe avere alcun effetto indesiderato.

    Acquisto e dosaggio

    Questo ormone è acquistabile separatamente oppure abbinato ad un mix di aminoacidi, creatina ed altre sostanze (questi barattoloni generalmente vengono chiamati “Testo Booster” o “Mass Gainer”). Se lo si vuole testare, il consiglio è ovviamente quello di acquistarlo separatamente. Al riguardo, il dosaggio consigliato dalle aziende che lo commerciano è di 50-90 mg/dì, tuttavia si ipotizza che per ottenere effetti rilevanti il dosaggio debba essere piú alto: 5 mg per kg di peso corporeo (al giorno) [9]. Quindi un persona con un peso nella media, 70 kg per esempio, dovrebbe prenderne 350 mg/dì per sperare di ottenere gli effetti desiderati.

    Accantonando un attimo i dati scientifici, nell’ambiente del bodybuilding un dosaggio molto in voga è quello di 3-4 grammi/dí, una quantità di β-Ecdisterone molto superiore a quelle studiate e consigliate. Comunque, negli anni non si è verificato nessun caso ufficiale di “malore da β-Ecdisterone” o intossicazione, ergo, all’atto pratico, anche questi dosaggi più hardcore sembrerebbero sicuri.

    Conclusioni

    Ne vale veramente la pena? Questa è la domanda da porsi, perchè indubbiamente il β-Ecdisterone ha un forte potere anabolico e lipolitico, il problema è: su chi? Perchè è noto a tutti che ció che funziona per alcuni animaletti da laboratorio non sempre sia valido anche per l’essere umano.

    Gli studi incentrati su questa sostanza non sono molti e quelli che prendono in esame gli effetti sull’uomo, sono ancora meno. La ricerca scientifica su questo ormone è quindi solo agli inizi, restiamo in attesa e in futuro potremo scoprirne delle belle (o forse no?). In ogni caso il β-Ecdisterone è un ormone senza dubbio interessante, quindi il consiglio è quello di tenerlo d’occhio ma, allo stesso tempo, di rimanere con i piedi per terra, senza farsi fregare dal marketing ben orchestrato.


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    Bibliografia

    1 Syrov V. N. et al. – Anabolic activity of phytoecdysone-ecdysterone isolated from Rhaponticum carthamoides (1976)
    2 Chermynkh N. S. et al. – The action of methandrostenolone and ecdysterone on the physical endurance of animals and on protein metabolism in the skeletal muscles (1988)
    3 Slama K. et l. – Insect hormones in vertebrates: anabolic effects of 20-hydroxyecdysone in Japanese quail (1996)
    4 Simakin S. Yu. et al. – The combined use of ecdisten and the product ‘Bodrost’ during training in cyclical types of sports (1998)
    5 Chen Q. et al. – Effect of ecdysterone on glucose metabolism in Vitro (2005)
    6 Lafont R., Dinan L. – Practical uses for ecdysteroids in mammals including humans: an update (2003)
    7 Wilborn C. et al. – Effect of Methoxyisoflavone, Ecdysterone, ans Sulfo-Polysaccharide Supplementation on Training Adaptation in Resistance-Trained Males (2006)
    8 Parr M. K. et al. – Ecdysteroids: A novel class of anabolic agents? (2015)
    9 Bizec et al. – Ecdysteroids: one potential new anabolic family in breeding animals (2002)
    10 Gao L. et al. – Beta-ecdysterone induces osteogenic differentiation in mouse mesenchymal stem cells and relieves osteoporosis (2008)
    Wikipedia – 20-Hydroxyecdysone

  • Ormoni androgeni: fisiologia di base, benefici ed effetti collaterali

    Ormoni androgeni: fisiologia di base, benefici ed effetti collaterali

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    Dopo un paio di articoli introduttivi, si passa ora ad un piatto caldo: gli ormoni androgeni. Buona lettura!

    Gli ormoni androgeni sono una classe di ormoni deputati alla formazione e al mantenimento delle caratteristiche sessuali maschili. Si distinguono dagli steroidi anabolizzanti per il semplice fatto di interferire con l’accrescimento di più organi e tessuti, questo perché gli steroidi anabolizzanti sono sostanze sintetiche, simili agli ormoni androgeni, in grado di mimarne gli effetti ma con la differenza di essere coinvolti solamente nello sviluppo del tessuto muscolare (anabolismo delle proteine contrattili). Tutti gli ormoni appartenenti a questo raggruppamento sono prodotti a partire dal colesterolo.

    L’androgeno per eccellenza é il testosterone, a partire dall’età puberale la sua produzione (endogena) schizza alle stelle, per poi stabilizzarsi intorno ai 5-7 mg/dì. In seguito, superati i 35 anni circa la sua produzione lentamente cala.

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    Maturazione di un soggetto maschile col passare del tempo, da evidenziare é l’enorme picco ormonale che si raggiunge in concomitanza dell’adolescenza

    I principali ormoni androgeni sono sei: deidroepiandrosterone (DHEA), androstenedione, androstenediolo, androsterone, diidrotestosterone (DHT) e testosterone. Sono fortemente legati l’uno all’altro, basti pensare all’androstenediolo prodotto dal DHEA o dal DHT, metabolita del testosterone.

    Ora, descriveró brevemente i primi cinque per soffermarmi poi sul più importante, il testosterone.

    • Deidroepiandrosterone (DHEA): viene prodotto dalle ghiandole surrenali ed è il principale ormone maschile presente nelle donne, precursore tral’altro degli estrogeni e associato ad un ipotetico incremento dell’IGF-1 e ad una riduzione del catabolismo indotto dal cortisolo.
    • Androstenedione: é prodotto dai testicoli, ghiandole surrenali e ovaie. Viene convertito metabolicamente in testosterone.
    • Androstenediolo: prodotto dal deidroepiandrosterone, l’organismo lo converte in testosterone.
    • Androsterone: il fegato lo produce metabolozzando il testosterone, ha una debole attività androgena.
    • Diidrotestosterone (DHT): é un metabolita del testosterone, per azione dell’enzima 5α-reduttasi viene prodotto soprattutto nei testicoli e nella prostata. É molto attivo grazie alla sua affinità con il recettore degli androgeni.
    • Testosterone: é il più importante ormone maschile e viene prodotto nei testicoli dalle cellule di Leyding. Da esso, tramite l’enzima aromatasi vengono prodotti gli estrogeni, grazie a un’azione aromatizzante, la quale produce un anello aromatico (particolare costruzione molecolare). Questo ormone regola l’intero apparato riproduttore maschile e aiuta nello sviluppo delle caratteristiche maschili secondarie (crescita della barba, timbro vocale, sviluppo della muscolatura ecc.).

    Buona parte del testosterone presente nel nostro corpo é inattivo perché legato a due particolari proteine di trasporto: l’albumina (60%) e la SHGB (sex hormone-binding globulin, 38%). Solo la forma libera del testosterone, 2% circa, é attiva. Ed è anche per questo motivo che gli studi scientifici che mostrano un aumento del solo testosterone totale, misurato in nanogrammi (ng), hanno una valenza relativa. Quello che più interessa a noi è la forma libera!

    L’azione degli androgeni prodotti dal corpo deriva dalla loro conversione proprio in testosterone e dall’azione del DHT, suo derivato. Inoltre, gli androgeni favoriscono il dimagrimento, limitando lo stoccaggio di grasso negli adipociti e attivando la lipolisi (producendo recettori β-adrenergici sulle cellule del grasso, ove interviene l’adrenalina). Tutti gli ormoni androgeni vengono metabolizzati dal fegato ed eliminati dai reni. Questi ormoni sono in grado di attraversare le membrane cellulari (sostanze lipofile). Gli androgeni agiscono legandosi ai propri recettori presenti nelle cellule dei vari tessuti. Dopo aver “legato” il recettore, grazie ad una complicata serie di reazioni biochimiche, si arriva a produrre nuove proteine. Il tessuto muscolare, specialmente quello delle spalle (deltoidi) é ricco di recettori androgeni che, una volta attivati, stimolano la sintesi di nuove proteine contrattili (ipertrofia miofibrillare), incrementando la massa muscolare e la forza della persona in questione.

    Rintracciabilità del testosterone

    Il testosterone raramente viene utilizzato nei pressi delle competizioni, periodo in cui é più probabile ricevere visite dall’anti-doping. Puó essere infatti trovato nelle analisi delle urine anche per molti mesi. Di seguito vi elenco alcune sue forme modificate sinteticamente, con la relativa rintracciabilità.

    • Testosterone in sospensione: in questa particolare forma, il testosterone è sospeso in acqua, quindi dopo l’iniezione entra rapidamente in circolo e viene metabolizzato in pochissimo tempo. Questa forma, attiva per circa 24 ore, deve essere iniettata giornalmente se si vogliono mantenere stabili i livelli di testosterone. I dosaggi medi utilizzati dagli sportivi sono compresi tra i 25 e i 100 mg/dì. Questa forma in sospensione ha il vantaggio di essere rintracciabile per pochi giorni.
    • Testosterone decanoato: in questa forma il testosterone viene rilasciato assai lentamente, é attivo per circa 20 giorni e rintracciabile nelle urine per oltre 3 mesi.
    • Testosterone cicloesilpropionato: questa esterificazione rilascia il testosterone in una decina di giorni o poco più ed è rintracciabile per 3 mesi circa.
    • Testosterone propionato: questo tipo di testosterone viene rilasciato abbastanza rapidamente, é attivo per 2-3 giorni ed è rintracciabile per 3 settimane circa. Gli atleti mediamente ne assumono 50-100 mg ogni 2 giorni.
    • Testosterone fenilpropionato: il testosterone in questa forma ha un’attività di circa 5 giorni.
    • Testosterone eptilato: forma di testosterone attiva per 20 giorni.
    • Testosterone enantato: la forma enantata é probabilmente la più utilizzata nello sport, é attiva per circa 15 giorni ed é rintracciabile dai test anti-doping per 3 mesi. Gli atleti ne possono assumere dai 100 ai 2000 mg a settimana.
    • Testosterone cipionato: é attivo per 15-16 giorni e rintracciabile per 3 mesi.
    • Testosterone undecanoato iniettabile: é attivo per 30 giorni e viene trovato nelle urine fino a 4 mesi dalla sua assunzione.
    Ma come funzionano le analisi?

    C’è un parametro per valutare se un atleta, almeno sulla carta, è dopato o no, si tratta del rapporto fra testosterone ed epitestosterone nelle urine (T/E ratio). L’epitestosterone è uno steroide antiandrogeno endogeno, epimero del testosterone.

    In una persona normale il rapporto fra questi due dovrebbe essere all’incirca di 1:1. Per il Comitato Olimpico Internazionale è tollerato un rapporto fino a 4:1 e per la Commissione Atletica del Nevada, la più importante fra le commissioni atletiche, addirittura di 6:1, oltre queste soglie gli atleti sono considerati dopati a causa dei livelli di testosterone troppo elevati.

    Testosterone : Epitestosterone (T/E)
    COI → 4:1
    Comm. Atl. Nevada → 6:1
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    Rappresentazione della concentrazione di testosterone in due diversi campioni (A e B) rilevata tramite la gascomatografia-spettrometria di massa (gc/ms). Il campione A (sinistra) è negativo visto il quoziente T/E di 1,65:1. Il campione B invece è palesemente positivo (14,5:1).
    Controllo degli estrogeni e del cortisolo

    Gli estrogeni sono gli ormoni sessuali femminili, sono endogenamente prodotti a partire dal testosterone, attraverso l’azione dell’enzima aromatasi. L’estrogeno più importante è l’estradiolo, il quale interferisce con la regolazione e produzione del testosterone attraverso un intricato meccanismo di “feed-back negativo”. É bene sottolineare che una concentrazione troppo elevata di estradiolo, derivante da un incremento dei livelli di testosterone scaturito dall’assunzione di farmaci, ostacoli la naturale produzione del testosterone stesso.

    Una eccessiva produzione di estrogeni puó portare a ginecomastia, ritenzione idrica, insulinoresistenza, accumulo di adipe. Per sviare a questi problemi vengono utilizzati dei farmaci detti appunto antiestrogeni. Gli antagonisti degli estrogeni sono utilizzati in abbinamento a cicli di steroidi anabolizzanti per contenere questi effetti indesiderati. Pertanto sono considerati anch’essi doping. I principali farmaci utilizzati come antiestrogeni sono il Nolvadex (tamoxifen citrate) e il Clomid (clomiphene citrate) ma la lista di farmaci é veramente molto ampia, essi sono suddivisi in due categorie: SERM (modulatori selettivi dei recettori di estrogeni) ed in AI (inibitori aromatasi). “Il Clomid ha maggiore potere sull’asse ormonale di quanto non lo abbia il Nolvadex. Tuttavia, il Tamoxifen ha un maggior potere anti-estrogeno e garantisce migliore prevenzione di effetti colletareli come ginecomastia da rebound” [13].

    Va specificato che, almeno in questo caso, non vale il ragionamento “minor dosaggio uguale minor danno”, infatti anche dosi sotto fisiologiche di ormoni estrogeni portano a problemi di salute e performance.

    Gli antiestrogeni solitamente sono utilizzati dopo la fine di un ciclo di steroidi, nella celebre PCT (Post Cycle Therapy). Ad esempio in un ciclo della durata totale di 10 settimane, sarà seguito da una PCT di 4-6 settimane, nella quale si assumerà del Nolvadex. Generalmente il dosaggio di quest’ultimo é il seguente: 20-30 mg/dì. Alle volte però, i culturisti, invece che limitarsi a scegliere un farmaco fra il Nolvadex ed il Clomid, li assumono entrambi, ovviamente a dosi inferiori (spesso dimezzate).

    Dopo la fine di un ciclo di steroidi e dopo la PCT, per assicurarsi che l’asse ormonale torni ad essere efficiente, come lo era prima di iniziare a doparsi, ci si prende un periodo di pausa. Generalmente questa pausa dura tante settimane, quante sono state quelle dei due cicli (steroidi + PCT). Come per esempio riportano quelli di chemicalbuilding.com, se il ciclo di steroidi è durato 10 settimane e la PCT 4, il periodo di pausa avrà una durata totale di 14 settimane (10+4).

    Oltre agli estrogeni, chi si dopa deve tener conto del cortisolo, l’ormone dello stress. Infatti, una delle reazioni fisiologiche del nostro corpo alle dosi esogene di steroidi, è proprio l’innalzamento dei livelli di questo ormone, che tra l’altro è l’antagonista proprio del testosterone. Oltre a effetti come il nervosismo, il cortisolo è responsabile del catabolismo dei tessuti. Quest’ultimo va assolutamente limitato, perché altrimenti rischierebbe di mandare in fumo buona parte dei risultati ottenuti. Per mantenere dei livelli di cortisolo relativamente bassi, si possono assumere sostanze (legali) come la vitamina C e antiossidanti, ad esempio, il magnesio, lo zinco, la vitamina D e la vitamina E.

    Chiaramente l’assunzione di farmaci antiestrogeni é più o meno importante, a seconda che i farmaci anabolizzanti/androgeni siano o meno aromatizzati.

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    Effetti di un trattamento di 10 giorni di anastrazolo, un farmaco antiestrogeno, alla dose di 0,5 e 1 mg/giorno sui livelli di estrogeni (estradiolo) e testosterone. Come evidenziano i grafici, l’effetto del farmaco sull’estradiolo (A) e sul testosterone (B) è inversamente proporzionale (meno estrogeni e più anabolismo) [8].
    Benefici del testosterone

    Cambiamenti apprezzabili, soprattutto per gli sportivi, sono l’aumento della massa eritrocitaria (ciò può aumentare la capacità di trasporto di ossigeno nel sangue, maggior vascolarità e pienezza muscolare), incremento della forza, della massa muscolare ed il miglioramento della trasmissione neuromuscolare, i tempi di reazione sono quindi ridotti [1,2]. Riguardo al primo aumento occorre tuttavia fare una precisazione: la cosa é positiva ma fino a un certo punto. “Avere  troppi  globuli  rossi  per  periodi  di  tempo prolungati  incrementa  il volume  ematico  al  punto  tale  da rallentare la circolazione.  Ciò  incrementa  la  probabilità  di  coaguli  di sangue  e perciò  incrementa  anche  la  possibilità  di  ictus  e  infarti.  Per prevenire  tale  circostanza,  in  casi  in cui  il  problema  potrebbe persistere  nonostante  l’utilizzo  di  alte  dosi  di  Omega-3,  o  nel  caso in  cui  gli  esami del  sangue  avessero  mostrato  alterazioni significative,  l’utilizzo  di  100mg/die  di  Cardio  Aspirina  sono consigliati.  Gli AAS* che  più  incidono  in  questo  senso  sono  il Boldenone, Oxymetholone e  Trenbolone” [3]. Il testosterone favorosce la crescita tessutale non solo a livello muscolare ma anche osseo (mineralizzazione). Inoltre, attenua dolori articolari favorendo il recupero dagli infortuni.

    Oltre che negli sport estetici (bodybuilding), il testosterone e molti altri AAS possono venire utilizzati in sport di forza rapida, dati i miglioramenti nella velocità di movimento [9,10]. Inoltre, queste sostanze possono avere risvolti interessanti anche per gli atleti praticanti discipline di resistenza, ricollegandoci alla questione EPO (precedentemente citata) e all’ottimizzazione delle capacità di recupero [11].

    *steroidi androgeni anabolizzanti

    Bhasin
    Effetti di 16 settimane, 113 giorni per la precisione, di trattamento col testosterone su giovani uomini in salute. E’ facile notare come gli effetti positivi siano direttamente proporzionali al dosaggio. Vanno evidenziati i peggioramenti riscontrati con dosaggi particolarmente bassi (25 mg a settimana), segno che probabilmente sono sufficienti unicamente a sopprimere la produzione endogena di testosterone (l’organismo non riesce ad usufruire della bassa dose esogena assunta) [6].

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    Come sopra, ma questa volta le settimane sono 10 e ci sono 4 gruppi di “cavie”, due che non si allenano (uno che assume testosterone enantato e uno solo placebo) e due che si allenano (sempre con un gruppo placebo e uno no). Entrambi i gruppi di “dopati” assumevano ben 600 mg/week. Entrambi i gruppi hanno avuto significativi aumenti in forza e massa muscolare, i quali ovviamente sono stati massimizzati nel gruppo che si è anche allenato con i pesi. Per quanto riguarda i gruppi placebo ci son stati sia miglioramenti che peggioramenti, eccetto per quanto riguarda la forza nelle “cavie” allenate (aspetto nervoso) [7].

    Vantaggi cronici?

    Spesso capita di sentire gente proporre squalifiche a vita per atleti dopati, invece che di uno o due anni, questo anche perché le sostanze dopanti, AAS in primis, sembrerebbero dare considerevoli vantaggi organico-muscolari anche molti anni dopo aver smesso di assumerli.

    Quando una persona normale smette di allenarsi, la dimensione delle fibre muscolari cala ma il numero dei myonuclei, nuclei delle cellule muscolari, resta quasi completamente invariato. Non è ancora stato chiarito definitivamente per quanto questo numero resti invariato, si crede lo resti per parecchi anni. Gli allenamenti che causano danno meccanico ai muscoli, in primis quelli con i sovraccarichi, stimolano lo sviluppo di nuovi myonuclei per differenziazione delle cellule satelliti.

    Gli AAS riescono a stimolare la proliferazione e la differenziazione delle cellule satelliti, con conseguente aumento a dismisura dei myonuclei (quantità inimmaginabili per le persone non dopate).

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    Come mostra lo schema, grazie all’allenamento le cellule satelliti “donano” nuovi myonuclei alla fibra muscolare, la quale cresce (ipertrofia). Una volta abbandonato per parecchio tempo l’allenamento, la fibra muscolare diventa più piccola (atrofia) ma mantiene un buon numero di myonuclei che, una volta ripresi gli allenamenti, aiuteranno la fibra ad ipertrofizzarsi in tempi relativamente brevi.

    Infatti, come mostrato in questo studio [12], atleti che per anni smettono di utilizzare steroidi anabolizzanti risultano avere un numero di myonuclei per ogni singola fibra muscolare piuttosto elevato, paragonabile a quello degli sportivi sotto ciclo e molto superiore a quello dei soggetti rimasti sempre “puliti”.

    Per ulteriori approfondimenti clicca qui.

    Effetti collaterali

    Attenzione peró, non é tutto oro ció che luccica! Benché basse dosi di AAS minimizzino gli effetti collaterali, il pericolo é sempre dietro l’angolo. I principali effetti indesiderati derivanti dalla loro assunzione sono:

    • Acne
    • Ginecomastia
    • Atrofia testicolare
    • Cardiomiopatia
    • Dolore al sito di iniezione [4]
    • Virilizzazione nelle donne
    • Ipertrofia del clitoride
    • Atrofia mammaria
    • Irregolarità mestruali
    • Alopecia androgenetica
    • Modificazione del tono della voce [5]
    • Aumento dell’aggressività
    • Depressione [14]
    • Arresto cardiaco
    Ai singoli l’ardua sentenza

    Non voglio intraprendere discorsi etici o prender parte alla guerra natural vs dopati, i mezzi di informazione ci sono e voi che passate al lato oscuro della forza sapete a cosa andate incontro, nel bene e nel male.

    Questo articolo é a scopo puramente divulgativo, quanto riportato sopra é da considerarsi libera informazione e non vuole invitare in alcun modo le persone ad assumere sostanze che ricordo essere dannose e illegali.


    Bibliografia

    1 Coviello A. et al. – Effects of Graded Doses of Testosterone on Erythropoiesis in Healthy Young and Older Men (2008)
    2 Blanco et al. – Neuroscience (1997)
    3 Bodybuilding HIT – Steroidi anabolizzanti, guida all’uso educativo (2014)
    4 Bolding et al. – Addiction (2002)
    5 Jones E. – Androgenic effects of oral contraceptives: implications for patient compliance (1995)
    6 Bhasin S. et al. – Testosterone dose-response relationship in healthy young men (2001)
    7 Bhasin S. et al. – The effects of supraphysiologic doses of testosterone on muscle size and strength in normal men (1996)
    8 Mauras N. et al. – Estrogen suppression in males: metabolic effects (2000)
    9 BoscoC. et al. – Zum Verhältnis von Muskelkraft und Testosteron aus der Sicht des Trainings (1997)
    10 Bosco C. et al. – Relationships between field fitness test and basal serum testosterone and cortisol levels in soccer players (1996)
    11 Kern J. – Das Dopingproblem (2002)
    12 Eriksson A. et al. – Skeletal muscle morphology in power-lifters with and without anabolic steroids (2005)
    13 Costantini M. – PCT (Post Cycle Therapy) – Come, Quando e Perché (2017)
    14 Gideon Nave et al. – Single-Dose Testosterone Administration Impairs Cognitive Reflection in Men (2017)
    Sacchi N. – Doping e farmaci nello sport (Nonsolofitness, 2014)
    Lanfranco F. et al. – Hormone Use and Abuse by Athletes (2012)
    Aversano D. – Steroidi crescita e memoria muscolare: vantaggi perenni? (2016)
    Gundersen K. et al. – Muscle memory and a new cellular model for muscle atrophy and hypertrophy (2016)
    Sinha-Hikim I. et al – Testosterone-induced increase in muscle size in healthy young men is associated with muscle fiber hypertrophy (2002)

  • Farmaci e doping – Introduzione (2/2)

    Farmaci e doping – Introduzione (2/2)

    creatina-doping.jpgSe per caso foste capitati qui saltando la prima parte, vi consiglio caldamente di recuperarla, in modo da non perdervi alcun passaggio: Farmaci dopanti – Introduzione (1/2).

    L’assunzione di farmaci dopanti è consentita in particolari casi patologici, a fini curativi. Ovviamente è obbligatoria l’autorizzazione e supervisione medica. Fino a poco tempo fa ad esmpio, la cura sostitutiva del testosterone per i soggetti con problemi ormonali (TRT) era utilizzata e tollerata anche per gli sportivi. Tuttavia, da qualche tempo è stata vietata dalla commissione atletica del Nevada e successivamente anche dalle altre commissioni atletiche. Questo ha portato a dei cali fisici non indifferenti da parte di alcuni atleti.

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    La lista ufficiale delle sostanze considerate dopanti, e quindi vietate, è redatta dalla WADA (World Anti-Doping Agency), durante l’anno i suoi membri si riuniscono per tre volte, discutendo su nuovi studi e valutando quali sostanze potrebbero essere aggiunte o rivalutate. Ogni eventuale modifica a questa lista entra ufficialmente in vigore a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo.

    Sempre la WADA è responsabile del codice anti-doping, in vigore dal 1° gennaio 2004. Quest’ultimo si pone l’obiettivo di armonizzare e regolamentare la battaglia al doping a livello internazionale.

    Sostanze proibite sempre e proibite unicamente vicino alle gare

    La lista della WADA si divide in tre grosse categorie: una riguardante le sostanze proibite sempre, indipendentemente da quando vengono assunte, l’altra quelle vietate solo nei pressi di una o più competizioni e l’ultima quelle proibite solo in particolari sport.

    Sostanze proibite sempre: appartengono a questa categoria tutte quelle sostanze in grado di apportare modifiche alla composizione corporea interagendo con i tessuti, di migliorare il trasporto di ossigeno (EPO) e di agire sul sistema endocrino. Inoltre, sono inclusi in questo raggruppamento i famosi “agenti mascheranti”, cioè sostanze in grado di celare, nascondere, la presenza di altre più importanti, come i cannabinoidi tipo la marijuana. Quest’ultima, benché non apporti reali benefici alla performance, è vietata dalla WADA perché molto invasiva a livello di analisi, può infatti coprire diverse sostanze dopanti.

    Sostanze vietate solo nei pressi di una competizione: fanno parte di questo gruppo tutte quelle sostanze che non apportano benefici sul lungo periodo ma solamente in acuto. Sono incluse anche le droghe a scopo “ricreativo”, non invasive a livello di analisi e quindi non in grado di mascherare altre sostanze. Queste ultime saranno punibili a livello penale ma non dalla WADA, non porteranno quindi a delle sanzioni sportive.

    Sostanze proibite in sport particolari: ne sono un esempio gli alcolici per le gare automobilistiche od i betabloccanti per il golf.

    Di seguito, le categorie appartenenti alla lista completa della WADA

    • S.1 Agenti anabolizzanti (AAS e SAA)
    • S2. Ormoni peptidici, fattori di crescita e sostanze correlate
    • S3. Beta-2 agonisti
    • S4. Antagonisti e modulatori ormonali
    • S5. Diuretici ed altri agenti mascheranti
    • M1. Metodi atti a potenziare il trasporto di ossigeno
    • M2. Manipolazione chimica e fisica
    • M3. Doping genetico
    • S6. Stimolanti
    • S7. Narcotici
    • S8. Cannabinoidi
    • S9. Glucocorticosteroidi

    Alcune sostanze sono considerate doping in base alla quantità. Ad esempio, l’efedrina e la metilefedrina sono proibite solo quando la loro concentrazione nelle urine è superiore ai 10 microgrammi per millilitro. Invece, altre sostanze ancora come la caffeina o la sinefrina sono considerate sotto osservazione, incluse in un programma di monitoraggio del 2011, quindi tollerate.

    Per ulteriori informazioni e aggiornamenti: www.wada-ama.org

    Testosterone: in che quantità è doping?

    Non fraintendete, la somministrazione di testosterone o di sostanze che ne provochino l’aumento, a meno che non si tratti di terapie curative, è assolutamente vietata. Tuttavia, c’è un parametro per valutare se un atleta, almeno sulla carta, è dopato o no, si tratta del rapporto fra testosterone ed epitestosterone (T/E ratio). L’epitestosterone è uno steroide antiandrogeno endogeno, epimero del testosterone.

    In una persona normale il rapporto fra questi due dovrebbe essere all’incirca di 1:1. Per il Comitato Olimpico Internazionale è tollerato un rapporto fino a 4:1 e per la Commissione Atletica del Nevada, la più importante fra le commissioni atletiche, addirittura di 6:1, oltre queste soglie gli atleti sono considerati dopati a causa dei livelli di testosterone troppo elevati.

    Testosterone : Epitestosterone (T/E)
    COI → 4:1
    Comm. Atl. Nevada → 6:1

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    Nell’immagine qui sopra, potete osservare la rappresentazione della concentrazione di testosterone in due diversi campioni (A e B) rilevata tramite la gascromatografia-spettrometria di massa delle urine, gc/ms.
    Il campione A (grafico a sinistra) è negativo, visto il quoziente T/E di 1,65 a 1.
    Il campione B invece, è positivo (quoziente di 14,5:1).

    Curiosità: sondaggio e doping italico

    Quello che segue è il risultato di un sondaggio anonimo effettuato su 198 atleti olimpici statunitensi fra il 1995 e 1997. Ci mostra come arrivati a certi livelli gli atleti siano disposti a far di tutto pur di vincere, una buona fetta di loro anche passare a miglior vita…

    Capture

    Capture'Quello sotto invece, è un grafico a torta rappresentante il numero di atleti trovati positivi ai test anti-doping effettuati nel 2014 (report della WADA). A grande sorpresa potete osservare l’italia al secondo posto, poco dietro alla russia (nazione che tral’altro ha molti più atleti rispetto alla nostra penisola). Ma quindi gli italiani sono (quasi) i più dopati al Mondo? No, onestamente non credo. Forse potremmo essere nella Top 10-15 ma neanche sul podio. Senza voler scatenare guerre fra Paesi, voglio semplicemente sottolineare come oltre al doparsi conti anche il saper ciclicizzare ed eludere i controlli. In questo noi italiani siamo fra i peggiori.

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    Pochi soldi → farmaci di scarsa qualità → autosomministrazione senza la supervisione di personale qualificato → fallimento dei test.

    N.B: anche queste ultime righe sono puramente a scopo informativo, in questa serie di articoli che ho intenzione di scrivere riguardo al doping, per ovvi motivi, non parleró di strategie per aggirare eventuali controlli anti-doping.

    Grazie per l’attenzione.


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    Bibliografia

    Sacchi N. – Farmaci e doping nello sport (Nonsolofitness, 2014)

    Lanfranco F. – Il doping ormonale (Slides IUSM, a.a. 2014-2015)

    Bamberger and Yaeger – Sport illustrated (1997)

    http://www.wada-ama.org

    https://www.wada-ama.org/en/media/news/2016-04/wada-publishes-2014-anti-doping-rule-violations-report