Tag: arti inferiori

  • Tripla estensione: teoria e performance

    Tripla estensione: teoria e performance

    Ne avete mai sentito parlare? No?! Allora siete nel posto giusto.

    Definizione

    Con tripla estensione (triple extension) si intende la contemporanea estensione degli arti inferiori, che obbligatoriamente passa per tre articolazioni: caviglia, ginocchio ed anca. Per capire quale movimento possa o meno riguardare questo “meccanismo”, è sufficiente tracciare un paio di linee e misurare un angolo. Vediamo rapidamente come.

    Comprendere il meccanismo

    Osserva un atleta di profilo, possibilmente fermo (può anche andar bene uno scheletro), e traccia due linee. La prima deve partire dalla caviglia e andare all’anca, la seconda deve originare dal ginocchio per giungere anch’essa all’anca (ovviamente vale anche il passaggio opposto: dall’anca alla caviglia e al ginocchio).

    Dalla teoria alla pratica

    Sotto, una rappresentazione del Dott. Formicola (modificata) di quanto appena detto, riferita allo squat ed allo stacco da terra (più alcune loro varianti).


    In ordine, da sinistra a destra: squat low bar, squat high bar, front squat, overhead squat, stacco regular, stacco con trap bar e stacco sumo. Come si può osservare nell’imagine, più un movimento richiede profondità di accosciata e più l’angolo generato dall’incrociarsi delle linee è ampio. Una flessione che genera un angolo molto ampio abbisognerà successivamente, per portare l’esercizio a concludersi, di una tripla estensione notevole. Semplificando molto, più l’angolo derivante dalle due linee è grande e più un allenatore/preparatore può capire se un determinato esercizio sia indicato o meno per potenziare la spinta verticale prodotta dagli arti inferiori attraverso la fisiologica estensione delle tre articolazioni (caviglia, ginocchio, anca).

    La tripla estensione si ha in molti esercizi tipici del fitness, durante la corsa, i salti, quando ci alziamo in piedi da seduti, e così via. La chiave sta tutta nel mettere a fuoco le richieste biomotorie di un dato sport e poi decidere come procedere con la scelta degli esercizi, tenendo a mente che la presenza di uno squat non esclude necessariamente quella di uno stacco o di esercizi pliometrici. Mr. Pinco Pallino è un centometrista? Allora dovrà lavorare sulla tripla estensione! Prima ad angoli più aspecifici (full squat), poi più simili a gesto di gara (mezzo squat). Mr. Pinco Pallino ha poi un caro amico che pratica MMA? Allora anche quest’ultimo, in una fase più aspecifica, dovrà lavorare con esercizi in grado di fare estendere (o distendere) per bene gli arti inferiori tramite le solite tre articolazioni chiamate in causa. Nota a margine: nelle MMA, come un po’ in tutti gli sport da combattimento con fasi lottatorie, oltre che la spinta verticale (verso l’alto) conta molto, se non di più, quella sul piano orizzontale e quindi verso avanti (double leg, single leg, molte proiezioni da body lock). Pertanto è consigliabile dedicarsi anche a “spinte orizzontali” come balzi verso avanti o sled push.

    Mentre gli esercizi per l’upper body, ossia la parte superiore del corpo, generalmente vengono suddivisi in due categorie: esercizi di spinta e di trazione/tirata (potremmo poi disquisire sulla legittimità di tale semplificazione, in anatomia si studia che in realtà i muscoli trazionano le ossa), per le gambe si parla di esercizi anca-dipendenti e ginocchio-dipendenti. Nei primi il grosso della flesso-estensione richiesta da un determinato movimento è principalmente a carico dell’articolazione dell’anca, nei secondi delle ginocchia. Molti tecnici dello sport vi diranno che lo stacco da terra è un esercizio anca-dipendente e invece lo squat è ginocchio-dipendente. In realtà ogni esercizio ha un mix di entrambe le cose, pertanto anche questa categorizzazione pare essere figlia di una visione un po’ semplicistica del movimento umano. Definizione per definizione, teoria per teoria, forse è auspicabile anteporre a ciò la valutazione dell’estensione sinergica delle tre articolazioni degli arti inferiori (triple extension). Solo se la tripla estensione è efficiente potrà esserci un’ottima propulsione eseguita dagli arti inferiori (la TP serve a “spingere” verso avanti).

    Conclusioni

    Studi, dati alla mano, hanno suggerito come un allenamento specifico finalizzato a potenziare l’estensione simultanea delle articolazioni degli arti inferiori sia indicato per incrementare la capacità di salto verso l’alto (vertical jump)1, fin qui nulla di nuovo. Inoltre, Loturco e colleghi (2016) hanno notato un effetto positivo dello Squat Jump le cui caratteristiche meccaniche: «which closely resemble the “segmental triple extension” elicited during the sprinting strides»2, sugli sprint effettuati su distanze di 5 e 30 metri. Normalmente si parla di tripla estensione durante la corsa, le alzate olimpiche3 e lo squat. Riguardo quest’ultimo, i soggetti con una più efficiente tripla estensione si sono dimostrati essere degli “squattatori” sopra la media (l’accosciata sembra essere ottima per valutare la TE di un atleta)4. Sempre riguardo questo esercizio: «La salita si ottiene principalmente attraverso la tripla estensione di anche, ginocchia e caviglie, continuando fino a quando il soggetto non è tornato alla posizione iniziale estesa. I muscoli posteriori del tronco, in particolare gli erettori spinali, vengono reclutati tramite l’azione muscolare isometrica per sostenere una postura eretta durante l’intero movimento di squat. Inoltre, i muscoli posteriori del tronco sono assistiti dai muscoli addominali anteriori e laterali per irrigidire ulteriormente il busto creando tensione per la parete addominale»5.

    Tirando le somme, scegliete bene quali esercizi fare ed eseguiteli correttamente. Con pazienza e dedizione arriveranno i risultati. Tenendo a mente che, come sempre, periodizzare saggiamente variando gli stimoli allenanti è la miglior cosa da fare per ottenere risultati sul lungo periodo.

    Buon allenamento!


    Bibliografia

    1 Eunwook Chang, Marc F Norcross, Sam T Johnson, Taichi Kitagawa, Mark Hoffman – Relationships between explosive and maximal triple extensor muscle performance and vertical jump height. J Strength Cond Res. 2015 Feb;29(2):545-51
    2 Irineu Loturco, Lucas Adriano Pereira, Ronaldo Kobal, Thiago Maldonado, Alessandro Fromer Piazzi, Altamiro Bottino, Katia Kitamura, Cesar Cavinato Cal Abad, Miguel de Arruda, Fabio Yuzo Nakamura – Improving Sprint Performance in Soccer: Effectiveness of Jump Squat and Olympic Push Press Exercises. PLoS ONE 11 (4): e0153958
    3 Timothy J Suchomel, Paul Comfort, Michael H Stone – Weightlifting pulling derivatives: rationale for implementation and application. Sports Med. 2015 Jun;45(6):823-39
    4 Robert J Butler, Phillip J Plisky, Corey Southers, Christopher Scoma, Kyle B Kiesel – Biomechanical analysis of the different classifications of the Functional Movement Screen deep squat test. Sports Biomech. 2010 Nov;9(4):270-9
    5 Gregory D. Myer, Adam M. Kushner, Jensen L. Brent, Brad J. Schoenfeld, Jason Hugentobler, Rhodri S. Lloyd, Al Vermeil, Donald A. Chu, Jason Harbin, and Stuart M. McGill – The back squat: A proposed assessment of functional deficits and technical factors that limit performance. Strength Cond J. 2014 December 1; 36(6): 4–27
    Corebo Lite – La tripla estensione nello squat e caso studio (2020, link)
    The Myth of Triple Extension (simplifaster.com)

  • Le asimmetrie nel calcio

    Le asimmetrie nel calcio

    Prosegue la serie di articoli sulle asimmetrie, è giunto il momento di trattare lo sport più amato dagli italiani.

    Quanto segue è il sunto di una tesi compilativa elaborata dal sottoscritto ed esposta presso l’Università degli Studi di Torino (Unito) per la laurea triennale in Scienze Motorie e Sportive. Buona lettura.

    Movimenti nel calcio

    Abilità come il calciare il pallone e superare gli avversari con cambi di direzione sono chiaramente unilaterali, pertanto richiedono degli schemi motori e adattamenti asimmetrici1,2. Tali adattamenti possono portare a squilibri tra gruppi muscolari antagonisti3.

    Performance e infortuni

    Un po’ come per la pallavolo, non è detto che le modificazioni posturali e muscolari siano necessariamente qualcosa di patologico, o comunque rischioso per la salute. Tuttavia, non bisogna sottovalutarle, tenendo anche conto del fatto che nel calcio gli arti inferiori sono la zona più colpita da infortuni4.

    Sopra, il modello teorico preso da Fousekis et al. (2010) che mette in relazione le asimmetrie preesistenti con, fra le altre cose, gli infortuni nello sport.

    Le pubblicazioni scientifiche che hanno messo in luce sbilanciamenti di forza fra gli arti inferiori in questo sport sono numerose5,6,7,8. Uno studio pubblicato l’anno scorso sul Journal of Strength and Conditioning Research (tabella sotto)9 ha sottoposto a dei test fisici monopodalici (salti) e degli sprint una squadra giovanile di calcio femminile con una sufficiente anzianità di allenamento (almeno 9 mesi, con due brevi sedute a settimana di preparazione atletica).

    I risultati dello studio hanno evidenziato come le atlete che mostravano una maggior asimmetria di forza fra i due arti erano mediamente meno rapide negli sprint (10 e 20 m) rispetto alle altre compagne di squadra.

    Una review sistematica venuta fuori alcuni mesi più tardi, opera del medesimo autore, ha corroborato la tesi dello studio preso in esame poco fa, suggerendo una influenza negativa della differenza di forza fra gli arti sulla performance nei movimenti di calcio (anche di salto e ciclismo) ma non sulla salute10. Allo stesso tempo però ci sono studi che hanno trovato delle correlazioni fra asimmetrie nel calcio e incidenza degli infortuni5, pertanto la situazione è tutt’ora poco chiara. Fousekis K. et al. (2010) hanno condotto uno studio su 115 giocatori professionisti di varie fasce d’età, notando che le asimmetrie di forza (isocinetica) erano più marcate nei giocatori con meno anzianità di allenamento (5-10 anni) rispetto a quelli più esperti (>11 anni), probabilmente perché i primi per questioni tecniche tendono a compiere certi gesti con un arto in particolare, mentre gli altri – più abili – godono di un maggiore equilibrio nella loro preferenza laterale. Anche un altro più vecchio studio osservativo6 aveva messo in luce una variazione del rapporto di forza fra flessori ed estensori del ginocchio dell’arto dominante in base all’esperienza nell’allenamento (l’asimmetria era meno significativa nei calciatori più “navigati”).

    Gambe “storte”?

    Quando si parla delle asimmetrie e adattamenti indotti dalla pratica sportiva del calcio non si può non citare il “genu varum” o le “bowlegs”, volgarmente conosciuti come le cosiddette “gambe storte del calciatore”.

    Al riguardo una review con meta-analisi del 2018 ha messo insieme i dati provenienti da tre studi, per un totale di 1344 calciatori e 1277 altri pazienti (gruppo controllo)7. È stata analizzata e misurata la distanza fra il condilo laterale di ciascun femore (ICD) ed è emerso che i giovani (10-17 anni) calciatori agonisti hanno un “ICD” significativamente più elevato rispetto agli altri individui (mediamente +1,5 cm di ICD).

    Sopra, valutazione clinica e radiologica della “geometria” degli arti inferiori. HKA = Hip-knee angle; ICD = intercondylar distance; IMD = intermalleolar distance; mLDFA = mechanical lateral distal femoral angle; MPTA = medial proximal femoral angle; TFA = tibiofemoral angle (Thaller H. P. et al., 2018)

    Come concludono gli stessi ricercatori, alle conoscenze attuali risulta allarmistico etichettare come potenzialmente dannosa anche la pratica non intensa o non agonistica , tuttavia gli addetti ai lavori dovrebbero mettere in guardia atleti e genitori su questi diffusi adattamenti che derivano dalla pratica calcistica, specie quando gli atleti sono molto giovani (fase prepuberale, fino a 10-11 anni di età). I dati disponibili in letteratura scientifica non permettono permettono di capire quali sono le cause specifiche di questa asimmetria, ma è possibile che possa aumentare il rischio di infortuni.

    Un cross sectional study, quindi uno studio basato su un campionamento trasversale, pubblicato sul Clinical Journal of Sport Medicine8 ha confermato la tendenza dei calciatori (maschi) che competono a buoni livelli a sviluppare un varismo (ginocchia in fuori) rispetto agli altri sport (tennis), soprattutto dai 13 anni di età in poi, quindi si parla di età puberale e adolescenza. Per concludere ci sono altri studi che segnalano come stress ripetuti sull’articolazione del ginocchio11, altezza, età, peso, BMI12, carenza di vitamina D13, rapidi movimenti di cambio di direzione e corse prolungate14,15,16 possano favorire il varismo degli arti inferiori. Inoltre, analizzando il movimento della gamba quando calcia un pallone notiamo che esso consiste banalmente nella flesso-estensione dell’anca e del ginocchio, più una certa adduzione.

    Questa adduzione potrebbe avere un ruolo importante nel “genu varum”, tuttavia occorre non sbilanciarsi, dato che parliamo di una eziologia multifattoriale e siamo ben lontani dall’avere delle certezze17,18.

    L’ultima figura è presa da Nunome H. et al. (2002).

    Grazie per l’attenzione.


    Bibliografia

    1 Fousekis K. et al. – Lower limb strength in professional soccer players: profile, asymmetry, and training age (2010)
    2 Reilly T. – Motion analysis and physiological demands (1996)
    3 Fousekis K et al. – Multivariate isokinetic strength asymmetries of the knee and ankle in professional soccer players (2009)
    4 Le Gall F. et al. – Incidence of injuries in elite French youth soccer players: a 10-season study (2006)
    5 Croisier J. L. et al. – Strength imbalances and prevention of hamstring injury in professional soccer players: a prospective study (2008)
    6 Voutselas – Years of training and hamstring-quadriceps ratio of soccer players (2007)
    7 Thaller H. P. et al. – Bowlegs and Intensive Football Training in Children and Adolescents. A Systematic Review and Meta-Analysis (2018)
    8 Yaniv N. et al. – Prevalence of bowlegs among child and adolescent soccer players (2006)
    9 Bishop C. et al. – Vertical and Horizontal Asymmetries are Related to Slower Sprinting and Jump Performance in Elite Youth Female Soccer Players (2018)
    10 Bishop C. et al. – Effects of inter-limb asymmetries on physical and sports performance: a systematic review (2018)
    11 Asadi K. et al. – Association of Soccer and Genu Varum in Adolescents (2015)
    12 Rezende L. et al. – Does soccer practice stress the degrees of genu varo? (2011)
    13 Voloc A. et al. – High prevalence of genu varum/valgum in European children with low vitamin D status and insufficient dairy products/calcium intakes (2010)
    14 Witvrouw E. et al. – Does soccer participation lead to genu varum? (2009)
    15 Bangsbo J. et al. – Activity profile of competition soccer (1991)
    16 Volpon J. B. et al. – Population study of knee alignment in the frontal plane during development (1986)
    17 Isokawa M. et al. – A biomechanical analysis of the instep kick motion in soccer (1988)
    18 Nunome H. et al. – Three-dimensional kinetic analysis of side-foot and instep soccer kicks (2002)

  • Le asimmetrie degli arti superiori e inferiori

    Le asimmetrie degli arti superiori e inferiori

    Avere una gamba più lunga dell’altra è possibile? Se sì, quanto può essere dannoso per la salute articolare?

    Quanto segue è il sunto di una tesi compilativa elaborata dal sottoscritto ed esposta presso l’Università degli Studi di Torino (Unito) per la laurea triennale in Scienze Motorie e Sportive. Buona lettura.

    Leg length discrepancy / leg length inequality

    Effettivamente sì, la differenza di lunghezza fra le gambe non è qualcosa di raro. Una differenza di lunghezza fra l’arto inferiore destro e sinistro, talvolta è stata associata ad un maggior rischio infortuni. Nel 1992 McCaw1 notò una differenza nell’impatto del piede dell’arto più lungo, però senza dare per scontato che ciò portasse necessariamente a delle lesioni. Dieci anni prima, Friberg aveva dedotto il contrario interpretando i dati di uno studio epidemiologico condotto su alcune reclute militari2. Ma appena prima di McCaw (1991), Messier e coleghi non avevano osservato alcuna correlazione fra eventuali asimmetrie – in lunghezza – degli arti inferiori e dolori patello femorali3. Ci sono studi che avallano la tesi di Friberg (1982) ed altri ancora che la confutano.

    Una lieve “leg length discrepancy” (o “leg length inequality”) pare essere fisiologica, ha affermato ciò una review4 del 2005 che ha messo in evidenza come la maggior parte delle persone abbiano una differenza di lunghezza negli arti inferiori di circa 5,2 mm.

    Sopra, leg length inequality (LLI) media della popolazione (Gary A. Knutson, 2005).

    Va però specificato che i test utilizzati per stabilire l’entità di una possibile LLI/LLD sono spesso imprecisi, hanno un discreto margine d’errore, sia in forma supina (paziente pancia all’aria su un lettino) che prona (paziente a pancia in giù)5. Pertanto certi discorsi più che ipotesi scientifiche sono ascrivibili alla categoria delle congetture.

    Sotto, il test supino a sinistra e il test prono a destra (Cooperstein R. et al., 2017).

    Infatti, facendo una breve ricerca nella letteratura scientifica possiamo imbatterci in studi inerenti la leg length discrepancy (LLD) o leg length inequality (LLI) che sostengono tutto e il contrario di tutto. Dagli studi che correlano questa condizione ad una postura errata, scoliosi, lombalgia, artrosi dell’anca, peggioramento dell’artrosi del ginocchio, fratture, ecc., a quelli che smentiscono un qualsiasi legame6,7,8,9. La letteratura a nostra disposizione è molto contraddittoria, non ci sono evidenze solide riguardanti un rapporto di causalità fra le asimmetrie di questo tipo e degli infortuni.

    Come illustrato sopra, sempre riguardo alla differenza di lunghezza, la stragrande maggioranza di casi di LLI si ha in un range molto basso (dagli zero ai 5 millimetri). Asimmetrie un po’ più nette rappresentano una minoranza di casi (Gary A. Knutson, 2005).

    Asimmetrie degli arti superiori

    Una differente tensione ed utilizzo dell’arto dominante può far sì che si sviluppi nel tempo una asimmetria corporea, detta direzionale, fra i due lati del corpo. Il maggior carico di lavoro meccanico può innescare dei meccanismi di rinforzo osseo ad opera degli osteoblasti atti ad aumentare la densità ossea10. Questo discorso dell’asimmetria direzionale vale soprattutto per l’upper body, dato che gli arti superiori sono più esposti all’utilizzo selettivo dell’arto dominante rispetto a quelli inferiori (lower body)11,12. Queste asimmetrie direzionali sono state notate principalmente nell’omero, nella clavicola, e scendendo un po’, anche nell’osso sacro13,14.

    Occorre però fare una distinzione fra la preferenza laterale, detta anche lateralità, e la presenza di un arto dominante sull’altro (quindi più forte). Lake et al. e gli studi di Newton et al.15,16 non hanno osservato significative asimmetrie fra gli arti negli esercizi bipodalici, ad esempio il back squat, discorso differente per quelli monopodalici. In ogni test si evidenziavano prestazioni dissimili fra l’arto dominante, spesso coincidente con quello “preferito”, e non dominante (forza di reazione a terra, altezza di salto, distanza di salto).

    Va specificato che non necessariamente gli arti preferiti, superiore e inferiore, sono collocati nello stesso lato. Ad esempio, una persona può benissimo avere una preferenza laterale per il braccio destro e per la gamba sinistra. Secondo quello che è attualmente lo stato dell’arte, circa il 90% delle persone hanno una preferenza laterale per la mano destra e solamente il 25-45% per la gamba destra.17

    In ogni caso, non è del tutto chiaro se dominio e/o preferenza laterale possano causare problematiche di natura muscolo-scheletrica.18

    Grazie per l’attenzione.


    Bibliografia

    1 McCaw S. T. – Leg length inequality. Implications for running injury prevention (1992)
    2 Friberg O. – Leg length asymmetry in stress fractures (1982)
    3 Messier et al. – Etiologic factors associated with patellofemoral pain in runners (1991)
    4 Knutson A. G. – Anatomic and functional leg-length inequality: A review and recommendation for clinical decision-making. Part I, anatomic leg-length inequality: prevalence, magnitude, effects and clinical significance (2005)
    5 Cooperstein R. – Comparison of Supine and Prone Methods of Leg Length Inequality Assessment (2017)
    6 Rauh M. J. – Leg-length inequality and running-related injury among high-school runners (2018)
    7 Gurney B. – Leg length discrepancy (2002)
    8 Rothenberg R. J. – Rheumatic disease aspects of leg length inequality (1988)
    9 Resende R. A. et al. – Mild leg length discrepancy affects lower limbs, pelvis and trunk biomechanics of individuals with knee osteoarthritis during gait (2016)
    10 Steele J. et al. – Handedness and directional asymmetry in the long bones of the human upper limb (1995)
    11 Hiramoto Y. – Right-left differences in the lengths of human arm and leg bones (1993)
    12 Plochocki J. H. – Bilateral variation in limb articular surface dimensions (2004)
    13 Mays S. et al. – Directional asymmetry in the human clavicle (1999)
    14 Plochocki J. H. – Directional bilateral asymmetry in human sacral morphology (2002)
    15 Lake J. P. et al. – Does side dominance affect the symmetry of barbell end kinematics during lower-body resistance exercise? (2011)
    16 Newton R. U. et al. – Determination of functional strength imbalance of the lower extremities (2006)
    17 Cuk T. et al. – Lateral asymmetry of human long bones (2001)
    18 McGrath T. M. et al. –The effect of limb dominance on lower limb functional performance – a systematic review (2016)

  • Hip thrust: una valida alterativa allo squat nella preparazione atletica?

    Hip thrust: una valida alterativa allo squat nella preparazione atletica?

    L’hip thrust è un’esercizio che interessa principalmente gli arti inferiori, tornato alla ribalta negli ultimi anni grazie ad alcuni coach e studiosi d’oltreoceano, come per esempio Bret Contreras.

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    Oltre alla mera ipertrofia, l’hip thrust può trovare il suo spazio anche all’interno di una preparazione atletica finalizzata al miglioramento delle capacità condizionali. In questo  (altro…)