Kobe Bryant è stato indubbiamente un giocatore che ha segnato più di una generazione. Basti pensare che se un somaro della pallacanestro come me è venuto a conoscenza dell’esistenza dei Los Angeles Lakers è proprio a causa di quel talentuoso e carismatico spilungone che per anni ha indossato il numero 24.
Pur avendo una scarsissima conoscenza del basket, ho sempre ammirato le frasi motivazionali di costui ed il suo approccio, quasi ossessivo-compulsivo, all’allenamento.
È difficile non risultare banale nel parlare di un giocatore su cui moltissime persone, sicuramente più competenti di me, hanno già detto e scritto di tutto. Ciò nonostante, riflettere su alcuni aspetti sportivi di quest’uomo può essere utile per provare a metabolizzare la sua prematura dipartita.

Anni fa, in una delle tante conferenze e interviste fatte durante la sua carriera, il compianto Kobe disse una cosa molto interessante:
Se il tuo lavoro è provare ad essere il miglior giocatore che puoi diventare, per arrivarci devi esercitarti e fare più allenamenti possibili, più spesso che puoi.
Se ti alzi alle 10 di mattina, inizi alle 12, per due ore, dalle 12 alle 14, poi devi recuperare. Quindi mangi e ti riposi. Poi di nuovo, allenamento dalle 18 fino alle 20. Poi va a casa, ti fai la doccia, mangi, vai a letto ed il giorno dopo di nuovo. Queste sono due sessioni.
Immagina se ti svegli alle 3, inizi dalle 4 fino alle 6, poi vai a casa, fai colazione, ti rilassi. Poi torni dalle 9 alle 11, ti rilassi di nuovo, poi torni dalle 14 alle 16, e di nuovo ti alleni dalle 19 alle 21. Guarda quanto mi sono allenato semplicemente iniziando alle 4!
Lo continui a fare negli anni e la differenza fra te e i tuoi avversari cresce sempre di più. Non importa quanto si siano allenati durante l’estate, non ti raggiungeranno mai perché sono 5 anni indietro!
Cosa apprendere da ciò? Tenendo a mente che la dichiarazione appena riportata è un esempio iperbolico, una voluta forzatura, un’esagerazione con cui il numero 24 dei Lakers voleva far capire al mondo cosa egli intendesse per “diventare la miglior versione di se stessi”… Ecco, io credo che proprio su quest’ultimo concetto occorra focalizzarsi. Diventare la miglior versione di se stessi. Avere un sogno, un obiettivo, una visione che soltanto noi possiamo vedere. Mettere a fuoco quell’obiettivo e migliorare il “my self” tramite del sacrificio quotidiano.
Al mondo vi è un’unica via che nessuno oltre a te può fare: dove porta? Non domandare, seguila.
Allenamento dopo allenamento, giorno dopo giorno, e goccia dopo goccia si arriva a frantumare la roccia. Cambiare prima il dentro, per eccellere poi fuori, un giorno. Lasciate perdere le scuse, di quelle tutti possono averne a bizzeffe. Sono i nostri sforzi, passo dopo passo, che ci rendono migliori. Un domani saranno proprio quei passetti che, a forza di accumularsi, ci permetteranno di tagliare il traguardo.
Se noi vogliamo diventare la miglior versione di noi stessi è perché crediamo che dentro di noi si annidi quella versione, dobbiamo solo percorrere la via necessaria a farcela tirare fuori. “Nietzschianamente” potremmo dire che più che diventare la miglior versione di noi stessi, dobbiamo semplicemente diventare noi stessi.
Possiamo dire che “diventare se stesso” significa far corrispondere in modo perfetto le proprie intenzioni, sogni e aspirazioni a ciò che si mostra di sé. Un individuo che sia diventato autenticamente se stesso è quello che non ha dovuto scendere al compromesso di scindere la propria vita tra ciò che è in realtà e ciò che mostra di sé.
Cosa resterà?
Al sottoscritto resterà l’imperituro ricordo un atleta che si è fatto da solo e che ha dato un grande esempio di amore per lo sport e di dedizione all’allenamento sportivo. Una vera lezione di sacrificio e umiltà.
Discorso diverso per i veri appassionati di basket che ne ricorderanno, e forse emuleranno, le gesta atletiche e le emozioni provate nel vederlo giocare in diretta. A ognuno il suo.
Ciao Kobe!
#themambamentality
Grazie per l’attenzione.
Letture consigliate
Kobe Bryant – The mamba mentality
Federico Buffa – Black Jesus. The anthology
Friedrich Nietzsche – Schopenhauer come educatore
Riccardo Dal Ferro – Elogio dell’idiozia