Già citate nell’articolo dedicato alle sostanze eccitanti, torniamo ora a parlare delle catecolamine e del loro ruolo nell’attività fisica.
Le catecolamine sono ormoni secreti dalle ghiandole surrenali (parte midollare) e da alcune terminazioni nervose. Esse rivestono un importante ruolo nel controllo delle funzioni vegetative, motorie e psichiche, data la loro interazione con il sistema nervoso simpatico.
Le catecolamine derivano dalla tirosina, un aminoacido, e sono principalmente tre: dopamina, noradrenalina ed adrenalina.
Tirosina
Le catecolamine agiscono su due sistemi di trasmissione: dopaminergico ed adrenergico. Su quest’ultimo intervengono la noradrenalina e l’adrenalina, su quello dopaminergico agisce invece la dopamina. La noradrenalina si “occupa” principalmente del sistema nervoso, l’adrenalina dei tessuti periferici.
Da sinistra a destra: dopamina, noradrenalina e adrenalina
Come già detto, repetita iuvant, le catecolamine interagiscono con vari organi e tessuti grazie ai recettori situati proprio su questi ultimi. La dopamina interagisce con i recettori dopaminergici, mentre noradrenalina e adrenalina con quelli adrenergici.
Come evidenziato nella tabella riportata sopra, l’azione delle catecolamine sui recettori, in particolar modo quelli β (adrenergici), può portare ad effetti graditi per gli sportivi.
Inoltre, le catecolamine, una volta rilasciate, possono dilatare le pupille ed intervenire nella risposta “attacco o fuga”.
Vengono secrete quando si svolge dell’attività fisica, quando c’è la percezione del pericolo, in condizioni di ipoglicemia, durante delle emorragie e in seguito a stress.
Relazione con l’esercizio fisico
L’allenamento determina un rilascio di catecolamine direttamente proporzionale all’intensità dello sforzo fisico. Però l’allenamento, sul lungo periodo, tende ad abbassare il rilascio di catecolamine (a parità di sforzo) [1].
Variazione dei livelli di adrenalina e noradrenalina durante l’esercizio aerobico. PRE = primo test; 5D = test dopo 5 giorni di allenamento; 31 = test dopo 31 giorni di allenamento
Il calo della secrezione di catecolamine illustrato nel grafico riportato sopra avviene perché il corpo nel tempo si adatta e ad uno stesso stimolo risponde sempre con adattamenti via via decrescenti.
Le catecolamine stimolano la lipolisi e l’aumento degli acidi grassi liberi nel sangue. Quando questo effetto avviene non per l’esercizio fisico, con relativa utilizzazione degli acidi grassi, bensì per stress di altro tipo, possono derivare effetti metabolici negativi per il mancato utilizzo degli acidi grassi liberi.
Lo stress pre-gara può accentuare i livelli di catecolamine circolanti ed i loro effetti (sia positivi che negativi).
Parodi G. – Medicina dello sport (Dispense SUISM, a.a. 2016/2017) Cravanzola E. – Sostanze eccitanti per il dimagrimento e la performance sportiva (2017) 1 Phillips, S. M. et al. – Effects of training duration on substrate turnover and oxidation during exercise (1996)
«Lo sport dà alla vita un maggiore equilibrio psicofisico e l’arricchisce di serenità e coraggio», Gabriella Dorio.
Introduzione
Quello del benessere psichico non è un argomento semplice da trattare, ha molteplici aspetti ed un’infinità di concause, sia in senso negativo che positivo. Dai rapporti sociali del singolo individuo, all’ambiente in cui questo cresce (e che in qualche modo lo plasma), dai fattori genetici al condizionamento delle sue scelte derivante appunto dall’ambiente che lo circonda.
Come da titolo, quanto segue ha come obiettivo quello di sviscerare il complicato rapporto tra l’attività fisica e la salute psichica, parlando di ormoni, studi scientifici ma anche di psicologia.
Concetti chiave
Benefici sociali, contrasto di comportamenti “rischiosi” e miglioramento della qualità della vita.
Se fossimo molto sintetici, potremmo riassumere tutto il contenuto di questo articolo con la precedente riga. Perché sì, è a quanto scritto lì che può portare lo sport, o più in generale l’esercizio fisico. Infatti, esso è in grado di spingere le persone di ogni estrazione sociale ad integrarsi, scampando all’isolamento sociale ed evitando di cadere in brutti vizi, quali il consumo (o abuso) di alcolici, fumo e droghe di vario genere, con tutto ciò che ne consegue per la salute. Per esempio fumo e sedentarietà sono fra le principali cause di decessi nel mondo (la seconda, in base alle fonti, oscilla fra il secondo e quarto posto per numero globale di decessi).
Impegnare il proprio tempo libero, coltivare una passione e magari darsi un vero e proprio obiettivo sportivo, indipendentemente dalla fattibilità di quest’ultimo, può fornire alle persone una certa serenità. Ha parlato bene di ciò lo psicologo statunitense Jonathan Haidt nel bellissimo libro “Felicità: un’ipotesi” (The Happiness Hypothesis) ma l’ha fatto ancora meglio Fëdor Dostoevsky in “Memorie dal sottosuolo“. Egli affermava infatti ciò che segue: «Le rispettabilissime formiche cominciano dal formicaio e finiscono sicuramente con il formicaio. E questo fa un grande onore alla loro costanza e positività. Ma l’uomo, essere leggero e deplorevole, e forse simile al giocatore di scacchi, ama solo il perseguimento dello scopo, non lo scopo».
Quello che molti indicano come “scopo” è inoltre il quinto dei sei fattori individuati dalla psicologa e ricercatrice Carol D. Ryff nella sua “Psychological Well-Being Scales” (fig. sotto) per valutare il benessere psichico di una persona [1].
«Chi ha passioni, lavori, progetti, percorsi, che lo portano a prefiggersi un obiettivo X ed avvicinarcisi progressivamente è felice, soddisfatto, appagato e il tutto si riflette a 360° in tutti gli aspetti della vita. Viceversa, scarse o assenti relazioni sociali, la sensazione di non aver nessuno che tenga te, non avere nessuno a cui si tiene, lo stallo e l’assenza di cambiamento e progresso, la mancanza di obiettivi, mancanza di prospettiva di crescita, vedere le proprie aspettative incompiute… sono tra le cose più correlate (oltre ovviamente ai fattori genetici fondamentali) alla depressione, la scarsa autostima, l’infelicità» (Domenico Aversano).
Tornando a noi, salvo rari casi, il movimento è sinonimo di maggior qualità della vita, grazie ad uno spiccato benessere psichico e fisico che è in grado di dare a chi ne fa uso. Non a caso l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce la salute come «uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’assenza di malattia di infermità».
Cenni di fisiologia
Gli effetti fisiologici derivanti dall’esercizio fisico che garantiscono un certo benessere sono i più disparati. Citandone alcuni: aumento del flusso ematico cerebrale, rilascio di endorfine (responsabili della nostra felicità, insieme all’ossitocina, dopamina e serotonina) e variazioni dei neurotrasmettitori mono-amminici [2]. Senza contare che un miglioramento estetico (meno massa grassa e più massa magra), unito a quello delle prestazioni fisiche, può influire significativamente sull’autostima.
Le endorfine vengono rilasciate anche quando ci nutriamo e quando amiamo (fig. sotto).
Jonathan Haidt – The Happiness Hypothesis: Finding Modern Truth in Ancient Wisdom (2006)
Nel grafico riportato sopra, il tratto di linea compreso fra quelli indicati come punti di pericolo (danger points) corrisponde al repentino calo della dopamina a cui si va incontro dopo alcune settimane di quello che alcuni psicologi definiscono “amore appassionato”. Spesso, in concomitanza con questo abbassamento, la relazione fra due persone termina, dato il calo di interesse reciproco. Senza dilungarci troppo, il cervello vede come una minaccia per l’omeostasi questi elevatissimi livelli di dopamina (quasi fosse una droga), pertanto ne inibisce la produzione. Di conseguenza, vi è una tangibile variazione dell’umore e del benessere psichico.
Tornando a noi, come asserivano già più di 20 anni fa alcuni ricercatori, l’esercizio fisico sufficientemente intenso e duraturo è in grado di aumentare i livelli circolanti di β-endorfine [3], un particolare tipo di endorfine che rientra, assieme a quelle alfa, gamma e delta, nel raggruppamento delle endorfine ipofisarie, in quanto prodotte dall’adenoipofisi, cioè dalla parte anteriore dell’ipofisi (ghiandola già ampiamente descritta qui).
«Una revisione completa della relazione tra esercizio e umore ha concluso che gli effetti antidepressivi e ansiolitici sono stati chiaramente dimostrati» [4,5].
Effetti di 20 minuti di esercizio fisico nei ratti; DA = Dopamina, NA = Noradrenalina, 5-HT = serotonina (Meeusen R. et al., 1994) [6].
Per certi corridori, l’attività fisica può avere essere paragonata a una dipendenza da sostanze stupefacenti (come evidenziato qui).
Ansia, emozioni, autostima e depressione
Diversi studi mostrano effetti positivi dell’esercizio fisico su ansia, emozioni, umore, percezione di sé ed autostima, anche sugli adolescenti [7,8].
Tuttavia, i livelli sinaptici di dopamina non sembrano cambiare significativamente dopo alcuni minuti di corsa lenta (8,7 km/h) [9] e qui torniamo al discorso del precedente paragrafo, dove abbiamo sottolineato l’importanza di un allenamento duraturo ma soprattutto di buon intensità. Dunn A. L. e colleghi nel 2005 sono riusciti a dimostrare una notevole riduzione dei sintomi depressivi (depressioni definite di gravità lieve e moderata) su persone che regolarmente praticavano attività fisica. Allo stesso tempo, le cavie che nello studio in questione si erano allenate di meno non avevano avuto dei significativi benefici psicofisici. Anzi, la loro situazione clinica era rimasta simile a quella del gruppo placebo, quindi a coloro che non avevano ricevuto delle vere cure [10].
I tre fattori primari che influenzano i livelli cronici di felicità (Lyubomirsky S. et al., 2005)
Il movimento, per quanto salutare, non si è comunque dimostrato più efficace delle classiche terapie farmacologiche e psicologiche [11].
Risposte neurofisiologiche a vari protocolli di allenamento (Basso J. C. et al., 2017), la tabella dà un’idea della vastità e complessità dell’argomento.
Infine, una recente meta-analisi pubblicata sul JAMA Psychiatry ha analizzato i dati provenienti da 33 trial clinici (un totale di quasi 2000 pazienti), constatando come l’allenamento coi pesi (resistance training) abbia una buona efficacia nel ridurre i sintomi depressivi tra le persone adulte [12].
Conclusioni
Come già accennato, l’allenamento non è da intendere come una terapia sostitutiva per curare ogni tipo di patologia che ha a che fare con la psiche, specie se si tratta di depressione, ma come un valido alleato nella lotta quotidiana ai mostri che abbiamo in testa.
Oltre che sulla riduzione dei sintomi bisognerebbe focalizzarsi su quella che è la causa che genera il malessere. Ma per questo genere di cose è meglio rivolgersi ad una figura medica, non di certo sperare di trovare in un semplice articolo divulgativo la panacea di tutti mali.
Grazie per l’attenzione!
Le informazioni ivi contenute sono puramente a scopo divulgativo. Quanto riportato nell’articolo non intende in alcun modo sostituirsi al parere di un medico. L’articolista non si prende alcuna responsabilità, qualunque cosa accada.
[1] Ryff D. C. – Psychological Well-Being in Adult Life (1995)
[2] Meeusen R. et al. – Exercise and brain neurotransmission (1995)
[3] Goldfarb A. H. et al. – β-Endorphin Response to Exercise (1997)
[4] Young N. S. – How to increase serotonin in the human brain without drugs (2007)
[5] Salmon P. – Effects of physical exercise on anxiety, depression, and sensitivity to stress: a unifying theory (2001)
[6] Meeusen R. et al. – The effects of exercise on neurotransmission in rat striatum, a microdialysis study (1994)
[7] Wipfli B. M. et al. – The anxiolytic effects of exercise: a meta-analysis of randomized trials and dose-responseanalysis (2008)
[8] Calfas K. J. et al. – Effects of Physical Activity on Psychological Variables in Adolescents (1994)
[9] Wang G. J. et al. – PET studies of the effects of aerobic exercise on human striatal dopamine release (2000)
[10] Dunn A. L. et al. – Exercise treatment for depression: efficacy and dose response (2005)
[11] Cooney G. M. et al. – Exercise for depression (2013)
[12] Gordo B. R. et al. – Association of Efficacy of Resistance Exercise Training With Depressive Symptoms: Meta-analysis and Meta-regression Analysis of Randomized Clinical Trials (2017)