Tag: anaerobico lattacido

  • Allenarsi in base alla frequenza cardiaca

    Allenarsi in base alla frequenza cardiaca

    La corsa è senza dubbio il tipo di attività fisica più praticato in assoluto. Da chi corre per sport, a chi lo fa semplicemente per passione e salute.

    runner-802912_1920

    In questo articolo vedremo come allenarci per diverse finalità, correndo in base alla nostra frequenza cardiaca (fc).

    Prima però è necessario fare un passettino indietro: cos’è la frequenza cardiaca? E i bpm? La frequenza cardiaca è il numero di battiti del cuore al minuto, questi ultimi, abbreviati con “bpm”, sono la sua unità di misura. Per lavorare bene, con una certa precisione, è consigliabile spendere una cinquantina di euro per acquistare un cardiofrequenzimentro, ci si può allenare ed ottenere buoni risultati anche senza di esso ma sarà più difficile, l’autoregolazione non è una cosa alla portata di tutti.

    Per allenarsi senza cardiofrequenzimetro bisognerà ricorrere alla scala di Borg (o scala RPE), tutti i dettagli qui. Nel caso si voglia invece ottenere un numero, indicativo, dei battiti cardiaci si può ricorrere alla misurazione manuale. Ecco il procedimento: mettere due dita alla base del collo, contare i battiti per 15″ esatti e poi moltiplicare il numero ottenuto per quattro.

    Per calcolare la nostra frequenza cardiaca (teorica) ci sono varie formule matematiche, quelle che seguono sono le due più accreditate:

    220 - età (anni)
    Oppure: 208 - 70% età
    es. Lorenzo, 20 anni, FC massima di 200 bpm
    

    Nelle persone sane la FC a riposo è compresa fra i 60 e i 100 bpm, negli sportivi di un certo livello può essere leggermente più bassa (40-50 bpm).

    Ora è giunto il momento di introdurre un altro concetto: VO2max. Il VO2max è un parametro biologico che esprime il volume massimo di ossigeno che un essere umano può consumare nell’unità di tempo per contrazione muscolare.

    E’ misurabile direttamente tramite cicloergometro o indirettamente con altri test fisici. L’allenamento può migliorarlo di circa il 25%. Nei soggetti allenati la soglia anaerobica (punto di passaggio della produzione di energia dal sistema aerobico – in via principale – a quello anaerobico lattacido) corrisponde, negli sportivi, all’85% circa del VO2max e al 60% nei soggetti sedentari.

    002 (2)
    Per ulteriori approfondimenti sui sistemi energetici clicca qui

    Una volta giunti in prossimità della soglia anaerobica (SA), il metabolismo energetico verrà shiftato maggiormente sugli zuccheri, aumenterà l’accumulo di acido lattico e la respirazione sarà più difficoltosa. Oltre il VO2max , in regime alattacido, gli sforzi potranno essere mantenuti per pochi secondi e non si accumulerà acido lattico durante il normale svolgimento di attività fisica.

    Durante l’allenamento, in base alla frequenza cardiaca (FC), possiamo stabilire con discreta precisione quale sistema energetico sia maggiormente attivo. Essa può variare in base all’anzianità di allenamento, sesso ed età di una persona. Ad esempio con una FC inferiore o uguale ai 160-170 bpm (battiti per minuto), il sistema principalmente coinvolto in un uomo giovane ed allenato sarà quello aerobico.

    Effetti allenanti in base alla FC massima
    • <60% = lo stimolo è molto debole, considerato poco allenante
    • 60-75% = capacità aerobica
    • 75-85% = potenza aerobica e soglia anaerobica
    • 85-92% = allenamento anaerobico e tolleranza lattacida

    Capture.JPG

    In passato era credenza comune pensare che un allenamento prolungato a bassa intensità fosse più indicato per il dimagrimento, tanto da chiamare il range compreso fra il 60 ed il 75% della frequenza cardiaca: “zona lipolitica”. Tuttavia si è visto che, benché un allenamento poco intenso attinga maggior energia dai grassi (figura sotto), ciò non significa che in cronico un’attività fisica ad intensità moderata (60-75% FC), abbia effetti dimagranti così superiori  rispetto ai protocolli di allenamento più intensi, questo a parità di dispendio calorico [1,2,3,4,5,6]. Se l’obiettivo è il dimagrimento, la dieta è sempre il fattore principale.

    Capture

    Riguardo invece alla correlazione fra la scala RPE e la FC max, per farla breve, la scala utilizza de valori numerici, da 6 a 20 ed i valori della FC massima sono a grandi linee i seguenti.

    • 6 = 20% FCmax
    • 7 = 30%
    • 8 = 40%
    • 9 = 50%
    • 10 = 55%
    • 11 = 60%
    • 12 = 65%
    • 13 = 70%
    • 14 = 75%
    • 15 = 80%
    • 16 = 85%
    • 17 = 90%
    • 18 = 95%
    • 19-20 = 100%

    Intensità dello sforzo percepito:

    • 6 = intensità nulla
    • 7-8 = sforzo estremamente leggero
    • 9 = sforzo leggero (una camminata lenta)
    • 10-11 = leggero (riscaldamento blando)
    • 12-13 = sforzo abbastanza impegnativo
    • 14-15 = un duro sforzo
    • 16-17 = sforzo molto duro
    • 18-19 = sforzo estremamente duro, intensità submassimale
    • 20 = sforzo massimale

    Alcune cifre sono state prese da “Principi di metodologia del fitness“.

    Prima di lasciarci, una curiosità. Un test di accuratezza che ha analizzato alcune tipologie di cardiofrequenzimetro, ha rivelato che rispetto all’ECG (elettrocardiogramma), i cardiofrequenzimetri più precisi sono quelli che si posizionano sul petto (precisione del 99,6%), molto meno fedeli sono invece quelli da polso (67-92%).

    Grazie per l’attenzione!

    Buon allenamento!


    oc
    Bibliografia

    Gollin M. – Metodologia della preparazione fisica (Elika, 2014)
    Fagioli F., Bartoli L. – Allenarsi con il cardiofrequenzimetro (Elika, 1998)
    Wikipedia – Scala di percezione dello sforzo (link)
    Andy Peloquin – Chest Strap Vs Wristband Heart Rate Monitors
    1 Schoenfeld B. J. et al – Does cardio after an overnight fast maximize fat loss? (2011)
    2 Ballor D. L. et al. – Exercise intensity does not affect the composition of diet- and exercise-induced body mass loss (1990)
    3 Grediagin A. et al. – Exercise intensity does not effect body composition change in untrained, moderately overfat women (1995)
    4 Mougios V et al. – Does the intensity of an exercise programme modulate body composition changes? (2006)
    5 Pansini L. – Bruciare grassi non significa dimagrire (parte 2): effetto dell’attività fisica (2017)
    6 Keating S. E. et al. – A systematic review and meta-analysis of interval training versus moderate-intensity continuous training on body adiposity (2017)

  • Energia e sport

    Energia e sport

    Anche se magari non ci pensiamo, noi quando mangiamo introduciamo delle molecole – carboidrati, proteine e lipidi – che sono dei veri e propri combustibili biologici. Questi, nell’organismo umano, attraverso centinaia di processi biochimici, in presenza di ossigeno, vengono demoliti e ridotti in anidride carbonica e acqua.

    CaptureFig.1 – I punti rappresentano i metaboliti mentre le linee sono i singoli passaggi metabolici

    Nell’uomo e non solo, i principi nutritivi base che si formano dalla digestione dei macronutrienti, quindi glucosio, aminoacidi e acidi grassi, conservano immodificato il contenuto energetico delle sostanze di origine. Affinché avvenga una produzione di energia occorre che le molecole precedentemente citate siano completamente demolite. Per far avvenire ció, é necessario l’intervento di enzimi ossido-riduttivi specifici, in grado di trasformare le molecole del glucosio, degli acidi grassi e degli aminoacidi in frammenti più piccoli, fino alla formazione del metabolita acetil-CoA (composto a due atomi di carbonio).
    Quello illustrato fino ad ora non é altro che il metabolismo intermedio (MI). Al termine del MI, circa 1/3 dell’energia contenuta nelle molecole di partenza é resa disponibile per le cellule, invece i rimanenti 2/3 saranno utilizzati per reazioni quali il Ciclo di Krebs.

    5887471Fig.2 – Il ciclo di Krebs è un processo biochimico che assolve allo scopo di ossidare (bruciare) ad H2O e CO2, i prodotti della demolizione delle molecole degli zuccheri/grassi/amminoacidi. Fornisce una grande quantità di energia, in parte come calore (mantenimento della temperatura dell’organismo) e in parte come energia chimica.

    In seguito a queste reazioni, l’acetil-CoA viene completamente degradato fino alla formazione di anidride carbonica e acqua (metabolismo terminale).

    Il metabolismo energetico in se, varia parecchio in base alle attività svolte dall’individuo, per questo motivo é importante conoscere il proprio metabolismo basale, detto in maniera estremamente semplicistica: le calorie che una persona spenderebbe se per tutte le 24h non si alzasse dal letto, l’introito calorico minimo necessario a far avvenire tutti i processi fisiologici indispensabili per vivere.

    Kcaloria = 1000 calorie; caloria = quantità di calore necessaria per far salire la temperatura di 1 ml di acqua distillata da 14.5 a 15.5 C°, alla pressione costante di un atmosfera.

    Occorre aprire una piccola perentesi sui carboidrati. Questi, durante la digestione vengono convertiti in glucosio (monosaccaride, zucchero semplice), che tramite il sangue arriva ai tessuti di tutto l’organismo. Essi, in condizioni di riposo, vengono presi dai muscoli e dal fegato, e convertiti in uno zucchero più complesso: il glicogeno.

    Il discorso sul metabolismo si potrebbe approfondire ulteriormente ma mi fermo qui, é giunto il momento di andare al nocciolo della questione. Tenete ovviamente a mente quel che avete letto fino a questo punto perché i macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi), più un’altra miriade di fattori, vanno ad influire sui depositi energetici.

    L’energia derivante dai legami delle molecole alimentari è chimicamente rilasciata all’interno delle cellule e poi immagazzinata sotto forma di ATP (adenosinatrifosfato), un composto altamente energetico costituito da una base azotata (adenina), da uno zucchero pentoso (il ribosio) e da tre gruppi fosfato.

    A riposo, la richiesta energetica dell’organismo è poca, quindi l’energia proviene principalmente dalla scissione di grassi e carboidrati.

    All’aumentare dell’intensità di un determinato carico di lavoro, aumenta l’uso energetico dei carboidrati a scapito dei grassi.Capture.JPGFig.3 – Nel caso di sforzi massimali, quindi di breve durata, l’ATP viene prodotto quasi esclusivamente a partire dai carboidrati.

    Quando la molecola di ATP si combina con l’acqua (idrolisi) e subisce l’azione dell’enzima ATPasi, l’ultimo gruppo fosfato si separa dalla molecola di ATP (scissione) rilasciando così energia (circa 7,3 kcal/mole di ATP). L’ATP diventa quindi adenosindifosfato (ADP) e Pi (in questo caso gruppo fosfato).

    Capture.JPGFig.4 – A = la struttura dell’adenosintrifosfato ed i suoi fosfati altamente energetici; B = il terzo fosfato (Pi) di una molecola di ATP viene separato per azione dell’ATPasi con seguente liberazione di energia.

    Dopo, per la successione di diverse altre reazioni chimiche, un gruppo fosfato viene aggiunto all’ADP convertendolo così in ATP. Questo processo è detto fosforilazione ossidativa.

    Quando questi processi avvengono in presenza di ossigeno si parla di metabolismo aerobico, viceversa in assenza, metabolismo anaerobico.

    Le cellule producono ATP attraverso tre processi principali:

    • Il sistema ATP-CP
    • Il sistema glicolitico
    • Il sistema ossidativo

    Sistema ATP-CP

    L”energia liberata dalla scissione del CP (creatinfosfato) serve per ricostruire le riserve di ATP, per mantenerle.                              Capture.JPG

    Fig.5 – Modificazione dell’ATP e CP nel muscolo durante uno sforzo di intensità massimale di 14″ (sprint). Il CP, per prevenire la caduta dell’ATP viene usato proprio per sintetizzare quest’ultima.

    L’esaurimento sia dell’ATP che del CP è facile da raggiungere (es. sprint massimale di 15″), quindi l’organismo per ricaricare le scorte energetiche dovrà per forza affidarsi ad altri sistemi.

    Questi processi possono avvenire sia in presenza che in assenza di ossigeno, tuttvia non ne richiedono obbligatoriamente la presenza. Quindi, il sistema ATP-CP è il sistema anaerobico per eccellenza.

    Sistema glicolitico

    L’ATP viene prodotto tramite l’energia liberata dalla scissione del glucosio (glicolisi, scissione del glucosio attraverso enzimi glicolitici). Il prodotto finale della glicolisi è l’acido piruvico.

    Nella glicolisi anaerobica, quindi senza l’intervento dell’ossigeno, l’acido piruvico viene convertito in acido lattico e quindi viene interrotta la glicolisi. Questo processo riesce a fornire 2 moli di ATP per mole di glucosio.

    Sistema ossidativo

    Quando si parla di ossidazione è sottinteso che ci sia di mezzo il sistema aerobico (bassa intensità, reazioni che avvengono in presenza di ossigeno). Questo sistema ossida i tre macronutrienti, soprattutto i lipidi e i carboidrati, i primi (trigliceridi nel tessudo adiposo e intramuscolare) vengono scissi in acidi grassi e successivamente glicerolo, i secondi sono rappresentati dal glicogeno muscolare e del fegato, il quale viene idrolizzato a glucosio.

    La degradazione del glucosio del sistema ossidativo è detta glicolisi aerobica, avviene nei mitocondri (ovviamente in presenza di ossigeno).

    Altro processo energetico, di cui ho già accennato in precedenza, è il Ciclo di Krebs, in esso l’acetil-CoA viene ossidato e sono generate 2 moli di ATP.

    Altra “arma” di questo sistema è la fosforilazione ossidativa. In essa si passa dall’ADP all’ATP.

    Ultimo processo (ma non meno importante) del s. ossidativo è il “sistema di trasporto degli elettroni“, questo non è altro che una complessa reazione chimica legata al ciclo di Krebs, che è in grado di fornire ben 34 moli di ATP.Capture.JPG    Fig.6 – L’intervento dei vari processi energetici durante un’esercizio di 150″, con sforzo massimale

    I sistemi energetici sono tre: anaerobico alattacido, anaerobico lattacido e aerobico.

    Anaerobico alattacido

    Non interviene l’ossigeno e non si forma lattato; l’energia per la ricarica dell’ATP viene ceduta da una molecola che contiene anch’essa un legame altamente energetico: la fosfocreatina (CP). Il tempo limite medio della capacità del sistema anaerobico alattacido va da 0 a 8-9″.

    Anaerobico lattacido

    Non interviene l’ossigeno ma si forma lattato; l’energia per sintetizzare l’ATP deriva da molecole di zucchero che vengono spezzate fino a dar luogo al lattato. Il tempo limite medio della capacità del sistema anaerobico lattacido va da 2” a 2′.

    Aerobico

    Implica la presenza nel muscolo di ossigeno. L’energia deriva dalla combustione di zuccheri o grassi (in parte minore anche delle proteine). Il sistema aerobico ha un forte intervento negli sforzi che vanno oltre i 3′ di lavoro continuo.

    In ogni caso le cifre sono abbastanza indicative, dipendono da vari fattori. Inoltre, questi sistemi energetici non intervengono uno alla volta ma in contemporanea, in misura diversa. Ad esempio per 3′ di lavoro abbastanza intenso, l’energia sarà prodotta principalmente sia dal sistema anaerobico lattacido che da quello aerobico.

    Capture.JPGFig.7 – Intervento dei sistemi energetici durante la corsa su varie distanze

    energy_systems

    Fig.8 – A seconda della durata dello sforzo, nel tempo, un sistema energetico prevale sull’altro.

    Arrivati a questo punto è necessario introdurre altre due definizioni: capacità e potenza. Per capacità di un meccanismo energetico si intende
    la capacità totale di fornire energia. Per potenza invece, intendiamo la possibilità, per tale meccanismo, di fornire un’importante percentuale della sua capacità nell’unità di tempo (che per convenzione è il secondo).

    Nello specifico…

    • Capacità aerobica = è la capacità di svolgere un lavoro generale in condizioni aerobiche, il più al lungo possibile.
    • Potenza aerobica = è la quantità di lavoro realizzata nell’unità di tempo sfruttando il metabolismo aerobico. E’ sinonimo di massimo consumo di ossigeno cioè la massima quantità di ossigeno che
      l’organismo è in grado di utilizzare nell’unità di tempo.
    • Capacità anaerobica lattacida = lavoro totale che può essere effettuato utilizzando il meccanismo lattacido o, più in
      generale, la capacità dell’atleta di tollerare l’accumulo di lattato nei muscoli e nel sangue.
    • Potenza anaerobico alattacida = quantità di lavoro realizzata nell’unità di tempo con il concorso del metabolismo anaerobico
      alattacido. E’ la capacità di produrre uno sforzo breve il più intenso e veloce possibile.
    • Potenza anaerobico lattacida = quantità di lavoro realizzata nell’unità di tempo con il concorso del metabolismo anaerobico lattacido (glicolisi lattacida).

    Termine di cui tutti abusiamo è l’intensità. Per essa si intende l’impegno del sistema cardiorespiratorio durante lo svolgimentoi di un esercizio. Durante l’allenamento infatti, in base alla frequenza cardiaca (fc), possiamo stabilire con discreta precisione quale sistema energetico sia maggiormente attivo. Essa può variare in base all’anzianità di allenamento, sesso ed età di una persona. Ad esempio con una fc inferiore o uguale ai 160-170 bpm (battiti per minuto), il sistema principalmente coinvolto sarà quello aerobico.

    Il passaggio della produzione di energia dal sistema aerobico (in via principale) a quello anaerobico lattacido è rappresentato da una “soglia”, la soglia anaerobica (SAN).

    Più aumenta l’intensità e con l’effetto soglia si ha un graduale aumento della produzione di acido lattico. Il valore della SAN indica la massima intensità di esercizio, quando questa è raggiunta si ha una concentrazione di circa 4 mmoli di lattato ematico al litro*. Oltre questa soglia, quindi con uno sforzo più intenso, la concentrazione di lattato diventa tale da consentire solo lavori di breve durata (a lungo andare inibirebbe le contrazioni muscolari).

    *Quello di 4 mmoli/L è un valore molto indicativo, ci sono soggetti che possono averlo di 3 come altri che possono averlo di 5 o 6 mmoli/L. In ogni caso sarebbe bene misuralo per venire a conoscenza della propria LT (soglia del lattato).

    Calcolare questa soglia può essere utile per determinare la potenza aerobica, capacità lattacida ed avere un’idea dell’intensità di allenamento a cui far lavorare un atleta. La SAN può essere calcolata attraverso il test di Conconi (con cardiofrequenzimetro), utilizzando degli apparecchi per misurare dei parametri ventilatori o con la misurazione della concentrazione del lattato ematico.

    Un’altra  soglia, anche se meno famosa, è quella aerobica (SAE). Si parla di soglia aerobica. quando i valori di lattato ematico superano quelli basali, arrivando a 2 mmoli/l. L’intesità della SAE sembrerebbe coincidere con il crossover point, punto di confine in cui il sistema aerobico si sposta da un dispendio prevalentemente lipidico ad uno glucidico.

    La fc si può calcolare tramite un cardiofrequenzimetro o con alcune formule

    Fc max. = 220 - età, oppure: 208 - 70% età
    Fc con misurazione manuale = metto due dita alla base del collo, contro i battiti per 15" esatti e poi moltiplico il numero ottenuto per quattro
    Fc corrispondente alla SAN = Fc max x 0,93 (su un atleta)
    Fc      //         //  // = Fc max x 0,70 (su un sedentario)

    All’atto pratico: Lorenzo, 20 anni, tennista

    Fc max = 200; Fc alla SAN = 186

    Effetto allenante in base alla frequenza cardiaca massima

    <60% = lo stimolo è troppo debole, non considerato allenante
    60-75% = capacità aerobica
    75-85% = potenza aerobica e soglia anaerobica
    85-92% = allenamento anaerobico e tolleranza lattacida

    Prima che voi lettori vi addormentiate inserisco giusto un ultimo importante concetto, quello del massimo consumo di ossigeno (V02max). Il VO2max è la massima quantità di ossigeno che l’individuo può consumare nell’unità di tempo per uno sforzo fisico. Questo valore è espresso in ml/kg/min (millilitri per kg di peso corporeo al minuto) e l’allenamento può migliorare questa componente di circa il 20-25%.

    La soglia anaerobica coincide con il 60% del VO2max nei soggetti sedentari e l’85% circa per quelli allenati.

    002 (2).jpgFig.9 – I metabolismi in relazione all’intensità (fc)

    Non saranno argomenti divertenti ma se ci si vuole allenare seriamente questo è l’abc.

    Grazie per l’attenzione.


    Bibliografia

    Wilmoore, Costill – Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport (Calzetti Mariucci, 2005)
    Weineck J. – Biologia dello sport (Calzetti Mariucci, 2013)
    Urso A. – Le basi dell’allenamento sportivo (Calzetti Mariucci; 2a ediz., 2014)