La spalla è una delle articolazioni più importanti e complesse del corpo umano, è in assoluto la più mobile ed è composta dall’intreccio di numerose ossa e muscoli. Questa grande mobilità le permette di muovere il braccio sul piano frontale e su quello sagittale, eseguendo movimenti di flesso-estensione, rotazione, circonduzione, adduzione ed abduzione (anche ad arto raccolto).
Cenni anatomici

La spalla, tramite il cingolo scapolare, congiunge gli arti superiori al torace. Il cingolo scapolare è formato da tre ossa: scapola, clavicola ed una parte dell’omero. Alcune ossa di questa macro-articolazione, unendosi vanno a formare articolazioni minori come: l’acromion-clavicolare, sterno-clavicolare, gleno-omerale, sotto-deltoidea e scapolo-toracica. Queste cinque articolazioni sono meccanicamente coordinate, cioè funzionano in simultanea.

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Quando parliamo di spalle dobbiamo tenere a mente le tre ossa fondamentali che compongono l’articolazione: omero, scapola e clavicola. Normalmente per un corretto funzionamento della spalla entrano in funzione una trentina di muscoli, e se anche uno solo di questi inizia a funzionare male, si possono avere alterazioni del corretto assetto biomeccanico e quindi un rischio infortuni. Sotto, i legamenti e gli stabilizzatori della cuffia dei rotatori.

Il ruolo fisiologico della spalla è quello di posizionare la mano nello spazio, anche a di sopra della testa (rendendo possibili quelle azioni che in inglese vengono definite “overhead”). Se pensiamo a gesti sportivi come il pugno nella boxe, la schiacciata nella pallavolo o la battuta nel baseball, notiamo che la spalla è il punto attraverso cui vengono scaricate ed espresse grandi forze, generate da più muscoli. Molta dell’efficienza di questi gesti sportivi dipende dalla mobilità e dalla stabilità dell’articolazione gleno-omerale (o scapolo-omerale). La testa dell’omero si inserisce nella cavità glenoidea, gli ampi gradi di movimento consentiti all’omero su più piani teoricamente mettono a rischio la stabilità e la salute dell’articolazione stessa, ma nella pratica sono compensati dalla grande mobilità sulla scapola sulla parete toracica. Forte di ciò, la scapola “segue” la glenoide, evitando che l’estremità superiore dell’omero (testa) e l’acromion si scontrino, provocando il celebre conflitto, o impingement, sub-acromiale (problematica ben nota ai panchisti).
La stabilità dell’articolazione gleno-omerale è assicurata anche dal cercine glenoideo e dai tessuti molli: «I legamenti e la capsula agiscono come stabilizzatori statici e funzionano per limitare le traslazioni e le rotazioni della testa dell’omero nella glenoide. È stato dimostrato che il legamento gleno-omerale superiore offre stabilità contro la traslazione in avanti con l’arto in rotazione esterna e abduzione a meno di 90°. Il legamento gleno-omerale inferiore è lo stabilizzatore anteriore più importante con la spalla a 90° di abduzione e in rotazione esterna, la posizione meno stabile della spalla» (Brotzman S. B. e Manske R. C., 2014). La stabilizzazione dinamica dell’articolazione è compito dei muscoli: contraendosi aumentano la rigidità capsulo legamentosa, che a sua volta incrementa la stabilità articolare. Inoltre, dirigono nella maniera corretta le forze che passano per l’articolazione.
Alcuni muscoli della spalla sono molto conosciuti, anche grazie all’interesse che nutrono per la loro crescita gli amanti del bodybuilding, altri assai meno. Come muscoli principali abbiamo il deltoide e il trapezio, i quali agiscono come muscoli primari in tutti i movimenti della spalla. Il deltoide è suddivisibile in tre porzioni: capo anteriore (o clavicolare), capo laterale e capo posteriore. Stessa cosa per il trapezio: parte discendente, parte trasversa e parte ascendente (alle volte chiamate più semplicemente trapezio superiore, medio ed inferiore).
I muscoli secondari che partecipano ai movimenti tramite co-attivazioni e co-contrazioni sono ad esempio il muscolo grande rotondo i il bicipite brachiale. Infine abbiamo gli stabilizzatori attivi, ovvero la famigerata cuffia dei rotatori. I muscoli della cuffia dei rotatori sono: il sottoscapolare, sottospinato, sovraspinato e piccolo rotondo. Questi quattro muscoli trovano il loro collocamento su tre “fosse anatomiche”: fossa sottoscapolare, sottospinata e sovraspinata. La cuffia è di fondamentale importanza per la stabilizzazione e messa in sicurezza dell’articolazione intera.
Sottospinato e piccolo rotondo extraruotano l’omero (palmo della mano che da contro il corpo ruota rivolgendosi in avanti), il sovraspinato di extrarotazione più abduzione (alzate laterali) e il sottoscapolare di intrarotazione (maggiori dettagli su questi termini nel prossimo paragrafo).
Cenni biomeccanici
Sotto, i movimenti tipici della spalla, alcuni già accennati a inizio articolo, compresi quelli scapolari (illustrazione presa da qui). La spalla è in grado di effettuare abduzioni (arto che si allontana dal corpo andando verso fuori), adduzioni più o meno ampie (arto che va in dentro, come con l’anca), elevazioni e depressioni scapolari (spalle in alto e in basso), estensioni e flessioni (arto che va indietro e verso avanti), intrarotazioni ed extrarotazioni (omero che ruota verso l’interno e verso l’esterno), più infine la retroposizione e l’anteroposizione (spalle all’indietro e spalle in avanti).
Come ben noto, con l’ausilio del petto è possibile avvicinare fra loro le braccia (adduzione degli arti superiori sul piano trasversale), movimento tipico delle distensioni su panca o le croci con manubri, esercizi che non a caso coinvolgono principalmente i muscoli pettorali e i deltoidi (approfondimenti qui). E sollevando le mani sopra la testa, a seconda del grado di movimento, è possibile mettere sotto stress i muscoli delle spalle (deltoidi o elevatori scapolari).
Sopra, tre istanti di un movimento di abduzione della spalla – movimento combinato di scapola e omero – volto a portare la mano sopra il capo. Nel primo istante (a sinistra) il lavoro muscolare è principalmente a carico del deltoide, così anche nel secondo (al centro) ma con gli elevatori della scapola (trapezio superiore) più attivi e nell’ultima parte dell’illustrazione (a destra) sono proprio gli elevatori scapolari a farla da padroni.
Per studiare gli aspetti legati all’ipertrofia vi rimandiamo ad altre letture.
Grazie per l’attenzione.
Bibliografia
A. I. Kapandji – Anatomia funzionale (Monduzzi, 2020)
Brotzman S. B. e Manske R. C. – La riabilitazione in ortopedia (Edra Masson, 2014)
Evangelista P. – DCSS. Power mechanics for power lifters (Sandro Ciccarelli Editore, ediz. 2015)